Con il semplice caricamento di una foto il robot di casa può assumere le sembianze di un amico o di un conoscente, o diventare un nostro alter-ego. Il software poi farà il resto, attivando mimica e espressioni facciali verosimili e animando i movimenti di occhi e faccia nella interazione con il suo interlocutore o interlocutrice. Robot simili possono trovare occupazione nei centri commerciali, negli aeroporti, all’EXPO ed essere utilizzati per personalizzare e umanizzare la comunicazione dando ad essa un tocco emozionale tipicamente umano.
La ricerca di robot dalle sembianze umane non è nuova (vedi progetti RoboThespian and SociBot) ed è collegabile al tentativo, tutto umano, di dare sembianze conosciute a ciò che può apparire non familiare, magico, enigmatico, e come tale fonte di paure e di timori. Robot capaci di assumere le sembianze dei loro padroni umani o dei loro conoscenti attraverso la trasformazione di una foto statica in movimenti e mimiche facciali, sono capaci di tranquillizzare gli umani nel passaggio verso una realtà caratterizzata dalla presenza di macchine tecnologiche sempre più simili all’uomo e con un destino condiviso.
Questi robot dalle sembianze umane e rassicuranti stanno trovando applicazioni in ufficio e nelle case nella forma di macchine umanoidi con corpi tecnologici e teste di plastica dotate di videocamere ad alta definizione con cui possono catturare la realtà nella quale sono immersi. Sono anche capaci di catturare i movimenti e le espressioni facciali dei loro interlocutori e di replicarli direttamente sulla loro faccia, anche attraverso la riproduzione fisica di naso, bocca, occhi. La forma del viso può essere generica o frutto dell’elaborazione di una fotografia, data loro dal loro utilizzatore, affinchè assumano le sembianze di un amico o collega durante una conversazione o interazione. La mimica facciale è sostenuta e manifestata dalla capacità di seguire i movimenti dell’interlocutore, ad esempio quelli degli occhi, e di comprenderne i significati.
I nuovi robot umanoidi sono sempre più familiari e percepiti come amici anche per la loro sorte che sembra ricordare quella umana. Non sono fatti per durare per sempre, si affaticano e si esauriscono, vengono sopravanzati da robot di nuova generazione e finiscono anche loro in discariche e cimiteri nei quali terminano la loro vita arrugginendo o venendo smembrati in componenti da riutilizzare o rivendere.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Le loro capacità umanoidi e il loro destino li trasformano in oggetti e soggetti interessanti di narrazioni, di creatività artistica e attrattori magnetici da parte artisti, di scrittori e di ingegneri. Questi ultimi impegnati nell’evoluzione dei robot verso forme di intelligenza artificiale sempre più avanzata e assimilabili a quella umana e di macchine capaci di replicare i comportamenti umani, loro attività, le loro emozioni, anche affettive.
Per comprendere l’evoluzione in corso non è più necessario affidarsi alla fantascienza.
Alcuni progetti in corso illustrano perfettamente il futuro emergente fatto di interazioni robot-umani sempre più legate alla comprensione reciproca, alla emotività e affettività e alla capacità di razionalizzare e muoversi su terreni gin qui inesplorati. Uno di questi progetti, in corso presso il laboratorio Boston Dynamics (ora acquistato da Google per entrare in possesso del software legato ai sensori usati), prevede la realizzazione di robot, controllabili centralmente e remotamente, in grado di replicare le capacità e le abilità specifiche di razze di animali (leopardi, scimmie, ec.) in attività come la corsa, la caccia e la sopravvivenza.
In Giappone la ricerca e lo sviluppo tende a costruire e a far evolvere i nuovi robot verso forme più legate alle componenti emozionali che solitamente caratterizzano le relazioni con gli umani. L’obiettivo è di disegnare robot sociali capaci di trasformarsi in assistenti personali e compagni di vita in una società sempre più anziana e nella quale predomina la solitudine dell’individuo e il fenomeno degli Hikikomori. L’evoluzione del robot giapponese è quella che più di altre mira a far scomparire la paura psicologica di ciò che non si conosce e della macchina tecnologica specializzando le nuove macchine intelligenti nelle loro capacità di aiutare gli umani, migliorare il loro benessere e facilitare la loro vita di tutti i giorni. Questi robot possono prendere sembianze umane e dare forma a simulacri o avatar tridimensionali di chi li possiede, mimando le loro facce, espressioni, comportamenti e nel tempo anche abitudini.
Robot sempre più intelligenti e sensibili sono oggi usati come strumenti di osservazione di investigazione di mondi alieni o non facilmente praticabili da parte di umani come un formicaio o un nido di api, un ecosistema vegetale o colonie di insetti. In questo caso i robot sono una meraviglia della miniaturizzazione (processori, batteria, sensori, foto e videocamere, motori e computer) nell’utilizzo di tecnologie e macchine adattative capaci di apprendere e di auto-organizzarsi reagendo agli ambienti sociali, naturali e alieni nei quali sono immessi.
Dall’essere capaci di capire e interagire con gli animali a farlo con gli esseri umani il passaggio è breve. Ciò che serve non è solo un robot capace di percepire, sentire e ascoltare ma anche di umani capaci a loro volta di comportarsi, senza timore, allo stesso modo con i robot con cui si trovano a interagire e interloquire. Un’influenza reciproca destinata a cambiare il futuro ibridato tecnologicamente che ci aspetta e che per alcuni, come Kuurtzweil, porterà alla singolarità della macchina. Con una destinazione e un destino per il momento ancora ignoti e oscuri e che assumono caratteristiche più o meno ottimiste a seconda della visione tecnofobica o tecnofila che anima la riflessione umana del momento.
Il timore che robot senzienti e intelligenti possano prendere il controllo e portare verso una realtà transumana rimane forte e condiziona molte delle scelte attuali. E’ un timore che non si manifesta quando ci si affida ciecamente alla tecnologia dei molteplici dispositivi mobili usati, diventati vere e proprie protesi cyborg, di Internet e delle altre tecnologie indossabili e degli oggetti ma emerge quando l’oggetto tecnologico in questione è un robot. E’ probabilmente una paura atavica e conflittuale che accompagna l’uomo da sempre e che si rafforza di fronte allo sconosciuto che si nasconde dietro le forme di un robot, anche quando esso ha le nostre stesse sembianze o quelle di un amico.
Non potendo fermare l'evoluzione tecnologica in atto così come lìevoluzione del genere umano, non rimane che pensare alle opportunità che da essa possono nascere. Sono opportunità che non nascono dalla conflittualità o dalla contrapposizione uomo-macchina ma dalla loro interazione e interrelazione. La macchina che tende a replicare l'uomo come macchina intelligente dominata dal suo cervello dovrà fare i conti con un essere umano che invece è caratterizzato dalle sue relazioni con il mondo che lo circonda.
La nostra coscienza non nasce, come pensano molti neuroscienziati, dalla semplice interazione di neuroni e dalle loro sinapsi impegnate a costruire dentro di noi il mondo, ma dall'avere accesso a realtà esterne e dall'essere inseriti in contesti e mondi con i quali devono costantemente fare i conti.
Se i mondi futuri saranno abitati anche da robot e macchine, più o meno intelligenti, gli umani hanno la grande opportunità di migliorare la loro consapevolezza e capacità di azione su questi mondi anche attraverso una relazione e una collabrazione con i robot umanidi.
Loro, costruiti per assomigliare agli umani, faranno probabilmente la stessa cosa! Speriamo che gli obiettivi siano gli stessi!