L’Intelligenza Artificiale ha colonizzato da un anno la narrazione corrente, diciamo che non si parla d’altro, qui su Linkedin, sui pochi giornali rimasti (con articoli scritti dalla ChatGPT?), sui media in generale. Ciò che in questa narrazione della IA è mancato da parte di molti, secondo me, è l’approfondimento, la valutazione “con giudizio acuto” dei “fatti”, delle notizie e degli eventi. La mancanza di valutazione ha portato molti ad arrendersi a narrazioni ritenute erroneamente vere o sufficientemente tali. Invece di affidarsi alla vista della mente, da parte di molti, si è preferito fermarsi alla vista rapida degli occhi sullo schermo, invece di estendere lo sguardo oltre le mura, altrove, in modo da aumentare sapere e conoscenza, si è preferito sposare la verità di turno, invece di cogliere “i semi delle cose e il loro potere generativo” si è scelto di celebrare la potenza generativa della macchina.
Ossessionati come sempre siamo dalle nostre attese e aspirazioni, prigionieri delle nostre convinzioni e certezze, facciamo fatica a praticare l’arte del dubbio, dell’interrogarsi, del cercare risposte non convenzionali, ma utili a formulare altre domande, per togliere la maschera alle cose e alle persone nel tentativo di restituire a esse il loro vero aspetto. Interrogarsi, (ri)cercare, comprendere (diverso da credere), conoscere, sono passi necessari per una (tecno)consapevolezza che porti alla responsabilità (etica) ed a evitare l’inganno che oggi, nel tempo della “tecnologia”, è sempre dietro l’angolo, celando la verità e costruendo grandi illusioni.
Questo mio pensare, umanistico, non deve ingannare. Non sono tecnofobo, conosco la tecnologia e la abito dagli anni 80, ho anche giocato, negli anni 80, per un po’ a programmare in C, in Pascal e in Assembler. Rifletto e scrivo sulla tecnologia, sono impegnato a favorire lo sviluppo di un’altra tecnologa, più umana, ricerco il dialogo con scienziati (vivo da sempre con una scienziata) e tecno-entusiasti. Ma il dialogo non è sempre accettato, lo scambio non è sempre dialogico, spesso è polemico e aggressivo, poco etico, anche quando si parla di algoretica.
In tempi nei quali molti(tudini) preferiscono dialogare con le ChatGPT, mettere l’uomo al centro non può essere declinato come uno slogan ma, come ha scritto Francesco Varanini, dovrebbe evidenziare l’autentica “[…] presenza di ognuno. Non un ente astratto, ma io, tu, noi. Abitatori di una casa comune, ognuno portatore di un proprio contributo ed un proprio sguardo.” Uno sguardo fisico e sensibile, collegato a un corpo e a un volto, non a un profilo digitale o a un avatar. Uno sguardo responsabile, capace di orientare scelte, comportamenti e azioni. Uno sguardo come quello che ho provato a raccontare nel mio libro sul NOSTROVERSO, uno sguardo capace di contemplare abbassando lo sguardo, oltre che vedere e guardare. Uno sguardo finalizzato a “cernere” il vero dal falso, a disvelare la verità , in un periodo nel quale una falsificazione continua e invasiva minaccia il concetto stesso di vero e di verità .
Recuperare lo sguardo passa anche attraverso la riscoperta del linguaggio che, da povero e indigente come è diventato, può diventare strumento potente di rigenerazione, per ridare senso alle parole, svelare il nesso che "rende nuove" le parole note e in uso, collegare il pensare all'atto, dare vita a parole nuove, inaudite e rivoluzionarie come non lo sono più, nella loro essenza, da tempo.
L'attenzione al linguaggio e il ricorso a parole nuove (nuovi significati) è garanzia di un pensiero non ingannevole, facilita l'adesione della lingua alle cose, alle loro proprietà e alla loro verità . In tempi diversi, ma ogni tempo si porta appresso problemi simili, Lucrezio scriveva che:
"Gli stolti ammirano e amano tutto ciò che intravedono celato sotto parole contorte, tengono per vero quello che può piacevolmente accarezzare le orecchie ed è camuffato da un suono gradevole"
Non è più tempo di farsi accarezzare le orecchie ma di drizzarle e attivarle per resistere alle tante retoriche e narrazioni prometeiche in atto che non aiutano a comprendere la realtà , a capire quanto oggi la tecnologia, tanto decantata, potrebbe essere messa sotto scacco, come abbiamo tutti sperimentato durante la pandemia. Più che decantare la tecnologia e partecipare ai suoi riti, servirebbe oggi una resistente capacità di vigilare, su opportunità che possono diventare rischi, agendo come sentinelle di un genere umano in apnea e in difficoltà sui molti fronti delle crisi che attanagliano la Terra.
Per dirla con Ivano Dionigi: "Abbiamo bisogno di cogliere l'anello che non tiene, lo scarto dalla norma, la deviazione dalle leggi inflessibili della tecnica e dell'algoritmo unico. Abbiamo bisogno della imprevedibilitĂ e della libertĂ ."
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PS: Alcuni spunti per questa edizione della mia newsletter sono venuti dalla lettura dell'ultimo libro di Ivano Dionigi: L'apocalisse di Lucrezio. Politica, religione e amore (Edizioi Raffaello Cortina Editore)