Il libro di Carlo Mazzucchelli 100 libri per una lettura critica della tecnologia è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital
Ippolita - Nell'acquario di Facebook
Scheda libro
Titolo intero: Nell'acquario di Facebook - Le resistibile ascesa dell'anarco-capitalismo
Titolo originale: Nell'acquario di Facebook
Genere: Mass Media
Listino: 18,00
Editore: Ledizioni
Collana: Copyleft
Pagine: 223
Data uscita: 28/08/2012
Valutazione ***
Commento
Il libro è disponibile anche in forma gratuita per il download. La riflessione di Ippolita analizza il fenomeno del social networking attraverso la piattaforma di Facebook con un approccio di tipo sociologico, sociale e molto politico. L'acquario di Facebook serve come perfetta metafora per mettere in luce le false promesse tecnologiche e i suoi reali meccanismi economici e di monetizzazione. È un testo diverso, non paragonabile ai molti libri che hanno celebrato o raccontato l'avventura di Zuckerberg, tutto centrato sul ruolo dei nuovi spazi sociali digitali e della loro pretesa di trasparenza assoluta nello sviluppo capitalistico attuale. Una fase di sviluppo nella quale giocano un ruolo fondamentale i proprietari delle piattaforme digitali e il loro anarco-capitalismo.
Autori
Ippolita è un gruppo di ricerca indisciplinare attivo dal 2005. È composto da un gruppo eterogeneo di professionalità e persone che si sono incontrate partecipando a esperienze controculturali e che pratica scritture conviviali e di reality hacking. La pratica editoriale è a circolazione trasversale, dal sottobosco delle comunità hacker fino alle aule universitarie e tutta centrata su una riflessione critica sugli strumenti digitali ed una ad ampio raggio sulle ‘tecnologie del dominio’ e i loro effetti sociali. Tra i saggi pubblicati: Anime Elettriche (Jaca Book 2016); La Rete è libera e democratica. FALSO! (Laterza 2014, tradotto in spagnolo e francese), Nell’acquario di Facebook (Ledizioni 2013, tradotto in francese, spagnolo e inglese), Luci e ombre di Google (Feltrinelli 2007, tradotto in francese, spagnolo e inglese). Open non è free. Comunità digitali tra etica hacker e mercato globale (Elèuthera 2005). Ippolita tiene formazioni teorico-pratiche di autodifesa digitale e validazione delle fonti online per accademici, giornalisti, gruppi di affinità, persone curiose.
La nuova rivoluzione delle macchine
"Con Facebook, l'ideologia del tutto e subito, ma più veloce è entrata in una nuova fase dalle tinte religiose. La promessa salvatrice è condividi e sarai felice. [...] L'obiettivo non è convincere che Facebook è l'incarnazione del male, ma usarlo come esempio per capire il presente. Questa non è una indagine oggettiva, al contrario è soggettiva, situata e partigiana."
Mentre Facebook continua a espandere il suo Muro delle Facce e a mietere successi economici e d’immagine, cresce la riflessione critica sul suo ruolo nella società e nelle vite di tutti i giorni delle persone. Facebook, come altri social network, sta rubando desideri e immaginazione a coloro che lo abitano regalando loro automatismi, scorciatoie, strumenti e riti finalizzati alla produzione di gratificazioni, eccitazioni, piaceri e felicità. Per la sua rilevanza sociale sia in termini quantititativi di partecipazione, sia di colonizzazione della vita quotidiana delle persone, Facebook è diventato oggetto di critiche molto forti, in particolare da parte di autori come Nicholas Carr, Eugeny Morozov, Byung-Chul Han che hanno fatto della smitizzazione delle Rete lo scopo del loro lavoro di ricerca e di studio.
Il testo di Ippolita è del 2005, è stato distribuito anche gratuitamente online con l'obiettivo di aprire una discussione approfondita sul fenomeno delle piattaforme di social networking e di Facebook in particolare per la sua popolazione e frequentazione. È un testo radicale che contiene una denuncia politicamente spietata di Facebook così come un loro testo precedente ne conteneva una di Google.
A diventare oggetto di studio non è tanto la piattaforma tecnologica in sé, quanto l'uso che ne viene fatto e le implicazioni di tipo sociale e politico che ne derivano. Ogni movimento e azione di chi frequenta Facebook o altri social network è registrato, memorizzato, categorizzato, analizzato e usato per generare profitto. Il tutto viene fatto con il coinvolgimento e la complicità di utenti che, nella illusione di sfruttare le funzionalità del mezzo tecnologico per promuovere progetti, costruire relazioni o attivare conversazioni, in realtà non fanno altro che contribuire all'espansione di un nuovo e immenso mercato, tutto costruito sulla sua componente relazionale e sociale.
La legge di Facebook è la Trasparenza Radicale, un insieme di pratiche che Ippolita definisce come narcisistiche ed emotivamente pornografiche. È una legge-trappola che ha trasformato milioni di persone in cavie di un immenso e globale esperimento sociale, economico, culturale e tecnologico. A gestire questo esperimento ci sono esperti tecnologi ma anche analisti di dati ed esperti di business intelligence e Data Mining, psicologi comportamentali, professionisti del marketing e sociologi. Tutti gli esperimenti sono dettati dallo stesso spirito che molti hanno denominato anarco-capitalista e che vede protagonisti sulla scena mondiale nuovi attori, padroni digitali come la banda dei quattro (Facebook, Apple, Google, Amazon) capaci, con le loro piattaforme tecnologiche e algoritmi, di personalizzare pubblicità e comunicazioni, di profilare gli utenti e i consumatori online, ma anche di sostenere con le loro risorse governi dispositivi. Il tutto nel nome della libertà neoliberista votata al profitto e alla creazione di un Far West digitale nel quale alcuni guadagnano e tutti gli altri operano gratuitamente, ignari e inconsapevoli della trappola tecnologica e cognitiva nella quale sono stati felicemente catturati.
