E guardo il mondo da un display

01 Dicembre 2015 Redazione SoloTablet
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CAPITOLO 23

Il libro E GUARDO IL MONDO DA UN DISPLAY di Carlo Mazzucchelli è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

La vita artificiale che verrà

 

“Se vent’anni fa vi avessero detto che oggi avremmo posseduto tutti un cellulare e che saremmo stati perennemente connessi con e-mail, social, e-commerce e cloud ci avreste creduto? Allora dovreste essere disponibili a credere, o almeno a non meravigliarvi troppo, del fatto che qualcuno vi dica che fra vent’anni potrebbe esserci un umanoide amico in ogni casa per assistere i nonni, portare i nostri figli a scuola e prepararci il caffè.” – Roberto Cingolani, Umani e Umanoidi

 

 

Le mode tecnologiche arrivano da lontano, emergono, si affermano, coinvolgono, evolvono, se ne tornano nell’ombra e se ne vanno. La vita dell’individuo evolve e cambia ma è sempre più popolata da dispositivi tecnologici che reclamano attenzione, tempo e dedizione. I produttori continuano a sfornare, dai loro laboratori di ricerca e fabbriche, nuovi dispositivi destinati in tempi brevi a diventare obsoleti e a essere sostituiti dai loro discendenti o usurpatori. Alcuni di essi potranno sopravvivere grazie a e-Bay o ai banchetti degli extracomunitari nei mercatini dell’usato, altri finiranno nelle discariche, dimenticati dai loro utilizzatori ma anche da Google e dalla memoria della Rete. I dispositivi che si succedono nel tempo non sono altro che la manifestazione di un’evoluzione tecnologica, iniziata milioni di anni fa, in modo invisibile e poi nella forma di techne e logos (tecnologia), che oggi prosegue in maniera quasi autonoma (il technium di Kevin Kelly) e traendo forza dalla interazione con la mente, i comportamenti e la vita degli esseri umani.

 

L’evoluzione non è solo quella dei gadget tecnologici, degli oggetti che partecipano alla Internet delle cose, delle tecnologie che scienziati, medici e ricercatori possono utilizzare per innovare e trasformare in realtà le loro visioni e idee. A evolvere è l’essere umano, in forme sempre più ibridate con la tecnologia e grazie all’ausilio di protesi tecnologiche, di intelligenze artificiali e di macchine intelligenti. Quella che si affaccia all’orizzonte è una vita artificiale dominata da cyborg, umanoidi e simbionti e tendente alla singolarità ([1]). La diffusione e pervasività della tecnologia è tale da cambiare il nostro rapporto con essa obbligandoci a una coabitazione simbiotica e a un’interazione circolare che richiede maggiore coscienza dei potenziali effetti e della svanita neutralità della tecnologia.

 

A essere tecnologica oggi è l’evoluzione stessa. La tecnologia ha permeato tutti gli ambiti di vita dell’essere umano, culturale, informativo, sociale, mentale e biologico, preparando il terreno all’evoluzione futura verso l’uomo bionico e cyborg che verrà. Probabilmente ancora fatto di carne, sangue e organi biologici ma anche di protesi tecnologiche, di identità digitali e simulazioni online e di intelligenze artificiali con le loro sinapsi ri-programmabili di 0 e di 1, i loro algoritmi, linguaggi naturali e sintetici e modelli evolutivi e forse anche capaci di emozioni e di sentimenti.

 

La distinzione alla quale siamo oggi abituati tra naturale e artificiale potrebbe lasciare posto in futuro a una realtà più complessa nella quale i significati stessi dei due concetti saranno probabilmente andati perduti o ridefiniti. Prevarrà allora una visione convergente, dettata da una mente che riflette su sé stessa ma a partire dal suo essere diversa perché modificata tecnologicamente. Una mente che apparterrà probabilmente a una creatura nuova, inzeppata di protesi tecnologiche nella forma di organi di senso, mani artificiali, microchip impiantati nel cervello e abilità visive capaci di bucare i display opachi di dispositivi HMD (Head Mounted Display) e di vedere oltre lo schermo.

 

Qualunque sia l’evoluzione dei cyborg che verranno, lo schermo continuerà a giocare un ruolo chiave nel fare interagire tra loro componenti umane, tecnologiche e macchiniche, vite umane e vite artificiali, cervelli e menti umane con  intelligenze artificiali. L’interazione con la realtà dei nuovi cyborg continuerà ad avere bisogno di display, usati come lenti riflettenti, finestre di dialogo, prospettiche e di visibilità, specchi riflettenti mappe e immagini, telecamere ambientali e cornici da riempire di contenuti, messaggi e informazioni. Saranno display come quelli descritti nel romanzo distopico di William Gibson, Il Neuromante, nel quale lo schermo all’inizio del testo è un cielo nella forma di un televisore a colori sintonizzato su un canale senza via di uscita ma destinato a trasformarsi durante lo svolgimento della storia in un cyberspazio popolato di interfacce e capace di mostrare le realtà che emergono al di là della sua cornice e del suo spazio visivo delimitato. 

