L’accoppiata scienza e tecnica gode dei sacri crismi che la tradizione, le istituzioni e uno sviluppo normale, ben ordinato, riservano alle unioni tra famiglie di nobile casato. Quasi un apparentamento fra cugini. La relazione tra filosofia e tecnica, invece, si presenta piuttosto licenziosa, perfino un tantino innaturale. Per dirla alla maniera shakespeariana, all’epoca dei Montecchi e Capuleti avrebbero gridato “al rogo!” e sarebbe scorso del sangue.
Carlo Mazzucchelli con il suo ebook ‘Tablet, trasformazioni cognitive e socio-culturali’, riesce a combinare lo strano connubio, filosofia e tecnica, con una visione delle potenzialità del mezzo coniugata alla condizione umana.
Il tablet, nell’introduzione dell’ebook fornita da Luigi Pachì ( socio fondatore della casa editrice Delos Book), avrebbe assunto la metafora di una metamorfosi che ha cambiato il mondo. E Carlo Mazzucchelli ha colto al volo la mutazione del vento, tecnologica, sociale e biologica insieme, al punto da decidere di giocarsi tutto (impegno & reputazione) puntando prima alla realizzazione del portale SoloTablet, quindi mettendo a nudo lo sviluppo controverso che le nuove tecnologie stanno avendo sui nostri comportamenti. “A mettere in guardia nei confronti delle nuove tecnologie, tablet inclusi, sono ormai molti studiosi come lo psichiatra Daniel Siegel, la psicologa Sherry Turkle ... “ scrive, e giù una sfilza di autori (mi si passi l’assonanza: autorevoli!) da Nicholas Carr a Naomi Baron, Maggie Jackson, e numerosi altri. Scorrendo le pagine dell’ebook, a tratti, si ha come l’impressione che Carlo stia segando il ramo da lui stesso creato e su cui lo si immaginava comodamente seduto... Mai però adagiato, perché è una di quelle rare persone che hanno buon fiuto e sanno muoversi con largo anticipo. Perché la sua visione non si è mai fermata al mezzo, ma attraverso lo strumento va a cogliere gli aspetti più reconditi del vivere quotidiano fino a scorgere la trasformazione in atto nei comportamenti dell’individuo nuovo (Homo technologicus) e fino a cercare di ipotizzare i possibili scenari futuri.
Nel dialogo che ho avuto con Carlo a seguito dell’ebook Tablet, trasformazioni cognitive e socio-culturali appena pubblicato, è scattata immediata la sua reazione alle mie domande - peraltro scaturite da un’attenta lettura dei suoi scritti. “URCA.....che domande....” risponde di primo acchito. Ma poi ti costringe a prestare tutta l’attenzione di cui disponi per correre veloce, metaforicamente, dietro alle sue argomentazioni.
Queste argomentazioni sono servite a dare forma ad un dialogo a distanza, che può ora essere presentato, per una più facile lettura, sotto forma di domande e risposte.
Antonio: Il tablet metafora di un cambiamento rivoluzionario, una tecnologia che ha cambiato il mondo… in meglio o in peggio?
Carlo: Personalmente, pur mettendo in guardia le persone dagli effetti della tecnologia e pur considerando le varie manifestazioni della tecnologia (IT, media, biotecnologie, ecc.) come un unico insieme in costante evoluzione (il technium di Kevin Kelly o la techne dei greci), non credo ad un determinismo tecnologico di tipo riduzionistico. Non credo cioè che la tecnologia sia la causa diretta di nuove strutture sociali e valori culturali o che segua percorsi prevedibili. Non sposo nemmeno l’idea postmoderna che a determinare l’emergere di una certa tecnologia sia il contesto sociale nel quale si manifesta e viene adottata. Non condivido quest’idea perché tende a negare l’esistenza di realtà concrete (la bomba atomica era sbagliata in passato, lo è oggi e lo sarà anche domani) e di valori assoluti, per sostenere che una tecnologia è buona o cattiva a seconda delle circostanze. Prendere una posizione netta è complicato così come lo è essere agnostici sposando l’idea che la tecnologia sia fondamentalmente neutrale, né buona né cattiva. Una posizione di questo tipo non aiuta a comprendere quanto ci sta succedendo intorno e a valutare serenamente l’evoluzione tecnologica in atto.