Tutti siamo su Facebook senza renderci conto di essere diventati semplici oggetti finalizzati al benessere e al divertimento di altri. Come canarini in gabbia o pesciolini dai colori arcobaleno che sbattono le loro testoline contro le pareti di un acquario, gli abitanti di Facebook si ritrovano ad allietare con le loro azioni e divertimento grandi corporazioni e aziende tecnologiche della Silicon Valley interessate a farli stare bene per alimentare la loro bulimica fame di dati, di informazioni, di corpi e di profili digitali che usano per fare soldi e imporre il loro dominio tecnologico sul mondo.
Come ha scritto Carlo Formenti, in una recensione del libro, il merito della riflessione di Ippolita è di avere smontato l'incompatibilità esistente tra le due terminologie, anarchia e capitalismo, che compongono il termine anarco-capitalismo con cui vengono oggi raccontate visioni di destra e sinistra, tutte accomunate dalla fede cieca e utopica nel Web e nelle nuove tecnologie. La critica va diritta al cuore di molte cyberutopie anche di sinistra, come quelle dei movimenti dei Pirati, di Wikileaks o di Anonymous. Sottolinea l'accettazione passiva delle regole liberiste di libero mercato, darwiniane, meritocratiche e derivate dalla competizione tecnologica e dalle pratiche politiche adottate, molto simili a quelle del potere contro cui sono usate. Alla base di queste pratiche c'è l'idea che l'uso di tecnologie e macchine potenti possa permettere la realizzazione di nuovi mondi utopici da cui bandire molti dei problemi materiali che caratterizzano l'attuale fase economica del capitalismo.
Secondo l'analisi di Ippolita la salvezza però non può stare nella Rete o nelle tecnologie che la fanno funzionare. La tecnologia non è più neutrale ma utilizzabile anche dal potere per instaurare nuove schiavitù. Percepite forse come più democratiche, perché legate a piattaforme tecnologiche costruite sulla trasparenza, la condivisione e la collaborazione, ma più subdole nell'imporre sistemi nascosti di sorveglianza diffusa e leggi non scritte che sono però alla base del funzionamento delle piattaforme stesse e come tali sono imposte a chi le usa.
La critica di Ippolita è rivolta principalmente a quello che definiscono il default power, "il potere di cambiare la vita online di milioni di utenti cambiando pochi parametri" un potere esercitato con l'obiettivo, neppure tanto nascosto a chi volesse riflettere e capire, di trasformare tutti in massa, una massa soggetta al default power. Unica possibilità per una pratica libertaria e democratica è la costruzione di reti autonome dalle dimensioni limitate con le quali costruire pratiche di antagonismo e alternative a quelle oggi vissute dal divano di un salotto di casa che consente solo un simulacro di partecipazione e attività politica effettiva. In rete ma fuori dalla Rete ci si può accorgere di come i muri da abbattere non sono digitali bensì ostacoli sociali, politici e culturali e che le rivoluzioni non le fanno le tecnologie (vedi le primavere arabe) ma le persone che si ribellano usando quello che hanno a disposizione, compresi i gadget e le APP tecnologiche.
In Rete la libertà non è senza prezzo. La richiesta di maggiore sicurezza si traduce spesso in maggiore controllo che, grazie alle tecniche di trasparenza di piattaforme come Facebook amplificano le possibilità di sorveglianza. La situazione non è dissimile da altre presentatesi nella storia ma la sua diversità sta nella complicità e nell'accondiscendenza delle persone alle nuove forme di sorveglianza e controllo. È una complicità alimentata dalle piattaforme tecnologiche frequentate, dalla profilazione da esse effettuata (le persone diventano semplici "frittelle, piatte individualità totalmente segmentate dalla profilazione") e dalla trasparenza radicale di spazi come quelli di Facebook.
Volendo si può staccare la spina, scaricare i propri dati e scappare ma poi rimarrebbe comunque la necessità di confrontarsi con un mondo dominato dalla tecnologia, un villaggio globale realizzato dominato da algoritmi e da mega-macchine private e dalle loro pratiche indotte. Non rimane che prendere consapevolezza di quanto la tecnologia ci abbia già profondamente modificato, ribaltare le logiche della trasparenza per applicarle alla tecnologia stessa, mantenere e proteggere delle sfere private, zone temporaneamente liberate dalla tecnologia, interiori e non profilabili.
Fuori dalla rete gli individui possono trovare l'energia per costruire altri spazi comunicativi sensati nei quali incontrare gli altri e dopo avere abbandonato il far-sapere tipico di Facebook possono cercare di condividere le loro conoscenze e il loro saper-fare. Nessuno suggerisce di eliminare la tecnologia dalla propria vita ma l'entusiasmo conformistico oggi diffuso dovrebbe essere poggiato sulla fiducia e quest'ultima sulla capacità critica, cioè sulla capacità di elaborare riflessioni e pensieri critici.