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E guardo il mondo da un display

L’evoluzione tecnologica sembra portare rapidamente verso nuove modalità di interazione, rese possibili dall’uso della voce e dall’accresciuta capacità della macchina di comprenderla colloquiando attraverso il linguaggio naturale. In attesa delle nuove interfacce e in parallelo, il display dei mille schermi che ci circondano continuerà a evolvere, a partire dalle sue caratteristiche tattili e multi-sensoriali attuali, pensate per facilitare e semplificare in modo intuitivo l’interazione e il dialogo. In attesa di display virtuali e proiettati nel cielo del Neuromante come quelli del film Minority Report, tratto da un racconto dello scrittore di fantascienza e mistico Philip Dick, assisteremo all’evoluzione dello schermo in termini di materiali, forme e dimensioni, flessibilità, risoluzione e interazioni con il software intelligente che anima le loro interfacce e funzionalità. 

È un’evoluzione che porterà lontano dai display tattili e integrati negli schermi dei dispositivi attuali verso nuove tipologie di interfacce video/display di tipo immersivo, disegnate per operare in ambienti di realtà virtuale e di realtà aumentata. Non più display incorniciati all’interno della scocca di un dispositivo ma cornici virtuali che orientano la nostra esperienza virtuale e la arricchiscono con informazioni aggiuntive e che appaiono come integrate nello sguardo stesso del soggetto. Queste nuove tipologie di display si frapporranno tra il nostro occhio, il suo sguardo e la realtà, proiettando nello spazio schermi virtuali che si popoleranno di contenuti e immagini digitali sempre più simili a quelle reali. Immagini e oggetti tridimensionali percepiti come se popolassero e condividessero con noi lo stesso spazio, con i quali interagire con gestures simili a quelle usate quando a interagire sono umani in carne e ossa. I nuovi display non permettono ancora di dare risposte concrete a tutti i problemi legati all’interazione e alla comunicazione, ma stanno ridefinendo il ruolo dello schermo tecnologico futuro e la nostra vita attraverso e dentro di esso. 

L’integrazione dei display nella vita di tutti i giorni è tale da suggerire un loro ruolo futuro attivo e difficilmente sostituibile da altre tecnologie, se non quelle che troveranno forma nell’occhio bionico che verrà. I display accompagneranno l’utente dai dispositivi e gadget usati per divertirsi, informarsi e lavorare e in mille altre forme diverse, sempre più integrate e multifunzionali. I display si integreranno in oggetti normali nella forma di finestre aperte sul mondo digitale e di specchi riflettenti. Lo schermo specchio potrebbe essere usato ad esempio per la toilette mattutina e come finestra per navigare le ultime notizie e gli aggiornamenti online. Assumeranno la forma di lenti a contatto come quelle di Innovega (per ora solo un prototipo denominati iOptik) pensate per fornire maggiori funzionalità a dispositivi tecnologici indossabili come i Google Glass o per visualizzare informazioni e messaggi arrivati su uno smartphone o tablet. 

La flessibilità dei display ‘lenti a contatto’ caratterizzerà tutti i display del futuro, grazie all’uso di nuovi materiali organici (OLED, Organic Light Emitting Diodes) che non avranno bisogno di retroilluminazione perché capaci di generare luce in modo autonomo. La loro flessibilità faciliterà la loro integrazione su superfici non piatte ma anche sul corpo umano, ad esempio sull’avambraccio nella forma di uno smartphone. 

Le immagini che oggi appaiono in forma bidimensionale sui nostri display si trasformeranno in futuro in immagini tridimensionali e olografiche (frutto di diffrazioni e proiezioni usate per catturare, registrare e ricostruire immagini) capaci di nuove forme di interazione umana. Semplici proiezioni capaci di riempire qualsiasi tipo di spazio, con immagini dotate di funzionalità e interfacce interattive. Display di questo tipo esistono già, nella forma di prototipi funzionanti in molti laboratori di ricerca e sono sperimentati anche per un utilizzo legato ai dispositivi di personal computing in uso. Ad esempio SpaceTop è una soluzione che usa due telecamere per proiettare, al di sopra della tastiera di un dispositivo e davanti all’utente, display virtuali  tridimensionali, interattivi e facili da usare. 

