Il libro E GUARDO IL MONDO DA UN DISPLAY di Carlo Mazzucchelli è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital
Display come strumenti di distrazione di massa
“L’età in cui viviamo, vittima di continue distrazioni, sta rendendo impossibile alle nuove generazioni di avere curiosità o maturare una disciplina…perché c’è bisogno di essere soli per trovare qualcosa – Vivienne Westwood
“I ragazzi e le ragazze sono alla costante ricerca di attenzione reciproca. Sono cresciuti in una cultura della distrazione. Si ricordano dei loro genitori sempre attaccati ai loto telefoni cellulari mentre li spingevano nei passeggini o nelle carrozzelle. Ora, i loro genitori sono impegnati a scrivere sui loro tablet o smartphone BlackBerry a tavola e quando li prelevano con i loro pick-up al termine della giornata scolastica….” – Sherry Turkle
Lo schermo come strumento di distrazione si misura con il nostro cervello, le sue potenzialità e limitazioni, in termini di capacità di concentrazione e prestare attenzione, di velocità di elaborazione, di capacità mnemonica, sensibilità e di capacità nel gestire interferenze esterne e interne. Pur essendo una macchina potentissima, il cervello umano è soggetto a interferenze esterne come distrazioni o interruzioni. Le distrazioni sono spesso irrilevanti e possono essere trascurate, le interruzioni sono collegate al tentativo di fare più cose contemporaneamente e alla difficoltà o impossibilità di farlo. Le interferenze possono anche prendere la forma di pensieri e di preoccupazioni interne o di veri e propri diversivi che impediscono di mantenere alta la concentrazione, ad esempio l’arrivo di email, notifiche e messaggi, cinguettii, pop-up, video e molto altro.
Il contesto corrente è caratterizzato dalla pervasività degli schermi tecnologici, dalle loro applicazioni e dalle loro richieste continue che costringono al multitasking e impediscono in molti casi di concentrarsi, producono problemi di tipo cognitivo e modificano i comportamenti e le abitudini individuali. È completamente cambiata la percezione di urgenza legata alla comunicazione e all’interazione sociale. Ogni cinguettio richiede una risposta immediata e il cervello deve essere costantemente connesso e pronto per attività molteplici e parallele. La gestione delle distrazioni è fatta attraverso il controllo cognitivo degli stimoli che arrivano dall’esterno e di quelli interni, determinati da nuovi obiettivi e motivazioni o dalla volontà di concentrare l’attenzione su qualcosa di specifico. Il bilanciamento continuo di queste due forze condiziona la nostra percezione e determina il come operiamo nel breve termine e come lo faremo in futuro sfruttando la memoria e il ricordo delle esperienze precedenti fatte.
La distrazione da interferenze esterne ha conseguenze concrete sulla memoria e sulle prestazioni. L’impatto del multitasking porta a una maggiore suscettibilità alla distrazione e a una minore capacità di passare ad attività diverse o di mantenere alta la concentrazione. Il distacco dallo schermo e il ritorno a connessioni dirette con il mondo naturale (e artificiale) circostante può fornire un’utile via di fuga, facilitare la lentezza e favorire l’esperienza di se stessi e dell’ambiente favorendone una conoscenza diversa e migliore. La nostra esperienza e percezione del mondo esterno è determinata dal nostro livello di attenzione e capacità di mantenerla allertata, anche nella ricezione di nuovi stimoli esterni e nella loro gestione cognitiva.
Il display cattura, provoca continue sollecitazioni visive e cognitive, imprigiona l’attenzione sull’attimo e sull’evento, crea dipendenza e sta diventando uno strumento potente di distrazione di massa. La capacità di attrazione, il magnetismo visuale e tattile, l’attrattività luminosa e contenutistica lo trasformano da semplice superficie piatta (ora anche curva e flessibile) e riflettente, in elemento di distrazione cognitiva. Lo dicono numerosi psicologi e educatori, attenti agli effetti che la tecnologia sta avendo nello sviluppo e nella crescita di bambini e adolescenti, nell’apprendimento degli studenti a scuola e sulla loro capacità di mantenersi concentrati senza farsi distrarre da uno schermo, da un messaggio WhatsApp o da un cinguettio.
