E guardo il mondo da un display

01 Dicembre 2015 Redazione SoloTablet
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CONSIDERAZIONI FINALI

Il libro E GUARDO IL MONDO DA UN DISPLAY di Carlo Mazzucchelli è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Alcune considerazioni finali 

Lo schermo nella sua forma di superficie, finestra, specchio, strumento d’azione e di scrittura, vetrina, ha cambiato il nostro modo di rappresentare, declinare e interpretare la realtà. La sua superfice e le sue interfacce servono a rappresentare visivamente le informazioni e immagini, i segni e le icone, l’interazione tra uomo e macchina. 

Come finestra, grazie al suo spazio visuale, il display permette al mondo di fuori di penetrare la sua superficie, raggiungere e catturare lo sguardo del soggetto con la forza delle immagini che su di esso scorrono, si animano e conquistano. Come strumento interpretativo offre nuove possibilità cognitive e culturali per percepire, interpretare, conoscere, leggere e comprendere il mondo. Come specchio diventa strumento e oggetto di esperienze desideranti e liberatorie per individui alla costante ricerca di se stessi e della conferma del loro essere vivi in un mondo pieno di angoscia e difficoltà. Come interfaccia il display è passato dall’essere un impero di pixel (citazione dal guru tecnologico Hiroshi Ishii) usati per la comunicazione digitale a strumento cinestetico di sperimentazione tattile e sensoriale. La sua tattilità coinvolge il corpo nella sua fisicità facilitando l’incontro e la ibridazione dei mondi reali con quelli virtuali. Come vetrina il display ha favorito la spettacolarizzazione della realtà privata e individuale offrendo a tutti la possibilità di rappresentarsi e raccontarsi pubblicamente, di esporsi allo sguardo dell’altro e al tempo stesso di essere osservati, spiati, e controllati. Come superficie per la scrittura lo schermo dei dispositivi mobili ha sostituito scrivanie e tavoli da lavoro raccogliendo brevi componimenti nella forma di cinguettii o cambiamenti di stato sul muro delle facce, racconti e narrazioni destinate a comunicare e socializzare ma soprattutto a documentare la propria esistenza con l’obiettivo dell’immortalità, quantomeno quella digitale. Come dispositivo per la lettura il display non cambierà i meccanismi neuronali che sottendono all’atto di leggere (“ciò che vediamo dipende da ciò che crediamo di vedere” – Dehaene) ma inciderà sulla nostra cultura e su come impareremo a leggere, soprattutto per il ruolo e la costante presenza delle immagini sullo schermo. 

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E guardo il mondo da un display

In una realtà dominata da mille schermi tecnologici, l’interpretazione della realtà è sempre più caratterizzata e dominata dalla loro intermediazione o mediazione. L’influenza del display è cresciuta in modo esponenziale con il diffondersi dei dispositivi mobili e ora delle nuove tecnologie indossabili, e sta modificando profondamente le nostre visioni del mondo, le esperienze personali e sociali che facciamo e la loro rappresentazione, comunicazione e condivisione. 

Il display è in continua evoluzione, cambia dimensioni, migliora prestazioni e risoluzioni, diventa indossabile e si prepara a diventare ologrammatico e virtuale oltre che cinestetico e sempre più integrato con il corpo umano grazie a nuovi materiali capaci di cambiare la loro struttura e forma (Tangible Bits) quando interagiscono con l’utente. Siamo in una fase di grandi rivoluzioni tecnologiche e di nuove mutazioni che avranno effetti sull’evoluzione umana, a partire dalla sua componente cerebrale per il ruolo da essa giocato nella interazione con la tecnologia e i suoi display. Gli schermi hanno già trasformato il nostro modo di vedere le cose, di agire e di pensare. Lo hanno fatto ipnotizzandoci, catturando (imprigionando) la nostra attenzione e sviandola dalle realtà al di fuori delle loro cornici, limitando la nostra capacità di concentrazione sulle persone che ci circondano (il display cinguetta, la conversazione a tavola langue), sugli eventi (l’icona dell’assalto terroristico di Parigi è la ragazza incinta appesa alla finestra del Bataclan ma lo dobbiamo al display di un dispositivo che l’ha filmata), e sulle cose. Per il momento stiamo ancora adattando vecchi strumenti a nuovi sistemi e a nuove esigenze, comportamenti abitudinari a nuovi bisogni e stiamo imparando (siamo imparati) come adattarci alle nuove interfacce visive e tattili degli schermi di cui siamo dotati e dei quali cogliamo le opportunità e meno gli effetti collaterali. 

