Edward O. Wilson, evoluzionista ed entemologo di Harvard, nel ripercorrere le tappe geologiche della vita sulla Terra sintetizza brillantemente la convergenza tra evoluzione e cultura. Attraverso l’opera La conquista sociale della Terra rivela i tratti salienti della cooperazione di alcune specie di insetti e li mette in relazione con la competizione e l’intelligenza adattativa dell’Homo sapiens.
Mito, religione, morale, cultura sono prodotti derivati da opposte tendenze che convivono nell’uomo e che l’essere umano ha creato per sopravvivere. La tribù aveva bisogno del mito per dare coesione al gruppo e significato all’esistenza dei singoli. La Creazione è il sotterfugio darwiniano che serve a placare le ansie. I conflitti intertribali, tra opposte fazioni e tribù, tra esterni e interni, hanno di fatto “modellato la natura umana.”
L’evoluzione può essere vista come un “viaggio in un labirinto” dove vecchi e nuovi passaggi (nicchie ecologiche) si aprono e chiudono in continuazione. “La struttura del labirinto dipende in parte da chi ci viaggia” dentro, e ciò è valido per ciascuna delle specie.
Le tappe evolutive di questo percorso vedono nella formazione delle mani prensili, dei piedi e della postura eretta altrettanti stadi del cambiamento che hanno determinato la condizione umana. Gli artigli e le zanne non avrebbero potuto portare allo sviluppo di strumenti per la difesa e la caccia. (Scrittori di fantascienza amanti delle invasioni della Terra, vi scongiuro - esorta l’autore, - ricordatevi di dotare tutti i vostri alieni di mani e tentacoli o di grasse appendici carnose.) La capacità delle braccia di scagliare pietre e oggetti a distanza permisero ai pre-umani di uccidere limitando i rischi. Passi decisivi dell’evoluzione furono il controllo del fuoco e il mettersi insieme per fare fronte comune nella caccia, nella difesa della propria dimora e contro ogni pericolo esterno. Probabilmente l’alimentazione a base di proteine, il fatto di procurarsi il cibo con la caccia, favorì la crescita evoluzionistica del cervello degli ominidi. L’anatomia del cranio e della dentizione evidenzia i profondi cambiamenti intercorsi.
“L’avvento del genere umano è stato per un po’ un colpo di fortuna per la nostra specie e per sempre una sfortuna per quasi tutto il resto della vita sulla Terra.”
La gente deve poter fare riferimento a una tribù; l’appartenenza a un gruppo infonde sicurezza, suscita orgoglio, protegge dai gruppi rivali. “Alla luce della biologia moderna si può affermare che la nostra natura sanguinaria è inveterata perché l’antagonismo fra i gruppi è stato una delle principali forze trainanti che ci ha resi come siamo.” Pertanto ogni motivazione è buona per fare una guerra, sia per proteggersi dalle altre tribù, sia per conquistare nuovi territori. I risultati delle ricerche hanno rilevato che i cacciatori-raccoglitori e gli agricoltori primitivi hanno i medesimi “tassi di mortalità dovuti a violenza nei gruppi e fra i gruppi” degli scimpanzé. “Ma la violenza non letale, innocua è molto più frequente negli scimpanzé, e accade centinaia e forse migliaia di volte più spesso che non fra gli umani.” C’è da vedere in questo un indizio di civiltà e motivo sufficiente di rallegramento?
Nella preistoria la vita primitiva deve aver causato sacrifici e morti enormi, per le guerre tribali e per le difficoltà di procurarsi il cibo, per le intemperie. In Africa la popolazione totale di Homo sapiens si ridusse a poche migliaia di individui, fino a rischiare di sparire del tutto. La migrazione verso l’Europa avvenne circa 42 mila anni fa. Risalgono al Neolitico tracce di insediamenti dove si praticava l’agricoltura, a seguito della quale si costruirono villaggi, che più tardi diedero vita a feudi, signorie e stati.
L’eusocialità* (l’organizzazione sociale realizzata in alcune specie di animali) tra gli insetti può aiutare a meglio comprendere l’evoluzione della condizione umana. Dei ricercatori hanno costretto alla convivenza forzata due api solitarie dette “alactidi” Ceratina e Lasioglossum. Gli insetti a seguito di tali esperimenti hanno iniziato a dividersi il lavoro nella ricerca del cibo, nella costruzione e protezione del loro habitat.
Abitualmente gli insetti solitari, finito il primo lavoro, passano ad un altro e così via. Le specie eusociali evitano lavori che vengono svolti da un compagno di nido. Ne risulta una divisione del lavoro a seconda dei bisogni della colonia. “L’eusocialità e quello che di solito chiamiamo altruismo possono nascere dall’espressione flessibile di un unico allele (forma di gene) e di un insieme di alleli.”
Essendo i delfini fra gli animali più intelligenti, ci sarebbe da chiedersi perché non abbiano raggiunto traguardi più avanzati nell’evoluzione sociale. Ciò che li differenzia dai primati è la mancanza di nidi o bivacchi, il fatto che le pinne non possono svolgere attività come quelle svolte dagli arti anteriori, e infine il controllo del fuoco è impossibile nel regno acquatico.
