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C'erano una volta i link, poi sono arrivati i MiPiace

C'erano una volta i link, poi sono arrivati i MiPiace

30 Marzo 2017 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Chi frequenta la Rete da un pò di tempo si ricorda molto bene il ruolo e l'importanza dei Link, sia nella progettazione di una presenza online sia per interagire e sfruttare in modo intelligente con il motore di ricerca. Oggi il Link è superato, naftalinizzato e reso obsoleto da un pratica diversa, più immediata e soprattutto pervasiva. Una pratica nota come Like o MiPiace, diventata pervasiva e normale così come lo è quella del selfie o autoritratto.

Il link era un modo per creare una qualche forma di connessione e interazione ma in modo complice. Collegando un proprio contenuto a un documento o testo esterno è un modo per confermare l'esistenza dell'altro e aumentarne la visibilità e la popolarità. Il Link è servito a lungo come strumento chiave per allargare la conoscenza, espandere conoscenze e concezioni, favorire il diffondersi di nuove informazioni utili a maggiore consapevolezza, approfondimento e alla elaborazione di nuovo pensiero. Il Link è stato, ed in parte è ancora, uno strumento di viaggio verso destinazioni sconosciute da scoprire, esplorare e conoscere. E' uno strumento di viaggio potente perchè offre una via di fuga e di evasione, dal testo/luogo in sui si trova ma permette anche il ritorno. Favorisce in ogni caso il viaggiare, l'esplorazione di posti diversi, il perdersi, la circumnavigazione del globo alla scoperta di nuovi universi, di mondi paralleli e di realtà ancora sepolte.

Il link è tutto l'opposto del Like, pensato per far rimanere nello stesso posto. Il Like/MiPiace è una toccata e fuga che impedisce il viaggio, annichilito dalla rapidità con cui si compie l'azione online. E' puro broadcasting che in qualche modo rifugge la forma dialogica dell'interazione uno-a-uno (chi vuole può attivare l'opzione dei commenti, o usare la email e rinunciare al Like, ma il commento è un'azione attiva e si presta al fenomeno del flaming online). Con il link è necessario leggere il testo a cui è collegato, con il Like è sufficiente uno sguardo, lo scatto percettivo che fotografa l'immagine di chi ha messaggiato o postato, l'immagine solitamente allegata al messaggio, per scatenare l'impulso forte del click. E' un impulso confuso in un multitasking continuo di una infinità di altri impulsi che impedisce di leggere, a volte di capire, che obbedisce alle logiche di chi possiede le piattaforme applicative. Entità che non amano il viaggio perchè hanno realizzato le loro piattaforme, chiamate pomposamente ecosistemi, come se fossero dei Resort o dei club Med, moderne caverne platoniche nelle quali allevare schiere innumerevoli di servi compiacenti, complici e felici.

Il Link è difficilmente ignorante, il Like può esprimere molta ignoranza perchè espresso spesso in assenza di lettura, comprensione e conoscenza. Il Link è attivo, ambivalente, mette in movimento, porta altrove e usa il browser per trasportare l'utente verso pagine web, luoghi e contenuti diversi. Il Like è un gesto deferente, consigliato, favorito, suggerito e per questo quasi passivo, come l'azione che porta molti utenti televisivi a giocare con il loro telecomando. Il Link costa fatica, sia  a chi lo propone, sia a chi lo usa, il Like è costruito attraverso meccanismi automatizzati offerti dalle stesse piattaforme su cui opera nella forma di semplici bottoni. La fatica dell'utente con il link è legata al tempo del viaggio a cui il click indirizza, quella del Like è inesistente, tanto è iperveloce la valutazione espressa con il click, la prima e il secondo spesso frutto di scelte che si possono categorizzare come cyber-inconsce.

Il Link offre sempre qualcosa e in modo esplicito. Il Like è subdolo perchè dietro ogni click o valutazione si nasconde la trappola e chi la trappola ha facilmente armato. E' una trappola che agisce nella forma di sistemi di monetizzazione, attivati lontano e all'oscuro degli utenti e dalle potenziali vittime.

A mantenere in vita i Link c'erano fino a poco tempo fa i motori di ricerca come Google Search. Oggi anche Google ha optato per i Like/MiPiace, ritenuti più utili ed efficaci nel costruire la popolarità di un contenuto rispetto a quella determinata dalla diffusione di un link.

Il link può puntare a destinazioni indesiderate, maligne o semplicemente vuote di significato ma è pur sempre una azione attiva che permette di elaborare una riflessione e valutazione nel tempo destinata a rimanere. Il Like non ha una sua controparte negativa. Permette una qualche forma dialogica ma solo in una direzione, anche nel caso in cui i contenuti che reclamano la valutazione positiva siano false verità o false notizie, bufale vere e proprie, contenuti violenti o che esprimono odio e pubblicità ingannevoli.

Negli anni abbiamo imparato a amare i Link e oggi abbiamo incorporato i Like. Lo hanno fatto soprattutto le nuove generazioni di nativi digitali che non percepiscono più il loro smartphone come una estensione corporale dei loro arti e per questa ragione non sentono alcuna necessità di riflettere in modo critico sui loro effetti e sulla loro influenza. Allo stesso modo il Like è diventata un'azione automatica, spontanea come il battito di ciglio, semplice geto e ripetizione che le piattaforme registrano, memorizzano, analizzano e monetizzano. Più e quanto avviene con i dati, le informazioni e tutte le altre tracce disseminate online! 

* Spunti per questo articolo tratti dal libro di Geert Lovink L'abisso dei social media.

 

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