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Genitori Tecnovigili, ragazzi tecnorapidi

Genitori Tecnovigili, ragazzi tecnorapidi

01 Aprile 2015 Redazione SoloTablet
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Cosa dicono le indagini di mercato

Il libro di Carlo Mazzucchelli Genitori tecnovigili per ragazzi tecnorapidi (2015) è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Cosa dicono le indagini di mercato

Premessa 

Senza una connessione alla rete, senza un profilo Facebook o WhatsApp e senza uno smartphone l’adolescente moderno si sente un alieno alla ricerca di felicità. Connesso a Internet con il suo dispositivo mobile e impegnato a messaggiare lo stesso adolescente sente di stare bene e non si preoccupa di essere un alieno online!

La letteratura sull’uso delle nuove tecnologie, da parte degli adolescenti e dei nativi digitali di ultima generazione, è vasta e datata quanto lo è Internet. Le indagini pubblicate sono in genere legate alla disciplina psicologica o sociologica e sono incentrate sullo studio e la ricerca delle conseguenze sociali e personali che possono derivare dall’uso dei nuovi media sociali e della rete. Le prime ricerche risalgono agli anni novanta ed erano in genere usate, supportate anche da risultati empirici, per mettere in guardia da un eccessivo uso della tecnologia che avrebbe potuto influenzare negativamente le relazioni e i rapporti sociali (amici, genitori, fratelli, compagni di scuola, adulti, ecc.) dei ragazzi e abituarli a relazioni online, considerate superficiali e poco adeguate per un sano sviluppo dell’identità individuale.

Le ricerche successive hanno dovuto tenere conto della rivoluzione tecnologica e del cambiamento radicale nei comportamenti dei ragazzi nella loro interazione con la tecnologia. Il cambiamento principale avvenuto ha visto crescere l’esperienza relazionale online che è passata dal coinvolgere un 10% di popolazione giovanile alla grande maggioranza odierna (tutti i ragazzi italiani dispongono di uno o più dispositivi mobili). Il giovane nativo digitale non riesce neppure ad immaginare una realtà senza Internet o di comunicare in modalità diverse da quelle tipiche dei messaggini tecnologici o di WhatsApp. Le nuove tecnologie hanno reso possibili nuove forme di comunicazione come MUD (Multi User Dungeon) e chat room, forum e blog, Instant Messaging, social network, SMS e APP che hanno rivoluzionato il modo di interagire e collaborare o semplicemente di comunicare e informare.

La pervasività delle nuove tecnologie e la loro diffusione di massa tra la grande moltitudine di giovani ha trasformato l’esperienza di vivere la rete da parte dei giovani. Le nuove tecnologie oggi non riducono, come molti pensano, la connessione sociale ma in qualche modo la stimolano e la facilitano.  Ne deriva un maggiore benessere collettivo che i giovani sperimentano sia a livello individuale che di gruppo.

Da questa constatazione sono nati nuovi filoni di ricerca e di studio finalizzati a comprendere meglio i meccanismi e i principi che governano la relazione tra Internet, le nuove tecnologie e il benessere personale soggettivo. Le indagini hanno rilevato che la comunicazione online promuove una maggiore capacità ad aprirsi agli altri (emotivamente, con narrazioni di sé, affettivamente) e che le relazioni che ne possono derivare, se profonde, possono tradursi in benessere reale anche offline o dopo la disconnessione dalla rete. La rete e in particolare i social network contribuiscono alla creazione di autostima, utile per la ricerca di nuovi contatti e la costruzione di nuove relazioni.

