La difficoltà a essere genitori nasce prima di tutto dalla situazione di crisi economica e sociale che coinvolge le famiglie. E’ una crisi che rende difficile soddisfare bisogni e desideri e comporta difficoltà nel momento in cui i figli non riescono a realizzare i loro sogni e progetti lavorativi e professionali.
Esiste anche la difficoltà di essere genitori in un’epoca ipertecnologica e nella quale le nuove generazioni fanno largo uso di tecnologie digitali e di strumenti tecnologici utilizzati per informarsi e comunicare ma anche per socializzare e costruire legami e relazioni amicali e affettive. E’ questa una difficoltà che origina in molti casi dalla scarsa conoscenza che i genitori hanno dei nuovi media e delle tecnologie e dalla difficoltà a comprendere perché i loro figli ne facciano al contrario così largo uso. Ne deriva spesso una percezione di spaesamento che da origine a timori e paure ed è fonte di confusione e di indecisione.
Tutte reazioni che non aiutano a sviluppare la corretta consapevolezza e la conseguente capacità formativa che dovrebbe servire a facilitare lo sviluppo di ragazzi nativi digitali che alla tecnologia si affidano anche per la difficoltà a relazionarsi all’interno delle famiglie con i loro referenti adulti, genitori e insegnanti in primo luogo. Queste reazioni poi sono difensive e dense di conseguenze negative. Il nuovo non va rigettato o ostracizzato ma studiato, conosciuto e compreso. Dopo una adeguata operazione di acculturamento i genitori potrebbero scoprire che sopravvivere all’era tecnologica si può e lo si può fare anche con benefici e vantaggi condivisi e reciproci con i propri figli e ragazzi.
Ai genitori che non sanno come e cosa fare viene in soccorso un libro pubblicato di recente negli Stati Uniti dal titolo It’s Complicated: The Social Lives of Networked Teens”. E’ un libro scritto da Danah Boyd, una ricercatrice che lavora presso il centro di ricerca Microsoft Research e alla Università di New.
Il libro raccoglie i risultati di una ricerca durata quasi dieci anni che è servita a disvelare gusti e preferenze ma soprattutto abitudini e comportamenti così come ad evidenziare nuovi fenomeni emergenti e poco noti. La lettura del lavoro di Sanah Boyd può essere complementato da quanto da lei pubblicato sul suo sito. L’intero lavoro può risultare molto utile a genitori alla ricerca del giusto rapporto con i loro figlioli tecnorapidi con l’obiettivo di capire cosa fare e come affrontare l’argomento tecnologia e nuovi media.
Una lettura collegata alle finalità del nostro progetto TECNORAPIDI ci ha portato ad evidenziare alcune regole a cui i genitori dovrebbero sottostare per costruire un rapporto sereno con i loro figli e per trasformare le frequentazioni online dei ragazzi in utili esperienze di crescita, di sviluppo della loro identità, di maturazione e di maggiore socialità.
1. Comprendere la novità dei media sociali
La prima cosa da fare è comprendere cosa c’è di nuovo nelle nuove vite virtuali e sociali rese possibili dai nuovi media e interrogarsi su cosa i media sociali siano in grado di aggiungere alla qualità della vita dei ragazzi. Poi è utile trasformare i propri timori e le idiosincrasie verso la tecnologia in proposizioni costruttive finalizzate a trarre vantaggio dalle nuove tecnologie e al tempo stesso impedirne gli eventuali abusi. Inutile cercare di distruggere i miti che i giovani hanno costruito intorno alle loro vite tecnologiche e sociali, meglio cercare di comprenderli retrospettivamente. Nel farlo si scoprirà che i nativi digitali sono più resilienti di quanto si possa immaginare e che l’uso che fanno della tecnologia ha un senso ed una importanza che gli adulti devono comprendere, anche se farlo può risultare un compito impegnativo e complicato.
La preoccupazione per le minacce e i potenziali abusi online è reale. Può essere combattuta tecnologicamente dotando il dispositivo del ragazzo con software (il 75% dei genitori lo vorrebbe fare) predisposti al controllo e alla segnalazione di potenziali rischi e problemi o semplicemente usando la tecnologia disponibile per mantenersi aggiornati. Ad esempio conviene usare periodicamete un motore di ricerca per verificare le novità e le informazioni disponibili online di propri figli.