A fare la differenza rispetto alle sperimentazioni attuali saranno due fattori fondamentali, la potenza delle nuove tecnologie e i cambiamenti indotti dalla stessa tecnologia nelle nostre esperienze percettive, sensoriali e mentali. La potenza delle nuove tecnologie permetterà la trasmissione efficace e curata delle informazioni visive e sensoriali tra un’interfaccia come un monitor, un casco HMD, un Glass di Google, una tuta o un guanto in modo da rendere fluidi i processi mentali preposti a coordinare le realtà percepite con quelle ricostruite dalla mente. Il cervello modificato tecnologicamente che già oggi sperimenta sensazioni forti ogni qualvolta si trovi impegnato in una realtà virtuale, imparerà a sostenere la fatica delle nuove esperienze virtuali e a dotarsi di nuovi strumenti per interagire con essa senza rinunciare all’elaborazione di nuovi pensieri e sensazioni ma adattandosi alle nuove realtà dettate e costruite tecnologicamente. 

In futuro chi osserverà o analizzerà la realtà degli schermi non potrà non notare la loro pervasività, connettività, ubiquità e non sentirsi parte integrante del mondo da essi costruito. Una realtà nella quale si sarà persa o sarà più difficile la distinzione tra chi guarda e chi viene guardato perché i display non sono più quelli che abbiamo di fronte o quelli su cui si agitano le persone accanto a noi ma anche quelli che dall’alto di un portone o di una strada e ovunque ci seguono, spiandoci e video-filmandoci. A essere mobili oggi sono sia gli utenti sia gli schermi. Si muovono insieme interagendo in modo intelligente in situazioni ben diverse da quelle che vedevano lo spettatore passivo di fronte allo schermo di un cinematografo o di un televisore.  

L’evoluzione degli schermi tecnologici avverrà in osmosi con quella dei loro utilizzatori, mediando la loro conoscenza del mondo, di loro stessi e degli altri e diventando il vero media attraverso cui si concretizzeranno le loro esperienze. L’evoluzione degli schermi ha cambiato il modo di guardare alle cose, di conoscere e interagire con la realtà e di esistere nel mondo. Il futuro popolato di schermi tra loro interconnessi e convergenti sarà un futuro da cui sarà impossibile scappare (il Panopticon di Jeremy Bentham diventato realtà ma con altri e più potenti mezzi di sorveglianza e controllo). Saremo circondati, immersi, catturati e assorbiti osmoticamente da essi e con essi dovremo mediare e negoziare ogni giorno le nostre esperienze e le nostre relazioni. 

Non esistendo possibili vie di fuga future e facendo parte dello stesso sistema non rimane che cambiare prospettiva, atteggiamento e punto di osservazione. La prospettiva è quella di una vita umana sempre più ibridata tecnologicamente e con intelligenze artificiali.  L’atteggiamento è quello nostalgico e resistenziale che non permette di comprendere la complessità del sistema in cui si è immersi e della sua capacità di auto-organizzarsi a prescindere dalle nostre azioni e volontà. Infine il punto di osservazione è quello antropocentrico che impedisce di comprendere la sparizione dei confini spaziali e temporali ma anche il ruolo che, nuove entità e nuovi componenti, sistemi tecnologici e artificiali, sono oggi in grado di assumere trasformando le nostre vite. Lo sguardo dello spettatore e dell’osservatore deve lasciare il posto a uno sguardo olistico nel quale esiste lo sguardo di chi guarda uno schermo, quello di chi sta osservando la scena e quello degli innumerevoli display che osservano entrambi, i display usati e l’ambiente circostante. 

Se questo sguardo in futuro non sarà il nostro, sarà probabilmente quello di una realtà tecnologica e artificiale, sicuramente dotata di un display e capace di interagire con altre macchine equipaggiate di altri display.

 

 



[1] Nella futurologia, una singolarità tecnologica è un punto, previsto nello sviluppo di una civilizzazione, dove il progresso tecnologico accelera oltre la capacità di comprendere e prevedere degli esseri umani moderni. La Singolarità può, più specificamente, riferirsi all'avvento di una intelligenza superiore a quella umana, e ai progressi tecnologici che, a cascata, si presume seguirebbero, salvo un importante aumento artificiale delle facoltà intellettive di ciascun individuo. Se la singolarità possa mai avvenire, è materia di dibattito. L'analisi storica del progresso tecnologico dimostra che l'evoluzione della tecnologia segue un processo esponenziale e non lineare come invece si sarebbe portati a pensare. Nel suo saggio, The Law of Accelerating Returns, Ray Kurzweil propone una generalizzazione della Legge di Moore che forma la base delle convinzioni di molta gente al riguardo della Singolarità. La Legge di Moore descrive un andamento esponenziale della crescita della complessità dei circuiti integrati a semiconduttore. Kurzweil estende questo andamento includendo tecnologie molto precedenti ai circuiti integrati ed estendendolo al futuro. Egli crede che la crescita esponenziale della legge di Moore continuerà oltre l'utilizzo dei circuiti integrati, con l'utilizzo di tecnologie che guideranno alla Singolarità. (Wikipedia)

 

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