Non tutte le tecnologie sono in grado di garantire lo stesso livello di benessere o una qualche forma di benessere. I risultati non possono essere uguali per tutti e sono condizionati dall’età, dal genere, dalle problematiche e stati d’animo personali, dall’ansia sociale, dal sentimento di solitudine e isolamento. Alcuni studi hanno evidenziato che il maggiore benessere deriva da connessioni online che in realtà rispecchiano connessioni sociali già esistenti nella vita reale o dall’uso di strumenti di instant messaging che creano una specie di simbiosi esistenziale e esperienziale tra persone diverse e non necessariamente vicine. Al contrario la ricerca di nuovi contatti e il tentativo di instaurare nuovi legami e coltivare nuove relazioni può portare ad un malessere derivante dalla difficoltà dell’impresa e dalla limitatezza dei risultati ottenibili. Gli studi che hanno evidenziato questa realtà hanno anche sottolineato la differenza di genere e i diversi effetti che sembrano interessare ragazzi e ragazze. Mentre gli adolescenti maschi sembrano trarre maggior vantaggio da una comunicazione online, le adolescenti hanno maggiori difficoltà.

Le ricerche più interessanti degli ultimi anni sono quelle che hanno cercato di capire quali siano le motivazioni che spingono i giovani e i nativi digitali di ultima generazione ad andare online. Mentre negli anni novanta si riteneva che ad andare online fossero soprattutto ragazzi introversi, soli e alla ricerca di contatti per uscire dal loro isolamento e superare la loro ansia sociale, oggi molti studi evidenziano che a trarre i maggiori benefici online sono gli adolescenti estroversi, espansivi, impegnati socialmente. Il loro benessere deriva sia dalla loro motivazione e propensione all’uso del media ma anche dalla loro consapevolezza che il media è solo uno degli strumenti disponibili per vivere socialmente la propria esperienza di esistere.

A fare la differenza è l’uso che l’adolescente fa del media e la sua maggiore o minore consapevolezza di quello che sta facendo online e degli strumenti che utilizza.

Dati e ricerche di mercato

Il ruolo e gli effetti della tecnologia sulle nuove generazioni di nativi digitali sono stati fotografati da una infinità di indagini di mercato e studi specialistici condotti da psicologi, sociologi e studiosi. Tutti i dati raccolti raccontano storie simili, evidenziando problemi e rischi così come benefici e opportunità. Molti sondaggi sembrano essere stati fatti con l’obiettivo di evidenziare i rischi derivanti dalla eccessiva dipendenza da dispositivi e soluzioni tecnologiche e per mettere sotto accusa smartphone, videogiochi, social network e Internet. I dati raccolti mostrano un’evoluzione costante caratterizzata da una relazione di feedback e contro-feedback tra nuove tecnologie e persone che la utilizzano.

Tutti i sondaggi confermano che la tecnologia è diventata per la maggioranza dei ragazzi uno spazio di libertà e di grandi opportunità ma anche un ambito di potenziale dipendenza di cui sono consapevoli così come ne conoscono le differenze rispetto ad altre forme di dipendenza correlate a sostanze come il tabagismo, l’alcolismo e la tossicodipendenza. Tra le tecnologie a guidare la classifica della dipendenza erano solo cinque anni fa i videogame (49%), i computer (43%), la televisione (50%) e i telefoni cellulari (37%). Questi dati in pochi anni sono completamente cambiati e oggi raccontano una realtà dominata dall’uso in mobilità di strumenti tecnologici impiegati prevalentemente per socializzare, messaggiare, comunicare e vivere realtà virtuali online.

I dati delle indagini sono spesso tra loro contraddittori ma fotografano in modo plastico un punto di arrivo dell’evoluzione tecnologica dalla quale difficilmente le nuove generazioni torneranno indietro e che nessun genitore ha più la possibilità di cambiare. E’ un realtà che merita maggiore attenzione da parte degli adulti perché interessa il modo con cui il ragazzo acquisisce nuove conoscenze, costruisce il proprio sé e apprende. Interessa e condiziona anche la sua capacità di concentrarsi, di prestare attenzione e di focalizzarsi, il modo di leggere e di comunicare, la dipendenza emotiva, cognitiva e psichica nei confronti delle tecnologie, la rappresentazione del sé online (profili individuali e sociali, identità virtuali, avatar nei giochi multiueser, ecc.) e le esperienze relazionali.

