Le immagini prodotte con le IA sono esteticamente perfette, immaginifiche, capaci di guardarci così come ci guardano tutte le altre immagini, ma stanno generando una iconologia che nulla ha a che fare con quella che, ad esempio in questi giorni di guerra, racconta la prima metà del secolo corrente. Una iconologia, che a partire dall’attacco terroristico alle torri gemelle di New York, si è arricchita di immagini forti, sconvolgenti, sia esteticamente sia umanamente e politicamente (Kabul, Kobane, Mariopol, Gaza, ecc.).
Tablet e brevetti registrati delle 'gestures'
Più di quelle, comprese le più distopiche, generate dall’IA, le immagini di questa iconologia da terzo millennio, che chissà cos’altro ci sta preparando, continuano a impressionarmi e inquietarmi, a farmi collegare il passato prossimo a un futuro pieno di promesse ed eventi altrettanto inquietanti e impressionanti, in futuro fatto di tante immagini di guerra come quelle che, nonostante l’(auto)censura vigente, pian piano emergono dal conformismo e dalla propaganda con cui le immagini sono raccontate da media assonnati e servili.
La situazione di incertezza, di insicurezza, di precarietà e di crisi porta molti di noi a chiedere di essere lasciati in pace, a sfuggire ogni racconto di guerra, anche per non farsi guardare da immagini che potrebbero colpire i nostri sensi, farci stare male, far emergere domande e dubbi che portano a interrogarsi, umanamente, civilmente, politicamente, se è proprio questo il mondo nel quale vogliamo vivere e se e quando saremo in grado di smettere di voltare lo sguardo da un’altra parte per agire, fare qualcosa.
Questo “bisogno” latente di voler essere lasciati in pace spiega forse perché molti, anche su questa piattaforma, rivolgono preferibilmente il loro sguardo alle immagini create da IA generative e del PromptDesign, distogliendolo in questo modo da altre immagini che forse potrebbero dare loro strumenti non solo professionali o lavorativi ma anche esistenziali, vitali, umani, e far riflettere sul fatto che la nostra vita è fatta soprattutto di sguardi, principalmente umani, dentro quello che io ho descritto come NOSTROVERSO.
Un’immagine generata con una IA non ci coinvolge e non ci (ri)chiama all’azione come lo fa il volto di un altro. Come scriveva il filosofo francese Emanuel Levinas, ispiratore del mio libro Oltrepassare – Intrecci di parole tra etica e tecnologia (https://delos.digital/9788825419092/oltrepassare-intrecci-di-parole-tra-etica-e-tecnologia), il volto dell’altro, il suo sguardo, pretende da noi una risposta etica. La risposta etica oggi assente, un’assenza evidenziata da quanti volti si tende oggi a nascondere, è diventata una necessità. E rispetto a ciò a cui stiamo tutti assistendo la risposta non può che essere eticamente indignata, critica, piena di consapevolezza derivante dalla conoscenza e dalla capacità di (cor)rompere le cornici visive e discorsive (narrative) in cui siamo intrappolati, per assumerci le nostre responsabilità, rimanendo o “ridiventando” umani.