Quella che, passata la situazione del momento, verrà raccontata come un pezzo di storia, oggi è diluita in una infinità di storie, molte uguali a se stesse e ripetitive. E’ come se i mass media, analogici e digitali, si siano messi d’accordo per dissolvere un fatto così importante, come la presa di posizione della Grecia nei confronti dell’Europa, in infiniti articoli e racconti che invece di fare chiarezza semplicemente affiancano i fatti e li accompagnano nel loro fluire quotidiano.
Per capirlo è sufficiente uno sguardo ai giornali di questi due ultimi giorni, tutti con la fotografia della moto del ministro Varoufakis in prima pagina ieri e oggi con quella della Merkel che serve con una brocca il caffè a Tsipras. Due foto, decine di narrazioni, tutte più o meno simili e omologate, sia per l’assenza o per la ripetitività di fatti novità e notizie, sia per la scarsa profondità e incompiutezza che in alcune testate, sconfina nella semplice auto-narrazione.
Le stesse narrazioni si ritrovano in rete, in quella che ormai tutti ritengono lo spazio democratico per eccellenza e che ha decentralizzato la creazione di contenuti e la loro distribuzione. Chiunque, come il sottoscritto, può pubblicare qualcosa o cercare e trovare quello che altri hanno pubblicato sullo stesso argomento, se riesce a bucare l’abbondanza di contenuti online e a fare spazio nel surplus informativo e cognitivo nel quale è immerso e soggiogato.
La vicenda greca vale come esempio di quanto sta succedendo in generale. Riuscire a individuare le fonti di informazione più veritiere e vicine ai fatti e capaci di spiegarli per farli comprendere, è diventata una missione impossibile. Gli strumenti per riuscirci e per separare il buono dal meno buono esistono ma a loro volta sono diventati così numerosi, dal generare loro stessi maggiore e nuova confusione. Non rimane che ricorrere al proprio cervello e alla propria curiosità, nella consapevolezza che ogni narrazione può inseguire i fatti ma non sarà mai i fatti stessi. Come le code ai bancomat, lunghe e piene di sofferenza per quasi tutti i telegiornali italiani, normali anche se preoccupate per chi, senza essere giornalista, era ad Atene come turista in questi giorni e ha visto con i propri occhi (finestre) la realtà. Una disparità che può portare a pensare che la realtà non esiste perché viene diversamente costruita da persone diverse e che si traduce in ulteriore difficoltà per chi è destinatario della sua narrazione e descrizione.
"Non capisco perché le cosiddette cancellerie europee siano così terrorizzate dalla probabile vittoria di Syriza in Grecia. O meglio, lo capisco, però è ora di smontare le loro ipocrisie". Thomas Piketty,
Così come in numerose narrazioni online, la vicenda della Grecia dimostra come molta comunicazione che aspira alla informazione finisca invece per essere incomunicabilità. Lo è per il grande pubblico che non vive dal di dentro le vicende della Grecia e che alimenta la sua conoscenza dei fatti attraverso i media disponibili. Lo è meno o non esiste per coloro che condividono un pensiero, un’idea o una ideologia e si ritrovano sintonizzati, anche cognitivamente, sulle narrazioni che caratterizzano le reti sociali o le comunità a cui appartengono. Sono in questa condizione coloro che seguono e condividono il pensiero di Stiglitz, Krugman, Piketty (Capitale nel XXI secolo) , Zizek, Cacciari e numerosi altri pensatori che stanno fornendo utili approfondimenti e preziose informazioni per la spiegazione e la comprensione dei fatti europei di questi giorni.