Non tutte le indagini significative sono state condotte da istituti specializzati o da studiosi del fenomeno tecnologico. Questo tipo di indagini è solitamente importante per la grandezza del campione coinvolto ma non necessariamente più rappresentativa di indagini limitate geograficamente e condotte su campionionature meno numerose. Tutte le indagini evidenziano problematiche, comportamenti e tendenze tra loro simili.

Una indagine condotta dai ragazzi di una scuola secondaria italiana  ha indicato comportamenti diffusi di accesso alla Rete di Internet e utilizzo di strumenti come YouTube, social network, WhatsApp così come le differenze di genere esistenti. Ad esempio il videogioco è attività prevalentemente maschile, il messaggiare più femminile. Tutti sembrano essere consapevoli del rischio dipendenza e dei potenziali effetti negativi in termini di sviluppo della capacità di elaborazione cognitiva, della memoria e della concentrazione. Pochi sono preoccupati di una vita relazionale virtuale capace di assorbire quella reale, ancora meno credono che sia possibile rinunciare ai nuovi strumenti tecnologici, di cui sono convinti della non pericolosità. Tutti sottolineano la loro completa libertà da controlli genitoriali nell’uso che fanno delle tecnologie e la loro capacità, nel caso il controllo fosse esercitato, di evitarlo, durante la giornata fuori casa ma anche nella vita domestica e familiare. Dall’indagine emerge l’assenza dei genitori e la loro ignoranza sulle tecnologie usate dai loro figli. L’una e l’altra sono il risultato di una conoscenza tecnologica limitata, dal carico di lavoro che lascia loro poco tempo, dalla tendenza a lasciare piena libertà ai ragazzi e dalla difficoltà concreta a valutare non superficialmente gli effetti della rivoluzione tecnologica in corso da un punto di vista cognitivo e di sviluppo della personalità dei loro ragazzi. Un errore simile a quello fatto in passato nella sottovalutazione dell’eccessivo uso del media televisivo.

Una indagine condotta nel 2011 da Silvia Gherardi e Manuela Perrotta dell’Università di Trento, che ha coinvolto quasi 900 ragazzi tra i 15 e i 19 anni delle scuole superiori (il 59% maschi ed il 41% femmine),  ha permesso di sfatare alcuni pregiudizi e le mitologie sul tempo dedicato dai ragazzi all’uso di dispositivi tecnologici. La maggioranza assoluta indica nella connettività (57,2%), nella frequentazione di amici (78,1%) e nell’ascolto di musica (70,5%) le attività preferite, seguite dall’associazionismo di tipo sportivo (42,2%), dal volontariato (23,3%) e dalla partecipazione ad attività sociali (15,8%). La quasi totalità (93,3%) dei ragazzi ha una connessione Internet a casa che viene usata da fratelli e genitori in eguale misura. L’uso del computer appare una pratica solitaria: nel 77,4% dei casi i ragazzi sono soli quando usano un PC, e nel 73,7% hanno anche imparato ad usarlo da soli. A guidare e motivare l’uso della tecnologia è prevalentemente il bisogno di socializzare (63,4%), un approccio all’amicizia che sembra solo complementare (19,3%) a quello tradizionale fatto di amici comuni (63,9%), compagni di scuola (57,9%), attività del tempo libero 46,8%). Internet ha sostituito il telefono come mezzo di comunicazione. Si parla di meno e si scrive di più (sul tema suggerisco il libri del filosofo Maurizio Ferraris), per messaggiare, per chattare, per usare WhatsApp e in parte anche per cinguettare. Tutti i ragazzi dispongono di un telefono cellulare o smartphone (solo l’1,3% non ne possiede uno, ma il 17% ne ha più di uno) ma lo usano più per messaggiare che per telefonare. L’attività principale rimane l’ascolto di musica (77,2%), seguita da televisione (61,9%) e Internet (59,5%). Considerando la frequenza di utilizzo, nella realtà Internet ha superato la televisione. Un dato interessante emerso da questa ricerca è la relazione e il consumo del libro come oggetto per la lettura. Il 73,8% degli studenti ha letto almeno un libro (esclusi quelli scolastici) nell’ultimo anno e nel 24% dei casi più di cinque. Il libro cartaceo viene ancora preferito per studiare dal 53,2% degli studenti, mentre è solo il 9,9% a preferire i testi digitali.

