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Riflessione sul consumismo artistico-tecnologico

Riflessione sul consumismo artistico-tecnologico

26 Agosto 2015 Simone Magli
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Simone Magli
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Sono stato molte volte a visitare luoghi e punti d’interesse turistici, storici, artistici etc. tramite visite guidate, perché amo la cultura, la bellezza, l’arte e la scoperta. Ad esempio sono andato di recente a scoprire un luogo Fai, aperto straordinariamente per le giornate FAI autunnali. Una villa ottocentesca dalle parti di Firenze. Una guida, con passione e competenza, raccontava tutto quello che era successo dentro e fuori la struttura durante i secoli, oltre a parlare della storia delle sale, degli oggetti presenti in esse e delle persone che vi abitarono nei vari periodi storici.

C’erano visitatori che seguivano attentamente le parole della guida, guardandosi ogni tanto intorno, per beare il loro sguardo con il fascino di quel luogo. Il problema è che questi erano i meno, perché la maggior parte della gente era impegnata a scattare foto su foto con lo smartphone, da qualsiasi angolazione. 

Da fotografo amatoriale comprendo la necessità di fare qualche scatto, anche solo per ricordo, ma osservando quella gente da fuori, ho capito che c’era qualcosa che non andava. Come si può pensare di dar valore a qualcosa che piace o interessa, consumando e basta e per se stessi, attraverso questo “assalto fotografico”? Come possiamo formarci o coltivare la cultura se ci spendiamo solo per il nostro ego, catturando selvaggiamente immagini senza nemmeno osservarle, solo per il gusto di condividerle sui social prima possibile? 

Allargando il discorso, propongo altre domande sulle quali forse è bene interrogarsi, per acquisire almeno un po’ di tecno-consapevolezza, per cercare di comprendere dove stiamo andando a parare: 

Continuando a vivere con questa superficialità, nutrendoci velocemente solo di oggetti e frammenti o frammenti di frammenti, dove finiranno le nostre aspirazioni, i nostri sogni, il nostro pensiero critico e le nostre relazioni? In questo presente/futuro nel quale deleghiamo/delegheremo tutto alla tecnologia, come possiamo/potremo proteggere la nostra autenticità, il nostro micromondo emotivo e la nostra rete di connessione offline? 

Siamo sicuri di desiderare una vita così comoda e passiva, per isolarci ognuno nella propria bolla, facendo finta di non sentire la sofferenza? Un consiglio che mi sento di dare è quello di riflettere proprio sulla sofferenza, quando ci viene a trovare, fermandoci un momento. Per ascoltare ciò che ha da dirci e cosa vuole per noi, perché non di rado cerca la nostra attenzione con il desiderio di proteggerci e farci ritrovare la connessione con i nostri bisogni. Con le cose che troppe volte trascuriamo. 

 

 

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