La scelta migliore è però diversa. Nessuna tecnologia è in grado di proteggere completamente i ragazzi online così come nessun genitore è consapevole di tutti i rischi che i ragazzi possono incontrare online. L'unico approccio capace di dare i risultati migliori prevede l'educazione dei ragazzi all'uso dei media e la conoscenza, da parte dei genitori e degli adulti, delle tecnologie e dei media usati dai ragazzi
2. Rilassarsi e non essere troppo ansiosi, fidarsi di più dei ragazzi conviene!
I tempi sono complicati e fatti apposta per aumentare ansie e preoccupazioni. Se poi ci si mette anche la tecnologia che ruba tempo e sonno ai ragazzi distraendoli dai loro impegni di studio e complicando la loro interrelazione con genitori e insegnanti, allora le ansie possono diventare pericolose. Con ragazzi incollati al loro smartphone e troppo presi ad inviare messaggini e a cinguettare, il genitore tutto deve fare tranne che ergere un muro che lo separi da relazioni continuative e utili con i suoi figli e ragazzi.
La presenza esorbitante del mezzo tecnologico nella vita familiare dei ragazzi e la sua influenza nella vita scolastica non deve essere motivo di rottura e di interruzione del dialogo nell’ambiente domestico ed anzi deve diventare oggetto di nuove conversazioni e opportunità di conoscenza reciproca, fiducia e relazione. Dialogo, relazione e conversazioni devono avvenire in un ambiente aperto, sereno e favorevole allo scambio di esperienze e nuove conoscenze. Condizione principale perché ciò avvenga è lo sguardo sereno sulla tecnologia e la consapevolezza che non tutti gli usi che di essa fanno i ragazzi siano necessariamente negativi.
Inutile invetarsi controlli o strumenti finalizzati a bloccare le attività dei ragazzi nei loro spazi autonomi online o restringere il loro potere e libertà decisionali. Farlo significa semplicemente dare sfogo e aumentare le proprie ansie così come il desiderio di proteggere i propri figli invece di permettere loro e facilitare la loro maturazione. Il rischio è di perpetuare vecchi miti che a loro volta alimentano vecchie e nuove paure e potrebbero suggerire azioni di controllo con esiti opposti a quelli desiderati.
3. Parlare con altri genitori e condividere esperienze, ansie e paure
La differenza è tra nativi digitali e immigrati digitali.
Tutti gli adulti sono per età, cultura e comportamenti degli immigrati digitali. Alcuni hanno maturato una migliore comprensione di altri delle nuove tecnologie ma tutti sono costretti a doverle studiare e praticare. Uno sforzo che non compete i ragazzi, nati e cresciuti con la tecnologia e Internet. Il fatto di condividere la stessa esperienza suggerisce ai genitori di creare relazioni tra loro e di frequentare spazi, anche online, nei quali si parla di problemi derivanti dagli effetti della tecnologia sui giovani o delle difficoltà a relazionarsi con ragazzi dipendenti dalle tecnologie che usano.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Costruire una rete di relazioni può servire anche al ragazzo nel caso in cui avesse bisogno di rivolgersi ad un adulto per avere informazioni o indicazioni utili a gestire situazioni di disagio o pericolose createsi online. La relazione tra genitori può avvenire sfruttando le stesse tecnologie che usano i ragazzi e attraverso comunità o gruppi costruiti insieme su social network come Facebook e Linkedin o Google Plus. Queste comunità possono essere lasciate aperte in modo che anche i giovani possano visitarle alla ricerca di informazioni ma soprattutto di risposte a problemi o bisogni che stanno sperimentando nella loro vita virtuale online. La rete in questo caso funge da soluzione alternativa alla mancanza o difficoltà di dialogo che spesso caratterizza il rapporto genitori figli.
4. Non pedinare i propri figli online e non cercare di infiltrarsi nei loro gruppi o reti sociali
Come genitori si potrebbe cercare di entrare in contatto online con gli amici e i compagni di scuola dei propri figli. Lo si può fare ma è meglio non farlo! Può capitare di diventare un riferimento per indicazioni e suggerimenti ma anche di allontanare ancora di più i propri figli preoccupati di vedere limitata la loro libertà e autonomia esperienziale. Si correrebbe il rischio di aiutare a crescere i figli degli altri e di vedere allontanarsi i propri.
