Veloce andava Fidippede, il maratoneta che corse ininterrottamente da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria contro i persiani e che morì per lo sforzo fatto. Veloce era la macchina del futurista Marinetti, simbolo per eccellenza di modernità, velocità e dinamicità. Veloci sono i molti centauri contemporanei che a bordo delle loro Ducati e Harley Davidson vanno a schiantarsi contro elementi urbani o silvestri molto spesso semplicemente fermi. Amanti della velocità sono tutti i cybernaviganti che hanno introiettato la rapidità della tecnologia e la sua tempistica, tutta declinata in tempo reale e senza un attimo di tregua.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
È una velocità multitasking che brucia neuroni così come un motore brucia carburante, determinata da accelerazioni in forma di Click, Like, Tweets, che impediscono di accumulare informazioni e conoscenze perché non permettono all'occhio di soffermarsi e di vedere, che restringe gli spazi e tutto ciò che essi contengono, facendo perdere la loro identità e significanza, che cambia la vita e l'esistenza. L'individuo moderno, sempre connesso, va di corsa, vorrebbe avere la stessa accelerazione e velocità di fuga della tecnologia ma le caratteristiche del suo essere umano, il suo cervello e la sua cultura impediscono che questo avvenga. Ne deriva una difficoltà nel mantenere il passo con le rivoluzioni tecnologiche continue e le mutazioni che ne derivano.
La radicalità dei cambiamenti, imposti dalle novità tecnologiche, deve fare i conti con la lentezza del genere umano e con il tempo necessario a nuovi e futuri adattamenti. È una lentezza determinata da un cervello artefice di ogni cambiamento e architetto di ogni forma di realtà, ma che è in realtà una macchina lenta. Uno strumento che ha bisogno di tempo, non è in grado di reagire quasi mai in tempo reale e che, per mantenere elevata la velocità imitando le macchine, va spesso incontro a grandi disillusioni, frustrazioni, sconfitte e affanni.
Lento è anche l'affermarsi di nuovi prodotti o di standard di mercato, lenta è la trasformazione della cultura delle persone che dovrebbero acquistare i nuovi dispositivi tecnologici, lento è il superamento dell'apatia e della scarsa conoscenza dei soggetti coinvolti. Una lentezza spesso determinata dal timore o dalla paura degli effetti collaterali, dalla scarsa voglia di apprendere cose nuove o da semplice conservatorismo e resistenza al cambiamento.
Questa lentezza tipicamente umana può essere il punto di partenza perfetto per un nuovo tipo di lentezza, separata dalla tecnologia e fortemente desiderata e perseguita. La lentezza celebrata da Lamberto Maffei nel suo libro Elogio della lentezza, ricco di spunti per persone, modificate tecnologicamente e ormai incapaci di rallentare e per i loro cervelli che rischiano di arrivare ultimi nella maratona a tutti imposta dallo stress digitale e dalle macchine arificiali. Cervelli che al contrario andrebbero usati proprio per la loro capacità di rallentare, sviluppare pensiero e creatività e decidere, con calma, distacco e serenità, cosa fare del proprio tempo.