Quando si parla di tecnologia non credo sia utile fare ricorso a categorie etico/morali. L’etica è ciò a cui dovrebbero attenersi coloro che creano i nuovi prodotti tecnologici (bombe più o meno intelligenti, droni quasi mai precisi nel colpire il bersaglio, e/o virus informatici ) e di coloro che ne fanno uso (tecnologie applicate alla biologia – bioetica, spionaggio e video-controllo) o ne vengono usati (datagate, campagne pubblicitarie indesiderate). A fare la differenza è l’utilizzo che della tecnologia facciamo e quanto saremo capaci di comprenderne gli effetti nel medio e lungo termine sulle nostre vite.
Parlare di tablet, una tavoletta tecnologica dal magnetismo emozionale e tattile, come metafora di cambiamento, in un periodo in cui ad essere rivoluzionaria è la realtà stessa, può sembrare un’esagerazione. Ma non lo è! Il tablet esprime l’emergere di nuovi fenomeni e si inserisce perfettamente in un periodo fatto di grandi cambiamenti economici, sociali, politici e anche tecnologici.
Il tablet rappresenta la fase attuale di evoluzione tecnologica fatta di connettività, cloud computing, ubiquità, complessità, libertà, bellezza, specializzazione ed efficienza. Le nuove tecnologie Mobile e il tablet in modo particolare offrono nuove opportunità che servono a rendere la vita migliore ed a prospettare un futuro ricco di nuovi doni tecnologici e prospettive di evoluzione (lascerei perdere la parola progresso perché l’uso che possiamo fare della tecnologia potrebbe generare ‘mostri’).
Il tablet descrive bene anche il passaggio dalla tecnologia dell’informazione alla sua consumerizzazione. L’IT tradizionale è morta (lo dice da anni anche Nicholas Carr), è diventata ‘commodity’ e il tablet è la migliore concretizzazione della console del novello Neuromante (il Neuromancer di William Gibson) sempre in movimento e sempre connesso. Il tablet è lo strumento che concretizza e consolida altre trasformazioni tecnologiche come il cloud computing, il big data, la realtà aumentata, l’internet degli oggetti e le nuove interfacce uomo-macchina.
Antonio: Alcuni passaggi del tuo ebook.... mi rammentano il film “le soleil vert” (il sole verde) che ho visto in Francia un po’ di anni fa, tradotto in italiano, mi sembra, con il titolo “i sopravvissuti”. Stiamo andando incontro alla città-sinonimo di segregazione vs / campagna sinonimo di libertà per le élite?
Carlo: Questa domanda è molto intrigante perché suggerisce riflessioni trasversali. Per formulare una risposta provo a partire proprio da queste. Il tema della separazione, una volta si sarebbe detto di classe, tra qualcuno che sta molto bene e la maggioranza che sta peggio o molto peggio (we are 99%) è all’ordine del giorno della riflessione di molti. E’ un tema trattato spesso anche da colui che è considerato uno dei più importanti filosofi del momento, lo sloveno Slavoj Zizek.
Il filosofo, appassionato e super esperto di film, usa spesso metafore filmiche tratte da film recenti come Elysium e The Hunger Games ma anche più antichi come ‘Essi Vivono’ di Carpenter, Metropolis e Zardoz di John Boorman con un Sean Connery post-Bond, per far riflettere sulla condizione umana e la percezione della felicità esistenziale, ma anche su come la realtà sia costantemente raccontata e manipolata (pervertita) tecnologicamente e mediaticamente. In questi film c’è sempre una società di eletti o alieni che vive bene ed ha accesso agli ultimi prodotti della tecnologia che li rende più liberi (almeno questo è ciò che loro credono) mentre tutti gli altri sono sempre più derelitti e deprivati di prodotti e opportunità. I due mondi non sono necessariamente rappresentabili come città e/o campagna ma piuttosto realtà parallele, seppur distanti, dove alcuni vivono nell’agio e altri devono lottare per la sopravvivenza. In entrambi i mondi però gli esseri umani che li abitano sono alle prese con i loro desideri e gli strumenti che servono a soddisfarli.