La soluzione potrebbe essere uno scambio di reciprocità con altri genitori ma la cosa è difficilmente realizzabile e densa di possibili problemi. Inutile anche cercare di avere dai figli le loro password dei siti che frequentano. La richiesta non verrebbe capita e rischia di mettere in crisi la fiducia o di creare problemi di tipo relazionale nel medio e lungo termine. Può comunque avvenire che sia il figlio o la figlia a condividere account sociali online e relative credenziali di accesso. Se così avvenisse sarebbe la testimonianza di un rapporto forte e fiduciario già esistente e che non teme altre verifiche online.
L’argomento è comunque controverso. Sono numerosi i genitori che potendolo fare, applicherebbero strumenti simili a quelli usati dalla NSA americana e che hanno dato origine al Datagate. Lo farebbero per prevenire eventuali minacce, abuso di droga, contatti sociali insani e altri pericoli tipici della vita adolescenziale ma in realtà questa è la giustificazione che anche l’NSA ha usato per violare la privacy di milioni di persone. Le tecnologie disponibili per un controllo stringente delle attività dei figli online ci sono e molte sono disponibili a tutti. Ci sono programmi software che permettono di catturare i testi battuti sulla tastiera da parte dei ragazzi per controllare le loro navigazioni in rete e le cose che fanno. Oggi molti genitori preferiscono seguire i loro figli direttamente negli spazi sociali online diventando ‘follower’ delle loro pagine, a volte con falsi profili o pseudonimi. La scelta è motivata dalla voglia di sperimentare quello che sperimentano i figli ma anche dalla consapevolezza che altre forme di controllo possono incidere sulle relazioni con i figli impedendo loro di sviluppare la loro socialità liberamente e indiendentemente. Molti giovani, coscienti della presenza dei loro genitori online stanno comunque prendendo le contromisure adeguate a salvaguardare, anche online, i loro spazi di autonomia. Altri semplicemente si muovono e comunicano tenendo conto della presenza 'estranea' e manipolandola se conviene.
Il vero interrogativo che il genitore si deve porre è se la prevenzione possa essere più importante della libertà del figlio. Essere consapevoli dei rischi che i ragazzi corrono in rete in termini di adescamenti possibili, di minacce e sopprusi ma anche semplicemente di innamoramnti per falsi miti, ideologie e mode, tutto ciò può giustificare una qualche forma di controllo o supervisione. L'obiettivo non deve essere di impedire ai ragazzi di esprimersi liberamente ma potrebbe anche essere, in certe sitauzioni, la limitazione della loro libertà.
5. Inutile leggere le cose che scrivono i ragazzi
Grazie alle nuove tecnologie tutti scriviamo di più, soprattutto i ragazzi. Scrivono messaggini SMS o WhatsApp, condividono messaggi di stato Facebook, cinguettano e si fanno trovare con brevi cenni a dove si trovano, cosa fanno e cosa vorrebbero fare, pubblicano pensieri e poesie su Tumblr e fotografie in Instagram o Flickr. La loro produzione di contenuti è così massiccia e continua che leggerli è ‘mission impossible’ ma soprattutto tempo perso. Potrebbe anche essere molto complicato considerando i nuovi linguaggi utilizzati pieni di acronimi e faccine e di significati nascosti, poco comprensibili ad immigrati digitali e persone adulte. Invece di inseguire le loro tracce online meglio attenderli a casa e sperimentare un sano incontro/scontro fisico e umano fatto di dialogo vero e franco, di sguardi e segnali non verbali, di empatia, coinvolgimento emotivo ma anche di rispetto, autorevolezza (l’attimo fuggente) e consapevolezza.
6. Parlare con gli insegnanti dei figli per conoscere come usano le nuove tecnologie
Il genitore non è il solo educatore e responsabile dello sviluppo dei ragazzi. Un ruolo importante è giocato dagli insegnanti che li incontrano e li seguono nei vari gradi e livelli scolastici. La tecnologia è entrata prepotentemente anche a scuola evidenziando ancor più la diversità tra nativi e immigrati digitali. Molti professori sono entrati nei social network ma pochi li usano per relazionarsi realmente con i loro studenti rispecchiando il loro profilo professionale di insegnanti ed educatori. Così come il genitore deve evitare di pedinare il proprio figlio online, anche l’insegnante deve mantenere le debite distanze e accettare l’incontro solo nel caso in cui a chiederlo sia lo studente stesso. Meglio costruire comunità e gruppi tematici collegati ai temi della crescita o delle materie scolastiche e sfruttare i momenti di dialogo in essi sperimentabili per sviluppare il dialogo e la relazione con lo studente.
