Anime elettriche

01 Gennaio 2017 Redazione SoloTablet
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Il libro di Carlo Mazzucchelli 100 libri per una lettura critica della tecnologia è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

 

Ippolita - Anime elettriche

 

Scheda libro

Titolo intero: Anime elettriche - Riti e miti social

Titolo originale: Anime elettriche

Genere: Filosofia

Listino: 12,00

Editore: Jaca Book

Collana: Fuori Pista

Pagine: 122

Data uscita: 14/04/2016

Valutazione ****

Commento

Un testo fondamentale per capire i meccanismi del dominio tecnologico e dei produttori che lo incarnano. Un dominio retto su algoritmi e macchine computazionali capaci di trasformare e formare i soggetti che le usano e su piattaforme applicative finalizzate alla completa trasparenza in modo da potere avere accesso a dati e informazioni, capaci anche di disegnare e profilare i caratteri delle persone che le usano. Catturando la nostra attenzione  illudendoci con le loro proposte ludiche queste piattaforme finiscono per trasformarsi in confessionali manipolatori e colonizzatori, e di indurre una complicità assimilabile alla servitù volontaria. Chi non ha mai elaborato alcuna riflessione sulla sua frequentazione online di spazi digitali come Facebook dovrebbe mettere questo libro in testa alle sue priorità. È breve, si fa leggere facilmente e contiene un numero elevato di provocazioni e spunti di riflessione che fano bene alla mente e al benessere personale.

Autori

Ippolita è un gruppo di ricerca indisciplinare attivo dal 2005. È composto da un gruppo eterogeneo di professionalità e persone che si sono incontrate partecipando a esperienze controculturali e che pratica scritture conviviali e di reality hacking. La pratica editoriale è a circolazione trasversale, dal sottobosco delle comunità hacker fino alle aule universitarie e  tutta centrata su una riflessione critica sugli strumenti digitali ed una ad ampio raggio sulle ‘tecnologie del dominio’ e i loro effetti sociali. Tra i saggi pubblicati: Anime Elettriche (Jaca Book 2016); La Rete è libera e democratica. FALSO! (Laterza 2014, tradotto in spagnolo e francese), Nell’acquario di Facebook (Ledizioni 2013, tradotto in francese, spagnolo e inglese), Luci e ombre di Google (Feltrinelli 2007, tradotto in francese, spagnolo e inglese). Open non è free. Comunità digitali tra etica hacker e mercato globale (Elèuthera 2005). Ippolita tiene formazioni teorico-pratiche di autodifesa digitale e validazione delle fonti online per accademici, giornalisti, gruppi di affinità, persone curiose.

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"...si dice spesso ed erroneamente che i social sono lo specchio della realtà. Come se la realtà fosse una sola e colma da sempre di fesserie. Si tratta invece di fenomeni sinergici, di oscentà complementari, la cui interazione genera la società della trasparenza, ovvero della prestazione. Il segmento più elementare dell'oscenità sta nella mancanza di riflessione, non tanto sul mezzo, quanto sull'inconsapevolezza di alimentare, nostro malgrado, la domanda di oscenità."

 

 

L'interpretazione della tecnologia e della sua capacità trasformativa e di cambiamento non è mai stata semplice, oggi lo è ancora meno per la pervasività e la volontà di potenza di macchine sempre più potenti e intelligenti. Il lavoro degli autori di questo libro si colloca nel più ampio dibattito intellettaule e culturale che spazia in ambiti filosofici, antropologici, di teoria sociale e pragmatica della comunicazione. Un dibattito che vede confrontarsi principalmente due visioni, una che guarda agli effetti alienanti e distopici della tecnologia e la seconda che manifesta il suo entusiasmo per le promesse e le utopie tecnologiche. Il dibattito che vede il collettivo di Ippolita muoversi da protagnista conta numerose personalità note per i lavori pubblicati come Eugeny Morozov, Jaron Lanier, Clay Shirky, Eli Pariser, Douglas Rushkoff o Yochai Benkler.

