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I gadget: un’estensione di noi stessi e/o viceversa?

I gadget: un’estensione di noi stessi e/o viceversa?

26 Giugno 2013 Antonio Fiorella
Antonio Fiorella
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Quando il vivere nel sociale diventa un surrogato della vita stessa, attraverso l’abuso della tecnologia, e l’utilizzo della memoria un’attività da baraccone, l’interrogativo che ci si pone è dove può condurre tutto questo.

Joshua Foer ne L’arte di ricordare tutto ripercorre il cammino intrapreso dal giorno in cui ha assistito per la prima volta a un campionato della memoria, alle tappe successive, con l’intento di approfondire la propria conoscenza della materia fino a cogliere la sfida di misurarsi con le tecniche acquisite.

Ha così cavalcato l’avventura sino in fondo.

 

Gordon Bell, 73enne, è uno scienziato informatico della Microsoft. Da qualche anno se ne va in giro con appesa al collo una fotocamera digitale in miniatura per catturare immagini e suoni, che i suoi occhi vedono ma che non restano impressi nella sua memoria (cosciente). Anticipa che in un futuro non troppo lontano ”il nostro cervello potrà connettersi direttamente a questo ‘surrogato della memoria’ che ricorda tutto;” e dal quale si potrà attingere “con la stessa naturalezza con cui accediamo ai ricordi immagazzinati nei neuroni.”

Potrebbe sembrare un orizzonte fantascientifico, ma già si registrano passi concreti in questa direzione. “Gli impianti cocleari convertono ... le onde sonore in impulsi elettrici e li incanalano nel tronco encefalico, consentendo ai sordi di udire.” Esistono “rudimentali impianti che creano un’interfaccia tra il cervello e il computer” che permettono “ai paraplegici e ai malati di SLA di controllare con la sola forza del pensiero sia il cursore di un computer, sia un arto protesico.”

L’ipotesi da considerare è che dei congegni per le memorie esterne non saranno più entità estranee o dati scaricati dalla rete ma estensioni di quelle interne. “Dopo tutto, a queste ultime abbiamo accesso solo fino a un certo punto.”

Infatti non pochi episodi della nostra vita, che certamente abbiamo vissuto e immagazzinato da qualche parte del nostro cervello, non sappiamo come trovarli. Quanti saprebbero dire con precisione dove  e con chi hanno festeggiato gli ultimi dieci compleanni della loro vita?

“Noi occidentali abbiamo la tendenza a pensare al ‘Sé’, l’elusiva essenza della nostra identità, come se avesse dei confini netti... Il fatto è che quell’ “io” è un qualcosa di molto più diffuso e nebuloso di quanto ci piaccia pensare.”

Nelle svolte epocali spesso si incontrano voci dissidenti. Socrate rifuggiva dalla scrittura perché secondo lui portava “la cultura su un sentiero infido”; avrebbe potuto condurre al decadimento intellettuale e morale; “gli uomini avrebbero finito per somigliare a recipienti vuoti.”

Joshua Foer invece osa mettersi alla prova e riempire di significato il proprio lavoro di giornalista. L’esercitazione della memoria, cominciata come un’esperienza giornalistica, è diventata un’ossessione - sfociata nella sua partecipazione al campionato statunitense dove è risultato vincitore.

Per chi vuole approfondire il racconto di questa esperienza può andare a questo link.

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