La tecnologia in questo contesto diventa mezzo e scopo per dare risposte concrete all’ansia che pervade tutti e per vivere in universi illusori nei quali fare finta di sentirsi bene pur sapendo di essere ingannati o di ingannarsi da soli. In questo senso la città, essa stessa un’invenzione tecnologica, finisce per concentrare in sé stessa i benefici e i vantaggi della tecnologia ma anche per far aumentare l’ansia e il bisogno di sedarla.
Kevin Kelly in “Quello che vuole la tecnologia” ha scritto che “la città nel suo insieme è una splendida invenzione tecnologica che concentra i flussi energetici e mentali con una densità simile a quella del chip di un computer”.
Vivere in campagna non garantisce maggiore libertà e minore segregazione e neppure maggiore felicità. La vita moderna è fatta di realtà illusorie e universi incompleti ed è mediaticamente condizionata, in città come in campagna. La tecnologia sta agendo su tutti i fronti della vita sociale e umana e in tutti i luoghi. L’inurbamento in atto in Cina (la città di Shenzhen è passata da 20 mila abitanti a 14 milioni in soli trenta anni) e in India (Mumbai) o in Messico e Brasile (Sao Paolo) segue percorsi diversi ma si caratterizza ovunque per la sua carica espansiva e dirompente e per la sua caratteristica tecnologica.
E’ un processo sociale e tecnologico che condiziona i modi di interagire tra le persone e i gruppi e la loro evoluzione, che altera la cultura e i comportamenti ma anche le nostre visioni e percezioni della realtà. Le tecnologie che alimentano la crescita delle città determinano cambiamenti e trasformazioni rapide non necessariamente intelligenti (smart cities?) ma soprattutto nuove forme di alienazione nei rapporti umani. Basti pensare ad esempio all’uso ossessivo, tipicamente cittadino, del dispositivo mobile in ogni luogo e circostanza.
Ciò che caratterizza la realtà odierna è l’accettazione della nuova condizione umana come concreta nella sua illusorietà. Tutti, ma forse soprattutto le persone che vivono in città, assomigliano ormai a Truth, il protagonista di Matrix che di fronte ad una bistecca afferma: “So che è un’illusione virtuale ma non me ne curo fino a quando il sapore è quello vero.” Traducendo, è preferibile rimanere nell’illusione anche quando si è consapevoli che di illusione si tratta!
Antonio: A volte ho avuto la sensazione di leggere la favola La Bella (esperienza tattile, design, estetica) e la Bestia, (prigionieri della bestia-internet e dintorni), in un dedalo tecnologico da cui il consumatore ne esce trasformato. Siamo in presenza della favola che ci porta al riscatto: maggiore libertà, nuovi orizzonti, per tutti? oppure siamo in presenza di una trama intessuta dal genio tecnologico del male Stranamore?
Carlo: Mai pensato alla metafora che suggerisci ma provo a fare alcune riflessioni. Certamente la folgorazione, quasi erotica che ha caratterizzato i primi mesi di 'follia' consumeristica per l'arrivo dell'iPad esprime bene l’innamoramento che ogni cosa bella può suscitare e il senso di libertà che essa esprime. Con l’iPad Apple ha realizzato un capolavoro confermando la sua abilità nel costruire prodotti capaci di generare esperienze sensoriali uniche, a partire dal packaging del prodotto, dal design e la sua estetica e dalle percezioni del bello ad essi associate. Apple fa del marketing estetico un'arte che si prende cura di un prodotto in tutta la sua struttura fisica a partire dall'etichetta, dal packaging, dal merchandising, dal punto vendita, ecc. E così fanno oggi altri produttori come Samsung che puntano non tanto a competere con Apple quanto a soddisfare bisogni e comportamenti mutati dei consumatori.
