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Programmiamo per non essere programmati nel Grande Presente (The Big Now)

Programmiamo per non essere programmati nel Grande Presente (The Big Now)

23 Giugno 2015 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Programma o sarai programmato è uno dei numerosi testi con cui Douglas Rushckoff si è fatto conoscere ad un pubblico ampio di lettori che hanno intrapreso con lui una riflessione critica della tecnologia e dei suoi potenziali effetti sui modo di pensare e di agire delle persone. Il suo libro più recente 'Presente continuo' offre una riflessione sul futuro che, grazie alla tecnologia, non solo è arrivato ma si è fuso con il presente scomparendo. L'ansia del qui e ora e dell'eterna connessione sta condizionando la nostra vita privata e lavorativa e modificando il rapporto tra tecnologia, cultura e vita quotidiana.

Chi non conosce Douglas Rushkoff come autore di libri sui rapporti tra tecnologia e cultura, può leggere i suoi numerosi interventi online e interviste nelle quali sta contribuendo da anni a suggerire una riflessione critica sull'uso della tecnologia e sui suoi potenziali effetti sulla vita delle persone. Un buon inizio per conoscere, ed eventualmente condividere, le idee dell'autore è la lettura del suo ultimo libro Presente continuo, pubblicato in ligua italiana da Codice Edizioni.

Il libro è un punto di arrivo di una riflessione che dura da anni e che ha trovato nel libro precedente Programma o sarai programmato la sua espressione migliore. Di questo libro condivido una recensione scritta tempo fa e che suggerisco a quanti sono interessati ad approfondire la conoscenza di un autore che, insieme a molti altri, negli ultimi due anni stanno contribuendo ad arricchire il dibattito pubblico tra tecnofili e tecnofobi o semplicemente tra amanti della tecnologia che si pongono però domande e interrogativi tali da essere considerati tecnocritici.

Programma o sarai programmato - Douglas Rushkoff

 

“Un’intera società che considerava Internet un percorso verso interconnessioni positivamente articolate e nuove metodologie per la creazione di significato, si ritrova invece disconnessa al suo interno, priva di riflessioni profonde e svuotate di valori duraturi. […]
Siamo di fronte a un futuro in Rete che sembra privilegiare la distrazione rispetto alla concentrazione, le reazioni automatiche ai danni di quelle ponderate e quanti esprimono contrarietà anziché compassione. E’ tempo di premere il tasto pausa.”

Douglas Rushkoff è stato per anni consulente di grandi aziende ed è diventato una figura di culto della controcultura statunitense come teorico dei media e delle nuove tecnologie. Studia, insegna e informa su psicologia e antropologia dei media suggerendo idee e visioni su come operare all’interno della cultura digitale senza soffrire degli effetti negativi della tecnologia e delle transizioni causate dai nuovi media. Nuove tecnologie e nuovi media hanno creato secondo Rushkoff uno stato di sopravvivenza nella quale siamo chiamati ad agire proattivamente alfabetizzandoci digitalmente.

Discepolo di Neil Postman è scrittore e documentarista oltre che commentatore televisivo della CNN sulle tecnologie digitali. Ha scritto una decina di libri tra i quali Present Shock: When Everything Happens Now, Program or Be Programmed: Ten Commands for a Digital Age,  Digital Nation, Life Inc, Cyberia, Media Virus, Playing the Future, Get Back in the Box: Innovation from the Inside Out e Coercion. Tra i più letti Media Virus. In Life Inc descrive una economia che collassa sotto il proprio peso e economie alternative che puntano ad una società in grado di riacquistare valori reali e meno artificiosi.

Programma o sarai programmato è pubblicato in Italia da PostmediaBooks.

Il risvolto di copertina del libro presenta il testo di Rushkoff con una citazione di Kevin Kelly che introdyce il testo come “Il primo manuale che spiega come restare umani nell'era di Internet.” Il punto di vista dell’autore è chiaro fin dalla introduzione quando scrive che “dovremmo saper creare il software oppure diventeremo il software”. Un suggerimento che comunica un senso di urgenza per poter avere ancora accesso al pannello di controllo della civilizzazione sempre più dominata dalla cultura tecnologica in cui viviamo tutti immersi (sommersi e annegati?).

