E guardo il mondo da un display

01 Dicembre 2015 Redazione SoloTablet
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CAPITOLO 1

Il libro E GUARDO IL MONDO DA UN DISPLAY di Carlo Mazzucchelli è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Alcune definizioni per sintonizzarsi cognitivamente

 

Lo studio della comunicazione si può dividere in tre settori: quello della sintassi, quello della semantica e quello della pragmatica […] l’interesse primario della semantica è il significato. È senz’altro possibile trasmettere successioni di simboli con precisione sintattica, ma essi resterebbero privi di significato a meno che il trasmettitore e il ricevitore non si siano accordati in precedenza sul loro significato.”  (Paul Watzlawick ([1]) - Pragmatica della comunicazione umana)

 

Trovare una definizione di schermo che possa soddisfare tutti, è praticamente impossibile, per l’ambiguità etimologica e concettuale del termine, per le sue innumerevoli e possibili declinazioni e per le metafore con cui può essere associato e assoggettato. La difficoltà mi suggerisce di fornire alcune descrizioni e considerazioni, finalizzate alla ricerca di una sintonizzazione cognitiva con il lettore e che potranno essere utili per il viaggio che sta intraprendendo. 

Nella percezione comune gli schermi sono superfici bidimensionali, quasi sempre rettangolari (chi si ricorda più gli schermi tondi dei primi televisori anni 50’ e poi quelli squadrati con angoli arrotondati che seguirono?), lucide, opache o a Retina, composte da cristalli liquidi o altre componenti tecnologiche, che hanno funzione di finestra o porta di ingresso a informazioni e realtà virtuali tridimensionali a cui si accede attraversandoli con lo sguardo. Per la presenza di una cornice gli schermi possono essere associati mentalmente a dipinti ma le immagini in essi contenuti sono in movimento (non solo cinema o TV) e oggi sempre aggiornate in tempo reale. 

Nella sua etimologia più conosciuta la parola schermo (parola fatta risalire da Wikipedia alla parola longobarda skirmjan - schermire) indica riparo (dal fuoco), protezione (dalla neve), difesa ma anche dispositivo che protegge (dalla luce, farsi schermo con la mano), barriera (protezione contro il fuoco, le radiazioni, il rumore, ecc.), riparo (strumento capace di impedire l’azione di un campo di forze come un fulmine o un lanciafiamme) o elemento naturale (la nebbia ha fatto da schermo ed è andato a sbattere) che impedisce di vedere. Un significato molto diverso da quello con cui si descrivono superfici piatte o curve, di vetro o di plastica, di un televisore o di un computer, su cui sono proiettate immagini fotografiche o cinematografiche e in movimento, all’interno di planimetrie dalle dimensioni definite. Un significato che prende forma dalle rappresentazioni teatrali della fantasmagoria (categoria di spettacolo che prevede la proiezione di immagini più o meno in movimento come e evoluzione della lanterna magica) del primo novecento e dall’uso della lanterna magica (solitamente fatta scorrere dietro uno schermo trasparente su carrelli posti su binari appositi e usata per proiettare anche più immagini per volta per aumentare l’effetto dinamico) per creare ϕάντασμα e illusioni ottiche negli spettatori. Qualcosa di simile a quanto realizzato anche nei paesi asiatici con le rappresentazioni del teatro delle ombre, antica forma popolare di teatro che prevedeva l’uso di marionette poste dietro uno schermo opaco, semitrasparente e illuminato posteriormente. Lo schermo separava gli spettatori dagli animatori teatrali e dalla fonte di luce e serviva a creare l’illusione di immagini in movimento. Infine il significato della parola schermo  ha bisogno di essere compreso nelle sue molteplici analogie e valenze legate al suo utilizzo fatto di seduzioni e gratificazioni, di rispecchiamenti e riflessi, di emozioni e processi di identificazione, di filtro (velo) tra realtà e finzione o fantasia e di finestra ([2]). 

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E guardo il mondo da un display

I termini comunemente usati per descrivere il display, che dà il titolo al mio e-book, sono di provenienza anglo-americana. Nella lingua inglese, e non solo, la terminologia usata può generare qualche confusione interpretativa, cognitiva e semantica. I termini utilizzati sono tre (quattro se si aggiunge il proiettore), monitor (dal latino monere, monitus, admonestare), screen (dal latino screna e variante del francese escran, schermo per il fuoco, termine che appare per la prima volta in testi del secolo XIV) display (dal latino displicare, dispiegare, esplicitare, spiegare, esponere-explicare-esporre). Tre termini spesso usati nel linguaggio comune in modo interscambiabile, con significati che nella testa degli utilizzatori hanno perso il loro legame con quelli originali, anche se non ne hanno perso la valenza semantica. 

