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Genitori Tecnovigili, ragazzi tecnorapidi

Genitori Tecnovigili, ragazzi tecnorapidi

01 Aprile 2015 Redazione SoloTablet
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Cosa possono fare i genitori tecnovigili

Il libro di Carlo Mazzucchelli Genitori tecnovigili per ragazzi tecnorapidi (2015) è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Cosa possono fare i genitori tecnovigili

Le indagini di mercato e gli studi degli esperti evidenziano una realtà tecnologica nella quale i ragazzi agli 8 ai 18 anni spendono quasi 50 ore a settimana interagendo con qualche strumento tecnologico. Il 23% di essi soffre da dipendenza da video-gioco, dal 2% al 9% soffre di dipendenza da Internet e social network. Tutti sono a rischio in termini di azioni di bullismo digitale, stalking digitale, sexting e eccessivo attaccamento allo schermo di un dispositivo tecnologico.

Con i loro comportamenti tecnologici le nuove generazioni di nativi digitali pongono nuove sfide a genitori, educatori e adulti con implicazioni sul ruolo della genitorialità e dell’autorità delle generazioni adulte, soprattutto se composte da immigrati digitali che continuano ad avere un piede nel loro passato pre-tecnologico e che si sentono forzati a dover adattare i loro stili di vita ai nuovi mondi digitali, virtuali e multimediali. Apprendere i nuovi linguaggi tecnologici non è semplice e molti di coloro che ci riescono mantengono un accento facilmente riconoscibile che rende complicata la comunicazione con coloro che sono nati parlando nuovi linguaggi, codificati nel loro DNA digitale e tecnologico.

Queste differenze, reali ma anche molto esagerate, sono servite negli anni a costruire una visione dicotomica della realtà tesa a mitizzare la creatività e la velocità dei nativi digitali in contrapposizione alla obsolescenza e lentezza delle generazioni adulte. Una visione comoda per commentatori superficiali tesi a mostrare l’incompatibilità generazionale sia in termini di bisogni e capacità che di aspettative e a sottolineare la messa in crisi di istituzioni e entità tradizionali come la famiglia, la scuola e la società. Alcuni di questi commentatori hanno alimentato la visione di un conflitto intergenerazionale insanabile perché fondato su un uso alternativo di strumenti tecnologici (Web, videogioco, social network, smartphone, ecc.), in sostituzione di quelli tradizionali. Strumenti usati per apprendere (web, Wikipedia, ecc.), socializzare e relazionarsi (Facebook, MySpace, ecc.), messaggiare (WhatsApp, SMS, Twitter, ecc.), comunicare (smartphone, tablet, laptop) e per condividere (YouTube per i video, Pinterest e Instagram per le immagini e le fotografie, Tumblr per le narrazioni e il blogging, ecc.). La destinazione di scopo e di uso di molti di questi strumenti è simile a quella degli strumenti tradizionali ma con alcune differenze fondamentali, legate ai luoghi e ai tempi virtuali e speciali nei quali vengono usati e alle persone che ne sono coinvolte.  Le esperienze che ne derivano, fatte di condivisione e partecipazione, hanno il potere di trasformare in senso innovativo le realtà vissute dei ragazzi nativi digitali e di incidere sulle relazioni con le persone adulte.

Una lettura di questo tipo del fenomeno dei nativi digitali esclude la possibilità per le persone adulte di alterare le pratiche tecnologiche dei nativi digitali e comprendere i nuovi fenomeni, gli stili di vita e i comportamenti emergenti e le esperienze dei loro ragazzi. Chi condivide questa lettura ha finito per puntare sul monitoraggio, il controllo e la limitazione degli eccessi tecnologici dei ragazzi con l’obiettivo di depotenziare il rischio attraverso l’introduzione di opportuni filtri, regole e controlli. Invece di puntare sulla comprensione del fenomeno accettando le nuove sfide innovative e di cambiamento ha preferito introdurre semplici aggiustamenti istituzionali, nella famiglia, nella scuola e nelle università, per adattare il vecchio al nuovo dando forma a nuovi spazi di espressione e esplorazione del sé da parte dei ragazzi realizzati con i nuovi strumenti tecnologici, ma sempre in ambiti supervisionati e controllati per monitorare l’accesso all’informazione e alla conoscenza. Un approccio che ha impedito in molti casi di trasformare i ragazzi da consumatori in produttori di conoscenza e consumAttori, da semplici consumatori di contenuti a produttori e narratori, da destinatari di messaggi educativi a persone capaci di influenzare il processo educativo e le sue potenziali direzioni.

La comprensione delle nuove realtà, da parte dei genitori Tecnovigili, deve partire da una maggiore e migliore conoscenza delle pratiche e dei comportamenti dei ragazzi tecnorapidi.

La ricerca di maggiore conoscenza è una pratica che deve essere condotta da entrambi i genitori, può nascere dalla semplice osservazione e da un dialogo perseverante nel tempo fatto di domande e condivisione e tanto rispetto. E’ possibile cominciare semplicemente chiedendo ai ragazzi di raccontare le loro esperienze online e cosa fanno o anche giocando con loro uno dei giochi virtuali multiutente a cui si sono affezionati. Si può fingere di avere bisogno o chiedere un aiuto per imparare ad usare un prodotto tecnologico da poco acquistato come uno smartphone, una macchina fotografica digitale o un account Facebook. Se si è tecnofobici si può lavorare su se stessi per superare le fobie e le paure tecnologiche e acquisire nuovi strumenti interpretativi dell’era tecnologica attuale. Può essere utile anticipare le richieste tecnologiche dei ragazzi proponendo in modo proattivo soluzioni, applicazioni e strumenti educativi, anche nella forma di gioco e trattare con loro una equa distribuzione del loro tempo tra attività ludica e formativa. Meglio evitare di trattare i ragazzi come dipendenti dalla tecnologia, dimenticandosi che spesso questo tipo di atteggiamenti è determinato dai pregiudizi e modi di pensare tipicamente generazionali. Prendere infine in considerazione il ricorso e l’uso di strumenti pensati per il controllo parentale e destinati a bloccare gli accessi o a impedire l’utilizzo di alcune risorse tecnologiche.