Come descrivere quindi, in che consiste, la natura umana? Economisti, filosofi, teologi, ideologi e i politici, tutti “ci hanno girato attorno,” si sono messi “sulle sue tracce e si sono smarriti,” oppure “l’hanno definita a proprio esclusivo vantaggio.” La selezione biologica anche per gli umani tende a favorire le colonie che praticano l’altruismo fra i loro membri. Gli egoisti, i furbi possono farla franca in una tribù, colonia, società particolare, impossessandosi delle risorse della comunità, violando regole e leggi; ma alla lunga “le colonie di furbi perdono contro le colonie di collaboratori.”
Tra biologi è nata una querelle tra coloro che vedono nella “selezione di parentela” e nella “fitness inclusiva” il motore principale dello sviluppo evolutivo della specie umana. Mentre secondo Wilson si è verificato un processo multilivello che ha interagito non solo tra individuo e gruppo di appartenenza, ma anche a causa della competizione fra gruppi.
Attraverso i millenni è avvenuta una coevoluzione geni-cultura che ha portato ad esempio alla tolleranza al lattosio negli adulti. Nei bambini svezzati dal latte materno la produzione di lattasi veniva a sospendersi. Lo sviluppo della pastorizia, due o tremila anni or sono, favorì la creazione di lattasi negli adulti. Altro fenomeno legato alla interazione geni-cultura è il tabù dell’incesto, tabù pressoché universalmente condiviso in tutte le culture. Il cervello, come programmato, è indotto a seguire il precetto empirico: “nel sesso disinteressati di quelli che hai frequentato da vicino nei primissimi anni di vita.”
Il linguaggio, il più deperibile dei prodotti della cultura umana, influenza non poco ciò che effettivamente vediamo. La percezione è frutto di condizionamenti ambientali e culturali. Lo “spettro visivo” è soltanto un frammento di ciò che ci circonda. Il nostro cervello suddivide e interpreta gli impulsi visivi che raggiungono la nostra retina. Questi vengono elaborati e chiamati colori. Nello spettrometro dopo “il blu viene l’ultravioletto che gli insetti riescono a vedere e noi no.” E il nostro orecchio rimane insensibile a una larga gamma di frequenze sonore che ci circondano. I pipistrelli si orientano al buio con gli echi degli ultrasuoni inaccessibili per il nostro apparato uditivo. Al contrario, il barrito degli elefanti ha frequenze troppo basse per essere percepite da noi.
“Il cervello filtra e distorce i colori veri in diversi modi, ma non ne determina da solo le categorie.” Per i colori, la lingua dani** usa soltanto due termini: il bianco e il nero; l’italiano ha undici colori basilari. Il rosso e l’arancione sono i colori prevalenti della frutta matura. I primati arboricali avrebbero puntato su questi colori “per segnalare la loro disponibilità sessuale.”
Il successo degli esseri umani è in gran parte dovuto ad “abilità sociali” che vengono sviluppate sin dalla nascita. La lettura delle intuizioni altrui induce i gruppi ad adattarsi in attività collaterali e a cooperare.
Esistono geni molto plastici ad esempio quelli che “prescrivono lo sviluppo generale delle impronte digitali” e che hanno un numero di variabili pressoché illimitato. “Non esistono due persone al mondo con le impronte digitali esattamente identiche.” E ci sono geni molto rigidi che “prescrivono il numero delle dita” delle mani, salvo incidenti evolutivi estremi, come nel caso delle radiazioni nucleari. “Il principio della plasticità variabile si applica facilmente anche ai tratti culturali, quali i costumi sociali e la moda.
La lotta per la sopravvivenza determina la selezione individuale e la riproduzione fra i membri dello stesso gruppo. E modella gli istinti “fondamentalmente egoistici in rapporto agli altri.” La concorrenza fra società porta alla selezione di gruppo. “La selezione individuale è responsabile di buona parte di quello che chiamiamo Peccato, mentre la selezione di gruppo è responsabile di buona parte della Virtù.” La concezione di Virtù e Peccato ha creato quel conflitto sublimato nella raffigurazione del Bene e del Male, fra angeli e demoni.
“Le abbondanti evidenze che riguardano il nostro passato” concordano sul fatto che le religioni derivano sia dall’ignoranza dei fenomeni naturali sia dalla necessità di assoggettare gli individui per il bene della collettività.
La fede in un essere superiore è “una trappola invisibile” che durante la storia biologica ha consentito alla nostra specie di passare indenne attraverso i secoli bui. “Esistono di sicuro modi di realizzarci spiritualmente senza questa resa e senza ridurci in schiavitù.” Il genere umano deve coltivare e aspirare a traguardi più nobili quali la ricerca e l’approfondimento della conoscenza.
Antonio Fiorella
La conquista sociale della Terra, Edward O. Wilson, Raffaele Cortina Editore
(*) L'eusocialità (dal greco eu: "buono" e "sociale") è il livello più alto di organizzazione sociale che si realizza in certi animali.
L'entomologia è un ramo della zoologia (a sua volta ramo della biologia) dedicato allo studio degli Esapodi (insetti in senso lato)
(**)The Dani languages are a family of clearly related Trans–New Guinea languages spoken by the Dani and related peoples in the highlands of Irian Jaya.