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La bolla tecnologica

La bolla tecnologica

10 Dicembre 2013 Antonio Fiorella
Antonio Fiorella
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L’immaginazione, da sola, da sempre crea dei mondi a sé stanti con o senza l’ausilio di una fonte esterna. La nuova tecnologia si è assunta il compito di fare altrettanto, e di fatto potenzia la creatività offrendo strumenti sempre più sofisticati, accompagnati da uno smisurato corollario di immagini e stimoli aggiuntivi.

Tecnologia, fantasia e realtà si combinano così per offrirci il migliore e il peggiore dei mondi possibili.

Silvano Agosti in ‘Lettere dalla Kirghisia dischiude una visione idilliaca di un angolo remoto del nostro pianeta dove si mangia gratuitamente e si lavora soltanto tre ore al giorno, dove i ragazzi apprendono attraverso il gioco, e dove l’amore non è un frutto proibito. Insomma la modernità si aprirebbe a un mare di potenzialità che l’occidente non ha saputo, né sa ancora, cogliere.

Agli antipodi troviamo la realtà, amara ed esasperatamente competitiva - complice la visione follemente egoista, e omicida delle bande al comando.

In ‘Danni collaterali’, l’ultimo libro di Zygmunt Bauman, il sociologo proietta una realtà che ormai è diventata così conflittuale da inglobare in sé il concetto militare di danni inevitabili, provocati agli individui e ormai a larghi strati sociali, nella vita di tutti i giorni.

I regimi democratici predicano, formalmente, l’universalità dei diritti ma poi ne corre di spazio in quanto a dare concretezza a tali principi, sanciti dagli ordinamenti costituzionali e civili del mondo intero.

La missione del progresso era quella di riscattarsi dal lavoro. Fu nell’ambito di un simile contesto che andò in scena lo scontro ... tra capitalismo e socialismo”.

Al fine di evitare la “guerra di tutti contro tutti” si era approdati allo ‘Stato sociale’. Ossia la comunità aveva creato una specie d’assicurazione collettiva per proteggere gli individui dalle avversità inattese, improvvise, e dall’incapacità a farvi fronte. “Si tratta dello stesso principio” sostiene Bauman “che rende democratico il corpo politico e innalza i membri della società al rango di cittadini, rendendoli ‘soci’, altre che ‘azionisti’ del sistema”.

Però la globalizzazione, sotto la spinta del FMI, della Banca mondiale e di un mercato drogato dal capitalismo selvaggio, ci sta riconducendo al passato. Dappertutto lo Stato sociale sta retrocedendo o è già assente. Al cittadino viene chiesto di farsi carico, da solo, del proprio benessere nonché di sopperire alle manchevolezze della società. Volenti o nolenti siamo diventati “individui per imposizione”: protesi a inseguire da soli i nostri obiettivi. Pena l’estromissione. L’incapacità di “trovare soluzioni individuali a problemi di natura sociale si traducono in una perdita di autostima”.

La ‘deregulation’ nei movimenti di capitale ha aumentato la disuguaglianza. Con la quasi totalità della ricchezza detenuta dall’1% della popolazione mondiale, si può ancora parlare di potere politico? Tra potere e politica non esiste una relazione alla pari, e se mai è esistita, è avvenuta una separazione di fatto. “Il potere è già globale, mentre la politica rimane pateticamente locale”.

Il potere, dei mille strumenti che ha a disposizione, brandisce metodicamente quello dell’insicurezza. Scoprirsi indifeso nei confronti di chi detiene il potere di erogarci le risorse per il nostro sostentamento obbliga l’individuo a sottostare alle discriminazioni. Nello stesso tempo trovarsi “vicino alle fonti dell’incertezza”, scrive Crozier, e il saperne fare uso, rende più forti.

Oggi nelle multinazionali va di moda parlare di culture, reti, squadre... Termini che indicano fluidità, che suggeriscono un assetto transitorio, flessibile, a tempo determinato. I dirigenti più che puntare a una progettazione a medio e lungo termine, suddividono il lavoro per progetti. Dopo ritorna in scena la precarietà. “E’ il tipo di contesto fluido che meglio si adatta alla ... percezione di un mondo circostante multiplo, complesso e in veloce movimento, quindi ... incerto, addirittura caotico”. Karl Marx, nelle dinamiche di contrapposizione tra capitale e lavoro, non aveva previsto che i manager potessero diventare i veri “detentori del potere”, così come nei latifondi alla aristocrazia terriera erano succeduti i fattori quali nuovi proprietari terrieri.