Tra i social network Facebook continua ad essere la piattaforma sociale preferita (82%) e frequentata giornalmente (51,1%). Tutti gli altri social network, compresi i più noti Twitter e MySpace, non sembrano catturare l’attenzione del campione coinvolto nell’indagine. L’uso che viene fatto dei social network è prevalentemente di socializzazione e di condivisione di contenuti all’interno di reti e gruppi più o meno ampi di contatti. Scarsa è la percezione dei rischi associabili ad ambienti come Facebook anche se quasi il 50% ritiene che facciano perdere tempo. Inesistente la problematica della privacy  e scarsa è l’attenzione posta a contenuti, profili e informazioni personali che rimangono online anche quando gli account ad essi associati non sono più utilizzati. Richiesti di raccontare cosa avrebbero voluto vedere ricordato e online in uno spazio web del futuro, la maggioranza (65,4%) ha indicato la musica, le fotografie personali, quelle degli altri e i testi prodotti (30%).

La comprensione e la conoscenza delle nuove generazioni di Tecnorapidi nasce anche dall’osservazione dei loro comportamenti come consumatori e destinatari di messaggi promozionali e consumeristici. I loro comportamenti stanno demolendo pratiche commerciali e distributive decennali di negozi e centri commerciali e cambiando radicalmente le abitudini consumistiche di famiglie e gruppi sociali.

La differenza sostanziale emergente tra le diverse generazioni è l’uso che i Tecnorapidi fanno dei media sociali per le loro esperienze di acquisto, usati per interagire con punti vendita, marchi e Brand da loro frequentati o amati. La loro disponibilità a seguire la vita dei Brand è elevata (43%), lo è anche nello scoprirne (38%) e cercarne ( 30 %) di nuovi e  a guardare video di prodotto o di marche (24%) più o meno note. Ciò che più caratterizza le nuove generazioni e interessa anche i produttori è la maggiore propensione ad acquistare prodotti e marchi frequentati online. Più del 66% dei consumatori nativi digitali che hanno interagito online con un marchio preferito hanno concluso un acquisto o hanno speso di più del previsto. I processi decisionali di acquisto e le scelte dei consumatori Tecnorapidi sono determinate dalla user experience, dall’elevato coinvolgimento e divertimento del momento (cogli l’attimo, cogli l’occasione), attimi di tempo brevi perché spesso vissuti attraverso un dispositivo mobile, connesso in modalità wireless in-store, che usano anche per interagire con comunicazioni marketing contestualizzate e di prossimità, per leggere codici QR e per socializzare le loro esperienze di acquisto.

La distanza che separa genitori e ragazzi è evidenziata spesso da indagini mirate a analizzare il livello di mediazione che gli adulti sono in grado di esercitare nell’uso delle tecnologie, le loro competenze e conoscenze digitali e il modo con cui interagiscono con i figli sull’uso della tecnologia. Le conoscenze più interessanti sull’argomento si ottengono coinvolgendo i ragazzi stessi chiedendo loro un giudizio sulle abilità tecnologiche dei loro genitori e degli adulti che frequentano a scuola, nello sport e in altre attività generazionali. 

La fotografia che si trae da queste indagini mostra una percentuale di genitori (60%) meno abili nell’uso della tecnologia dei loro figli (il 25% non sa usare Internet). E’ una abilità valutata sulla base delle competenze possedute dai ragazzi e condizionata dalla percezione di sé e degli altri. Non è un caso che le ragazze stimino la abilità tecnologiche del padre ad un livello superiore rispetto a quanto indicato dai maschi. La capacità digitale è associata al livello di istruzione e culturale familiare. Gli adulti considerati tecnologicamente istruiti calano drasticamente in famiglie con livelli di istruzione limitati (30%) mentre  sono il 52% in famiglie con livelli di istruzione elevati. Le madri sono ritenute in genere meno acculturate e abili nell’uso delle tecnologie (20%), indipendentemente dal livello di istruzione familiare. 