Tutti gli atteggiamenti fin qui descritti devono essere alimentati da una visione condivisa da entrambi i genitori e finalizzata a obiettivi e scopi concreti. Deve mirare a chiudere il gap comunicazionale tra generazioni, a non demonizzare ma a rispettare i comportamenti dei ragazzi, anche quando appaiono pericolosi e inadeguati, a enfatizzare le loro conoscenze tecnologiche spingendo ad un loro utilizzo più proficuo. Evitare approcci tecnofobici aiuta ad adottare approcci pragmatici capaci di sfruttare meglio le nuove opportunità emergenti e di costruire un rapporto fiduciario di credibilità che può servire alla continuazione del dialogo intergenerazionale. Prima o poi servirà porre dei confini, intervenire per censurare pratiche come il bullismo e la rappresentazione di sé in veste erotica e sessuale, per bloccare accessi a siti porno o a gruppi politici o sportivi con tendenza violente o estremiste, ma anche questo tipo di interventi non deve essere percepito come fatto dall’esterno.

Essere genitori Tecnovigili significa gestire il coinvolgimento emotivo per aiutare i ragazzi a trovare il giusto bilanciamento tra le loro attività online e offline, a praticare la velocità elevata della realtà digitale (i bit) e la lentezza di quella materiale (gli atomi), a sperimentare accelerazioni improvvise e frenate brusche per guardarsi intorno e sperimentare nuove emozioni, a comunicare in forma digitale e a confrontarsi in comunicazioni faccia a faccia più complicate ma anche più efficaci e coinvolgenti, a passare il tempo incollati ad irresistibili schermi ma anche a osservare tramonti o albe luminose sdraiati nell’erba, a leggere blog e messaggi Facebook ma anche libri, testi cartacei e capolavori letterari presenti nelle librerie dei genitori, a passare le nottate incollati ad un videogioco ma anche le giornate in un parco naturale, in piscina o in palestra, a navigare la rete ma anche a concentrarsi su se stessi per navigare e scoprire la propria mente e spiritualità. 

Eccessiva esposizione allo schermo tecnologico

Le nuove tecnologie inducono dipendenza perché sono affascinanti e capaci di catturare l’attenzione emotiva e cognitiva della persona, la sua mente e la sua vista, la sua tattilità e golosità, e il suo piacere. Tra le nuove tecnologie un ruolo a sé stante rilevante è giocato dallo schermo, una componente irresistibile, come l’ha definita Elena Pasquinelli nel suo libro Irresistibili schermi (Edizioni Mondadori Università), che ha effetti sui nostri comportamenti cognitivi, emotivi e sociali.

Lo schermo del televisore, del computer, del tablet e dello smartphone con cui interagiamo quotidianamente sta modificando i nostri stimoli percettivi, la nostra mente e il nostro cervello. L’immagine della realtà che ci facciamo è sempre più mediata tecnologicamente e visivamente attraverso uno schermo che ci aiuta a costruire nuovi mondi, nuove realtà e esperienze usando nuovi linguaggi composti da colori, luci, immagini, profondità, visioni tridimensionali e ad alta definizione. Ne deriva una serie infinita di nuovi mondi da esplorare nei quali sperimentare nuove esperienze utente, svolgere attività, esplorare nuovi spazi (navigazione della rete e mappe di Google), risolvere problemi e fare acquisti.

A forza di usare lo schermo di un dispositivo tecnologico rischiamo di rispecchiarci, di esserne risucchiati e di consumare la nostra vita dal suo interno o attraverso di esso. A questo rischio sono particolarmente esposti molti ragazzi Tecnorapidi che allo schermo sono incollati ogni giorno per messaggiare, navigare, condividere, comunicare e fare shopping. Ne deriva un’esperienza di vita molto digitale e mediatica (dipendente dai media) che finisce per consumare la loro vita e mettere a rischio il loro benessere mentale e psichico oltre che il loro portafoglio e quelle dei loro genitori. Un rischio quest’ultimo che nasce dall’uso marketing e commerciale che viene fatto di molte tecnologie della Rete, come Google, Facebook e tutti gli altri social network,  a scopi di puro consumismo. Le conseguenze di una eccessiva esposizione allo schermo tecnologico sono ansie, fenomeni di stress e instabilità psicologica, insonnia e disturbi del sonno, dipendenza dal media, calo della capacità di concentrazione e aumento della difficoltà a mantenere alta l’attenzione.

A questo tipo di effetti collaterali non esistono rimedi particolari se non la buona pratica capace di generare assenza e lontananza dal mezzo tecnologico, dallo schermo e dal media sociale, da eBay o dal videogioco. E’ una buona pratica che tutti possono sperimentare, genitori e ragazzi, o che dovrebbe essere suggerita da genitori Tecnovigili a ragazzi Tecnorapidi che soffrono da eccessiva dipendenza dal magnetismo degli schermi dei loro dispositivi tecnologici, sempre accesi, sempre connessi perché sempre seducenti e attrattivi.

