E guardo il mondo da un display

01 Dicembre 2015 Redazione SoloTablet
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CAPITOLO 21

Il libro E GUARDO IL MONDO DA UN DISPLAY di Carlo Mazzucchelli è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Il display socializzante e reticolare del muro delle facce

 

C’è stato un tempo in cui per socializzare le persone suonavano i campanelli di casa, oggi visitano pagine web e muri delle facce. Nel frattempo i campanelli continuano a suonare, forse più di quelli degli smartphone […]  se non ci credi, sei invitato a suonarli anche tu.” – Anonimo

 

 

La metafora perfetta per introdurre il ruolo dello schermo nella vita sociale e reticolare dei nostri giorni è quella del display moderno di un sistema diagnostico per l’ecografia. La scena descrive una giovane mamma distesa sul lettino, il dottore impegnato nell’uso della sonda e il marito che assiste. Di fronte alla mamma il sistema proietta su uno schermo l’immagine del suo utero e del feto/bambino in esso contenuto. La novità è la presenza sul bordo del display delle faccine sociali per la condivisione immediata delle immagini visualizzate attraverso un semplice click. Proiettando la vita del bambino nel futuro, al suo probabile matrimonio è facile ipotizzare che la maggioranza delle persone presenti, con l’eccezione forse del prete, saranno impegnate con i loro dispositivi mobili per messaggiare, cinguettare e inviare selfie attraverso WhatsApp. 

Due scenari, entrambi verosimili, che raccontano il ruolo degli schermi e quello dei dispositivi che li ospitano nella vita quotidiana, familiare, amicale, affettiva, relazionale e sociale delle persone. Un ruolo che mira a farci sentire insieme ma che in realtà, come ha scritto Sherry Turkle nel suo libro Insieme ma soli, ci trasforma in vittime di nuove forme di solitudine che nascono dalle esperienze sullo schermo e dalle frustrazioni e problematiche che ne possono derivare. Le une e le altre legate spesso alla rappresentazione che di noi stessi facciamo sui display dei nostri dispositivi, alle numerose simulazioni alle quali ricorriamo, al ruolo dei profili digitali con cui ci raccontiamo e interagiamo, alle immagini che condividiamo, ai molteplici riflessi e alle imprevedibili diffrazioni, rifrazioni e interferenze che ne derivano. ([1]

Il social networking che caratterizza l’epoca delle tecnologie mobili e indossabili non sarebbe stato possibile senza una rete di schermi tra loro interconnessi e multifunzionali, capaci di interagire e cooperare, di veicolare contenuti e informazioni e di adattarsi continuamente ai nuovi fenomeni comportamentali e sociali emergenti, a loro volta determinati dalla rivoluzione tecnologica in corso. L’adattamento è costante e auto-prodotto dalla convergenza tecnologica e degli schermi, delle loro caratteristiche e funzionalità condivise e dai loro componenti tecnologici. La realtà delle reti degli schermi è emersa come tale grazie al ruolo a essa riconosciuta da centinaia di milioni di persone che hanno sfruttato l’usabilità e la sensorialità così come l’ubiquità e la pervasività dei display dei loro dispositivi mobili per coltivare il bisogno di socialità e per trovare risposte ai loro bisogni di superamento della solitudine, di uscita dall’isolamento, di auto-affermazione, di relazione e di gratificazione pubblica. 