Con monitor ci si riferisce solitamente a un dispositivo tecnologico tridimensionale che sta su una scrivania, è collegato tramite fili a un computer e permette l’interazione umana attraverso strumenti di input come una tastiera, un mouse, uno stylus e oggi il tocco di un polpastrello. Lo screen è la parte frontale del monitor così come lo è per il televisore, è solitamente di vetro (un tempo era uno schermo per proteggere dal fuoco, oggi per nascondere le componenti tecnologiche sottostanti e utilizzarne le capacità e funzionalità) ed è la superficie (il display) sulla quale vengono visualizzate immagini e informazioni. Nella lingua inglese i due termini, monitor e screen, sono interscambiabili e nessuno fa caso alla loro differenza di significati. Display è il termine usato per descrivere la componente di un dispositivo tecnologico che visualizza le informazioni, solitamente lo screen di un monitor o di un computer, ma anche quello di un oscilloscopio o di altre macchine tecnologiche che hanno bisogno di comunicare e interagire con l’utente attraverso la visualizzazione di dati, immagini e informazioni.

Nella lingua italiana lo schermo (screen) inteso come dispositivo, è un artefatto tecnologico con qualità e caratteristiche tali da differenziarlo rispetto a altri tipi di oggetti tecnologici. È una superficie piana (oggi anche curva e flessibile), con dimensioni sia grandi che piccole e abbastanza standardizzate in termini di dimensioni e proporzioni, capace di diffondere immagini su di essa proiettate o visualizzate. La superficie fisica è delimitata da una cornice ma quella immateriale non lo è grazie alle funzionalità che permettono di scorrere il contenuto (la pagina) verso il basso o di lato e di aprire finestre molteplici. 

Teleschermo o video (dal latino vidēre) è la superficie su cui si formano le immagini televisive (il video del televisore) che possono essere rappresentate in forma analogica o digitale. Nei sistemi di trasmissione televisiva, il video è un’apparecchiatura, lo schermo del computer o del televisore, che ha la funzione di riprodurre e diffondere immagini visive (le immagini scorrono sul display del video del televisore). Il maxischermo (maxi screen) è un grande schermo televisivo usato principalmente in luoghi pubblici e frequentati. Il megaschermo (megascreen) è uno schermo dalle grandissime dimensioni che si installa all’aperto per la proiezione di trasmissioni televisive, eventi o film. Multischermo (multiscreen) è il risultato dell’uso informatico che permette di utilizzare più monitor insieme. La connettività che collega milioni di schermi tra loro permette di immaginare un multischermo sferico e grande quanto lo è la circonferenza della Terra, un megaschermo virtuale ma non per questo meno reale e concreto. Usati nella pratica comune della lingua italiana sono anche i termini di monitor, monitor video e display, con significati assimilabili a quelli descritti per la lingua inglese.

Il display (oggi solitamente pannello o semplice pellicola ultra-sottile contenente cristalli liquidi) come componente principale di ogni schermo elettronico o dispositivo monitor (inteso come insieme di display, circuiti elettronici, sistema elettrico e la scatola che li assembla e li contiene) può essere distinto in varie tipologie in base alle tecnologie usate: CRT (tubi catodici pesanti e ingombranti), Plasma, LCD (schermo a cristalli liquidi, piatti, sempre più sottili, flessibili e leggeri), LED e HD (High Definition – Alta Definizione). Le immagini che sono visualizzate sui display in circolazione usano tecnologie diverse come SED (Surface-conduction Electron-emitter Display), CRT (schermo a tubo catodico), LCD, OLED (Organic Light Emitting Diode), PDP (Plasma Display Panel), Laser e DLP (Digital Light Processing).

Il video (del televisore, del computer, del dispositivo mobile o della console per videogiochi) nasce con la televisione per la riproduzione sullo schermo di immagini fisse e in movimento e diventa un tubo a raggi catodici (CRT) con i primi display per schermi di computer (il primo è del 1950) che permettevano l’interazione uomo-macchina (interfacce a righe di comandi come shell, ps, list, delete, ecc.) e sostituirono le schede perforate dei mainframe, le telescriventi e altre tecnologie ormai diventate obsolete. Oggi con video ci si riferisce sia allo schermo del televisore e del computer sia alla produzione di filmati e di immagini in movimento in formato elettronico grazie all’utilizzo di dispositivi video-camere per la video-registrazione (la prima introdotta agli inizi degli anni 80’), sia anche all’home video (il video domestico) per la visione di contenuti audiovisivi in forma elettronica.