In un mondo rumoroso, dominato dal surplus cognitivo e dagli schermi tecnologici, le fonti di distrazione sono innumerevoli, costantemente presenti e tutte attive nel distogliere la nostra attenzione dalla lettura, dall’apprendimento, dal ricordare eventi passati o dalla soluzione di problemi. Bloccare le sorgenti di distrazione non è semplice, i fattori bloccanti sono diversi e neppure tutti noti o studiati a sufficienza. Sulla capacità dei dispositivi tecnologici di produrre distrazione il dibattito è in costante evoluzione e spesso anche molto ideologico, diviso com’è tra tecnofili e tecnofobi. Tutto nasce dalla scarsa conoscenza dei meccanismi cognitivi della distrazione e sulla loro capacità di distogliere dalla mente risorse generali o semplicemente di aumentare la competizione tra quelle disponibili. Non è chiaro ad esempio quanto la componente visuale di uno schermo sia in grado di indurre distrazione e quanto essa sia collegata ad altre forme di distrazioni come quelle ambientali, affettive (contatto con gli occhi) e sociali. I numerosi studi condotti indicano ad esempio la capacità di evitare ostacoli stradali anche quando si è impegnati a parlare o scrivere sullo schermo di un dispositivo. Un’azione che sembra automatica e che indica la capacità del nostro cervello di adattarsi a forme di multitasking ma anche che la nostra capacità di percepire il mondo esterno è più complessa di quanto ci sia dato a oggi di conoscere. Tutti convengono sulla capacità visuale dello schermo di catturare l’attenzione ma pochi concordano nel descriverne le ragioni, fatte dipendere dalla forza stessa delle immagini o dalle finalità dello sguardo e dalle motivazioni dell’osservatore.
E guardo il mondo da un display
Il passaggio alla società digitale ha portato a numerosi cambiamenti, alcuni dei quali capaci di riorganizzare il nostro cervello, di ridefinire le modalità con cui lo utilizziamo, in modo cosciente ma sempre più spesso inconsapevolmente. La nuova cultura digitale emergente privilegia l'immagine rispetto al testo, la navigazione veloce e fotografica rispetto alla lettura seriale e lenta. L'avvento della nuova civiltà tecnologica ha portato anche ad altre trasformazioni come ad esempio l'aumento delle difficoltà di concentrazione e la perdita dell'attenzione, almeno nella forma tradizionale con cui era conosciuta e descritta.
Non siamo nati per leggere ma neppure imparati nell'esercizio dell'attenzione e della massima concentrazione. Lettura e capacità di concentrazione sono il frutto di 'apprendimento' e della riorganizzazione nel tempo del nostro cervello che, grazie alla sua plasticità, ha saputo dare forma a nuove sinapsi e collegamenti tra componenti neuronali preesistenti, finalizzandole a compiti e risultati nuovi e alla modellazione di nuove esperienze.
La difficoltà alla concentrazione tipica di molti bambini e adolescenti potrebbe influire negativamente sulla formazione delle sinapsi necessarie alla loro età adulta. La nostra capacità di concentrazione può essere vista, come suggerito dallo psicologo Goleman, come un semplice muscolo che deve essere allenato ma anche lasciato riposare. È un muscolo che non genera alcuna forma di movimento fisico, ma determina attività cognitive, atti volontari e consapevoli che richiedono di focalizzare l’attenzione e di concentrare gli sforzi ma anche pause, rilassamenti e la capacità di allontanare o impedire potenziali distrazioni. È una visione meccanicistica che suggerisce il nostro essere macchine complesse portate alla perdita di attenzione e concentrazione dalla loro naturale dipendenza da impulsi esterni e ambientali, da meccanismi 'naturali' che funzionano sulla base dei componenti che li fanno funzionare. Ad esempio la componente più antica del nostro cervello, la sua parte subcorticale, e le regole basilari che la governano come l'automazione, la necessità di riposo (non solo sonno), la scelta utilitaristica nell'uso delle risorse, la ricerca di sistemi premianti, ecc.