Milioni di display sempre accessi e illuminati nel loro essere interconnessi hanno dato forma a una specie di megaschermo universale, una piazza virtuale e sociale in forma di cinerama (dal greco κίνεσις = movimento e οραω = vedere) in grado di offrire al posto di un’immagine di grandi dimensioni miliardi di immagini che scorrono su uno schermo curvo come un unico grande telo che ricopre in modo aderente la circonferenza della Terra. Un cinerama-sferico che non ha bisogno di tecniche particolari di ripresa e produzione delle immagini perché a farsene carico sono milioni di operatori in giro per il mondo con le loro immagini auto-prodotte, i selfie, i video YouTube e miliardi di cinguettii e messaggini. Operatori impegnati nella produzione di contenuti così come della loro proiezione sincronica sullo schermo. Ne derivano nuove forme di comunicazione che avvengono in tempo reale e sincronizzate (dal prefisso greco sýn- che significa con/insieme) nel tempo e una realtà diacronica composta di miliardi di oggetti digitali che convivono, si animano e viaggiano attraverso (dal greco δια-, dia) il tempo della rete dando forma a milioni di nuove pellicole, video e film che narrano sempre nuove storie proiettandole sul megaschermo del cinerama mondo. Queste storie che si muovono come rappresentazioni sullo schermo, possono essere ricercate e organizzate in senso cronologico o tematico. I movimenti negli spazi virtuali a cui fanno da perimetro e confine, si legano e si fondono con quelli del corpo fisico e dei suoi movimenti, producendo un mutamento continuo di tipo prospettico, rivolto in avanti seguendo lo scorrere del tempo, e retrospettivo con un percorso a ritroso nel tempo, facilitato da schermi interconnessi tra loro e connessi a grandi nuvole di dati e di memorie (ricordi) immagazzinati nelle praterie immense delle banche dati  sul Cloud. 

Sul megaschermo composto virtualmente da milioni di piccoli schermi, scorrono le vite e le relazioni umane di centinaia di milioni di persone, sempre alla ricerca e molto impegnate a sbrogliare la matassa complicata del vivere sociale. Il tutto è complicato dal farlo all’interno di spazi tecnologici e virtuali, sempre in evoluzione e in movimento con effetti concreti sul modo con il quale gli esseri umani si relazionano tra di loro. Le norme che hanno governato le relazioni umane per decenni sono state completamente mutate negli ultimi dieci anni dall’arrivo dei social network e continueranno a cambiare sotto l’influsso dell’evoluzione tecnologica e digitale e del crescente potere degli schermi. Il mondo virtuale online ha dato vita a nuove tipologie di relazioni umane che richiedono nuove definizioni, nuovi linguaggi e narrazioni.

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E guardo il mondo da un display

La tecnologia ha cambiato in modo dirompente la nozione istituzionalizzata e tradizionale di ciò che rappresenta una relazione umana. La definizione della relazione come connessione si arricchisce dalla presenza di innumerevoli schermi, di nuovi connettori tecnologici che permettono alle persone di sperimentare infinite tipologie e topologie di relazioni e nuove interazioni, sulla base dei loro interessi, desideri e auto-rappresentazioni. La tecnologia con le sue pratiche applicazioni come i Google Glass e altri prodotti tecnologici indossabili, sta offrendo nuove esperienze relazionali che cambiano la comunicazione (cinguettii, SMS, WhatsApp), l’interazione (social network), la condivisione (non solo informazioni o sentimenti ma anche parti di corpi meccanici) e la relazione affettiva (digital dating).

La relazione, che avviene attraverso i display socializzanti e reticolari del muro delle facce e gli ambienti comunitari e collaborativi della Rete, è di tipo digitale e virtuale, ricca come tale di possibilità, potenzialità e potenza (il concetto di virtuale non può essere semplicemente contrapposto a quello di reale). È una relazione che nasce da connessioni tecnologiche e digitali (virtuali) che affiancano, si integrano o sostituiscono i legami e le relazioni fisiche e sensoriali del mondo reale. È un tipo di relazione che, per essere compresa e vissuta, deve essere descritta in modo diverso. I suoi significati variano per ogni generazione e persona coinvolta e trova attuazione in pratiche e comportamenti online differenti. A marcare l’assoluta novità è la costante presenza e onnipresenza di qualche schermo. Un numero infinito di display che hanno cambiato, con i loro flussi sensoriali, tattili e visivi, il modo di esercitare la vista e lo sguardo, il nostro rapporto con l’ascolto e la parola e hanno potenziato e semplificato le nostre interazioni interpersonali rendendole al tempo stesso più superficiali e insignificanti. 