Le nuove tecnologie sono una normale evoluzione ed estensione di quelle che le hanno precedute ma marcano anche un distacco netto rispetto al passato perché da semplici strumenti si sono trasformate sempre di più in esseri viventi. Il mondo sarà plasmato da loro con o senza la nostra collaborazione (la teoria del technium di Kevin Kelly e della singolrità di Kurzweil). Sapere che sono esseri e strumenti programmabili suggerisce di fare attenzione alla produzione delle nuove matrici che potrebbero determinare il nostro futuro collettivo.

Douglas Rushkoff, facendosi aiutare da Marshall McLuhan e altri studiosi dei media, aiuta il lettore a riconoscere la programmazione come la nuova alfabetizzazione dell'era digitale, un modello attraverso il quale vedere oltre le convenzioni sociali e le strutture di potere che ci hanno tormentato per secoli.

Il libro contiene dieci capitoli organizzati e presentati come dieci comandamenti sottoposti alla riflessione sia di tecnofobi che di tecnofili o tecno-entusiasti per una comprensione maggiore dei media tecnologici e della comunicazione sociale del terzo millennio:

    1. Evitiamo di essere sempre online
    2. Vivere di persona
    3. Si può sempre scegliere di non scegliere
    4. Non abbiamo mai pienamente ragione
    5. Una misura unica non va bene per tutti
    6. Rimani te stesso
    7. Non svendere gli amici
    8. Dire la verità
    9. Condividere senza rubare
    10. Programmare o essere programmati

    Per raccontare il libro meglio partire dall’ultimo capitolo o comandamento nel quale l’autore insiste sull’importanza di imparare a programmare per evitare di essere programmati da qualcun altro. Difficile essere in disaccordo soprattutto pensando a come Google sia ormai capace di manipolare il nostro accesso all’informazione e di come le nostre informazioni e profili siano utilizzati per scopi puramente marketing e commerciali.

    Il Libro di Rushkoff aiuta a capire come la potenza della tecnologia, sotto forma di codice, si nasconda proprio nelle cose comune e stimola a interrogarsi sull’uso che facciamo di applicazioni come Facebook, Linkedin, YouTube e Twitter, programmate da altri, da chi li ha pagati e dalla stessa evoluzione tecnologica in corso. Interrogarsi serve e diventa una necessità perché “L’entusiasmo per la tecnologia digitale che comprendiamo poco e su cui abbiamo scarso controllo, ci sta portando verso un livello di consapevolezza più basso e […] per metterci alla mercè di macchine elettroniche e scatole nere decifrabili solo da chi le ha programmate.

    L’aver lasciato l’evoluzione di una nuova epoca tecnologica nelle mani di un'élite, che punta molto sul nostro disinteresse e utilizzo giocoso e spensierato della tecnologia, ci impedisce di vedere come la tecnologia stia allargando il proprio potere in tutti gli ambiti: medico e biologico (manipolazione del genoma umano), robotica (assemblaggio di macchine intelligenti), informatica (nanotecnologie e tecnologie indossabili), politico (sistemi elettorali computerizzati), sociale (videosorveglianza). Il nostro disinteresse nasce da grande ignoranza e disattenzione e dall’incapacità a comprendere che le nuove tecnologie non sono semplici oggetti (dispositivi mobili, braccialetti elettronici) ma veri e propri sistemi con obiettivi integrati. Sistemi che “agiscono con un intento preciso e che, se non sappiamo come funzionano, non potremo neanche sapere cosa vogliono”. 

    Nei nove capitoli precedenti Rushkoff documenta l’evoluzione della tecnologia fornendo strumenti e linguaggi di alfabetizzazione utili a una maggiore consapevolezza e conoscenza. I nuovi strumenti servono a comunicare meglio ma anche a rendersi conto “della differenza tra quel che intendiamo fare e quel che invece le macchine vorrebbero farci fare”. Una resistenza umana, per dirla con Neil Postman, passa attraverso l’applicazione di alcune sane regole di vita.

