Diversi gli aspetti scivolosi dei nuovi smartglass: dalla spia di registrazione all'impossibilità di bloccare in remoto gli occhiali in caso di smarrimento fino all'uso dei metadati su foto e video e agli abusi possibili
Facebook e Luxottica hanno da poco messo in distribuzione i loro Ray-Ban smart. Lo hanno fatto promettendo rispetto per la privacy. Un rispetto che ha portato, om fase di implementazione, a fare delle scelte che hanno limitato funzionalità e tecnologie disponibili. Ci fidiamo? Ci possiamo fidere, soprattutto di Facebook, un'azienda che in passato ha dimostrato più volte la sua idea di privacy e quanto sia sempre interessata solo e soltanto alla raccolta di dati.
Nei prossimi giorni i media si riempiranno di narrazioni sul nuovo prodotto e molte saranno da prendere con le molle.
Nel frattempo segnaliamo un articolo di Simone Cosimi publicato su Wired.it.
Diversi gli aspetti scivolosi dei nuovi smartglass: dalla spia di registrazione all'impossibilità di bloccare in remoto gli occhiali in caso di smarrimento fino all'uso dei metadati su foto e video e agli abusi possibili
Tu non sei un gadget (Jaron Lanier)
Si chiamano Ray-Ban Stories e sono gli occhiali smart nati dalla collaborazione fra il colosso italiano Luxottica e il social network Facebook. Annunciati un anno fa, sono stati finalmente lanciati. Ci si possono fare video (soprattutto) e scattare foto, fare telefonate e ascoltare musica o altri contenuti. Nient’altro. Tutto passa dall’applicazione collegata Facebook View che scarica scatti e clip per liberare la memoria dei dispositivi, consente piccole modifiche e il salvataggio sulla gallery dello smartphone o la condivisione sui social.
Il primo problema è palese: quando le fotocamere integrate negli occhiali stanno registrando, si attiva un piccolo led bianco sia nell’angolo destro all’interno che all’esterno della montatura. Per allertare chi ci sta di fronte che è in corso una registrazione. Secondo le indagini di Facebook, il bianco sarebbe più visibile del rosso o del blu.
Se da un lato la possibilità di scattare e riprendere gli altri con uno strumento che – tranne tentativi di poco successo come gli Spectacles di Snap – la generalità delle persone considera inerte, cioè non in grado di acquisizioni digitali è scivolosa, dall’altro è pur vero che negli smartphone non c’è neanche quel segnale luminoso. Solo che il telefono, per quanto onnipresente, è comunque un oggetto esterno: gli occhiali sono integrati, fanno parte dell’abbigliamento o delle necessità per correggere i difetti della vista. Ci sono miriadi di situazioni in cui, nonostante lo teniamo sempre in mano, sfoderare il telefono per una foto sarebbe inopportuno (se non proibito): con uno scatto dall’occhiale, invece, sarebbe tutto più semplice. E la lucina forse non così evidente, specie nei primi tempi di distribuzione.
La risposta degli sviluppatori
Facebook e Ray-Ban hanno dedicato un intero sito alla questione della privacy con i nuovi occhiali. Dichiarano anzitutto che Facebook View è un’app autonoma per importare foto e video “dando il controllo su cosa condividere e quando”: è separata da Facebook, vero, ma vi si accede comunque con gli stessi estremi.