Punto di partenza della riflessione di questo libro è la constatazione di quanto le nostre identità digitali siano composte da sentimenti e informazioni sempre più strettamente intrecciati tra loro. È un intreccio vissuto online che genera gratificazioni e informazione trasformando gli esseri umani che le hanno create in anime elettriche, sempre online, connesse, comunicanti e in una condizione di estasi permanente determinata dal modo diverso con cui la nostra mente e il nostro corpo sperimentano le nuove esperienze digitali e le sollecitazioni che da esse vengono. È un'estasi che coinvolge mente e corpo, intelligenza ed emozioni fino a generare quella che Ippolita definisce una pornografia emotiva, una colonizzazione mentale e una mercificazione continua con effetti dopanti e manipolatori. Dietro tutto questo c'è un sistema di controllo che Ippolita guarda con uno sguardo critico alla ricerca di possibili via di fuga e di strategie di autodifesa.

Il timore che le numerose critiche contenute nel testo possano essere catalogate come tecnofobiche porta gli autori a dedicare il primo capitolo a chiarire quale sia la loro posizione nei confronti della tecnologia dichiarandole il loro amore e giustificando proprio per questo amore la loro riflessione critica che mira a evidenziarne gli aspetti più oscuri e problematici.  L'informatica libera è considera una realtà acquisita così come lo è la pratica dell'autonomia digitale con i suoi modi organizzativi plurali e contraddittori in continuo fermento. La riflessione non è centrata sulle macchine ma sull'utente che le frequentano e che così facendo si espongono a una riconfigurazione delle loro identità individuali e collettive da parte delle macchine tecnologiche sempre meglio attrezzate per agire sulle emozioni, sugli immaginari, i rituali inconsci e il sistema neuro-cognitivo. L'indagine svolta ha indagato le pratiche di scrittura quotidiana e di narrazione online, i desideri e la ricerca di affermazione del sè, il rischio di addomesticamento politico e di servitù volontaria, le tecniche dei social network nel ricostruire le unità psichiche e somatologiche dell'individuo, le interazioni sociali e la libertà dell'individuo.

Anime elettriche presenta uno studio e una interpretazione delle mutazioni sociali indotte dalla rivoluzione tecnologica e digitale, studiata nelle sue alienazioni e potenziali apocalissi, nei potenti entusiasmi che ha saputo suscitare e praticata attraverso l'analisi dei molteplici riti, mitologie, simbologie e pratiche individuali e sociali che la caratterizzano. Dall'esame dei comportamenti digitali delle persone ciò che emerge è lo stretto legame delle pratiche odierne con quelle del passato e le motivazioni che le guidano alla ricerca della verità e alla cura del sè. Si tratta di pratiche che si esprimono attraverso la scrittura e la partecipazione in spazi sociali me che si stanno trasformando in fenomeni di confessione, di pornografia emotiva e di sottomissione della soggettività individuale alle piattaforme tecnologiche e a chi le possiede.

L'analisi delle varie espressioni digitali correnti non è mai superficiale ma mira a far emergere gli ambiti di conflittualità e di contraddizione per una critica politica e culturale delle nuove forme di dominio e dei rapporti di potere da esse praticati grazie al dominio e al ruolo della tecnologia. La critica si fa pungente nella rilevazione della potenza crescente degli algoritmi computazionali che hanno trasformato la società da democratica ad algoritmica e che forniscono al potere, alla finanza e all'economia rituali, concetti, modelli e strumenti che servono a perpetuare i rapporti di forza esistenti. Rituali sono quelli che vengono praticati su Facebook nella forma di connessioni e legami sociali e di sperimentazione di nuove forme comunitarie e tribali ma che servono anche a pratiche di autocontrollo (servitù e complicità con gli officianti), di sorveglianza e di trasparenza.

Il rito di Facebook inizia fin dalla registrazione con la richiesta algoritmica di confessare e condividere cosa si sta pensando. L'obiettivo sembra essere legato alla socialità e alla condivisione ma in realtà è di alimentare la produzione di informazioni individuali, gli incontri e le relazioni online per poi estrarne il loro valore economico. La relazione sociale digitale non viene compromessa dalle piattaforme tecnologiche su cui  viene praticata ma dalla delega che viene operata a chi quella piattaforma possiede e utilizza per una sua organizzazione sociale, emozionale e psichica. A farsi carico di questa organizzazione sono sempre più semplici e potenti algoritmi intelligenti che animano tutti gli strumenti digitali che usiamo come i motori di ricerca, i social network, le applicazioni Mobile e le piattaforme di messaggistica. Sono loro a decidere al posto nostro e a determinare molte delle nostre scelte. Lo fanno obbedendo a scelte politiche, commerciali ed economiche che rimangono oscure, nascono dalle convinzioni, credenze, ideologie e interessi di chi li ha costruiti. Nessuno di questi algoritmi è neutrale così come non lo è più neppure la tecnologia digitale dell'informazione.