L’evoluzione tecnologica dei display sta trasformando l’esperienza utente nella sua interazione con lo schermo. La tattilità e sensibilità al tatto (tecnologia Force Touch di Apple sensibile alla pressione) è solo una delle sue caratteristiche rivoluzionarie. L’altra è legata alla risoluzione in termini di numero di pixel dispiegati in una determinata dimensione sulla griglia (pixel per pollice) dello schermo o loro densità. Solitamente misurati in unità che ne descrivono larghezza e altezza (ad esempio 1024x768 o 1920x1080). Il tipo di risoluzione adottata gioca un ruolo importante nella percezione delle immagini da parte degli occhi e del cervello dell’utente, soprattutto con dispositivi che, come quelli di Apple, dispongono oggi di display di tipo Retina con risoluzione così elevata da non essere percepita da tutti a causa di capacità visuali e di elaborazione delle immagini limitate. I limiti derivano da come i nostri occhi lavorano, dalla loro configurazione fisiologica e dalla loro posizione (entrambi gli occhi sono sulla fronte e non laterali come quelli di altri organismi animali) ma anche dalle caratteristiche dei display, ad esempio in termini di risoluzione angolare, una capacità del dispositivo di mostrare i dettagli e di luminosità. L’occhio umano è dotato di fotorecettori usati per percepire l’intensità della luce che hanno il compito di trasmettere le immagini ricevute dal cervello attraverso il nervo ottico. Il fatto che il nervo ottico passi attraverso i fotorecettori crea un punto cieco nel quale la luce non può passare. Il cervello umano è in grado di superare questo problema grazie alla sua abilità nell’integrare le informazioni ricevute da entrambi gli occhi, ma il problema sussiste se uno dei due occhi non è operativo. Infine un altro limite sensoriale deriva dallo spettro visivo (percezione della luce e delle sue lunghezze d’onda) degli occhi umani, solitamente misurabile in 390x750 nanometri.

La risoluzione del display, la sua forma e dimensione e il tipo di dispositivo su cui è montato, sono tutti elementi importanti nel determinare l’esperienza visuale dell’utente e la sua capacità di interagire con le interfacce tecnologiche che lo caratterizzano. I produttori fanno a gara nella realizzazione di display sempre più potenti, ad alta risoluzione e capaci di visualizzare, in modo organizzato ed efficace, informazioni, immagini e contenuti. Devono però fare i conti con un utilizzatore umano dotato di poteri di elaborazione e strumenti visivi non necessariamente adeguati alle nuove generazioni di macchine in circolazione. È un essere umano che soffre di surplus informativo da cui ne deriva uno di tipo cognitivo che impedisce di elaborare con efficienza tutte le informazioni disponibili e di sperimentare adeguatamente tutte le opportunità offerte dalle molte finestre applicative che arricchiscono i mille display che utilizza.

Produttori hardware e sviluppatori software così come responsabili marketing e grandi Marche devono fare i conti con la potenza e la valenza dello schermo ma anche con i limiti umani nell’interagire con le interfacce tecnologiche dei display, ad esempio con la percezione del colore e delle informazioni in esso visualizzate. Il ricorso eccessivo o sbagliato al colore può aumentare la distrazione, diminuire la capacità di porre attenzione della persona, complicare la capacità di discernere dell’utente ed essere vittima degli stereotipi culturali. Un altro limite è legato alla limitata capacità di memoria della mente umana, soprattutto di quella di breve termine, una capacità che è facile da esaurire e consumare. Infine la limitata capacità di elaborare informazione può generare problematiche di tipo psicologico legate alle aspettative spesso disattese e alla consapevolezza dei limiti personali. Queste problematiche possono incidere nell’interazione con lo schermo ed essere influenzate dalle caratteristiche del display, in termini di dimensioni, risoluzione, tipologia e modalità di rappresentazione dei dati (ad esempio attraverso icone o ologrammi).



[1] Paul Watzlawick (Villach, 25 luglio 1921 – Palo Alto, 31 marzo 2007) è stato uno psicologo e filosofo austriaco naturalizzato statunitense, eminente esponente della statunitense Scuola di Palo Alto, nonché seguace del costruttivismo, derivante dal pensiero relativista del costruttivismo filosofico. Inizialmente di formazione psicoanalitica junghiana, successivamente fu tra i fondatori e tra i più importanti esponenti dell'approccio sistemico. Lavorò a lungo al Mental Research Institute (Wikipedia)

 

[2] Definizione di schermo tratta dal Century Dictionary del 1911: “Una struttura di copertura, una partizione o una tenda, sia mobile sia fissa, che serve a proteggere dal calore del sole o del fuoco, dalla pioggia, dal vento o dal freddo, o da altro disturbo o pericolo o per riparare dall’osservazione, nascondere, impedire la vista, o assicurare la privacy; come nel caso del parafuoco, dello schermo pieghevole, dello schermo finestra, ecc.; dunque, tale struttura di copertura, tenda, ecc. usata per altri scopi; come uno schermo su cui le immagini possono essere proiettate da una lanterna magica; in generale riparo o messo di nascondimento”.

 

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