    Si può cominciare con il ribellarsi a tecnologie che tendono a ignorare il tempo (per il computer non esiste una sequenza temporale ma solo il susseguirsi di una serie di decisioni, programmate) che scorre e a dare rilievo solo al tempo presente. L’esperienza umana del tempo è fata da un continuum ininterrotto, anche se il nostro sistema nervoso è fondamentalmente concentrato nel presente.

    Seguire la tecnologia nella sua riduzione di spazio e tempo in entità astratte ci porta a separarci dai ritmi, dai cicli e dalla continuità da cui dipendiamo per mantenere coerenza nella vita e darle un senso: “Finiamo per sacrificare la riflessione e la ponderatezza […] in cambio del falso obiettivo dell’immediatezza […] anziché diventare autonomi e consapevoli, ci sentiamo esausti ed esauriti. […] Non abbiamo il tempo di mettere insieme risposte sensate, sentendoci piuttosto obbligati a replicare in maniera impulsiva a qualsiasi messaggio in arrivo”.

    Un primo modo di reagire è di disconnettersi. Non si è obbligati a essere sempre online e connessi, connettersi dovrebbe poter essere una scelta. Rimanendo sempre connessi cediamo la dimensione temporale a una tecnologia che non riconosce nel tempo una necessità. Peccato che “Il computer vive nel tic-tac del suo orologio, noi viviamo nei grandi spazi tra il tic e il tac”.

    Altra regola sacra è vivere di persona evitando di fare affidamento esclusivamente sulle nuove tecnologie, sempre più decentrate, che operano sulla distanza e l’eliminazione del tempo. La tecnologia è perfetta per comunicare da remoto e in ogni tempo ma è del tutto inadeguata quando si vuole interagire con chi ci sta davanti. “Incrementando la dipendenza da Internet e dai social network per dare senso ai rapporti tra noi e il mondo, finiamo per considerare dei feticci gli strumenti tramite cui tutto ciò prende forma”. Il mondo è visto attraverso un display-specchio e altri strumenti tecnologici che ci fanno dimenticare le più importanti e profonde esperienze di vicinanza e di affinità che sperimentiamo ogni qualvolta stiamo con altri individui umani. Display, conversazioni online e immagini finiscono così per distrarci e allontanarci dalle persone. Nello specchio riflettiamo noi stessi e il nostro narcisismo nutrito tecnologicamente. La nostra immagine sullo specchio cattura tutta la nostra attenzione, facendo sfocare tutto ciò che scorre al di fuori della cornice.

    Nell’universo digitale tutto ruota su scelte binarie, spesso anche abbastanza arbitrarie, che finiscono per imporre alcune scelte su altre di cui magari non c’è alcun bisogno. Ma noi come esseri umani possiamo anche decidere di non scegliere affatto. Molte scelte digitali sono puramente illusorie e non necessarie, possono andare bene per gli uffici marketing delle grandi marche ma non apportare alcun beneficio al benessere individuale. La tecnologia programmata da altri ci illude con una libertà fatta da mille opzioni di scelte possibili che però non ci regalano maggiore autonomia, libertà, autodeterminazione e democrazie.  Scegliere significa selezionare una sola opzione e lasciar correre tutte le altre ma la corsa sfrenata alla scelta obbligata (iPhone Apple o Galaxy Samsung?) ci rende meno liberi. “Più ci conformiamo alle scelte disponibili e più noi diventiamo prevedibili e simili alle macchine”. Siamo però sempre liberi di rinunciare a scegliere e di opporci a ogni forma di classificazione.

    Secondo Ruhskoff “La tecnologia digitale ci spinge a prendere decisioni, a prenderle in fretta e rispetto a cose che non abbiamo mai verificato da vicino” ma questo finisce per ridurre la complessità e semplificare in maniera eccessiva cose che non possono essere semplificate. La realtà è paradossale e non polarizzabile in campi opposti come la cultura occidentale cartesiana ha cercato di insegnarci da secoli. La realtà è complessa e non si presta a essere ridotta a strumenti digitali che interpretano i suoi contorni iper-semplificati con la pretesa di suggerire modelli di interpretazione generali.