Le relazioni digitali, rese possibili dai nuovi prodotti tecnologici e indossabili con i loro display dalle dimensioni e tipologie variabili e dai loro sensori, caratterizzano la vita delle persone nelle loro attività individuali e sociali, cambiano le forme della comunicazione, la gestione dei processi e i flussi che caratterizzano la loro vita. Le relazioni digitali sono condizionate dalle tecnologie di cui tutti sono ormai dotati e dalla connettività costante alla Rete. Soluzioni di geo-localizzazione come Google Earth e Bing Maps comunicano in tempo reale la nostra posizione a partner e amici creando maggiore coinvolgimento, consapevolezza e conoscenza. La relazione può fiorire o morire a causa di una comunicazione continua, fatta in modalità VoIP (Voice Over IP) o MoIP, (Mobile-Communication Over IP) con Skype, WhatsApp, Twitter, Instant Messaging. La comunicazione online elimina la distanza, riduce il senso di lontananza e di solitudine ma può creare anche un senso di oppressione e un bisogno concreto di sano isolamento. Strumenti come Twitter trasformano la comunicazione in un flusso continuo di cinguettii che in tempo reale possono comunicare stati d’animo, sentimenti di amore/odio, azioni, interessi e pensieri. Tutto grazie a semplici interazioni con schermi onnipresenti che ci invitano a partecipare attivamente alla loro vita reticolare, in costante evoluzione e che si nutre degli sguardi e delle azioni di chi li usa.

La relazione digitale coltivata attraverso uno schermo richiede nuove abilità e pratiche relazionali. In ambienti di social networking come Facebook è fondamentale la gestione delle informazioni e dei dati di cui si dispone. Le maggiori informazioni disponibili servono a valutare, negativamente o positivamente, i messaggi ricevuti dalle altre persone, a chiarine significati e intenzioni, il grado di accettazione o di rifiuto altrui. Forniscono una conoscenza maggiore di persone o gruppi e possono determinare una maggiore o minore intimità, la maggiore confidenza e qualità del contatto. Non tutte le persone utilizzano le informazioni di cui dispongono allo stesso modo, con conseguenze spesso non desiderate e negative, soprattutto quando non riescono a ridurre l’ambiguità e la complessità delle conversazioni online. Un’ambiguità che nella vita reale è spesso risolta dalla comunicazione non verbale, dalla forza di un’espressione facciale, dalla gestualità o postura del corpo e dalla prossimità fisica. 

L’assenza di fisicità ed esperienze del tempo condizionate dal tempo sincronico di ogni esperienza contestualizzata in Rete, non impediscono di elaborare interpretazioni cognitive e dare forma a stati emozionali ed affettivi. L’interpretazione dei messaggi sullo schermo dello smartphone porta a percezioni spaziali, temporali, contestuali e situazionali soggettive e a lavorare costantemente sulla comunicazione con implicazioni concrete sulla relazione. Mentre la comunicazione nella vita reale può fare affidamento su molteplici canali (linguaggio del corpo, parole parlate, tono, temperatura e ritmo della voce, le reazioni di altre persone presenti), online l’unica possibilità è il ricorso a para-linguaggi (emoticon), usati per esprimere umore, rabbia, apprezzamento, pathos e altri sentimenti, emozioni e stati d’animo. 

Quella che va in scena sul megaschermo virtuale dei molteplici display tra loro connessi è una continua recita e auto-rappresentazione del sé. Un’attività soggettiva, considerata vitale da chi la pratica, il cui ruolo è essenziale per ogni forma di relazione online. L’auto-rappresentazione porta ad assumere personalità multiple e a usarle per recitare ruoli diversi impiegati per coltivare le relazioni con le persone incontrate e frequentate online.