Assenza e lontananza non significa cancellazione o allontanamento definitivo dal mezzo tecnologico ma liberazione da una dipendenza attraverso la definizione di obiettivi concreti legati al tempo da dedicare ad uno schermo tecnologico (quante ore al giorno, in quali luoghi e momenti della giornata) e alla selezione del dispositivo da usare (no alla televisione ma maggiore tempo con lo smartphone o viceversa, no alla televisione con l’eccezione degli eventi sportivi, no allo smartphone con l’esclusione di WhatsApp ecc.). La buona pratica della lontananza dallo schermo funziona meglio se non viene lasciata alla forza di volontà ma è ragionata (cognitivamente motivata), programmata, condivisa con altri (ad esempio i genitori) e misurata. Il monitoraggio della nuova abilità della lontananza può passare attraverso la misurazione del tempo passato connessi alla Rete, a una APP o sito Web e le variazioni nell’arco della giornata o della settimana. Un modo per intervenire sui comportamenti abituali e per comprenderne le loro motivazioni ma anche per evidenziare preferenze e specificità di ogni schermo usato. La misurazione può servire a confrontare il tempo passato online con quello dedicato ad attività offline, a ricercare nuovi bilanciamenti tra i due, a fissare nuovi obiettivi finalizzati alla riduzione di consumo di media digitali online. L’obiettivo non deve essere la ricerca del silenzio o dello spegnimento dello schermo ma di verificare la capacità di farne a meno e di potersene allontanare.

Un modo pratico per non subire il fascino dello schermo è di spegnerlo, nasconderlo, chiuderlo in un cassetto e renderlo momentaneamente inavvicinabile e inutilizzabile. Il primo dispositivo che andrebbe soggetto a nascondimento è lo smartphone, un gadget tecnologico che per la sua ubiquità e mobilità è il portatore principe di dipendenza da schermo e all’origine della patologia nota come nomofobia12. Riuscire a separarsene, seppure momentaneamente, richiede uno sforzo mentale e una ‘volontà di potenza’ creativa. Bisogna infatti accettare di non essere raggiungibili e di non poter interagire socialmente con persone lontane per un determinato periodo. Bisogna predisporsi mentalmente a un rinvio che mal si coniuga con l’urgenza del tempo reale che assilla molti ragazzi Tecnorapidi.  Riuscire a farlo indica un grande salto di maturità e un distacco fisico che è diventato anche mentale. Al termine dell’esercizio di lontananza lo smartphone sarà sempre pronto a fornire tutti i messaggi, le notifiche e le email che nel frattempo sono arrivate a destinazione in silenzio ma con la stessa efficienza e rapidità.

Se la dipendenza è da schermo grande come quello di un televisore ad alta risoluzione, non potendo chiuderlo in un cassetto o spostarlo in un armadio, perché troppo pesante, lo si può sempre coprire con una coperta rendendolo invisibile. Non c’è bisogno di impacchettarlo ma di renderlo invisibile in modo da poter allenare la mente alla sua assenza e di non farsi condizionare. Molti schermi televisivi sono così belli e attraenti da diventare specchi cognitivi che riflettono bisogni e desideri prima ancora che immagini di sé o dell’ambiente. L’impossibilità di specchiarvisi aiuta a riconciliarsi e a ricongiungersi con l’immagine di sé che la mente ha, andando a cercare un benessere fisico non dipendente da alcuna immagine elettronica o dispositivo tecnologico. Se non si dispone di una coperta lo stesso risultato si può ottenere staccando la spina.

Genitori Tecnorapidi intelligenti possono fornire un supporto importante ai loro figli allestendo spazi domestici o stanze completamente libere da schermi tecnologici. Una possibilità che non tutti i genitori possono esercitare per mancanza degli spazi fisici per provarci o della consapevolezza dell’importanza di una scelta di questo tipo (quante famiglie hanno introdotto un televisore in cucina e quanti genitori permettono a tavolo lo schermo di uno smartphone o tablet sempre accesi a tavola?).

Un altro utile suggerimento per limitare l’uso di uno schermo è di ridurre al minimo le APP caricate sul dispositivo mobile. La cancellazione di APP deve essere guidata dal pensiero molto semplice relativo alle interruzioni frequenti che possono causare, ai loro richiami ad usarle e soprattutto al tempo che sono in grado di rubare. La maggior parte delle APP sono state disegnate per creare dipendenza e di farlo sfruttando al meglio le caratteristiche e le qualità dello schermo e delle sue interfacce che fanno da calamita per usi prolungati e frequenti. Per capire il livello di dipendenza da applicazioni tecnologiche l’unico approccio efficace è di star loro lontani o di eliminare la possibilità di usarle.

I genitori Tecnorapidi interessati a ridurre la dipendenza da video dovrebbero evitare di installare schermi televisivi in auto o di accettare che i loro ragazzi passino l’intero tempo del viaggio o del trasferimento incollati allo schermo dei loro telefonini. L’auto può essere un luogo per praticare la virtù claustrale del silenzio o lo spazio sociale per eccellenza, date le sue dimensioni e l’ambiente amichevole che solitamente ispira. In auto un ragazzo può anche essere spronato a leggere, una attività che andrebbe suggerita anche tra le mura domestiche come una ulteriore alternativa allo schermo e un modo per scoprire  altre forme di incantamento e coinvolgimento. Sicuramente meno visuale ma altrettanto magnetico e affascinante.

Se le azioni suggerite fin qui sono state intraprese e hanno funzionato ai genitori Tecnorapidi non rimane che proporre delle alternative o osservare quelle che i loro ragazzi hanno deciso di sperimentare. Le alternative sono senza limiti e possono puntare allo sport e alle attività all’aperto per allenare il corpo e creare benessere fisiologico, allo sport mentale attraverso la lettura e altre forme di esperienza culturale, cognitiva o intellettuale, al lavoro manuale e alla creatività artistica e artigianale e all’incontro con persone reali.

Buona parte della dipendenza da schermo deriva dai videogiochi, applicazioni software pensate e disegnate in modo accurato per creare un collegamento stretto tra gioco, potenza e magnetismo del display che crea dipendenza. Le alternative di gioco ci sono ma sono probabilmente poco praticabili da ragazzi che hanno buttato da tempo i giochi tradizionali, a meno che i loro genitori non abbiano instillato loro il gioco degli scacchi o della più tradizionale dama.