Una riflessione critica sulle esperienze digitali è ciò che serve per evidenziare la contraddizione di piattaforme che si presentano con una facciata di apertura, di orizzontalità, di socialità e trasparenza ma che in realtà regalano filtri e offrono esperienze regolamentate e proposte secondo logiche di tipo proprietario e privato, finalizzate al profitto e alla egemonia. Gli algoritmi così come le macchine e le piattaforme che li ospitano non sono direttamente responsabili di questa mistificazione. Lo sono chi li ha creati e messi in circolazione e lo sono gli stessi utilizzatori che affidandosi ad essi in realtà stanno servendo obiettivi, scopi e interessi non trasparenti di chi li ha creati.

Le tecnologie e gli algoritmi hanno ben altro potere, manifestano la loro volontà di potenza e il desiderio di andare a occupare spazi sempre meno abitati come quelli dalle religione, delle sue liturgie e precetti e di farlo occupando gli spazi emotivi, cognitivi e psichici dei fedeli acquisiti. La forza della tecnologia è tale che chi la usa sembra non accorgersi della condizione alienata in cui si trova ma continua a giocare illudendosi di essere sempre protagonista del gioco e in realtà praticando forme di addestramento e servitù imposte da altri, attraverso algoritmi di gratificazione e premio che semplificano le scelte togliendo loro ogni valore etico o morale, grazie all'adozione di semplici automatismi e alla delega cognitiva.

In una realtà così costruita chi manifesta dei dubbi o rinuncia al gioco è visto come un alieno, un insoddisfatto o un antagonista politico. La proposta tecnologica suggerisce società felici, funzionanti, pacificate e performative nelle quali non esiste la possibilità di scegliere o sbagliare. Esattamente l'opposto di ciò che al contrario servirebbe per diventare individui veramente liberi. È a chi vuole provare a esserlo che si rivolge il collettivo di Ippolita con le sue pratiche e proposte finalizzate al confronto e all'interazione tra persone (non profili digitali) con l'obiettivo di dare forma a pratiche, metodologie e strumenti di autodifesa.

Le pratiche di autodifesa sono tanto più importanti quanto maggiore è la percezione che le tecnologie e i media sociali sono veri e propri esperimenti di ingegneria sociale (social engineering) e fenomeni culturali dalla lunga durata. Più che valutarne l'impatto quantitativo (tempo speso online, numero di interazioni e di post, numero di contatti e di Like, ec.) bisogna riflettere su quello qualitativo dello spazio interno della persona coinvolta. I social non sono semplicemente uno specchio della realtà ma ispirandosi ad essa offrono la possibilità di guardare dall'interno lo spazio concettuale e la visione, commerciale, economica e capitalista, che li anima e che punta alla "privatizzazione a scopo di lucro di ogni sfera del vivente".

Secondo Ippolita la soluzione non sta nell'abbandono della tecnologia ma nella capacità critica di vederne i problemi e le contraddizioni inserendoli nella sfera economica e politica del sistema attuale.

L'obiettivo deve essere la ricerca di spazi conviviali di senso condiviso e di "saper sempre riconoscere cosa stiamo portando alla bocca, ossia praticare un esercizio continuo di attenzione nei confronti delle tecnologie digitali, dei suoi impliciti e delle sue ricadute sociali e intrapsichiche". Nel perseguire questi obiettivi la prima consapevolezza da acquisire è che il panottico che spesso associamo alle piattaforme tecnologiche e alla loro destinazione d'uso in realtà, proprio grazie alle nuove tecnologie digitali, è ormai dentro di noi, cittadini della Rete che praticano la servitù volontaria e sembrano felicemente complici delle manipolazioni e furti di dati di cui sono vittime.

Prendere coscienza di questa servitù e complicità significa pensare in modo critico, eccentrico, alternativo, da osservatori e da antropologi di se stessi.

 

 

 

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