Il quadro complessivo che ne deriva racconta una realtà nella quale la maggior parte dei ragazzi non dispone di una importante risorsa che è stata definita da Aroldi di “alfabetizzazione digitale genitoriale”. La mediazione parentale varia tra forme di mediazione sociale e attiva dei genitori Tecnovigili capaci di affiancare i ragazzi nell’uso delle tecnologie dialogando e fornendo loro insegnamenti e supporto per lo sviluppo di pensiero critico e cosciente, e genitori capaci solo di esercitare forme restrittive di controllo tendenti alla regolamentazione, al monitoraggio (anche con uso di soluzioni software e/o hardware ad hoc). Le prime aprono nuove opportunità per ragazzi che possono così diventare Tecnorapidi consapevoli ma sono in realtà praticate da una minoranza dei genitori (20%). Le seconde sembrano essere la pratica più diffusa, forse perché ritenute più facili da applicare e focalizzate sulla sicurezza. I genitori Tecnovigili tendono a  navigare in rete con i figli (67%), a suggerire cosa fare o non fare sui network sociali (43%) , a consigliare come difendersi dai malware (36%) e ad aiutare a valutare l’affidabilità delle informazioni della rete (32%). Pochissimi genitori suggeriscono siti da seguire o da usare come mezzo di apprendimento, informazione e conoscenza. I genitori si mostrano più attenti a parlare di sicurezza in particolare con le figlie. 

I genitori che perseguono forme restrittive di mediazione preferiscono controllare orari e tempo di utilizzo della tecnologia e a fissare regole per l’accesso alla rete, divieti di utilizzo dei network sociali, controlli sulla cronologia dei browser. La distribuzione dei genitori tra forme di mediazione attiva e forme restrittive non è influenzata dal capitale di alfabetizzazione digitale. L’ineguaglianza dipende prevalentemente dal livello di competenza tecnologica dei genitori, a sua volta condizionata dal loro livello culturale e di istruzione. In generale però la capacità dei genitori di affiancare i ragazzi per massimizzare le opportunità che la tecnologia è in grado di offrire è minima e coinvolge un numero limitato di genitori. Non a caso quelli che ho definito fin dal titolo come Tecnovigili. 

Le dipendenze nelle ricerche sociali 

Tutte le manifestazioni negative collegate all’uso della tecnologia sono oggetto costante di studio da parte di psicologi, pediatri, neurologi, psichiatri e studiosi interessati a conoscere le implicazioni di un uso eccessivo delle tecnologie così come di fenomeni tecnologicamente mediati di bullismo, stalking, sexting digitali e online. 

Il primo dato che emerge dai numerosi studi fin qui svolti è una dipendenza diffusa del mezzo tecnologico e l’emergere di nuove problematiche legate all’uso del media tecnologico. Tutte le ricerche più recenti evidenziano che i dispositivi mobili, i social network e Internet hanno cambiato la vita delle nuove generazioni, a scuola, a casa e in società. Il primo risultato è l’evidenza di una completa dipendenza dal mezzo tecnologico, oggi posseduto da quasi il 100% dei ragazzi, il 40% dei quali sostiene di non poterne fare a meno per più di dieci minuti consecutivi e il 73% ritiene di non essere più in grado di studiare senza l’ausilio di uno smartphone, tablet o computer. Ne deriva una difficoltà oggettiva ad analizzare il fenomeno e a tracciare i confini tra comportamenti normali, eccessivi o problematici. 

