Psicologia e tecnologia /

Tecnologie e sviluppo del benessere psicobiologico nei nativi digitali

Tecnologie e sviluppo del benessere psicobiologico nei nativi digitali

27 Marzo 2020 Psicologia e Tecnologia
Psicologia e Tecnologia
Psicologia e Tecnologia
share
In un ebook appena uscito, i due autori individuano 8 regole essenziali per un uso psicobiologicamente sostenibile delle tecnologie digitali da parte delle generazioni che crescono immersi in un mondo elettronico.

Un articolo di Alessandro Bianchi e Carlo Mazucchelli pubblicato sulla Newsletter PNEI NEWS | n. 6 Novembre Dicembre 2018


L’era digitale si è affermata per la pervasività degli strumenti tecnologici ma anche per gli effetti cha sta producendo. In particolare vede un aumento preoccupante del tempo dedicato dai minori all’interazione con il display di uno schermo, quasi sempre mobile e come tale sempre connesso e attivo. L’aumento interessa anche bambini fino agli otto anni, il 42% dei quali possiede un dispositivo mobile proprio (il 98% contando i dispositivi disponibili in casa), passati dall’essere esposti dai 15 minuti al giorno nel 2013 alle quasi 2 ore e mezza (quattro in famiglie con redditi più bassi) del 2017 (Report di Common Sense Media 2017). L’aumento è maggiore negli adolescenti che in media passano più di 6 ore al giorno di fronte a un display. In Italia il 38% delle famiglie permette l’uso di un dispositivo a bambini sotto i 12 mesi e ancora nella culla, il 60% a bambini tra i 12-24 mesi di vita (Centro per la Salute del Bambino Onlus). Il fenomeno è in rapida e costante evoluzione, quantitativa a qualitativa.

L’impatto sullo sviluppo del Sé

Il fenomeno sopra descritto suggerisce di interrogarsi sull’impatto che le tecnologie hanno sullo sviluppo del Sé nelle generazioni dei Nativi Digitali. L’ebook Tecnologie e sviluppo del benessere psicobiologico, pubblicato da Delos Digital (2018), è nato dalla decisione di cimentarsi in una riflessione utile a una maggiore conoscenza sui rischi che, in età evolutiva, le nuove tecnologie potrebbero avere, interferendo con lo sviluppo psicobiologico. Dall’interno di un cambiamento antropologico rilevante come quello dell’era digitale è difficile coglierne dimensioni e sviluppi futuri. PNEI ed Epigenetica costituiscono però un utile paradigma di comprensione di come le esperienze dell’infanzia si strutturino nei Funzionamenti psicobiologici di fondo, alla base della salute e del benessere individuale. Le caratteristiche psicobiologiche del Sé umano sono invarianti, costituitesi in 200000 anni di storia evolutiva dell’Homo Sapiens, che oggi devono essere osservate anche alla luce del ruolo assunto dalla tecnologia nella fase attuale di evoluzione umana. Un ruolo che non può lasciare indifferenti i professionisti della salute ma anzi spingerli a riflettere e intervenire. Urgentemente.

 

 

Regole e buone pratiche

La riflessione per un uso psicobiologicamente sostenibile delle tecnologie ci ha portati a individuare 8 regole essenziali, ampiamente argomentate nel libro e qui di seguito riassunte. Richiamano tutte alla responsabilità adulta di accompagnare in modo consapevole e responsabile i bambini all’uso delle tecnologie: dispositivi, applicazioni, piattaforme, ecc.

1. Non lasciare solo il bambino con videogiochi e altri strumenti

È molto facile e pratica comune lasciare solo il bambino di fronte a un display: ha un effetto pratico (concede tempo ai genitori) e sembra innocuo. Comunissimo è l’uso del cellulare per distrarre il bambino mentre viene imboccato. Successivamente i videogiochi assumono funzione di intrattenimento e distrazione. Eppure sono strumenti potenti, con grosso impatto sui processi attentivi, in grado di condizionare lo sviluppo dei processi di concentrazione in età evolutiva. L’apprendimento all’uso della bicicletta richiede un accompagnamento da parte dell’adulto: chi la darebbe a un bambino pensando che da solo possa gestirla? L’accompagnamento serve anche per l’apprendimento delle tecnologie. Il bambino ha necessità di crescere in un ambiente relazionale di Contatto e Contenimento e da lì essere introdotto nelle esperienze della vita, oggi anche tecnologiche. Da solo rischierebbe di essere risucchiato da processi per i quali non è ancora preparato.

