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Il tempo tecnologico è viscoso e agitato!

Il tempo tecnologico è viscoso e agitato!

17 Dicembre 2021 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Il tempo tecnologico è lineare, binario, accelerato, compresso, pulsante. L’istantaneità del feedback e la velocità che caratterizza il mondo digitale definiscono un tempo viscoso che ci fa vivere in perenne affanno, in apnea, sempre in assenza di (aria) tempo. Inutile accelerare, si rimane ancorati allo stesso punto! Come nelle sabbie mobili!

Il tempo tecnologico fa da attrito per tutti gli elementi con cui è in relazione, si contrae come un buco nero non lasciando dietro di sé alcuno spazio ma un semplice campo gravitazionale. Così intenso da non lasciare sfuggire nulla, neppure le tante azioni che caratterizzano socialmente i mondi abitati dalle moltitudini della Rete. 

Determina una vera e propria tirannia dalla quale sembra impossibile ma anche indesiderabile sottrarsi. Richiede reazioni immediate, impedisce di tergiversare e indugiare sulle cose, di cogliere l’intervallo che sempre precede una decisione, ma soprattutto di interpretare e riflettere, fare delle scelte oculate, razionali e logiche, di differirle spostandole in là nel tempo, sottraendosi al ricatto della velocità binaria del mezzo digitale. 

Il tempo senza tempo tecnologico non facilita scelte ottimali perché è compresso, trascina tutti nei suoi vortici elicoidali, imprigionandoli in sabbie mobili, virtuali ma pur sempre capaci di trattenere chiunque vi sia finito dentro. Non è un tempo diacronico, impedisce il confronto con le esperienze passate, con le regole che le hanno dettate e i contenuti della memoria che richiamano il passato. 

Il tempo continuo tecnologico si basa sulla disponibilità immediata di dati, si spazientisce per la lentezza di contenitori di memoria come quelli umani (non ancora caricati sul Cloud e diversi dai Big Data). Un tipo di memoria percepita ormai come troppo lenta e inadeguata a soddisfare i bisogni impellenti che guidano le azioni individuali dell’era tecnologica. Questo tempo mediale, digitale e online si è trasformato “in un tempo che si agita disorientato” e che impedisce “alcuna esperienza di durata” (Byung-Chul Han, Il profumo del tempo). L’esperienza da far durare non è quella della connessione ma della relazione, contestualizzata e legata a un ambiente fisico, incarnato, familiare e sociale. 

Nel tempo agitato il disorientamento è anche nostro. Nasce dall’essere sempre in movimento, vigili a ogni segnale percepito come potenzialmente aggressivo, spinti a correre come se fossimo animali braccati in fuga. Percepiamo di essere diventati trasparenti, effimeri e transitori come lo sono i profili digitali, che Facebook può sempre decidere di mandare nelle catacombe o cancellare. 

La cancellazione di un account, l’indisponibilità temporanea di WhatsApp o della connessione Wi-Fi, l’assenza di energia elettrica possono però diventare l’occasione per prendersi una pausa e una boccata d’aria, fuori dalla bolla tecnologica ossigenata artificialmente.

Il tempo reale con il suo fluire lento può portare alla decisione di farlo durare per riscoprire la fisicità del corpo, le sensazioni e le emozioni che riempiono di significati la vita relazionale del mondo reale. La sua (ri)scoperta può aiutare a non appiattirlo ma a dilatarlo, per riscoprire e far riemergere il passato con cui è interallacciato, mantenendo le porte aperte a scenari futuri, mai prevedibili ma sempre possibili. 

Rinunciare al tempo programmato digitale, sempre più determinato dal presentismo e dagli automatismi di sensori vari che si sostituiscono ai sensi, recuperare la lentezza, è un modo per investire sul tempo qualitativo, lasciarsi guidare dalle emozioni e agire il processo decisionale, recuperare le conoscenze che servono per demistificare i messaggi, le credenze, i pregiudizi e le convenzioni della Rete che governano il nostro pensiero determinando le nostre decisioni. 

Rallentare è sinonimo di pazienza e parsimonia nell’uso del tempo. Aiuta a maturare punti di vista personali, utili a valutare e confrontare le varie opzioni di scelta possibili, prima di prendere una decisione. Impedisce di saltare sempre alle conclusioni, affidandosi a quello che si vede (sul display) come se fosse l’unica verità possibile. Permette di elaborare una propria riflessione critica della realtà o dell’evento presi in esame. Una riflessione che deve portare a una qualche forma di azione, dopo avere elaborato una scelta, meglio se creativa, anticonformista e anche disobbediente. 

Rallentare è anche un modo per contribuire positivamente allo sviluppo di realtà tecnologiche come quelle attuali, dando loro orientamenti e logiche diversi da quelli fin qui imposti dai proprietari delle piattaforme tecnologiche.

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