Io abito la possibilità /

La direzione della gentilezza

La direzione della gentilezza

26 Agosto 2018 Anna Maria Palma
Anna Maria Palma
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Per molte persone sembra chiara, mai messa in discussione. Continuo a constatare che poi nelle azioni pratiche anche chi scrive di gentilezza, chi scrive di relazioni investe un tempo ed usa parole per spiegare dei difetti che gli vengono addebitati per "liquidare" una persona che chiede un contatto...sarebbe stato molto più gentile e anche più semplice parlare con questa persona anche per dire forse le stesse cose. La persona si sarebbe sentita presa nella desiderata considerazione e l'altro sarebbe rimasto gentile, perdendo anche meno tempo. La complessità dell'essere umano, ma anche la mia continua e instancabile ricerca di coerenza e anche di divulgazione del vero senso di gentilezza. Sento che queste profondità sfuggono ai più, ma riuscirò piano piano a creare spazi di condivisione su questi livelli e lì nuovi amici mi raggiungeranno e veramente per la prima volta non mi sentirò sola.

A volte la direzione si presenta come dei binari delineati in consistente materiale. Altre volte i binari sembrano simili, ma sono tracciati nel deserto. 

Di questo voglio scrivere e scriverò.

Adesso mi preme continuare a sostenere la presenza, la gentilezza, la responsabilità dell'ascolto anche quando si legge. Dell'ascolto gentile che comporta che ci si cambi perfino di abito quando ci si accinge a leggere un testo importante, un testo a cui lo scrittore ha dedicato un tempo, in cui lo scrittore ha creato uno spazio di silenzio per pensare le parole da scrivere, per prendersi cura della relazione, per soddisfare i suoi bisogni, pur nel rispetto e nella comprensione dello spazio dell'altro. Condividere la responsabilità del dialogo, perché l'ascolto, la lettura fanno parte del dialogo, diventano dialogo.

Così adesso riporto quanto ho letto quest'oggi di Alberto Meschiari tratto dal suo libro "Il libriccino del silenzio" Edizioni Tassinari Firenze

"In una lettera all'amico Francesco Vettori, datata 10 dicembre 1513, durante il periodo d'esilio a Sant'Andrea in Percussina, alle porte del Chianti, raccontando la propria giornata, Niccolò Machiavelli scriveva:

Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui...

Trovo squisita questa delicatezza dell'indossare gli abiti migliori prima di accingersi ad aprire le pagine dei grandi autori. E fra questi abiti, non solo esteriori, metto al primo posto il silenzio.

Leggere è una forma di dialogo, e una forma privilegiata: occorre dedizione, attenzione, volontà d'ascolto. Il rumore ci impedisce di trascenderci, di abbandonare la situazione contingente per trasferirci anima e corpo nei nostri autori. Se poi l'interlocutore è speciale - Cechov, poniamo - se la sua scrittura è ricca, raffinata, elegante, bisogna dedicarglisi interamente per poterne apprezzare la qualità. O come si potrebbe leggere Shakespeare senza ricreare dentro di sé quel medesimo silenzio di cui sono impregnati i suoi drammi! Nel rumore si leggono solo parole che non arrivano a vibrare nell' anima, che non provocano risonanza nella cassa armonica del nostro cuore, che non scuotono i nostri sentimenti. Il linguaggio, osserva Georges Gusdorf, è soltanto una via di comunicazione, ma non è la comunicazione stessa (L’autenticità della comunicazione, in Filosofia del linguaggio). Sicché lo sforzo del creatore richiede in cambio uno sforzo analogo da parte del fruitore della sua opera: la comunicazione implica insomma una condivisione della difficoltà. E invece il lettore medio, l'uditore e lo spettatore banale credono di poter godere senza fatica di ciò che ne è costata tanta al creatore. Ad esempio, accontentandosi della storia, della trama, e trascurando completamente l'acutezza dello sguardo, la finezza dell'analisi, la raffinatezza del linguaggio.

Conseguentemente preferirà sempre lo scrittore o altri, che è già compreso prima ancora di essere letto, perché dice esattamente ciò che diremmo anche noi e con la medesima povertà di linguaggio. Come si fa a comprendere nel rumore ciò che fu scritto, composto, dipinto, eretto nel silenzio?

Di questo passo tutta l'opera del passato, tutta la cultura straordinaria dell'umanità, rischia di diventare incomprensibile e muta al nostro mordi e fuggi da turista distratto."

 

 

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