Liberarsi dalla dipendenza dello schermo può essere un esercizio solitario o in compagnia di altri. Trovare amici, familiari o compagni di scuola con cui condividere la ricerca della lontananza dalla tecnologia e dai suoi schermi è la soluzione ideale per riuscirci. Un amico può fornire un aiuto a non ascoltare il richiamo dello schermo, fornire alternative a far aumentare le possibilità di successo nell’impresa. Quello che è un obiettivo individuale potrebbe essere socializzato familiarmente e diventare un obiettivo di tutti, genitori Tecnorapidi compresi, chiamati a dare il buon esempio e a rinunciare per primi ai grandi schermi televisivi dai quali sono generazionalmente dipendenti.

Il genitore che vede i progressi dei figli nel distaccarsi dallo schermo dovrebbero implementare meccanismi di ricompensa o premio che possono tradursi in acquisti, viaggi o altri regali capaci di favorire ancor più la disintossicazione tecnologica in corso.

Il risultato della lontananza dalla tecnologia dovrebbe tradursi in una maggiore vita sociale nella vita reale e di persona. Un’esperienza diversa da quella sempre più praticata nei mondi virtuali della Rete e attraverso avatar o profili artificiali e statici. Socializzare nella vita reale non è facile per tutti ma provare l’esistenza di una socialità possibile al di fuori dei social network potrebbe far scoprire forme di vita sociale ritenute desuete e superate e che sono invece ricche di opportunità e generatrici di benessere reale.

Un aiuto a combattere la dipendenza dallo schermo può venire anche dal fatto di raccontarlo. Condividere le proprie esperienze, anche attraverso strumenti tecnologici, e aiutare altri a ottenere gli stessi risultati, rafforza la motivazione a continuare nella buona pratica di ridurre il tempo di esposizione ad uno schermo. 

Interagire con i ragazzi Tecnorapidi sulla loro dipendenza tecnologica sembra essere diventata una battaglia persa in partenza e impossibile. In realtà è una battaglia difficile in una guerra che può essere vinta e che vale comunque la pena di essere combattuta. Per farlo bisogna sapere elaborare nuova consapevolezza, e prendere alcune decisioni pragmatiche e capaci di generare azioni concrete. Implementare anche solo alcune delle decisioni prese significa trovare maggiore forza per continuare lo sforzo. Fallire o semplicemente non agire per pigrizia significa rinviare i problemi e non aiutare i ragazzi ad una maggiore consapevolezza nell’uso della tecnologia.

Alcuni suggerimenti pratici per allontanare i ragazzi dal potere magnetico dello schermo:

  • Vigilare sull’uso ma non obbligare a spegnere i loro dispositivi
  • Spiegare l’importanza del distacco e dell’assenza tecnologica per una vita fisica e mentale più sana, da sviluppare anche attraverso nuove abilità di tipo sportivo
  • Più che raccomandazioni verbali vale il buon esempio con comportamenti personali finalizzati alla riduzione del tempo passato davanti ad uno schermo, anche televisivo e impiegato in attività, come la lettura di un libro, che potrebbero creare comportamenti emulativi
  • Per comprendere il fenomeno cominciare a osservare i comportamenti dei ragazzi e a misurare la quantità di tempo spesa in famigli davanti ad uno schermo e a usare un dispositivo tecnologico per attività diversa da quelle scolastiche o lavorative
  • Se non è possibile convincere i ragazzi a ridurre i tempi al computer, spingerli a interruzioni frequenti con attività di tipo fisico e movimento
  • Definire regole familiari che impongono limiti o regole nell’uso domestico di apparecchi tecnologici
  • Creare degli spazi domestici privi di gadget tecnologici e trasformare il tempo conviviale del pasto in tempo conversazionale e dialogico
  • Elaborare nuove idee che possano tradursi in reali alternative al computer o al videogioco o riescano a sottrarre tempo ad essi solitamente dedicato
  • Meglio evitare ricatti o punizioni legate all’uso della televisione o dello smartphone
  • Affiancare i bambini e gli adolescenti nella loro esperienza televisiva (solitamente più di due ore giornaliere per i bambini al di sotto dei sei anni ma quattro ore per quelli dagli 8 ai 18) per comprendere meglio quali ne possano essere gli effetti consumeristici e intervenire dialogicamente per tempo con l’obiettivo di evitare problemi di obesità, aggressività, difficoltà scolastiche, dipendenza consumeristica alle pubblicità commerciali e maggiore esposizione ai rischi da tecnologia
  • Non avere paura a prendere decisioni impopolari con l’obiettivo di incoraggiare comportamenti alternativi a quelli dettati o piegati all’uso di strumenti tecnologici e di spiegarle ai ragazzi
  • Giocare con i ragazzi, anche affiancandosi a loro nel loro tempo tecnologico
  • Molti comportamenti dipendenti dalla tecnologia dipendono da problemi nella vita reale. Più che spegnere la televisione i genitori dovrebbero dedicare più tempo alla vita dei loro ragazzi
  • In casi estremi può essere necessario rimuovere televisori, computer e connettività Wi-Fi dai locali domestici. Farlo potrebbe cambiare radicalmente la vita familiare, compreso quella dei genitori. Non sarebbe un ritorno al passato ma un modo per reinventare il futuro
  • Intervenire sempre cercando di evitare guerre familiari e generazionali e inutili conflittualità

Non tutti gli studiosi del fenomeno delle dipendenze tecnologiche condividono la loro assimilazione a quella da abuso di sostanze. Anche se l’associazione non è scientificamente possibile è interessante notare come la semplice sostituzione della parola schermo alla parola droga, può delineare una serie di domande utili a individuare nei ragazzi i sintomi di una dipendenza e la sua eventuale pericolosità. Queste domande, tratte da un documento sulla prevenzione dell’uso di droga e alcool, potrebbero essere usate dal genitore per verificare lo stato di dipendenza del figlio da uno schermo tecnologico:

  • Mi hai mai manipolato o mentito per ottenere maggiore tempo a disposizione per giocare o navigare online o sul tempo ad esso dedicato?
  • Usi solitamente uno schermo tecnologico quando vai a letto o ti svegli?
  • Eviti di frequentare luoghi che non approvano l’uso che fai di uno schermo tecnologico (smartphone, tablet, ecc.)?
  • Le tue prestazioni lavorative o scolastiche stanno soffrendo a causa del tempo che passi davanti a uno schermo?
  • Hai mai provato a diminuirne l’uso o a spegnerlo?
  • Hai problemi con i pasti, il sonno e l’organizzazione della vita quotidiana?
  • Quanto ti spaventa l’eventuale privazione o proibizione nell’uso di uno schermo?
  • Riesci a immaginare una vita senza schermi?
  • Ti sei mai chiesto se stai perdendo il senno?
  • L’esposizione eccessiva allo schermo sta rendendo la tua vita familiare più infelice?
  • Hai mai pensato di poter essere soddisfatto e felice anche senza tecnologie e schermi accesi?
  • Non ti sei mai sentito in colpa per l’eccessivo tempo passato davanti ad uno schermo?
  • La tua testa è spesso focalizzata sulla tecnologia, i suoi schermi e i suoi prodotti?
  • Sei mai ricorso allo schermo come semplice via di fuga o per gestire una situazione di stress o di affanno emotivo?
  • Continui a farne uso nonostante gli effetti negativi che constati o percepisci?
  • Non credi di avere un problema da dipendenza tecnologica e dallo schermo acceso di un computer? 

Videogiochi

Il fenomeno della dipendenza da videogioco (oggi anche gioco online, gambling, gioco d’azzardo online e gioco multiutenza) è studiato da tempo per la sua diffusione, longevità e dannosità dei suoi effetti. Interessa persone di tutte le generazioni ma soprattutto adolescenti e nuove generazioni di nativi digitali. Il problema non è isolato e si manifesta in forme simili in ogni parte del mondo tecnologizzato. In questo ambito il digital divide è limitato, tutti i ragazzi in grado di accedere a un gioco tecnologico sono a rischio dipendenza.

I numerosi studi effettuati hanno portato alla produzione di una consistente letteratura e di materiali utili a fornire aiuto, supporto e suggerimenti pratici oltre all’offerta di pratiche e servizi di tipo clinico, psicologico (psichiatrico), educativo e assistenziale. Non esiste una bibbia a cui i genitori Tecnovigili possono affidarsi per trovare utili consigli e gestire eventuali dipendenze da videogioco o gioco online ma le risorse disponibili in rete sono innumerevoli e sufficienti a fornire le informazioni e le conoscenze di cui molti genitori hanno bisogno. Sia per tranquillizzarsi sull’entità, incidenza e diffusione del fenomeno sia per apprendere cosa fare.

La preoccupazione per una possibile dipendenza da giochi tecnologici è legittima ma il genitore Tecnovigile deve considerare anche l’aspetto ludico e la funzione del gioco nello sviluppo sano dell’individuo e nell’apprendimento delle regole e dei ruoli che servono alla costruzione del sé e alla socializzazione. L’attenzione deve essere rivolta agli abusi e alle caratteristiche dei giochi tecnologici che, se usati in eccesso, possono generare forme di disagio e evolvere in problematiche di tipo patologico.

Come per altre forme di dipendenza, la prima cura praticabile da un genitore Tecnovigile nasce dalla capacità di comprendere quando una pratica di gioco online o videogioco è passata dall’essere occasionale, ricreativa e divertente a compulsiva, ripetitiva, stressante e causa di ansie e forme di depressione.

Cogliere i sintomi di una dipendenza emergente non è facile. La sua scoperta non deve allarmare. La dipendenza da videogioco non è ritenuta da tutti gli studiosi come una patologia o un reale disordine psichiatrico, anche quando si manifesta nella forma di incapacità a controllare i propri impulsi, una condizione tipica del gioco d’azzardo ma anche dei comportamenti cleptomani e piromani.

Prima di cominciare a preoccuparsi

La dipendenza da sostanze è un problema, quella da videogioco può diventarlo, anche senza connotarsi come disturbo clinico.

Il videogioco e il gioco online nei loro aspetti psicologici, educativi e sociali e come ogni altro tipo di gioco,  sono strumenti di attività ludica capaci di generare effetti positivi come lo sviluppo di abilità cognitive e mentali (immaginazione, percezione sensoriale, ecc.), sociali e relazionali (ruoli, interazione, comunicazione, ecc.)  la formazione della personalità, l’apprendimento di regole e l’integrazione sociale.

Il gioco tecnologico con i suoi irresistibili schermi non è solo portatore di rischi psicofisici e dipendenze varie, connesse ad un abuso o utilizzo spropositato dello strumento, ma anche di effetti positivi per la sua capacità di:

  • Produrre stimoli, in particolare quelli sensomotori, migliorare (educare) le abilità manuali e percettive e la coordinazione oculo-motoria attraverso l’interazione visiva (schermo), motoria (tastiera, joystick, ecc.), tattile (display) e il coordinamento dei movimenti (mano-schermo)
  • Sviluppare i processi mentali come risultato di una elevata capacità di concentrazione e attenzione. Processi che danno forma a nuove sinapsi e a collegamenti inediti delle cellule cerebrali che sono state attivate dal gioco
  • Migliorare la velocità di riflessi e la capacità di reazione
  • Favorire l’intuizione e il pensiero ipotetico attraverso azioni di gioco che obbligano il giocatore a scoprire o intuire le regole di gioco, a scoprire i ruoli dei personaggi che lo popolano e a risolvere problemi in tempi molto rapidi
  • Stimolare la comprensione di una trama (del gioco come della vita) e dei compiti da svolgere
  • Stimolare la capacità di comprendere i compiti da svolgere e facilitare il pensiero induttivo e di rappresentazione del sé e del mondo
  • Aiutare nella riabilitazione di disturbi dell’apprendimento
  • Abituare a lavorare per obiettivi, a gestirli, misurarli e stratificarli in base a attività, priorità e finalità
  • Facilitare lo sviluppo della capacità di autocontrollo e di gestione delle emozioni che sempre accompagnano ogni attività e esperienza umana
  • Sviluppare la personalità in termini di capacità decisionale, di saper scegliere e rapidità nelle scelte, gestione delle difficoltà e delle emozioni,  capacità a intraprendere azioni e iniziative
  • Portare alla conoscenza e all’approfondimento di tematiche specifiche legate alla tipologia del gioco, alla sua ambientazione, alla logica e alle modalità di gioco, agli ambiti competitivi da cui è caratterizzato
  • Utilizzare un gioco a scopi educativi e formativi

Il lungo elenco di effetti positivi dall’uso del gioco tecnologico evidenzia come la dipendenza nasca in realtà da un abuso del mezzo o del gioco e dal tipo di utilizzo incondizionato, senza regole e spropositato che se ne può fare.

