E' da pochi giorni in libreria l'ultimo libro di Maurizio Ferraris dal titolo: Mobilitazione totale.
Il libro si inserisce in una produzione crescente di libri che hanno posto al centro della loro riflessione la tecnologia e ne suggeriscono una lettura attenta per elaborarne una riflessione critica sui suoi effetti di breve come di lungo termine. Il punto di partenza della riflessione è la capacità di Internet e delle nuove tecnologie di registrare ogni nostro scritto, conversazione, pensieri e atti e la constatazione che le nuove tecnologie hanno dato forma a un apparato da cui non riusciamo più a liberarci.
Al centro della riflessione di Ferraris c'è Internet che ha assunto, nella sua versione web, la forma di un vero e proprio Panopticon, il carcere inventato nel 1700 dal filosofo Jeremy Bentham e poi divntato metafora potente per l'analisi del potere invisibile, ispirando pensatori e filosofi come Michel Foucault, Noam Chomsky, Zygmunt Bauman e lo scrittore britannico George Orwell nell'opera "1984".
Il Panopticon di Ferrari, singolare e cieco. è il Web. Al posto del controllo assegnato ad un controllore che abita la torre al suo centro, il Web è diventato un immenso archivio di memoria infinita e con un sapere essenzialmente burocratico e come tale capace di impedire ogni esercizio di libertà. Tutto l'opposto di ciò che il Web e i nuovi media sembravano voler promettere in termini di libertà, emancipazione, accesso al sapere e alla conoscenza e semplificazione dei processi lavorativi.
L'attuale evoluzione del Web lo caratterizza come strumento di mobilitazione incessante e sempre attivo che facilitala trasmissione di informazioni e offre numerose opportunità di espressione. Al tempo stesso è diventato però veicolo della trasmissione di ordini finalizzati alla esecuzione di azioni, anche quando non necessarie o volute. Ciò che ne è derivato è una realtà che confonde virtualità e realtà della realtà e nella quale tutti siamo lettelarmente intrappolati in un attisvismo senza fine e neppure necessario. Il Web ci informa, ci fa interagire ma ci tiene anche impegnati, ci fa lavorare e non ci lascia più uscire. Esattamente quello che succede al prigioniero del Panopticon che non riesce a libearsi dallo sguardo circolare del guardiano della torre.
A spiegare la riflessione svolta nel libro è lo stesso autore nell'introduzione del testo intitolata non a caso 'Chiamata'. La chiamata che arriva dallo smartphone è la forza muove con la perentorietà di un imperativo categorico. Un forza paragonabile filosoficamente all'imperativo morale di Kant, un diktat che interessa tutti e mobilita miliardi di persone. La mobilitazione che ne deriva è il carattere originale della situazione venutasi a crearsi con i nuovi media – computer in rete, smartphone, tablet, e ovviamente tutti gli apparati che ne raccoglieranno l’eredità in una evoluzione rapidissima e imprevedibile.
Alla base della chiamata e dell'intero processo Ferraris pone la capacità dei nuovi dispositivi, con il supporto fondamentale di Internet, nella registrazione. E' una pratica e ablità delle nuove tecnologie e dei nuovi media che si presenta come una responsabilizzazione: esige una risposta, e la esige perché la domanda è registrata, scritta, fissata, acquisendo la perentorietà di un ordine.
La risposta può essere un altro messaggio oppure un’azione. In entrambi i casi, il processo assume una forma burocratizzata o militarizzata, che porta a forme di responsabilizzazione/mobilitazione che non ha precedenti nella storia del mondo.
La lettura del libro non è facile ma offre numerosi spunti per una riflessione non ovvia sulle tecnologie e i nuovi media. L'analisi del filosofo va in profondità e richiede un bagaglio conoscitivo delle nuove tecnologie e una curiosità intellettuale e critica sui loro potenziali effetti. Chi non volesse leggere il libro può accontentarsi del video qui sopra pubblicato che contiene una conferenza di Ferraris tenuta a Camogli.
La parte più interessante della riflessione offerta sta nelle due terminologie introdotte per descrivere il Web, registrazione e mobilitazione, ma soprattutto nei tentativi di fornire alcune indicazioni su cosa sia possibile fare per reagire alla chiamata. Questi tentativi vengono fatti nell'ultimo capitolo nel quale l'autore si chiede se sia pssibilie non rispondere alla chiamata, come si possa rispondere e cosa rispondere. La non risposta è considerata possibile ma non facile. Non lo è perchè il dispositivo tecnologico è diventato veicolo e strumento della nostra socialità. Rispondere però non obbliga ad accettare la servitù volontaria che è diventata una costante antropologica dell'epoca tecnologica.
La difficoltà a trovare risposte concrete al predominio della tecnologia non deve comunque condurre al catastrofismo. Internet, la rete e gli apparati tecnologici che la rendono pervasiva e potente sono un vastissimo magazzino di conoscenza, di infinite biblioteche di musica, letteratura e di cineteche. E' un archivio di conoscenza e di risorse da cui si può ripartire per dare forma a una nuova cultura. Si può fare molto anche se siamo meno liberi e più controllati. Lo si può fare meglio a patto che recuperiamo la nostra libertà e la capacità di controllare quello che ha reso così ricca e potente la Rete e che è stato interamente da noi prodotto.