Il bisogno di sicurezza genera mostri. Lo diventano tutti coloro che rappresentano un pericolo “potenziale”, e che pertanto diventano obiettivi di azioni mirate a renderli inoffensivi, fino alla detenzione e alla deportazione nelle celle delle polizie segrete dei regimi dittatoriali. I presunti terroristi, fatti oggetto di “sterminio preventivo unilaterale” ... sono considerati al di fuori del consorzio umano, quindi moralmente irrilevanti.

“Le ossessioni che nascono dalla [ricerca di] sicurezza sono inesauribili e insaziabili”, ci mette in guardia il sociologo; “una volta affermatesi e lasciate libere, non c’è modo di fermarle”.

In molte città degli Stati Uniti, ma non solo, sono stati creati degli insediamenti che impediscono l’accesso ai non residenti. Tali innovazioni “equivalenti tecnologicamente avanzati dei fossati dei castelli, delle torri di avvistamento e delle feritoie nelle mura cittadine” più che ergersi a difesa dei suoi abitanti finiscono per “isolare i residenti” dal resto della città. Evidente il desiderio di tenere alla larga le persone indesiderate, di essere “lasciati in pace ... di tenere il lupo cattivo fuori dall’uscio di casa”.

La mancanza di fiducia negli altri mette in moto il meccanismo del sospetto reciproco che, rafforzandosi, si autoalimenta.

Il consumismo intercetta qualsiasi appiglio per introdursi in nicchie di mercato e ampliare l’offerta. Le difficoltà nei rapporti umani trovano uno sbocco nell’acquisto di “surrogati morali”. I regali vengono spesso usati come un modo per lenire le colpe. Di continuo connessi alla rete aziendale, si finisce con il dedicare anche il sabato e la domenica all’ufficio. Ci viene in soccorso lo shopping che alleggerisce il portafoglio e aiuta ad alleviare i sensi di colpa verso i figli e/o le persone trascurate.

Ma ogni ingranaggio richiede un prezzo da pagare: il meccanismo spesso si ritorce contro se stessi. Il bombardamento continuo dell’informazione online è indirettamente proporzionale alla capacità di concentrazione dell’individuo; la disponibilità immediata delle notizie entra in conflitto con l’approfondimento. I social network formano delle comunità che poco dopo si sciolgono. Nell’inseguire un nugolo di interessi, in evoluzione, gli individui si ammassano e si separano correndo dietro al moltiplicarsi di stimoli individuali e collettivi. Tuttavia, per molti versi i SN sono preferibili alle comunità “vecchio stile” che esigevano dai loro membri il prezzo della fedeltà.

Hannah Arendt (‘la banalità del male) ha sottolineato come il problema di Eichmann consistesse nel fatto che questi era un uomo normale. “Dal punto di vista delle nostre istituzioni giuridiche e dei nostri canoni etici, questa normalità è più spaventosa di tutte le atrocità messe insieme”.

Il mondo, forse, sarebbe più rassicurante se fossero soltanto i mostri a compiere atti mostruosi. Purtroppo i giovani americani che torturavano i prigionieri di Abu Ghraid erano anch’essi individui normali. Tuttora i vicini di casa si mostrano increduli per l’accaduto.

“Loro potrebbero compiere gesti atroci - questo lo so già”, confessa Zygmunt Bauman. “Ma io stesso potrei a mia volta, e con altrettanta facilità, diventare uno di loro: l’ennesimo caso di persona normale”.

Esperimenti di laboratorio condotti da ricercatori (Philip Zimbardo, Università di Stanford, autore di ’effetto Lucifero’ e Stanley Milgram, Yale) hanno dimostrato come il comportamento sadico possa essere “instillato in individui che non avevano una tipologia sadica”. Studenti scelti a caso per interpretare il ruolo di “guardie carcerarie” si scoprivano, supinamente, ubbidienti verso l’autorità anche per azioni da loro ritenute ripugnanti.