Internet è stato descritto negli anni attraverso innumerevoli metafore. Si è parlato di autostrade e superstrade (costruite per una destinazione), di web, di maree (praticamente inarrestabili), di biblioteche documentali (intelligenza e memoria collettiva), reti di nodi e connessioni (una struttura comune fatta da tante intersezioni), centro commerciale (più negozi nello stesso spazio), di piazza (centro della vita comunitaria), di metaverso (allucinazione consensuale) e di molto altro. Ma la cosa che mi ha sempre maggiormente interessato di Internet sono state le sue promesse e la sua cultura.
Internet è nata promettendo maggiore democratizzazione, anche economica, emancipazione per tutti, accesso illimitato e libero alle informazioni e alle conoscenze, maggiore potere dei consumatori per la possibilità di condizionare le scelte e le politiche commerciali, nuove opportunità per i cittadini di controllare le scelte politiche attraverso forme di democrazia diretta (vedi Grillo e il movimento pentastellato) e per i movimenti di trovare spazi e mezzi per la loro organizzazione, comunicazione ed evoluzione. Molte di queste promesse si sono rivelate illusorie e in tutti campi su cui esse erano fondate sono attive delle forze che usano le stesse tecnologie della rete per affermare modelli e pratiche che tutto sono tranne che democratiche, aperte e dalla parte del lavoratore della conoscenza, del cittadino o del consumatore. L’incantamento per Internet è stato forte quanto grande è oggi la disillusione. Solo la superficialità e la inconsapevolezza (incoscienza) dei più permette loro di sentirsi ‘Felici e sfruttati’ nell’illusorietà di essere liberi nelle loro scelte e considerati nella loro capacità di partecipare e conversare (social network e marketing sociale).
Internet non può essere paragonato alla ‘Bestia’ ma la sua evoluzione attuale impone una riflessione critica e suggerisce azioni demistificatorie delle realtà online in cui siamo coinvolti o protagonisti grazie alle nuove tecnologie della rete (social network, APP, mobile). Alla visione positiva dell’utopia di internet come tecnologia capace di rendere libero l’accesso alla informazione con la possibilità di cogliere vantaggi e benefici da ogni luogo e in qualsiasi momento, oggi si sta sostituendo, da parte di non pochi studiosi, una visione negativa delle tecnologie della rete. A suggerire una riflessione critica è l’evoluzione tecnologica di Internet e l’uso che di Internet e delle sue componenti applicative viene fatto da parte di realtà multinazionali come Google, Facebook, ecc. Queste realtà usano la rete per accumulare dati e informazioni all’insaputa della maggior parte degli utenti e alle spalle dei cittadini della rete. Da queste informazioni traggono immensi profitti agendo al tempo stesso come tanti dottor Stranamore capaci di condizionare comportamenti e scelte dei consumatori.
Se il motore di ricerca Google presenta, come fa oggi, ad un utente che ha inserito una ricerca, risposte collegate al profilo che di lui si è fatto, le risposte saranno necessariamente limitate e condizionanti le scelte che poi l’utente farà.
Internet non va mitizzato e non offre alcuna forma di riscatto possibile. E’ uno strumento tecnologico che va usato con intelligenza e consapevolezza dei rischi che comporta, anche in termini di cessione di libertà personali, conoscenza e capacità decisionale. Il cittadino della rete nella sua veste di consumatore è sicuramente trasformato. Lo è positivamente perché grazie agli spazi e alle tecnologie sociali può fornire feedback e riceverne, può interagire con le marche e gli altri consumatori (passaparola), può aumentare la conoscenza di prodotti e marchi e può trarre vantaggio dalla maggiore capacità di soddisfare bisogni e desideri.
Errato però pensare ad Internet come strumento di liberazione. Basta vedere il suo ruolo contraddittorio nelle rivoluzioni arabe e anche nell’uso che ne viene fatto da un movimento come quello dei cinque stelle che su Internet è nato e cresciuto.