Molti incidenti stradali sono causati da momenti di distrazione provocati dallo squillo del dispositivo mobile o dall’attrattività di schermi luminescenti costantemente attivi, capaci di catturare l’attenzione e lo sguardo di chi guida. Può capitare così che persone giovani o anziane siano distratte cognitivamente, non vedano per tempo il segnale rosso del semaforo e vadano a investire auto o pedoni senza neppure avere il tempo di toccare il freno o di sterzare in tempo per evitare danni gravi a cose e persone. A soffrire di cecità dell’attenzione in auto non sono solo persone che interagiscono manualmente con il loro dispositivo ma anche quelle che hanno installato sistemi di vivavoce. L’incapacità del cervello a visualizzare tutte le informazioni e gli oggetti che scorrono sul display porta la persona a guardare frequentemente il dispositivo, immergendosi in quello che gli specialisti chiamano una visione a tunnel (Kalnienk vision, perdita della visione periferica) limitata, e dalla quale tutto il contesto di contorno rimane momentaneamente escluso. Pur avendo le mani e la testa libera, i guidatori con vivavoce hanno lo sguardo rivolto oltre il parabrezza, ma non sono in grado di elaborare le informazioni che ricevono e di gestire le azioni utili a identificare potenziali pericoli o a rispondere a situazioni inattese.
La distrazione non è solo indotta dagli schermi posseduti ma anche dal loro uso prolungato nel tempo. Ad esempio la sostituzione della navigazione a vista con quella dello schermo GPS può produrre una cecità percettiva che altera la percezione di orientamento, impedisce di fare ricorso a mappe cognitive personali del mondo circostante e toglie risorse alla capacità di orientarsi e muoversi attraverso un’esperienza sensoriale globale. Attenti alle informazioni del Tom Tom e delle sue mappe che si sovrappongono al paesaggio reale, la concentrazione diminuisce, gli occhi rimangono incollati al display e si entra in tunnel cognitivi che portano a ignorare qualsiasi altra cosa avvenga dentro il campo visivo. Non si vede solo con gli occhi ma anche con la mente. Se la mente è distratta, il rischio è che la vista sia annebbiata, insufficiente e distratta.
Il potere dello schermo come strumento di distrazione di massa è sempre più evidente negli spazi frequentati dalle nuove generazioni come la scuola. È un potere diffuso che per alcuni sta rendendo stupidi molti ragazzi. Lo testimonierebbero numerose indagini che indicano come i ragazzi che sono distratti dalla tecnologia hanno uno standard cognitivo più basso e non con capaci di mantenere la loro concentrazione oltre i due minuti. È una realtà che si presenta anche negli ambienti di lavoro anche se il livello massimo di concentrazione sale a poco più di dieci minuti. La difficoltà del multitasking e l’abilità di passare rapidamente da un’attività (cinguettare) a un’altra (messaggiare) non è senza conseguenze. Obbliga la mente a rifocalizzare la sua attenzione e le sue risorse ogni volta, con l’eccezione di azioni che possono essere ripetute in modo quasi automatico, e impediscono il processo di codifica che sempre accompagna la memorizzazione di lungo termine. Ne deriva una nuova forma di digital divide, non riferito alla disponibilità di strumenti tecnologici, ma tra chi ha la capacità di resistere alla testazione delle distrazioni tecnologiche e chi non ce la fa.