Segnali dell’insorgenza di una potenziale dipendenza

Il genitore Tecnovigile può riconoscere l’emergere di una possibile dipendenza dall’affermarsi di problemi fisici, psicologici e comportamentali e di nuove abitudini che portano i ragazzi a:

  • Giocare di nascosto o, quando interrogati, negare di avere giocato. Due comportamenti che indicano l’ossessione per il gioco e che li porta a pensare, informarsi e a parlare solo di giochi e che impedisce loro di concentrarsi su altre cose o attività.
  • Sacrificare al gioco online tempo solitamente dedicato ad attività domestiche, di tempo libero e scolastiche
  • Manifestare problematiche psichiche di carattere dissociativo, riduzione della facoltà critica e scollamento dalla realtà
  • Negoziare con insistenza con i genitori per ottenete maggiore tempo a disposizione per il gioco e assumere posizioni difensive di fronte alla crescente preoccupazione, frustrazione e irritazione dei genitori
  • Continuare a giocare come via di fuga dalla realtà e da situazioni personali negative o stressanti
    • Manifestare stati di ansietà, stress e depressione
    • Compiere o cadere vittime di atti di bullismo digitale
    • Alienarsi le relazioni con familiari e amici
    • Perdere la sensibilità nei confronti di scene e fatti di violenza: secondo gli psicologi bastano 20 minuti di esposizione continua per determinare il calo di sensibilità e l’assuefazione
    • Manifestare irritabilità, frustrazione, incapacità a concentrarsi e distrazione eccessiva, se impossibilitati a giocare, soprattutto quando la lontananza dal gioco si prolunga nel tempo
    • Dormire meno e dormire male, mangiare male e soffrire di mal di testa, tunnel carpale, dolori cervicali e agli occhi
      • Perdere interesse per attività, hobby, interessi diversi dal gioco
      • Ignorare l’igiene personale e la cura, anche estetica, di sé
      • Mentire, anche a se stessi, o accampare scuse e motivazioni inesistenti sul tempo dedicato al gioco tecnologico
      • Spendere quantità di denaro crescenti e senza ragione nell’acquisto di nuovi giochi o, nei giochi online e con le APP Mobile, per pagare l’accesso a nuovi livelli di gioco e attivare nuove funzionalità
      • Cadere vittime di altre sostanze, come alcool e droghe, usate anche per sostenere ritmi e fatiche causate dal gioco stesso
      • Perdere interesse per le attività scolastiche e la vita sociale della scuola e manifestare difficoltà nel raggiungimento di risultati positivi
      • Pensare in continuazione al gioco online anche quando si è scollegati, sognandolo e desiderandolo più di ogni altra cosa o attività
      • Sentirsi calmi, euforici e coinvolti quando impegnati nel gioco, meno quando non lo si è
      • Sottovalutare impatti e effetti dell’eccessivo uso del gioco online e giustificare il tempo ad esso dedicato
      • Sviluppare una percezione distorta del tempo e perdere la nozione del tempo quando si è in rete o impegnati in un videogioco
      • Perdere il controllo di se stessi durante la pratica di gioco
      • Sentirsi in colpa per avere preferito il gioco ad una attività di gruppo, con amici, familiari o conoscenti
      • Diventare aggressivi contro adulti interessati a prevenire una potenziale dipendenza limitando l’accesso alla rete o al videogioco
      • Continuare a giocare anche a tavola usando il proprio dispositivo smartphone o tablet
      • Dedicare eccessivo tempo online parlando di videogiochi e giochi online in forum, chatroom, comunità dedicate e social network
      • Declinare inviti sociali e legati ad attività nella vita reale
      • Dover gestire le osservazioni di amici e conoscenti sull’eccessivo tempo passato a giocare
      • Incolpare gli altri della dipendenza
      • Diminuire o eliminare sane pratiche sessuali

Il genitore Tecnovigile deve conoscere i problemi che nascono dalla dipendenza da gioco tecnologico e contestualizzarli nelle diverse esperienze di ognuno dei ragazzi coinvolti. La dipendenza non ha lo stesso impatto su coloro che ne sono vittime ma si manifesta sempre sul piano emotivo, finanziario, familiare, sociale e di benessere fisico. I problemi emotivi si manifestano in forme più o meno gravi di depressione, solitudine, ansietà sociale, paure e preoccupazioni. Quelli finanziari riguardano meno i ragazzi ma comportano in genere una spesa crescente in strumenti e soluzioni tecnologiche finalizzate ad avere computer più potenti, console di gioco di ultimissima generazione, nuovi giochi e APP, schermi più grandi, sottoscrizioni a servizi e giochi più costosi. Il peso finanziario, nel caso di dipendenza che coinvolge adolescenti e ragazzi, finisce per gravare sui genitori e il loro bilancio familiare. Le continue richieste di nuovi acquisti tecnologici è un ulteriore sintomo di una dipendenza che si va formando e richiede un rapido intervento preventivo.

