La confessione non è più pratica religiosa, da chiesa e confessionale, ma uno stile di vita laico, esibito su Facebook e altri social network. Il web e le sue applicazioni di social networking sono stati eletti a spazi di trasparenza assoluta, simili a quelli dei confessionali anche se non ancora ottimizzati per elaborare l'eventuale penitenza, almeno nelle forme che la religione cattolica prevede. A confessarsi dentro un confessionale, ma anche attraverso una APP (Confession, non valida però per ottenere il perdono!) apposita da scaricare sullo smartphone, è oggi meno di un terzo dei cattolici praticanti, sui social network lo fanno quasi tutti, mettendo in mostra sé stessi, ubbidendo religiosamente al sacramento della trasparenza, predicato e imposto da Facebook ai suoi adepti, e senza dover subir alcuna penitenza.
IN ASSENZA DI CORPI CI INNAMORIAMO DI MACCHINE 🍒🍒
La confessione della religione cattolica è proposta come una via di salvezza, un segno di misericordia divina e del suo perdono, anche se per l'interposta persona di un sacerdote. Oggi è un sacramento in crisi perché alcuni termini come peccato, vergogna, contrizione, penitenza e perdono, per l'uomo contemporaneo sprofondato nell'individualismo, non hanno più un significato certo o non sono percepiti come un valore (per un approfondimento leggere il libro di Aldo Maria Valli, C'era una volta la confessione). Il crollo della pratica della confessione è una realtà contraddetta dalla facilità con cui ci si mette in mostra online e dalle numerose pratiche diffuse in Rete che caratterizzano oggi il confessionale pubblico e digitale che è diventato Facebook e gli spazi ad esso assimilabili. Pratiche perseguite in assoluta trasparenza e in assenza di motivazioni valoriali e morali forti come quelle della confessione in chiesa che sono legate alla ricerca di una riconcilizione con il Dio padre e della salvezza.
La confessione online sostituisce alla mediazione del sacerdote quella della Rete di contatti, avviene in assenza di corpo, in una vicinanza virtuale priva di spazio e non prevede alcun luogo o forma di elaborazione penitenziale. È una forma di confessione che, a differenza di quella nel confessionale a contatto con un sacerdote, non garantisce alcuna discrezionalità, riservatezza e segreto. Il prete al contrario è chiamato al segreto confessionale che non può violare per non essere ipso facto scomunicato, anche se oggi molti sacerdoti sarebbero comunque disponibili a confessare un omicidio o un crimine odioso come quello della pedofilia.
Su Facebook la trasparenza è un obbligo e una pratica diffusa. Ciò che viene confessato va a comporre il profilo dell'utente e a soddisfare la voracità di dati della piattaforma e la bulimia inarrestabile e affamata di novità di chi la frequenta.
Più è osceno, indecente, immorale ciò che viene condiviso (confessato), più viene consumato, diventa trasparente e visibile a tuti, fino a perdere ogni sua negatività. Ciò che svanisce nel buio e nell'intimità del confessionale, nei social network sperimenta un eccesso di illuminazione, di esposizione e di visibilità diventando merce da approvare, recensire, condividere e commentare.
Il confessionale acquario dei social network è lo strumento usato per la sorveglianza e il controllo diffuso, attività favorite entrambe da coloro che sono osservati grazie alla loro iper-comunicazione e le loro pratiche pornografiche di denudamento. Pratiche che possono caratterizzare anche il confessionale in chiesa ma con garantite la riservatezza, l'intimità e la privacy, protetto il segreto confessionale, salvagurdata l'inviolabilità della coscienza individuale, certa ma celata infine la penitenza.