Senza notifiche continue da parte di Facebook o Twitter forse la dipendenza dal dispositivo non sarebbe così evidente, neppure a sé stessi. Lo smartphone se ne starebbe comodo in tasca o nella borsetta lasciando tempo e spazio per altre attività, forse anche alla lettura. Le notifiche però ci sono così come pressante è il bisogno di reagire in tempo reale a nuovi messaggi o cambi di stato di Facebook. Nessuna legge può imporre di rinunciare o bloccare le notifiche e neppure di accettarle e gestirle. Basterebbe il sano buon senso di lasciar perdere e dimenticarsi che una nuova notifica è arrivata rinviando una reazione a più tardi.
Riuscire a cambiare abitudini e a interagire con il proprio mezzo tecnologico in modo diverso non è facile ma è possibile. Basterebbe cominciare con il monitorare e misurare con cura il tempo passato davanti al display e riconoscere l'esistenza di un problema. Molti spendono buona parte del loro tempo anche per gli spostamenti necessari per andare a lavorare, ma il tempo dedicato allo smartphone è recuperabile, quello per gli spostamenti non lo è, a meno che non si facciano celte di vita o si cambi posto di lavoro. Cosa non facile e spesso impossibile nel mercato precario e complicato attuale.
Il tempo distolto dallo smartphone è tempo rubato alla distrazione, tempo recuperato alla conversazione faccia a faccia, tempo regalato alle persone con cui si vive e si lavora, tempo sottratto al sonno ristoratore e a una buona lettura serale e tempo investito in attività finalizzate a consolidare prestazioni, apprendimento, approfondimento e socialità. L'azione di impossessarsi di questo tempo è individuale e non è per nulla favorita dai proprietari delle numerose piattaforme digitali che con le loro applicazioni hanno colonizzato la Rete. Il loro obiettivo va infatti nella direzione opposta e mira a catturare una quota crescente del tempo dell'utente così come a favorire la dipendenza attraverso un uso compulsivo delle notifiche alla costante ricerca di una reazione.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Preso coscienza che i produttori di piattaforme non hanno alcun interesse a modificare i comportamenti diffusi che le caratterizzano, per coloro che sono alla ricerca di un rapporto diverso con il loro dispositivo tecnologico non rimane che lavorare su sé stessi. Ad esempio mettendosi in dieta da Twitter, Facebook, WhatsApp, lavorando sulla propria volontà in modo da poter compiere scelte e alternative e capaci di distrarre non solo le dita dal display ma anche la mente da quello che vi scorre sopra. Le alternative ci sono e sono numerose. Tutte possono servire a far comprendere che c'è vita oltre lo schermo ma alcune più di altre possono anche ridurre l'opportunità di essere nuovamente intrappolati dal richiamo impellente e urgente di un messaggino. La scelta migliore è quella della dimenticanza. Lasciare a casa lo smartphone e andare a fare un corsa nel parco o in bicicletta elimina ogni ricaduta immediata nella dipendenza ma si può anche agire sulla configurazione del dispositivo per attivare le modalità silenziose di segnalazione o il messaggio di non disturbare.
Ai genitori e agli adulti spetta il compito di fare scelte per i più giovani, ad esempio proibendo l'uso dello smartphone a tavola o durante conversazioni e riunioni familiari e limitandone l'uso durante le ore di studio o la pratica di altre attività ritenute più importanti per l'apprendimento e la crescita personale come suonare uno strumento, leggere, impiegare il tempo libero in esercizi fisici, ecc.
Il fenomeno della dipendenza da strumenti tecnologici è diventato oggetto di crescente attenzione. Al momento la maggior parte delle narrazioni si rivolge alle persone per sottolineare l'importanza di una attenzione diversa, finalizzata a una riflessione critica, sugli effetti della tecnologia. Scarsa o nessuna attenzione è stata invece posta al ruolo che i produttori e proprietari delle piattaforme digitali hanno per favorire comportamenti, stili di vita e abitudini diverse. La richiesta rivolta a Apple di attivarsi con azioni finalizzate a ridurre la dipendenza è la prima azione che abbia attirato l'attenzione dei media e rotto il velo dell'omertà su una situazione che richiede da tempo nuova attenzione e soprattutto azioni. I produttori possono intervenire facendo in modo che le loro piattaforme e APP siano meno irresistibili, invadenti e creatrici di dipendenze comportamentali. Queste APP possono diventare più intelligenti nella gestione delle notifiche e delle segnalazioni in modo da non imprigionare il tempo in un presente continuo e di ristabilire nuove vecchie forme di conversazione non necessariamente sempre sincronizzate. I produttori possono anche impegnarsi e investire maggiormente nell'informare e formare gli utilizzatori delle loro applicazioni in modo che se ne faccia un uso più intelligente e moderato.
Il fenomeno emergente della dipendenza da smartphone non può essere cavalcato per campagne tecnofobiche e proibizioniste. Non servono normative o leggi finalizzate a regolamentare pratiche globalizzate e pervasive. E' utile invece che utenti e produttori guardino ai fenomeni emergenti come segnali di cambiamenti profondi, non tutti previsti e alcuni allarmanti, che richiedono oggi non solo una nuova riflessione ma soprattutto azioni concrete, anche individuali e consapevoli. Non è detto che ci sia già la consapevolezza e la maturità per fare queste scelte ma tutti sono oggi in grado di osservare la realtà e di percepirne l'urgenza.