Il benessere personale può essere messo a rischio dalla minore propensione ad attività fisiche che porta a manifestazioni di obesità, oltre che a problemi legati al sonno, alla dieta e all’igiene. Socialmente la dipendenza incide nella vita sociale dei ragazzi e nella loro abilità a relazionarsi con gli altri nella vita reale ma anche in quella virtuale online. Le difficoltà maggiori possono nascere in famiglia, possono essere la causa di maggiore dipendenza ma soprattutto di conflitti inter-generazionali che possono sfociare in violenze verbali e/o fisiche.

Non tutti i giochi sono uguali

Dalla loro prima apparizione negli anni 70 e 80 e prima che colonizzassero i salotti di casa ad oggi i giochi digitali sono proliferati in un numero infinito di categorie e tipologie di gioco tra loro diverse: videogiochi, giochi online, giochi multiutente, giochi di avventura, di simulazione, di guerra e sparatutto e di azione.

Tutti i giochi si propongono inizialmente come strumenti di passatempo, intrattenimento e divertimento ma tutti sono pensati e studiati per creare qualche forma di coinvolgimento che può trasformarsi in dipendenza. Tutti possono generare dipendenza ma alcuni giochi sono più a rischio di altri e andrebbero studiati con maggiore attenzione da parte dei genitori Tecnovigili.

A determinare rischi di dipendenza più o meno elevati sono le caratteristiche e le tipologie del gioco. Sviluppatori, grafici, responsabili marketing lavorano sintonizzati con l’obiettivo di rendere il gioco più accattivante, interessante e per aumentare il tempo di gioco ad esso dedicato dall’utente. Lo strumento di fidelizzazione è il gioco stesso, la logica e l’organizzazione del gioco, unitamente ai meccanismi premianti sono le armi utilizzate per facilitarla e incentivarla. Le difficoltà del gioco sono fatte per essere sfidanti ma superabili, in modo da poter continuare a giocare e ottenere gratificazioni successive. Gli approcci usati per catturare attenzione, risorse e tempo del giocatore si basano su pochi elementi quali:

  • Il punteggio: incentivo a superare i punteggi massimi ottenuti da altri e superare i propri
  • La sfida: molti giochi comportano una vera e propria sfida con l’utente. Il desiderio di vincere sulla macchina, superando nuovi livelli di gioco o difficoltà è tale da spingere a giocare e competere in continuazione, soprattutto se a vincere continua a essere la macchina del gioco
  • Il gioco di ruolo: alcuni giochi permettono di usare avatar a cui associare personalità, caratteristiche e ruoli diversi che contribuiscono a modificare creativamente il gioco ma anche a creare un coinvolgimento emotivo forte che può generare nuova dipendenza
  • L’esplorazione: alcuni giochi si basano su esperienze esplorative e di scoperta all’interno di mondi immaginari e fantascientifici. La dipendenza nasce in questo caso dall’essere in viaggio, dalle scoperte che ne derivano, dalle novità che lo caratterizzano e dal desiderio di arrivare a destinazione per scoprire l’origine del tutto
  • La relazione: i giochi multiutente si basano spesso sulle relazioni tra giocatori e i loro ruoli. Il gioco sociale e comunitario sostituisce la socialità della vita reale e soddisfa bisogni concreti dei giocatori, crea senso di appartenenza e bisogni crescenti di nuova socialità e condivisione
  • La circolarità: alcuni giochi come i Massive Multiplayer Online Role Playing Games (MMORPG) sono senza fine, senza destinazione finale, senza vittorie definitive ma si riproducono in una circolarità che obbliga il giocatore a ripartire in continuazione
  • L’attrattività della sceneggiatura: molti giochi per ragazzi mirano a mostrare l’attrattività dei mondi virtuali rispetto alla noia e tediosità di quelli reali
  • Il comportamento:  molti giochi applicano regole, trucchi, trappole derivate dagli studi della psicologia comportamentale, che suggeriscono come la mente reagisce in determinati contesti, e finalizzati a provocare reazioni, impulsi e forme di apprendimento

Cosa fare per prevenire la dipendenza 

Prevenire il rischio dipendenza da videogioco serve ad evitare gli effetti della compulsione ed è un obiettivo possibile, basta non farsi prendere dal panico, mettere in atto opportune misure e pratiche di supervisione e attenzione e stabilire una interazione positiva con i ragazzi.  

La dipendenza da videogame può essere superata, deve solo essere adeguatamente compresa, contestualizzata e gestita con l'imposizione di alcune regole e divieti, tanto dialogo e nessuna criminalizzazione. 

Gli interventi possibili possono determinare azioni, iniziative e comportamenti: 