2. Limitare il tempo di esposizione a un dispositivo tecnologico

La quantità del tempo è variabile fondamentale che deve essere limitata. Vi è concordanza sul fatto che un bambino fino a 2 anni non debba mai utilizzare un display e poco successivamente,inaumentoconl’incrementodellecapacità. Questa semplice regola confligge con la difficoltà crescente dei genitori a porre dei limiti. Occorre essere consapevoli che limitare non è un’operazione etica ma psicobiologica. Tutti i sistemi hanno un range di funzionamento (tempi di attenzione, attivazione dell’asse dello stress, emozioni) che deve essere tarato nella prima infanzia. Il limite non va inteso come limitazione, ma come cortile, spazio vitale, di azione e benessere, che nel tempo si amplia, ma deve essere sin dall’inizio molto chiaro e costante. Fondamentale per evitare inclinazioni bulimiche successive, molto diffuse: iperattività da movimenti non appaganti, ricerca continua e vana di emozioni a compensazione, forme di dipendenza.

3. Usare la tecnologia in modo bilanciato

CONSIGLIATO PER TE:

PROFUMI E BALOCCHI IN ZONA ROSSA

Come per la dieta alimentare anche le esperienze devono essere bilanciate. Le tecnologie non costituiscono una dieta equilibrata, stimolano alcuni Funzionamenti di fondo a scapito di altri, mentre in età evolutiva dovrebbero tutti svilupparsi in modo sinergico. Nei videogiochi vi è una iperstimolazione della motricità fine e veloce rispetto a quella ampia e lenta: la prima sostiene la capacità di focalizzarsi sul piccolo, di concentrazione e rapidità, ma anche la superficialità e scarsa riflessione; la seconda la capacità di andare oltre, ampliando limiti e prendendo maggior spazio nelle dimensioni della vita. La riduzione delle gamme psicocorporee del movimento frena la fiducia in se stessi di poter produrre un effetto, lasciando un segno a distanza e creando più facilmente situazioni di stress. Nell’utilizzo precoce e massiccio dei social sono i Funzionamenti relazionali ad alterarsi: quelli inerenti alla capacità di contatto, confronto, scontro, scambio e gioco.

È l’esperienza con persone in carne ed ossa a permettere la convergenza dei processi psicocorporei in una comunicazione psicobiologica complessa, dalla quale dipende gran parte del benessere e della salute futura. Sui Social i bambini non hanno modo di osservare gli effetti delle loro azioni su persone reali e di tarare su di essi le attivazioni dei sistemi biologici, unico modo di dare forma all’empatia che nasce dal mostrare interesse ad altre persone, assumendone il punto di vista.
Inoltre il molto tempo passato online crea confusione tra ciò che è reale e ciò che è virtuale, tra la percezione di Sé e l’immagine di Sé, tra bisogni di fondo e succedanei fittizi.

4. Non usare le tecnologie come baby sitter

Le tecnologie sono spesso usate in sostituzione della presenza adulta per tempi anche lunghi. Sono in atto sperimentazioni e ricerche (Giappone e Cina all’avanguardia) per produrre tecnologie sempre più in grado di supportare o sostituire la presenza umana: macchine umanoidi dotate di intelligenza artificiale e capacità di apprendimento hanno già trovato impiego come robot di compagnia o badanti cyborg per la cura di bambini, anziani e disabili. Robot babysitter equipaggiati con videogiochi, sequenze di domande, riconoscimento facciale e altre applicazioni finalizzate a catturare l’interesse dei bambini così come a coinvolgerli in interazioni e conversazioni. Un bambino non può essere affidato a un mezzo meccanico che non sarebbe mai adeguato a stimolare e sviluppare la complessità e mobilità necessaria dei Funzionamenti di fondo. La presenza umana deve essere ridondante e costante e non è delegabile, se non per tempi brevi.

