Non lo sono anche perché non sono interessato a contribuire alla costruzione di mondi immaginari, paradisiaci, magici o apocalittici che essi siano, e non voglio partecipare ad alcuna operazione marketing di manipolazione psicologica.
Molto storytelling sembra centrato sulla costruzione di mondi a venire più che su una critica reale delle distorsioni, delle manipolazioni e delle numerose post-verità o verità alternative in circolazione. Questa mancanza di capacità critica finisce per produrre mondi fantastici e illusori come quelli presi in considerazione per essere criticati.
Il problema è che informazioni false producono eventi veri, così come uno storytelling fasullo finisce per dare origine a storie e realtà vere. Soprattutto se è uno storytelling consensuale e conformista.
Servirebbe al contrario la capacità di decostruire e deprogrammare a partire dalla consapevolezza che ogni nostro interesse personale scaturisce da nostre dipendenze, da ‘coronavirus’ mentali, alcuni inoculati ad arte, altri in forma di parassiti, che sono legati alla nostra formazione come soggetti.
Kamčatka tra vulcani, orsi, risvegli e resurrezioni
Quello che serve oggi è storytelling mitopietico che, se focalizzato nella costruzione di nuovi mondi, contribuisca a svilupparne le potenzialità già in questo mondo. Ma affinchè funzioni bisogna prima di tutto che lo storytelling attuale si stacchi dagli schemi e dai condizionamenti mentali correnti per crearne di nuovi. Trasformativi, capaci di opporsi alle mitologie e alle mitopoiesi che hanno colonizzato le menti e il mondo tecnologico attuale.