Tutti sono ormai consapevoli che su piattaforme come Facebook si sta rendendo trasparente una parte importante della propria vita intima. Lo si fa verso realtà multinazionali che con le loro piattaforme hanno messo all'opera una macchina di sorveglianza potente e diffusa ma soprattutto perfetta nel massimizzare fatturati e profitti. Tutto grazie a potenti algoritmi ma anche alla complicità di milioni di persone che ormai non possono più fare a meno di uno spazio sociale capace di dare risposte al loro bisogno di socialità.
La crescente consapevolezza sullo scambio non propriamente paritario tra utilizzatori e piattaforme sta facendo aumentare l'insoddisfazione e il distacco. Lo confermano i dati di numerose indagini di mercato che rilevano un tasso crescente di abbandono, non solo da piattaforme popolari come Facebook ma anche da Twitter e Google (YouTube). Il calo può essere considerato fisiologico ma a comunicare che qualcosa stia cambiando è il confronto con i dati e i trend del passato.
Il calo attuale può essere utilizzato per una riflessione più attenta sul mondo dei media sociali. Le loro potenzialità in termini di opportunità, creatività, connettività e interazione è fuori discussione. E' un valore acquisito della rivoluzione tecnologica di questi anni e non scomparirà. Ciò che sembra non reggere più è il modello di business e le strategie che i leader di poche realtà multinazionali hanno costruito sulle loro piattaforme tecnologiche.
Queste realtà sono cresciute così tanto e così rapidamente da non potere più fare a meno di continuare a farlo. Lo possono fare grazie ai miliardi di dati che continuano a collezionare e ad analizzare, a vendere e a proporre ai loro inserzionisti come elemento di sicuro successo per i loro prodotti e le loro pubblicità. Il successo di un modello di business che ha fatto crescere in modo esponenziale i guadagni ha fatto dimenticare gli utenti e i consumatori. Oggi di fronte a trend crescenti di abbandono, maggiore attenzione dei media sul tema della privacy e delle istituzioni sull'uso improprio dei dati anche per fini politici, il modello di business deve essere ripensato introducendo cambiamenti che non possono che essere radicali.
Il primo cambiamento necessario è di riportare l'utente al centro della strategia e del modello di business. Un cambiamento che va oltre la semplice declamazione teorica per tradursi in atti concreti finalizzati a dare all'utente il potere che gli spetta, che si merita e che sta chiedendo.
Dare maggiore potere all'utente significa ripensare un modello di business nel quale la ricchezza è prodotta dalla creatività, dalle attività sociali e dalla produzione intellettuale di milioni di persone che, di questa ricchezza, non condivide praticamente nulla. Secondo molti analisti è giunto il tempo di riflettere seriamente sulla possibilità che anche i frequentatori della Rete possano vedersi retribuita la loro attività creativa o abbiano la possibilità di partecipare, come shareholder o soci, alla divisione dei profitti generati. L'idea è stata proposta da tempo e mai presa in considerazione o realizzata perché implementarla significherebbe limitare il controllo pervasivo e globale che oggi i vari Zuckerberg o Bezos hanno sulle loro aziende, piattaforme e mercati.
Piattaforme come Facebook hanno creato imperi immensi sulle cui frontiere virtuali non cala mai il sole. Imperi così grandi che i suoi abitanti li reputano senza confini o barriere anche se in realtà vivono immersi dentro un gigantesco acquario dalle pareti trasparenti ma resistenti e invalicabili. Per cambiare modello di business Facebook e gli altri proprietari di piattaforme simili potrebbero aprire i confini trasformando l'impero in una grande federazione di reti, gruppi o comunità spontanee. Entità create dagli utenti sulla base dei loro bisogni e delle loro priorità ma capaci di interoperare e interagire tra di esse grazie a protocolli condivisi, il cui controllo non è più centralizzato e al servizio di una sola entità.
Si dice che in Rete nulla scompaia mai del tutto. E' probabilmente vero anche per i social network che conservano nel tempo tutto ciò che in essi viene pubblicato e condiviso. Compresi contenuti, attività e immagini che non si vorrebbero mai avere scritto o postato e che, benchè cancellate, continuano a vivere di vita propria per essere state riprese e condivise in modo virale in mille altre pagine del network o fuori di esso. E se all'utente fosse data la possibilità di cancellare tutto, senza per questo dover cancellare l'account o abbandonare il social network? Sarebbe forse un altro modo radicale di ripensare il modello di business e prestare fede alle promesse, fatte da sempre e mai mantenute, sulla centralità dell'utente e sul suo essere al centro della visione e delle strategie dei proprietari delle piattaforme tecnologiche.