Le infinite narrazioni tradotte in articoli di giornale o post di riviste online sono al contrario semplici elementi o episodi di storie che vanno alimentate, come nel Trono di spade, con notizie finalizzate ad attrarre l’attenzione, a generare reazioni emotive (il pensionato che piange seduto per terra, immagine ripresa da tutti i media), a provocare e spaventare, ma che poco hanno a che fare con la spiegazione e il racconto dei fatti e poco aiutano alla loro comprensione. Queste narrazioni, nel panorama italiano, sono per di più rese ancora meno credibili dal loro essere spesso di parte, come di parte è sempre il media che le ospita. Spesso sono semplici auto-narrazioni alla ricerca di autostima e auto-rispecchimento da parte di personaggi alla ricerca di visibilità.
In un’era saturata dai media e dall’informazione al ‘cittadino’ non rimane che maturare nuove abilità di apprendimento per trarre vantaggio dalla quantità dell’offerta informativa e sviluppare una personale capacità critica di valutare i fatti e le loro narrazioni. Al tempo stesso l’apprendimento deve essere accompagnato da nuove abilità nell’uso dei media finalizzate a separare il falso dal vero, e a non farsi distrarre e ‘infiltrare’ mentalmente (citazione da Howard Rheingold).
"Se l’Europa vuole ancora esistere in quanto tale, e non disfarsi in egoismi, nazionalismi e populismi, deve sapere che la Grecia appartiene al suo mito fondativo, e che nessuna credenza è più superstiziosa di quella, apparentemente così ragionevole e “laica”, che ritiene il puro calcolemus senso, valore e fine di una comunità." - Massimo Cacciari
Dotarsi di nuove abilità e ricercare nuovi strumenti di indagine e comprensione della realtà fa parte della responsabilità personale che ognuno dovrebbe avere. Là dove questa responsabilità non esiste o non viene esercitata alcuna riflessione critica sui fatti e su come essi vengono raccontato, il rischio è rimanere intrappolati all’interno di narrazioni che sembrano fatte per coinvolgere e comunicare ma che in realtà finiscono per creare soltanto nuova e maggiore solitudine. La solitudine dell’uomo liquido e alla ricerca costante di nuove comunità ben descritta dal sociologo Zygmunt Baumann. Una solitudine che se è prolungata finisce per generare mutismo, apatia, distanza e vuoto. Tutto ciò che si sta manifestando anche politicamente con l’aumento dell’astensionismo, il calo della partecipazione e della fiducia e l’aumento della sfiducia anche nei confronti dei mezzi di informazione.
E’ una reazione densa di pericoli che può portare a maggiore sottomissione (leggere il bel libro dal titolo omonimo di Houllebecq per capire cosa potrebbe succedere), a improvvise rivolte e reazioni imprevedibili (il successo di tutti i populismi) o anche, in positivo a nuove forme di partecipazione (la sinistra popolare di Tziriza e di Podemos, dove la parola sinistra non ha più il significato tradizionale ma è arricchita di nuovi valori).
In una situazione come quella attuale, da fine dei tempi e di profonda crisi, ci si aspetterebbe dalle comunità di narratori che popolano i media maggiore creatività, un ritorno a forme di comunicazione capaci di generare nuovo sviluppo sociale e culturale, l’uso di nuovi linguaggi meno omologati e maggiore attinenza ai fatti. Nell’attesa che ciò avvenga non rimane che trarre vantaggio dalla ricchezza dell’offerta tecnologica per agire pubblicamente e socialmente contribuendo con le proprie narrazioni e con i propri racconti a fare la storia o a permettere in futuro di raccontarne una. Ad esempio sull’uscita o non uscita della Grecia dall’Euro e dall’Europa.
E’ una storia che in futuro potrebbe essere raccontata come una fiaba. La Merkel nel ruolo di pifferaia (la fiaba del pifferaio di Hamelin) che per vendetta per non essere pagata decide di portarsi via tutti i paesi d’Europa. Operazione che le riesce solo in parte perché, come nella fiaba originale, una nazione si salva per la sua difficoltà a camminare (nella fiaba il ragazzo è zoppo e rimane indietro) e a seguire fino in fondo il pifferaio.