La lunga storia d'amore fra l'America e Apple è proprio finita, stavolta per sempre. Che spettacolo, vedere il successore di Steve Jobs sotto torchio al Congresso, interrogato da una commissione d'inchiesta, trattato alla stregua di un semi-delinquente. In una nazione dove il dovere fiscaleè sacro, Apple è diventata il simbolo di una perversione: le multinazionali Usa, più sono grosse e redditizie, meno pagano. È un oltraggio per il contribuente medio, lo spettacolo andato in scena ieri con le riprese tv sull'audizione parlamentare. Gli americani hanno scoperto che la regina della Borsa con una montagna di cash superiore ai 150 miliardi, in alcune sue filiali ha pagato un'aliquota dello 0,05%.
Praticamente niente. Dell'indignazione si è fatto interprete il Senato, ieri, in una seduta burrascosa come poche. Era dai tempi del salvataggio di Lehman Brothers, che su Capitol Hill non tirava un'aria di "critica al capitalismo pirata" così bipartisan.
Per una volta d'accordo, i leader democratici e repubblicani hanno bombardato di domande e di accuse l'amministratore delegato di Apple, Tim Cook. Ecco Carl Levin, senatore democratico e presidente della commissione d'indagine: «Apple ha cercato il Sacro Graal dell'elusione fiscale.