Drammaticamente eloquente l’episodio della 2a guerra mondiale: un battaglione di poliziotti trucidarono un villaggio ebreo ai confini della Polonia. Il fatto è riportato da Gerd Gigerenzer in ‘Decisioni intuitive’, e di tanto in tanto viene ripreso da altri studiosi del comportamento umano. Il comandante, nell’esporre le disposizioni ricevute dalle alte gerarchie, invitò chi non se la sentiva di eseguire gli ordini a “uscire dalle fila”. Soltanto pochi fecero un passo avanti. Agli altri, l’uscita allo scoperto, il rompere le fila era parso più deleterio del compimento di una strage di civili inermi. Alcuni di coloro che parteciparono si distinsero, poi, per crudeltà.

Dal mio punto di vista, commenta Zygmunt Bauman (‘Danni collaterali’) l’aspetto sorprendente sta nella “sconcertante somiglianza statistica” (nota con il nome di curva di Gauss o curva a campana) con casi osservati in laboratorio - in tempi di pace. La distinzione che separava gli uomini descritti durante l’evento bellico in: esaltati, renitenti e “altri” coincide con le reazioni dei soggetti degli esperimenti condotti sull’obbedienza agli ordini impartiti dall’autorità.

Anche se la società vede un allentamento dell’autorità gerarchica così come era vissuta nel passato, è possibile che altri fattori, quale il carattere personale, possano determinare le medesime scelte nelle reazioni.

“Si affaccia il sospetto” scrive W G Sebald (in ‘Storia naturale della distruzione), “che la disgrazia di cui siamo noi stessi causa non possa insegnarci nulla: ecco perché continuiamo ad avanzare incorreggibili, su piste battute che si ricollegano - appena accennate - all’antica rete di comunicazione”.

Le circostanze belliche che portarono a sganciare la bomba atomica su Hiroshima e su Nagasaki hanno due versioni. Quella ufficiale predica che c’era la necessità di accelerare la resa del Giappone. I critici invece dicono che un mese prima il governo del Giappone era già pronto alla resa. “Truman però procrastinava ... Contrariato dall’idea di lasciare inutilizzate quelle tecnologie dal costo esorbitante”. Infatti il giorno dopo il lancio su Hiroshima il suo discorso, pubblicato sul New York Times, fu: “Abbiamo puntato sulla più audace scommessa scientifica della storia, una scommessa da due milioni di dollari - e l’abbiamo vinta”. Due milioni di dollari non potevano andare sprecati, commenta sarcastico Zygmunt Bauman, non credete?

“Il gesto che scatenerà l’Apocalisse non differirà in nulla da altri gesti...” scrive Anders. “Se c’è qualcosa che simbolizza la natura satanica della nostra situazione, è precisamente l’innocenza del gesto”. Come premere un bottone, da lontano, praticamente senza sforzo alcuno e senza il disturbo di pensieri inopportuni. Sorseggiando una bibita con ghiaccio e tante bollicine. 

Dalle parti della Kirghisia, hanno sepolto le armi che in precedenza seppellivano i morti; i politici prestano servizio gratuitamente; con i soldi risparmiati da una parte e dall’altra si è scoperto che di colpo c’era cibo gratis e in abbondanza per tutti. E la vita ha preso i contorni di una bolla di sapone. La tecnica ha contribuito a completare il quadro d’insieme che ora appare come un’oasi di armonia. Si pensi che il Ministro del governo per il Miglioramento ha allo studio il progetto d’installare una cappa sopra la città che regoli la temperatura intorno ai 25 gradi. E per chi vuole ancora assaporare l’avvicendarsi delle stagioni c’è sempre la possibilità di recarsi in aperta campagna.

Scienza e tecnologia avevano già accumulato i presupposti per creare l’eden sulla terra, e gli abitanti della  Kirghisia si sono messi all’opera.

Agli antipodi troviamo quindi mondi virtuali opposti a realtà conflittuali. L’inconciliabile scarto fra i due emisferi è misurabile in vivibilità e in termini di danni collaterali.

L’inizio del XXI secolo ha visto lo scoppio di più bolle finanziarie ed economiche, l’aumento del divario tra ricchi e poveri, la deflagrazione del terrorismo e della lotta al terrorismo. Intanto, come un vulcano sempre attivo ma dormiente, la materia magmatica della bolla tecnologia aumenta di volume foriera di uno scoppio a catena, improvviso, dagli esiti inimmaginabili.

AF

 

Danni collaterali, Zygmunt Bauman, Editori Laterza

Lettere dalla Kirghisia, Silvano Agosti, Rizzoli

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