    Una ricerca per parole chiave con Google è ben diversa da uno studio approfondito che segue logiche diverse da quelle di un algoritmo matematico, programmato da altri e sfruttato a scopi commerciali da Google. Non tutto è riducibile a semplice informazione ma se a essa ci affidiamo, finiamo per confondere i modelli digitali con la realtà e rinunciare a ogni riflessione critica e interpretazione del dato. Può succedere così che “…i giovani cresciuti con i file MP3 non siano più in grado di distinguere le diverse centinaia di migliaia di sfumature musicali che invece riescono a notare i loro genitori”.

    Per non farsi programmare è necessario resistere al tentativo agguerrito delle tecnologie digitali, inclini all’astrazione, finalizzate a uniformare tutti e ad accomunare tutto su uno stesso livello universale. Peccato che un’unica misura non possa andare bene per tutti e che cedere alla pretesa globalizzante della tecnologia significa in realtà dipendere sempre più dal dominio delle grandi marche e dei produttori, delle autorità centrali, da chi indirizza e controlla i contenuti e le informazioni, dagli aggregatori di notizie e da chi gestisce lo sviluppo di nuova conoscenza online.

    Nell’era del social networking, Rushkoff offre la sua visione dello scambio sociale reso possibile online dai nuovi media sociali. Per Rushkoff bisogna rimanere consapevoli che le nostre relazioni digitali avvengono sempre all’esterno del corpo. Ne derivano comportamenti spersonalizzati nei quali è complicato difendere e affermare la propria identità e individualità. Non è obbligatorio frequentare i social network e neppure evitarli. Serve molto di più la capacità di resistere alla tentazione di muoversi nell’anonimato del social network per rimanere presenti e responsabili e vivere così pienamente la propria umanità, anche nell’universo digitale.

    Nella tecnologia digitale non tutto è negativo. I nuovi media sociali ad esempio favoriscono lo scambio e la relazione sociale, permettono la creazione di contatti e legami tra persone e promuovono nuove aggregazioni, gruppi, comunità e reti sociali. Il ruolo delle persone e la loro importanza relazionale suggerisce di raccontare sempre la  verità. Più i messaggi sono validi, veri e tangibili e più tenderanno a propagarsi facendoci sentire meglio insieme ai contatti delle nostre reti sociali. Infine la rete sociale che favorisce la condivisione e l’apertura agli altri deve essere occasione di generosità e rifuggire ogni forma di egoismo o narcisismo individuale. Cosa non facile ma possibile se si vive la parte abitata della rete in modo etico.

    La collocazione di Douglass Rushkoff tra i tecnofobi può apparire una forzatura a coloro che conoscono le sue opere e il suo lavoro divulgativo e didattico sulle nuove tecnologie. La sua insistenza sui rischi che stiamo correndo e sui potenziali effetti negativi nello sviluppo cognitivo e sociale dell’epoca tecnologica post-moderna suggerisce questa collocazione.

    Nella sua lettura attenta del fenomeno tecnologia a emergere prepotente è una visione etica della relazione con la tecnologia e il messaggio pressante alla consapevolezza e alla riflessione critica. Uniche risorse disponibili e potenti strumenti per non farsi programmare e controllare ma per incidere nella programmazione e nella direttiva evolutiva delle nuove tecnologie che verranno.


    Bibliografia

    Present Shock: When Everything Happens Now, 2013

    • Programma o sarai programmato: dieci comandamenti per l’era digitale, 2010
    • Life, Inc.: How the World Became A Corporation and How To Take It Back, 2009
    • Get Back in the Box: Innovation from the Inside Out, 2005
    • Open Source Democracy A Demos Essay, 2003
    • Nothing Sacred: The Truth About Judaism, 2003
    • Coercion: Why We Listen to What "They" Say, 1999
    • Playing the Future: What We Can Learn From Digital Kids, 1996
    • Media Virus: Hidden Agendas in Popular Culture, 1995
    • Cyberia: Life in the Trenches of Cyberspace, 1994
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