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Per fare delle scelte non c'è bisogno di maggiori informazioni

Per fare delle scelte non c'è bisogno di maggiori informazioni

27 Maggio 2018 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Scegliere è sempre stata una questione importante nella vita di ognuno. Non è mai stato semplice ma da quando abbiamo il motore di ricerca di Google sembra che lo sia diventato.

Essere moderni significa saper fare delle scelte e sapere di poterle fare per la disponibilità di dati, informazioni e conoscenze che facilitano processi decisionali e scelte, rendendole possibili. Le informazioni sono oggi principalmente reperibili online, attraverso motori di ricerca, chatbot, assistenti personali dotati di intelligenza artificiale, APP Mobile e in Cloud Computing, mappe e Big Data sempre accessibili. Il saper scegliere in realtà non è vincolato all'accesso a maggiori informazioni, significa principalmente essere liberi di scegliere, una libertà con i suoi limiti sviluppatasi nel tempo come crescente possibilità di modificare i propri destini.

Come ha scritto Byung-Chul Han nel suo libro La società della trasparenza, "Un aumento di informazioni non porta necessariamente a scelte migliori". Una scelta intuitiva ad esempio trascende le informazioni disponibili e segue una logica tutta sua. Il poter scegliere non è sempre stato possibile e ancora oggi non è alla portata di tutti. I dilemmi, i dualismi e le alternative possibili trasformano ogni scelta in una giocata al lotto, capace di generare felicità e risultati positivi così come angoscia e fallimenti (i famosi timori e tremori che portarono il filosofo Soren Kierkegaard a rinviare tutte le  scelte fondamentali della sua vita). Forse il filosofo danese non ha saputo fare delle scelte perché troppo condizionato dalla sua fede religiosa, dalla dedizione alla filosofia e dal panico che lo colpiva di fronte a ogni scelta. Ma non le avrebbe fatte neppure se avesse potuto contare su informazioni maggiori (ad esempio se la sua fidanzata Regine Olsen avesse potuto disporre di un account Facebook).

Oggi a bloccare o rendere difficoltose molte scelte è proprio il sovraccarico informativo, con il surplus cognitivo ad esso associato, che atrofizza le capacità di analizzare i fatti, elaborare pensiero e prendere delle decisioni. L'assenza di informazione potrebbe al contrario facilitare scelte e decisioni, preparando meglio al confronto con la negatività che potrebbe derivare da scelte sbagliate.

Gli esseri umani non sono semplici algoritmi ai quali dare in pasto dati e informazioni per garantire un flusso operativo o programmatico. A differenza degli algoritmi gli umani sono dilaniati dal dubbio e dalla paura, cambiano flussi e percorsi in continuazione perché sono deviati da sentimenti, linguaggio, affetti ed emozioni, non associano la felicità alla performatività ma all'esperienza fatta e alla narrazione delle emozioni da essa generate, sono consapevoli che talvolta possono avere una cosa oppure il suo contrario.

Una realtà ben diversa da quella mediata tecnologicamente e ricca di informazioni. Una realtà che sembra negare il libero arbitrio e suggerire una forma di determinismo neuro-tecnologico evidenziato dalla ripetitività e inevitabilità dei MiPiace e dei Cinguettii, dalla spirale visioza di Instagram e WhatsApp e dall'affievolirsi della consapevolezza, della capacità critica e del controllo.  Se ci si vuole rendere autonomi la prima scelta da fare è mettere in discussione il determinismo tecnologico e il contesto nel quale molte scelte sono oggi effettuate.

 

 

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