5. La relazione virtuale segue quella reale

L’essere umano è social biologicamente, programmato per la relazione. Se parlare al telefono ha senso solo dopo una pratica di comunicazione sensoriale e corporea, la comunicazione via social può basarsi solo su un retroterra esperienziale complesso, costruitosi precedentemente nel corso della relazione di accudimento e parallelamente con i pari. La scoperta dei neuroni specchio è un esempio di propedeuticità sistemica che getta luce sui meccanismi dell’empatia e della comprensione dell’altro. L’essere umano ha bisogno di contatto e prossimità in feedback continui per attivare e regolare Funzionamenti di fondo che i social non potrebbero anticipatamente sviluppare: Contatto, Contenimento, sperimentazione di Forza e Assertività, Consistenza, Gioco e Vitalità. Tutto lo sviluppo del Sé procede per continuità con le esperienze precedenti, dalla vita perinatale in poi, che collegano in continuità la filiera esperienziale dai primi contatti pelle-pelle, ai giochi tra cuccioli umani, ai batticuori affettivi, alla scoperta sempre più raffinata di poter produrre effetti sull’altro, alle frustrazioni e adattamenti, alla chiarezza di limiti tra il realizzabile e l’irrealizzabile. Un dopo social, per non essere fuorviante, deve seguire un prima di esperienze relazionali corporee. Forza e senso di Sé, maturati in ambito digitale, sono difficilmente esportabili oltre il display, mentre è vero il contrario. Il digitale può essere solo un’aggiunta, non una base di partenza.

6. I social non devono essere una scorciatoia

Il gioco relazionale di continue sperimentazioni e aggiustamenti non ammette scorciatoie. Il funzionamento integrato dei sistemi PNEI ha bisogno di varietà e ridondanza, perché varie sono le evenienze che attivano gli assi dello stress, vari i carichi allostatici e le necessità di resilienza. Bypassare la complessità delle relazioni reali impedisce apprendimenti biologicamente funzionali e produce un falso Sé, incapace di tollerare le inevitabili frustrazioni. I media tecnologici hanno moltiplicato e modificato occasioni e modi per ottenere il risultato ambito di un buon piazzamento di visibilità e riconoscimento sociale. Hanno però anche facilitato l’emergere e l’adozione di nuove forme di scorciatoia. Lasciati soli molti ragazzi si appropriano in modo rapido delle loro funzionalità, ma vengono anche risucchiati nell’ambiguità di Facebook, Instagram, YouTube o WhatsApp. Fatta di tempo presente continuo, di sovraccarico informativo e cognitivo, di coinvolgimento emotivo elevato, di cattura dell’attenzione, di conversazioni ininterrotte e non monitorate con amici e contatti con i quali ci si sente obbligati a rimanere in contatto, di mancanza di senso della prospettiva su ciò che è importante e ciò che non lo è. Un grande gioco, capace di intrattenere ma anche di condizionare la vita, gli affetti e la crescita di molti ragazzi. Una realtà capace di avere effetti profondi riconfigurando, come se fossero semplici funzionalità di un’APP, identità, intimità, socialità, immaginazione e i sistemi psicobiologici che le supportano.

7. L’adulto deve fare molta attenzione a non abdicare

8. L’adulto deve favorire la solidità del Sé dei ragazzi


Le ultime 2 regole sono un richiamo per l’adulto a mantenere il proprio ruolo di guida in tutto lo sviluppo evolutivo di bambini e ragazzi. Oltre che attenzione e vigilanza è ruolo di accompagnamento e preparazione alla vita che l’evoluzione della specie ha delegato a ogni generazione genitoriale. Educare all’uso delle tecnologie è ambito particolare dell’educazione allo sviluppo del Sé. Anche l’adulto (genitore o educatore) deve resistere al canto delle sirene tecnologiche che spingerebbe a delegare la propria responsabilità-potere abdicando di fatto. Anche se non Nativi Digitali (comprendente la maggioranza dei genitori, chiamati a diventare Tecnovigili) tutti gli adulti devono effettuare scelte consapevoli, non sottovalutanti e scientificamente supportate.

Si rimanda all’Ebook per l’ampia bibliografia.

comments powered by Disqus

Sei alla ricerca di uno sviluppatore?

Cerca nel nostro database