Non pretendere che il tuo insegnante sia come Google

01 Ottobre 2017 Redazione SoloTablet
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Non pretendere che il tuo insegnante sia come Google, nessuna risposta sarà immediata e sempre giusta

Il libro di Carlo Mazzucchelli 100 strategie analogiche per resistere al digitale (e allo smartphone) è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Non pretendere che il tuo insegnante sia come Google, nessuna risposta sarà immediata e sempre giusta 

 

Gli insegnanti italiani, di ogni ordine, grado e specializzazione, devono oggi fare i conti con una situazione della scuola italiana percepita come critica, insostenibile e senza soluzioni a breve termine. 

Si confrontano anche quotidianamente con due altre tipologie di problemi, la conflittualità con i genitori, sempre pronti a prendere le difese dei propri figli delegittimando il lavoro didattico dell'insegnante, e la nuova testa dei loro allievi, modificata tecnologicamente ("testa disfatta" in contrapposizione alla "testa ben fatta" sogno del filosofo Edgar Morin) dall'uso prolungato di mezzi tecnologici. Una testa che li porta a pretendere risposte immediate, come quelle che sembra sempre dare Google e ad una velocità che non comprende la riflessione, incapaci come sono all'ascolto che sempre aiuta la comprensione, il dialogo e la conoscenza. Abituati alla risposta veloce del motore di ricerca e a ritenerla, senza ragione alcuna, sempre corretta o sufficiente, molti nativi digitali si oppongono a ogni processo graduale proposto loro dall'insegnante e rifiutano ogni percorso alternativo, soprattutto quando si presenta come faticoso, dilazionato nel tempo e senza gratificazioni immediate. 

Il fatto che il motore di ricerca di Google non sia in grado di offrire una visibilità completa dell'intera Rete delle reti e che in Internet, come ha scritto molti anni fa il filosofo canadese Arthur Kroker, buona parte dei contenuti sia semplice Data Trash, dati spazzatura dei quali non è possibile verificare veridicità e fonti, sembra non interessare per nulla gli internauti moderni, soprattutto quelli definiti come nativi digitali. Non viene posta attenzione neppure agli algoritmi della personalizzazione e ai filtri con i quali Google invece di rispondere alle domande dell'utente punta semplicemente a soddisfarne i bisogni in base al profilo che si è fatto di ogni utente, falsificando spesso la realtà e, in molti casi, anche la verità. 

Gratificati e rassicurati dalla precisione con cui Google sa corrispondere in tempo reale ai bisogni immediati, ai gusti e alle preferenze individuali, molti guardano con sospetto tutti coloro che suggeriscono una riflessione critica, il confronto e l'interiorizzazione di una biblioteca di concetti e analogie, prima ancora che di dati, informazioni e fatti. Chi volesse oggi andare controcorrente e abbandonare il conformismo malato che accompagna molte delle pratiche online, dovrebbe rifiutarsi di credere ciecamente alle risposte della tecnologia e ascoltare con maggiore attenzione il suggerimento di quegli insegnanti che, pur amando e usando essi stessi la tecnologia, anche a scopi didattici, insistono nel proporre approcci tradizionali quali: più tempo passato in aula, non solo ad ascoltare ma anche a parlarsi, maggiore coinvolgimento degli studenti per far esprimere loro quello che pensano, argomentarlo e confrontarlo con le opinioni e le obiezioni dei compagni di classe, raccolta di informazioni ma soprattutto elaborazione di concetti e pensiero apprendendo i meccanismi per farlo, minore o assenza di delega alla macchina di funzioni fondamentali per lo sviluppo mentale e la crescita culturale, addestramento nell'uso di logica analitica utile per smontare falsi concetti e assegnare significati di senso alle informazioni, alle cose e al linguaggio, grande attenzione a strumenti e approcci utili a coltivare la volontà, la creatività e l'innovazione.

 

 

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