L’uso massiccio di telefoni cellulari, piattaforme di text messaging e portali di social networking mette in secondo piano l’incontro faccia a faccia e diffonde una socialità mediata tecnologicamente e dalle superfici di schermi risplendenti o opachi utilizzati. È un passaggio determinato da convenienza, facilità di accesso, connettività, e piacere derivante dall’uso dei nuovi strumenti. In questo passaggio nasce la necessità di poter gestire la relazione con un interlocutore andando a sostituire alle tecniche tipiche di un incontro dal vivo, quelle digitali. Le tecniche sono quelle utili a catturare le impressioni che servono a prendere una decisione, a concedere fiducia o a rigettare una richiesta di contatto, a decidere di approfondire una conoscenza o ad abbandonare un’amicizia. Queste impressioni che possono essere consce o inconsce, si traducono online in un profilo digitale, contenente le informazioni utili a una narrazione di sé stessi capace di creare empatia e voglia di collegarsi.

La stesura del profilo diventa un’opportunità per presentare sé stessi in forma idealizzata a seconda della percezione che ogni persona ha di se stessa e della sua condizione in un dato ambiente o situazione. Il profilo serve agli altri per inferire o estrapolare informazioni sulla base della stima che essi hanno del loro creatore e della loro percezione sulla coerenza e artificialità del profilo. La creazione di un profilo obbliga a numerosi giochi degli spechi e a costanti reiterazioni. Abitare uno spazio abitato online come Facebook, Myspace o  Linkedin obbliga a definire profili diversi, adattandoli al tipo di ambiente che li caratterizza e alla loro destinazione di scopo. Il profilo digitale deve possedere qualche fattore attrattivo e cool, creare emozioni, attirare l’attenzione con narrazioni ben scritte e interessanti, condividere hobby e passioni, dimostrare di possedere senso dell’ironia e auto-ironia. Mentre scorre sullo schermo di un potenziale amico o contatto, il profilo digitale deve fugare ogni dubbio sulla sua veridicità, anche se è pur sempre una delle molteplici maschere con cui le persone raccontano se stesse in Rete ricorrendo a rappresentazioni non necessariamente legate a quella che viviamo nella realtà.

Sullo schermo si manifestano attitudini individuali e caratteristiche tecnologiche. Entrambe condizionano i comportamenti e le abitudini. Le attitudini attengono principalmente al modo con cui sono gestite dall’individuo le impressioni (percezioni) di contesto. Le caratteristiche tecnologiche sono le modalità con cui è possibile raccontarsi online, interagire scambiandosi contenuti e informazioni, e acquisire visibilità. Questa relazione digitale resa possibile dalle piattaforme di social networking è solo la manifestazione di un cambiamento più radicale che l’evoluzione della tecnologia sta realizzando. È un’evoluzione che cambia il panorama, il destino e l’ambiente della vita umana.

In un futuro non molto lontano, le nostre relazioni avranno interlocutori umani e artificiali con la possibilità di sperimentare ben più delle 50 sfumature di grigio del famoso romanzo che ha spopolato nell’estate del 2012. Già oggi sugli schermi-specchio di Second Life la relazione è tra avatar, oggetti tecnologici e veri e propri simulacri della presenza umana online, ma in futuro potrebbe realizzarsi la singolarità di Ray Kurzweil con macchine capaci di auto-generarsi, evolvere, sviluppare capacità relazionali paragonabili alle nostre e comunicare attraverso schermi tecnologici integrati e convergenti, usati sia per interagire con il mondo che con se stesse o tra di loro.

Oggi a passare attraverso il display, nella forma di profilo, è l’immagine di una persona, uomo o donna, giovane o vecchio, alla ricerca di una qualche forma di contatto umano e relazione. Domani a rispecchiarsi potrebbero essere dei cyborg, capaci di reagire e interagire con le loro immagini come oggi facciamo noi e probabilmente anche con le stesse problematiche.

 

 

[1] Spunti tratti da un articolo scritto da Vivian Sobchack e pubblicato sulla Rivista di Estetica nel numero 55 dedicato agli Schermi/Screens. Nel testo l’autore sostiene una tesi interessante fondata sul concetto di screen-scape o screen-sphere e sull’idea che gli schermi tra loro interconnessi possano avere costituito un sistema autopoietico, capace di auto-organizzazione. Un sistema che sembra soddisfare i principi che secondo il biologo Varela definiscono ogni sistema autopoietico.

 

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