La difficoltà è accresciuta dal fatto che la dipendenza da una tecnologia non dipende necessariamente da noi ma “dall’impatto che il cambiamento delle pratiche comuni ha avuto sul nostro ambiente”6. In una parola la tecnologia ha cambiato il contesto nel quale viviamo e operiamo determinando un uso di prodotti tecnologici, come ad esempio lo smartphone, di cui non è più possibile fare a meno. Ciò non implica automaticamente l’emergere di una dipendenza ma il passaggio a una nuova realtà più tecnologica e più dipendente dal potere attrattivo dei prodotti tecnologici. L’arrivo dei nuovi dispositivi con i loro display tattili e visuali e la diffusione di Internet hanno semplicemente dato la possibilità al nostro cervello di sfruttare nuovi stimoli per soddisfare bisogni e desideri. Come queste tecnologie vengono utilizzate dipende molto da quanto la nostra attenzione viene catturata e monopolizzata, a scapito di quello che avviene al di fuori della Rete di Internet o dello schermo di uno smartphone. 

Lo studio delle dipendenze dalle tecnologie risente della visione dicotomica che differenzia i tecnofili dai tecnofobi e della difficoltà a definire la scientificità dei dati raccolti. Gli studi sulla dipendenza e sull’uso problematico delle tecnologie risalgono ai primi anni novanta ma a oggi non esiste una posizione condivisa sulla natura di una patologia legata all’uso delle nuove tecnologie. Diversa è anche la definizione stessa che viene data alla parola dipendenza, in termini di patologia, diffusione e frequenza rispetto alla popolazione generale, criteri clinici di identificazione, dati statistici disponibili, spesso scarsi e tra loro contradditori e effetti in termini di aggressività e violenza. 

I dati disponibili sulle problematiche legate ad un abuso della tecnologia sono numerosi quanto lo sono quelli sulla dipendenza e altrettanto contradditori. Mi limiterò a indicarne alcuni. 

Le indagini sul bullismo digitale indicano quanto il fenomeno sia diffuso e le modalità in cui si prime. In una ricerca condotta nel 2014 in Inghilterra e che ha coinvolto più di 15000 ragazzi, il 6% degli intervistati hanno raccontato di avere sperimentato un atto di bullismo digitale negli ultimi dodici mesi. L’incidenza del cyberbullismo colpisce di più le ragazze, cresce con l’età e in presenza di atti di bullismo nella vita reale. Il bullismo digitale fa aumentare la frequenza e i casi di suicidio o tentato suicidio. 

Il fenomeno del sexting è più diffuso di quanto si possa immaginare e interessa tutte le generazioni di nativi digitali. Alcune indagini evidenziano che l’11% dei ragazzi hanno sperimentato l’invio di foto personali a persone sconosciute, l’80% hanno praticato il sexting prima di compiere 18 anni, il 57% (dati del 2012) ha ricevuto una richiesta di inviare fotografie intime, il 12% delle ragazze sono state pressate a farlo e il 39% dei ragazzi e delle ragazze hanno ricevuto messaggi con contenuti sessualmente espliciti, spesso non indirizzati a loro ma semplicemente condivisi online. Tutti i ragazzi coinvolti in attività di sexting risultano avere avuto maggiori esperienze sessuali nella vita reale, con coetanei ma anche con adulti. Non sono in genere consapevoli delle conseguenze legali delle loro azioni online, anche quando coinvolgono minori e si traducono in comportamenti molesti. 

In un’altra indagine condotta nel 2013 in Inghilterra sei ragazzi su dieci affermano di avere ricevuto richieste per l’invio di fotografie e video con immagini e contenuti sessuali. Il 40% di essi ha creato immagini e video, il 25% le ha spedite, il 58% ad amici e un terzo a persone conosciute online mai incontrate prima nella vita reale, il 15% a persone sconosciute. Il 53% dei ragazzi coinvolti nell’indagine hanno ricevuto fotografie o foto, un terzo le ha ricevute da persone sconosciute. In Italia, secondo i dati di Telefono Azzurro, hanno praticato il sexting quasi il 40% dei ragazzi. Immagini, testi e video sono stati spediti nel 39% dei casi a amici e nel 23% a estranei. La pratica del sexting viene vista dal 42% dei ragazzi come normale o a scopo giocoso anche se solo il 16% si fida della persona a cui ha inviato le sue foto, evidenziando una problematicità potenziale di cui molti non sembrano avere consapevolezza. 

