Tecnopessimisti

01 Gennaio 2015 Redazione SoloTablet
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Il libro di Carlo Mazzucchlli 80 PROFILI DIGITALI - Identità, personalità e stili di vita determinati tecnologicamente, è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Tecnopessimisti 

Il tecno pessimismo non è di genere e non ha età. I tecnopessimisti non sono solo persone anziani e immigrati digitali. Ci sono nativi digitali che vedono nel web un covo di hacker e di pedofili, nelle nuove tecnologie un fattore di alienazione e di isolamento ma anche il rischio del 'digital divide' e la globalizzazione dei mercati e delle merci. 

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Nella convinzione che maggiore tecnologia significhi semplicemente maggiori problemi e che sia urgente liberarsi dalla dipendenza tecnologica attuale, le domande che più assillano i tecnopessimisti riguardano l'impatto delle moderne tecnologie sull'umanità e i suoi effetti. Le loro posizioni non sono sempre motivate razionalmente, spesso sono emotivamente condizionate ma non si traducono necessariamente in una resistenza radicale e assoluta all'uso e all'applicazione delle tecnologie nella loro vita quotidiana. 

I tecnopessimisti temono che la tecnologia possa separare l’individuo dagli altri e dalla socialità, contribuire alla costruzione d'identità virtuali sempre più isolate (cyborg e simbionti vari) e separate dalla realtà attuale e senza alcuna storia perché ancorate prevalentemente al presente. Per loro Internet e la Rete rischiano di diventare un pericoloso territorio di transito provvisorio, fatto con identità fittizie, 'nick name' o avatar, e come tale un non-luogo. 

Ci sono almeno tre tipologie di tecno-pessimisti. La prima crede che tutto sia già stato inventato e che le innovazioni che arriveranno non produrranno altri  effetti radicali come quelli avvenuti in passato. La seconda pensa che le cose che possono essere inventate siano ancora numerose ma che non dovremmo farlo a causa degli effetti e delle conseguenze che ne potrebbero derivare. Infine la terza è pessimista e cinica insieme, crede nell'inevitabilità dell’evoluzione tecnologica che porterà a una riduzione dei posti di lavoro e darà luogo a distopie future dense di problemi e effetti negativi per tutti noi. 

Contrariamente a quanto pensano i tecnottimisti che, come l’autore del libro recente “The second Mahine Age” (Erik Brynjolffson), vedono la tecnologia accelerare la sua evoluzione e crescita, i tecnopessimisti pensano che una crescita tecnologica finalizzata alla efficienza e alla produttività non sia sufficiente a garantire la sostenibilità futura  in termini di crescita economica, salute ambientale e benessere personale. Per loro la rivoluzione introdotta dalle nuove tecnologie mobili è paragonabile a quelle indotte dall'elettricità, dal treno e dall’automobile. 

Molti tecnopessimisti odierni sono persone, consumatori, cittadini e lavoratori colpiti dalla crisi e obbligati a interrogarsi sulle sue cause, sulla sua possibile durata e sulle sue traiettorie e potenziali vie di fuga. Interrogarsi significa porre attenzione a fenomeni quali il ruolo della tecnologia nel causare crolli finanziari improvvisi per colpa di cigni neri (Nassim Taleb) sconosciuti, la sostituzione rapida di posti di lavoro per la diffusione di dispositivi robotici e di intelligenze artificiali, l'aumento della produttività grazie a soluzioni tecnologiche, la crescente ineguaglianza sociale che si traduce anche in 'digital divide', la facilità con cui in passato civiltà tecnologicamente evolute si sono drammaticamente estinte (come ben evidenziato da Jared Diamond nel suo libro Collasso). 

Tra gli studiosi e intellettuali tecnopessimisti si possono annoverare filosofi come Paul Virilio e Arthur Kroker ma anche pensatori come Jeremy Rifkin che evidenziano il loro pessimismo nel momento stesso in cui esaltano le molteplici opportunità offerte dalla tecnologia moderna. Tecnopessimisti sono oggi autori come Evgeny Morozov, Jaron Lanier, Douglas Rushkoff, Eli Parisier e Manfred Spitzer.

 

 

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