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Mondiali, come evitare il sovraccarico di informazioni? Spegnendo la TV?

Mondiali, come evitare il sovraccarico di informazioni? Spegnendo la TV?

12 Giugno 2014 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Tutti parlano di calcio e dei Mondiali in Brasile. Lo fanno anche i possessori di portali e siti online, pubblicando articoli e informazioni calcistiche, inventandosi programmi e iniziative marketing e producendo contenuti con l'obiettivo elementare ma preciso di farsi trovare. Difficile evitare il sovraccarico informativo e in particolare il surplus cognitivo. Di cosa dovrebbe parlare SoloTablet? Di APP mondiali o di eventi per l'annuncio di nuovi tablet, rinviati al dopo mondiale? E se ci si mettesse in pausa per un mese, per guardare le partite?

Nel suo bel libro "Il surplus cognitivo", Clay Shirky ci parla del tempo libero dandocene una bella e positiva rappresentazione come surplus cognitivo.

Grazie ai nuovi media il nostro tempo libero è diventato uno spazio abitato, collettivo e condiviso, attraverso cui comunichiamo ed entriamo in contatto con altre persone con le quali dialoghiamo e conversiamo. E' un tempo libero molto tecnologico e mobile, il risultato di elevata connettività, banda larga o sufficientemente larga da impedire di annoiarci online, della pervasività di dispositivi mobili e numerosi 'schermi' (TV, PC, Tablet, Phablet, Smartphone) e di grandi capacità di elaborazione (lo smartphone di oggi come i mainframe di ieri..).

L'interrogativo che si pone Shirky è quanto questa opportunità offerta sia traducibile in qualcosa di utile e di concreto generando nuova cultura civile e nuove forme di vita comunitaria.

E' un interrogativo che ci possiamo chiedere tutti, dal calcio di inizio mondiale con la partita Brasile-Croazia al 13 luglio, la data della finale del mondiale Brasile 2014. Un evento mondiale con una portata mediatica globale, che vedrà il coinvolgimento attivo di milioni di persone, è una fantastica opportunità di socializzazione, di scambio culturale, di consumo televisivo intelligente e di conoscenza.

Abbiamo di fronte un mese che sarà inondato da notizie, informazioni, chiacchiere ecc., tante immagini e moviole, riviste lastricate di fotografie calcistiche e speciali sul futuro matrimonio di Balotelli, ma soprattutto ci impegnerà in tanto lavoro. Quello che svolgeranno in tanti, guardando la  televisione, part-time o full-time a seconda della passione che lega ognuno di loro allo sport del calcio, ad una squadra o a una serie di giocatori.

Una dose di lavoro che si può trasformare in veleno, in afrodisiaco, in farmaco lenitivo, in prozac o viagra chimico, in pausa cognitiva e divertimento fisico, in sane bevute di birre e sventolamenti di bandiere, in disattenzione politica a scandali e leggi che li riguardano, in festeggiamenti al bar sotto casa o in solitudine nei monolocali di città. Il tutto in un percorso che andrà scaldandosi e arricchendosi, anche cognitivamente, ogni giorno di più.

Mentre gli stadi si stanno riempiendo e le strade sono testimoni di proteste e contestazioni contro lo spreco per i mondiali e la scarsa attenzione ai diritti, la maggioranza silenziosa è tutta in piaggia. (tutti al mare a mostrar le chiappe chiare) ...un altro esempio di surplus cognitivo, qui fisicamente espresso ma poco socialmente trasformabile in benessere e relax!

Guardare bene per credere!

Di fronte alla sovraesposizione mediatica dell'evento Mondiale e al sovraccarico di informazione ognuno continua ad essere libero di fare delle scelte.

Per farlo deve avere delle giuste motivazioni intrinseche e/o estrinseche. Può scegliere di fare qualcosa perchè gli interessa (guardare tutte le partite in TV fino a notte inoltrata e oltre)  o perchè vuole avere una qualche ricompensa. In assenza di qualcuno disposto a pagarla tutti saranno più che contenti di interpretare l'attività stessa di guardare le TV come se fosse la vera ricompensa.

La scelta risulterà tanto più efficace quanto più condivisa socialmente. Cosa molto verosimile con un evento come il mondiale di calcio che da sempre coinvolge moltitudini festanti (almeno fino a quando i risultati delle loro squadre sono vincenti).