Non tutti concordano sugli effetti distrattivi degli schermi. In netta controtendenza rispetto a molti studiosi e psicologi, il poeta americano Kenneth Goldsmith ad esempio, è impegnato da tempo a insegnare a scrittori, pittori e artisti come usare Internet per distrarsi e a farlo per favorire la creatività e l’immaginazione. Durante i suoi corsi di scrittura creativa sperimenta la composizione artistica in condizioni di elevata distrazione da strumenti tecnologici. A chi partecipa, è richiesto di dedicare ore al computer utilizzando social network, chat, skype, cinguettii, ecc., in pratica tutti gli strumenti tecnologici capaci di impedire una concentrazione efficace, e nel farlo di provare a comporre e raccontare una storia. L'idea è di ricreare una distrazione assimilabile all'esperienza artistica dei surrealisti che nasceva o era indotta spesso in condizioni inconsce, a metà tra la veglia e il sonno. Le nuove tecnologie elettroniche diventano, in questo contesto, strumenti di creatività e di produzione letteraria ma anche mezzi di comunicazione e interazione con i destinatari del prodotto letterario e artistico. La tecnologia e Internet diventano in questo modo supporti potenti di innovazione. Si usa Internet e si vive pericolosamente in rete per trovare nuove strade e per trasformarne i rischi e le distrazioni in opportunità. Tutto è finalizzato alla produzione artistica e creativa. Disattenzione, distrazione e noia comprese.
Secondo Goldsmith i molteplici materiali online e la navigazione in Rete, permettono di comporre nuove produzioni letterarie, senza dover inventare alcunché di nuovo ma semplicemente abbracciando social network e Internet e sfruttando i molteplici materiali e contenuti in essi prodotti. Alla fine del corso gli studenti devono produrre un racconto o saggio sulla loro esperienza lasciandosi travolgere attivamente dalle numerose ispirazioni e dagli impulsi che ogni ambiente della Rete è in grado di provocare. Nel farlo sono obbligati a ricercare nuove forme di attenzione per recuperare il tempo necessario alla produzione e alla scrittura, diventando più consapevoli delle loro azioni online e delle potenzialità/opportunità di Internet. Non è un caso che nella veste di docente Goldsmith chiede si suoi studenti tre cose: distrazione, multitasking e capacità di andare alla deriva. Ciò che molti già fanno senza problemi e spesso senza produrre nulla!
Gli aspiranti letterati e artisti delle classi di Kenneth Goldsmith avranno forse la fortuna di sperimentare i vantaggi della distrazione tecnologica ma sono una minoranza rispetto al numero elevato di persone che dallo schermo si fanno distrarre in continuazione, nella loro vita privata e solitaria così come in pubblico e nella loro vita sociale e lavorativa. Gli effetti immediati di queste distrazioni da schermi intermittenti e luminescenti sono rapporti familiari difficoltosi, difficoltà a comunicare e a relazionarsi con gli altri, rotture di rapporti di coppia o difficoltà a portare a termine in modo efficace attività lavorative. Possono manifestarsi effetti negativi nello sviluppo di skill sociali come l’empatia, la comunicazione e la capacità di scrivere. Nel frattempo un numero crescente di ricercatori sta dimostrando quali siano gli effetti collaterali in termini di controllo cognitivo, capacità di elaborare informazioni in condizioni di multitasking e di adattarsi al cambiamento, difficoltà di apprendimento e di prestazioni, sentimenti di depressione, ansia e scarsa autostima.
Gestire i numerosi stimoli esterni da distrazione è complicato ma non impossibile. È sufficiente definire e seguire alcune regole comportamentali (spegnere lo smartphone in certe condizioni o ambienti, non rispondere alle email, ecc.) o attivarsi per aiutare il cervello a resistere con esercizi meditativi, farmaci o stimolanti vari usati per aumentare le prestazioni, la concentrazione, la memoria, l’attenzione e le abilità cognitive.