Le indagini sul fenomeno dello stalking digitale mostrano un abuso crescente della tecnologia per forme di stalking che si manifestano in modalità diverse quali la molestia sessuale (34%), la coercizione e il controllo (26%), la restrizione delle libertà della vittima (9%), il pedinamento e il monitoraggio online (8%), la ricerca, raccolta di immagini e fotografie per eventuali ricatti futuri (7%). I mezzi utilizzati per portare a termine lo stalking sono principalmente i dispositivi mobili (68%) e a seguire il computer (23%) e la foto/videocamera (9%). L’attacco avviene principalmente attraverso i social network (24%), la posta elettronica (13%), messaggi testuali (43%), applicazioni e siti web (5%) e telefono (17%). 

Gli studi sulla eccessiva dipendenza dal videogioco sono in genere finalizzati alla ricerca del suo collegamento con la violenza e a evidenziarne i potenziali effetti negativi, spesso trovati nelle numerose stragi portate a termine nelle scuole americane come Columbine, il campus del Virginia Polytechnic Institute di Balcksburg e altre decine di casi di cronaca simili. La tesi sul ruolo dei media tecnologici nel generare atti violenti, soprattutto da parte di persone giovani, non è condivisa da tutti gli studiosi e ha suscitato numerose critiche, discussioni e ulteriori ricerche. In alcuni casi, come in California, ha portato alla proibizione della vendita di videogiochi ai minori. L’analisi di centinaia di casi ha indotto l’Accademia Americana di Pediatria a stilare un rapporto che evidenzia una stretta relazione tra violenza nei media tecnologici e violenza nella realtà con comportamenti aggressivi, che esiste una causalità tra eccessivo uso di videogiochi e violenza reale, che l’uso eccessivo può rendere chiunque più aggressivo e che la relazione è provata. Queste tesi sono state contestate da un numero elevato di scienziati che hanno contestato la causalità della relazione, confermando la contraddittorietà dei dati che emergono dalle numerose ricerche condotte. Mentre la ricerca continua, rimane la percezione che il collegamento tra videogioco e violenza esista, sia reale e richieda, da parte di genitori, insegnanti e adulti maggiore attenzione, anche quando si manifesta semplicemente come dipendenza dal mezzo tecnologico e non si ancora tradotto in qualche forma di aggressività. 

In sintesi 

Concludendo questo capitolo, vorrei invitare il lettore a non limitarsi ai dati da me riportati, limitati e incompleti a causa dello spazio ad essi dedicato nel contesto di un e-book come questo e per le scelte fatte dal suo autore. 

Le numerose ricerche e studi sugli effetti della tecnologia sui comportamenti umani sono ricche di informazioni che ogni genitore Tecnovigile può usare per conoscere e valutare meglio la gravità e la diffusione di un fenomeno, la sua negatività reale nella crescita e maturazione dei ragazzi Tecnorapidi e per individuare le soluzioni possibili più adeguate. Queste informazioni possono servire anche a ridurre lo stress, le paure e i timori sulle conseguenze che una dipendenza tecnologica o una azione aggressiva e violenta indotta dall’uso della tecnologia può avere sui ragazzi. 

Essere meno stressati e preoccupati può aiutare a guardare alla tecnologia come spazio di opportunità e di apprendimento. 

In quest’ottica l’uso che i giovani nativi digitali fanno di computer, dispositivi mobili, Internet e videogiochi diventa allora una sperimentazione positiva e continua delle molte realtà, fattuali, virtuali, illusorie, parallele, simulate e fantastiche che caratterizzano oggi le loro vite. 

 

 

 

 

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