Qualcuno nel frattempo, il cosiddetto “pintor de rua”, anche senza alcuna ricompensa e nessun guadagno, ha già fatto una scelta diversa.

Il  writer brasiliano ha iconizzato la faccia 'negativa' del mondiale brasiliano con un'immagine, dipinta sul muro della Rua Padre Chicoor a Pompéia, diventata famosissima e nella quale illustra bene la situazione del suo paese, le difficoltà della popolazione e il problema della povertà. La forza dell'immagine sta nel non essere un semplice atto di accusa ma nel suggerire uno sguardo diverso e sintetizzare un pensiero comune sulla situazione attuale del Brasile.

Il murales è opera di un artista che non odia il calcio, anzi lo ama e che lo seguirà anche durante il mondiale perchè “il calcio è la cosa più importante tra le cose che non sono importanti”. Lo farà con il progetto di sfruttare i momenti di pausa tra una partita e l'altra per continuare la sua opera pittorica dipingendo altri murales.

Un'ottima dimostrazione di impiego positivo e sociale del surplus cognitivo generato dalla partecipazione ad un evento mondiale che riempirà il tempo libero di molti. 

La socialità che caratterizzerà la partecipazione allargata del pubblico all'evento mondiale, sia fisicamente che attraverso i numerosi strumenti tecnologici e sociali della Rete,  è una opportunità grandiosa per creare un ambiente di reciproca conoscenza e generosità. La partecipazione all'evento e le conversazioni che la caratterizzeranno, determineranno l'emergere e il diffondersi di comportamenti personali e sociali che daranno luogo a situazioni, fatti e notizie, capaci di generare le narrazioni con cui ricorderemo il mondiale dopo che sarà finito.

Tutti si aspettano che queste narrazioni abbiano come oggetto il futuro matrimonio di Balotelli, il mal di schiena di Ronaldo, la stanchezza della pulce Messi o l'ultima storia segreta di Neymar. Sarebbe invece grande la sorpresa se al centro delle narrazioni ci fossero le persone: quelle che continueranno a protestare e a cercare di sfruttare i mondiali per comunicare e far conoscere la realtà meno nota di un grande paese ricchissimo ma pieno di povertà come il Brasile; quelle che dentro gli stadi daranno luogo a scenografie hollywoodiane / bollywoodiane; quelle che nel loro ruolo politico potrebbero sfruttare gli incontri mondiali per fare scelte meno finanziarie e più attente socialmente;  e infine quelle sdraiate sui loro comodi divani che con il loro telecomando e dispositivo mobile connesso ai social network potrebbero contribuire a trasformare l'evento calcistico in evento sociale vissuto comunitariamente, e perchè no anche politicamente! 

L'effetto più strabiliante potrebbe essere determinato dalla diffusione e propagazione di nuovi memi (unità di trasmissione culturale e particella elementare di informazione che si diffonde attraverso un processo evolutivo darwainiano) capaci di catturare l'attenzione delle persone dando forma a nuovi modi di pensare (anche al calcio), di comportarsi, di guardare alla realtà e ai media, di parlare e comunicare, di messaggiare. Questi memi per diffondersi hanno bisogno di trovare terreno fertile. Il meme ha bisogno di annidarsi nella mente, esattamente come ogni altro virus, e di farlo nel maggior numero di menti umane.

Le memetica collegata ai mondiali 2014 è già all'opera da tempo.

C'è la memetica guidata e facilita dai mass media che tende a creare immagini e narrazioni capaci di catturare l'attenzione e scatenare l'imitazione e il passaparola. C'è la memetica che nasce dalla strada, che non ha grandi mezzi per propagarsi e farsi imitare come quella dei murales che hanno ricoperto chilometri quadrati di mura brasialiane e sudamericane con l'obiettivo di creare anche loro attenzione e forme alternative di passaparola e capacità imitativa.

All'apertura del mondiale e non sapendo che tipo di storia andrà a raccontare, è possibile tracciare una possibile narrazione attraverso alcuni murales che come memi della mente potrebbero trasformarsi nelle icone e nelle storie che faranno ricordare, anche in futuro il Mondiale 'mavigliao' del Brasile 2014.

 

 

 

 

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