Antonio: Un aspetto dell’essere umano e quindi della vita dell’individuo, è stato sempre quello dell’appartenenza a delle categorie: padrone/schiavo, ricco/povero, colto/analfabeta. Non è che si stia profilando un divario tale da biforcare (anche biologicamente) l’essenza stessa della natura umana, in essere più evoluti da un lato e dall’altro delle sottospecie di homo sapiens?
Carlo: Il rischio esiste ed è collegato alla divaricazione sempre più marcata tra chi ha di più e chi invece possiede sempre di meno. L’evoluzione dura da quando l'uomo è apparso sulla terra come homo abilis, e mescola aspetti biologici, culturali e tecnologici. L’evoluzione è stata accelerata dalle nuove tecnologie dell’informazione che ha favorito il formarsi di quella che Pierre Levy chiama la mente globale e collettiva o De Kerckove definisce come mente e intelligenza connettiva. L’evoluzione tecnologica si manifesta anche in altre forme e attraverso tecnologie come quelle mobili e/o mediche che agiscono come protesi capaci di prolungare e/o sostituire i nostri arti fisici, psichici e mentali, dando forma ad un ‘Homo technologicus’. L’utilità di queste protesi e l’uso che ne facciamo rende meno importante la soluzione dei problemi che solleva perché ciò che conta è solo che funzioni.
L’evoluzione appare come inarrestabile ma non sembra portare uguali vantaggi a tutti allo stesso modo e soprattutto sembra ricalcare, anche nel mondo virtuale, le stesse aporie e contraddizioni. Lo stato della fase di evoluzione attuale della tecnologia, soprattutto di quella dell’informazione e di internet, è strettamente legata alla rivoluzione digitale e mobile in corso che vede nella rete la possibilità di creare forme di economia capace di superare i vincoli attuali e aprire nuove opportunità a startup e iniziative imprenditoriali innovative, pratiche comunitarie rese possibili dai software aperti e sociali che stanno popolando la rete e di dare voce ai cosiddetti consumAttori (La società postcrescita di Giampaolo Fabris) e ai lavoratori della conoscenza. Nella realtà l’economia è sempre più monopolistica e finanziarizzata, la pratica comunitaria è svuotata dalla sua potenzialità a causa delle azioni messe in atto da chi le comunità le rende possibili (Google, Facebook, Amazon e pochi altri) e infine il lavoratore della conoscenza è sempre più precarizzato e obbligato a ritmi di lavoro ‘facilitati’ dalle nuove tecnologie della mobilità (‘con il mio iPad sono sempre connesso… e lavoro!’).
Tutto ciò non crea necessariamente categorie separate di persone ma prefigura un mondo fatto di nuove forme di schiavitù e laddove ci sono schiavi ci sono anche coloro che li sfruttano e li tengono soggiogati. La cosa divertente è che ad essere soggiogato sarà anche l’homo tecnologicus che appartiene alla classe dei privilegiati. Vestirà sicuramente i Google Glass, il nuovo gadget di Google, ma vivrà nelle molte illusioni e rappresentazioni della realtà da essi create. Sarà costantemente sollecitato dalle nuove tecnologie e da chi le produce ad avere nuovi desideri ma avrà difficoltà a soddisfarli liberamente!
Antonio: Siamo passati dalla figura inquietante del dottor Stranamore all’aspetto controverso (un po’ dandy) dell’homo tecnologicus il quale, in quanto appartenente alla classe dei privilegiati, diventa per antonomasia il target dei promotori di novità. Il che lo espone agli effetti collaterali, delle illusioni che si sovrappongono alla realtà, dell’inseguire un bisogno che appena soddisfatto ritorna inappagato, dirompente, perché all’orizzonte già è spuntato un nuovo gadget, un sole più splendente.
A quanto pare di danni collaterali ce n’è per tutti.
(continua.1)
Per chi fosse interessato all'ebook di Carlo Mazzucchelli: Tablet, trasformazioni cognitive e socio-culturali’
Se qualcuno volesse contribuire alla riflessione partecipando alla conversazione può farlo!