7. Apprendere la ‘netiquette’ della rete per confrontarla con quella della vita reale
I giovani online non sono sempre consapevoli dei loro comportamenti, così come non lo sono nella vita reale. Eppure anche online è necessario avere comportamenti consoni ad una etichetta del vivere sociale con in più l’osservanza delle regole tipiche della netiquette della rete. Ad esempio in rete bisogna fare attenzione all’uso delle maiuscole associate solitamente a frasi urlate ad alta voce per farsi sentire o per esprimere arrabbiature o minacce. I genitori che conoscono le buone maniere della vita reale e sono al corrente anche di quelle online devono trovare il modo di comunicare ai propri figli forme e modalità di comportamento non offensivo e privo di conseguenze negative per chi viola le regole condivise socialmente.
8. Pedinare è sbagliato ma essere presenti e attenti non lo è!
Se il pedinamento non è consigliabile, l’attenzione e la presenza sono due atteggiamenti da coltivare. Serve una presenza continua per conoscere l’evoluzione della rete e delle sue componenti sociali. Serve essere a conoscenza delle nuove applicazioni e mode emergenti, è utile prestare attenzione a ciò che in rete opinionisti e studiosi dicono delle stesse in modo da saperne valutare validità o pericolosità.
L’attenzione va rivolta alle reti di contatti e di conoscenze dei propri figli. Visitare i profili aperti dei ragazzi online per capire chi frequentano e da chi siano composte le loro reti sociali può aiutare ad eliminare stati di ansia e timori ma soprattutto ad intervenire nel caso in cui si percepissero dei potenziali rischi o pericoli. Questi ultimi sono generalmente connessi a comportamenti, motivazioni e iniziative che interessano la sfera emotiva, affettiva e sessuale.
9. Se la paura è legata alla sfera della sessualità, prendere l’iniziativa per tempo
Quanti sono i genitori capaci di affrontare per tempo il tema della sessualità dei propri figli e soprattutto figlie? Quanti sono quelli che preferiscono rimandare o demandare ad altri il compito di parlarne? Quanti sono i genitori che si scoprono indifesi di fronte a nuovi comportamenti o tendenze dei loro figli e non sanno cosa fare? Quanti infine si impauriscono dallo scoprire le manifestazioni esplicite di una sessualità online? Dai tempi di Freud si conosce quanto il sesso e la sessualità giochino un ruolo chiave nello sviluppo di ogni persona e quanto sia complicato affrontarlo in modo sereno e normale.
L’approccio alla sessualità online dei ragazzi non esclude la comunicazione esplicita e la pornografia, si veste di violenza e cyberbullismo, può diventare omofobia e incapacità a comprendere la diversità, può condizionare un sano sviluppo sessuale ma anche affettivo del ragazzo e della ragazza. Nell’impossibilità di impedire queste manifestazioni online meglio affrontare per tempo le tematiche in casa con un dialogo diretto con i ragazzi che comprenda anche temi quali l’affettività, l’amore, il rispetto per gli altri e la loro sessualità di genere e indiviauale, il desiderio e l’innamoramento.
10. Favorire lo spirito di libertà e la sperimentazione
La rete, internet e i social network sono diventati strumenti e spazi per la ricerca e la sperimentazione di nuove forme di libertà e socialità. Tutto è reso più facile dai dispositivi mobili che accompagnano la quasi totalità delle nuove generazioni ovunque e in ogni momento permettendo loro di condividere e vivere le loro esperienze in gruppo, con amici e conoscenti, coetanei e compagni di scuola. I ragazzi non usano la tecnologia perché non ne possono fare a meno ma perché attraverso di essa possono connettersi con i loro amici e insieme a loro organizzarsi per le loro attività sociali o semplicemente per comunicare e rimanere in contatto.
La ricerca di libertà non è molto diversa da quella dei giovani delle generazioni che li hanno preceduti, sono cambiati i mezzi. Per i Baby Boomers erano i capelli lunghi, i pantaloni a zampa di elefante, l’eskimo, la politica, oggi sono gli strumenti tecnologici e le loro realtà virtuali e interconnesse. Quando i genitori, figli dei Baby Boomers, si oppongono all’uso sfrenato della tecnologia, non fanno altro che replicare gli stessi comportamenti che contestavano ai loro genitori.