Le opportunità che gli schermi moderni ci regalano sono infinite. Ci rendono protagonisti di noi stessi, ci permettono di trasformare le fotografie e le immagini (profili) di noi stessi in narrazioni dinamiche e durature, di essere spettatori fissi delle esperienze e narrazioni degli altri e di partecipare ai loro sogni, alle loro paure e speranze. Lo fanno attraverso il loro linguaggio visuale, le loro interfacce tattili (vedere attraverso il tocco di un polpastrello) e la forza dell’immagine che favorisce nuove esperienze utente ma impedisce al tempo stesso di guardare oltre la cornice, di vedere lontano e di percepire il contesto. 

Il rischio è che a forza di guardare dentro si finisca per non sapere più guardare altrove. Se sarà così il display da finestra verso il mondo e specchio di sé e della propria anima potrebbe diventare uno schermo nero, una finestra murata come quella rappresentata oggi da numerosi prodotti tecnologici indossabili nella forma di Head Mounted Display (HMD). Il loro display racchiuso all’interno del casco permette visioni oniriche, viaggi virtuali, realtà aumentate, esperienze sensoriali in assenza di corpi, relazioni bioniche e giochi interstellari e fantascientifici. Questo tipo di display è come se fosse murato dall’esterno e tenuto stretto dalle cinghie del casco, un display che non è più finestra perché nega ogni apertura verso l’esterno e rende cieco lo sguardo permettendo comunicazioni solo virtuali e immaginarie. Anche il display dei dispositivi mobili può essere schermato da oggetti che si frappongono alla vista dell’utente. Il display HMD prossimo venturo, che potrebbe essere la forma pervasiva dello schermo futuro, rischia di riportare la parola schermo al suo significato originale, di barriera, paravento, copertura e protezione. A essere occultata sarebbe però la realtà, diventata invisibile perché inconciliabile con le nuove realtà virtuali e che invece dovrebbe cooperare e fondersi con loro. 

Post Scriptum 

Il display e lo schermo sono stati da sempre oggetto di numerose riflessioni teoriche da parte di psicologi, massmediologi, neurologi, critici d’arte e studiosi che hanno accompagnato la loro evoluzione nel tempo fino agli schermi moderni del cinema, della televisione, del computer, dei dispositivi mobili e delle tecnologie indossabili. Le opere di questi studiosi hanno accompagnato per anni la mia vita di lettore curioso (vedi bibliografia allegata) e mi hanno dato l’opportunità di raccogliere spunti e osservazioni e di elaborare le riflessioni che ho condiviso con i lettori in questo e-book.

Il lettore non si deve attendere una trattazione approfondita o completa del tema. Sarebbe stato troppo ambizioso e impossibile pensare di poterlo fare considerando gli autori che sul tema si sono espressi come Merleau Ponty, Lacan, Baudrilliard, Agambem e molti altri. Ho scelto di fornire una lettura personale, sicuramente piena di contraddizioni e incertezze concettuali, con l’obiettivo di farmi leggere da tutti e di far emergere gli entusiasmi e le esperienze positive così come i timori e le preoccupazioni che emergono dalla nostra contiguità quotidiana con gli schermi e dal nostro guardare il mondo attraverso di essi. 

Il lettore giudicherà se nel farlo ho soddisfatto i suoi bisogni e convalidato le motivazioni che lo hanno spinto al download di questo e-book. 

Ringrazio lettore che è arrivato fin qui e mi auguro che la lettura sia stata di suo gradimento e di qualche utilità.

 

 

 

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