  • La prima regola per una possibile prevenzione nasce dall’assumersi la responsabilità individuale e genitoriale di interessarsi pro-attivamente alle attività di gioco digitale dei ragazzi. Il problema non nasce dalla tecnologia o dal gioco ma dalla comprensione del loro potenziale ruolo nel generare dipendenza e dalla consapevolezza dei potenziali rischi
  • La seconda regola prevede di identificare l’entità del problema e degli impatti che può avere sulla vita dei ragazzi mantenendo sempre un approccio positivo spiegando il tutto ai ragazzi o suggerendo loro dove trovare informazioni utili a crearsi in autonomia maggiore consapevolezza
  • La terza buona regola è di incoraggiare nei ragazzi alternative valide ai videogiochi e al gioco online, in particolare attività che comportano movimento fisico, vita all’aria aperta e maggiore socializzazione
  • Inutile incolpare sviluppatori e produttori di giochi e criticare la loro abilità nel disegnare e implementare giochi capaci di attrarre, sedurre e rendere dipendenti utenti e giocatori. Meglio focalizzarsi sull’uso intelligente della tecnologia e del gioco che viene fatto da parte del ragazzo e sulla sua capacità a difendersi
  • L'imposizione di alcune regole sul quando, dove e quanto giocare e su quale tipo di gioco praticare. Ogni momento di gioco potrebbe essere concesso solo come premio per attività diverse da quelle digitali e online ad esempio la lettura di un libro, una nuotata in piscina, la visita di una mostra, ecc.
  • Limitare il tempo cumulativo passato davanti allo schermo (non solo per il gioco), prevedere dei giorni di astinenza assoluta e definire eventuali punizioni se i tempi prefissati non sono stati rispettati
  • Suggerire giochi sociali che obbligano al confronto con altre persone e con la realtà
  • Escludere computer e schermi vari dalle camerette dei figli e assicurarsi che il gioco non avvenga di notte a spese di sonno e buon riposo
  • Attivare canali di comunicazione aperti per investigare le reali motivazioni al gioco e incoraggiare attività alternative
  • Aprirsi alla comunicazione con altri genitori, con insegnanti e associazioni per condividere percezioni e problemi e individuare buone pratiche da adottare e applicare
  • Prestare particolare attenzione affinché il gioco che ha causato dipendenza non sia un gioco d’azzardo o di scommesse online (poker, slot machine, ecc.). Questi tipi di gioco possono generare una dipendenza di tipo patologico e di tipo clinico con effetti negativi non solo finanziari (perdita di denaro) e psicologici ma anche di tipo psichiatrico
  • Non confondere la passione, la determinazione a portare a termine un gioco, la ricerca di un punteggio alto o di battere un record come dipendenza. Molti giochi sono solo divertenti, generano un abuso ma non la dipendenza e possono anche essere interessanti e coinvolgenti come i giochi di avventura o ambientati in contesti di vita reale come il calcio o le corse d’automobili 

Studio sociale del fenomeno, informazione, educazione, proposizione di alternative sono tutti approcci utili a prevenire una dipendenza molto tecnologica perché legata alle molteplici opportunità di gioco offerte da console di gioco, smartphone, tablet, computer e Internet. 

La semplice proibizione non serve a nulla e può impedire di sfruttare le numerose opportunità offerte dagli strumenti tecnologici. 

Regole, limitazioni e messe in guardia devono essere accompagnate da azioni concrete quali: 

  • L’affiancamento e il monitoraggio delle attività di gioco online dei ragazzi
  • Dedicare tempo ai ragazzi e aiutarli/affiancarli nella scelta dei loro giochi
  • Aiutare i ragazzi a sviluppare auto-controllo e capacità di valutazione nelle scelte autonome dei loro giochi
  • Proporre alternative attrattive e interessanti per occupare il tempo libero
  • Discutere con i ragazzi sulle varie tipologie di gioco disponibili, sui loro contenuti, sulle motivazioni al gioco e il tempo ad esso dedicato
  • Controllare periodicamente i contenuti e le finalità dei giochi
  • Partecipare in prima persona a attività sportive anche con l’obiettivo di stimolare emulazione e condivisione dell’esperienza
  • Allocare computer e schermi tecnologici in modo che possano essere visibili e controllabili
  • Suggerire una pratica di gioco alternata da pause e momenti di riposo e relax oltre che da lontananza dallo schermo
  • Controllare e se serve limitare l’accesso a Internet
  • Prestare particolare attenzione ai giochi online, solitamente senza fine e giocabili in compagni di altri giocatori 

Come allontanare i Tecnorapidi dal videogioco

I numerosi studi condotti fin qui sulle dipendenze da videogioco e sulle videomanie hanno prodotto numerosi suggerimenti che possono essere raggruppati principalmente in tre regole di comportamento fondamentali (vedi lo studio di Alonso-Fernandez del 1999). 

Con l’obiettivo di mettere sotto controllo la dipendenza le regole auree sono le seguenti: 

  • Intervenire sulla quantità di tempo dedicato al gioco. Non dovrebbe mai superare l’ora giornaliera e non dovrebbe diventare una pratica quotidiana e stabile. I ragazzi che non riescono a gestire quantitativamente il loro tempo di gioco tecnologico dovrebbero essere affiancati dai genitori e guidati nell’uso del loro tempo
  • La seconda regola impone di intervenire sulle modalità con cui si gioca e sulla qualità del consumo di gioco. I ragazzi dovrebbero essere invitati a fare pause frequenti, brevi, di soli dieci minuti, ma ripetitive per rompere la connessione al dispositivo e soprattutto per allontanarsi, anche con lo sguardo, dallo schermo e dal display. I muscoli oculari hanno bisogno di riposare così come la mente ha bisogno di staccare, sconnettersi e uscire dai mondi digitali tecnologici
  • Altra buona regola è alternare il gioco tecnologico con altre attività on modo da organizzare e occupare il tempo libero anche con attività che inducono movimento, attività fisica, contatto con la natura e relazioni sociali, non più nei mondi virtuali della Rete, ma nella realtà
  • Non bisogna mai alterare o impedire le normali attività fondamentali che caratterizzano la vita di ogni giorno come i pasti, il sonno, l’igiene personale, il lavoro
  • Aiutare la socializzazione
  • Prevenire, prevenire, prevenire 

In sintesi 

Tutti i genitori, soprattutto se appartenenti alla categoria degli immigrati digitali, devono confrontarsi con una realtà saturata dalla tecnologia e dai nuovi media digitali. Come conseguenza di una incapacità percepita a affrontare e gestire i problemi emergenti come effetti della tecnologia, può derivare un sentimento di smarrimento e di difficoltà. 

Le buone notizie per i genitori vengono dai numerosi studi scientifici che dimostrano quanto essi siano in realtà in una posizione determinante per accompagnare i loro ragazzi a crescere in modo sano, sereno e tranquillo e a trarre vantaggio dalle enormi potenzialità che la tecnologia offre loro. L’obiettivo è raggiungibile diventando genitori Tecnovigili capaci di comprendere l’uso che i ragazzi fanno dei videogiochi, di imporre alcune regole e buone pratiche nell’uso dello schermo e di certi contenuti e soprattutto di parlare ai ragazzi in modo da costruire con loro una mediazione dialogica attiva e perseverante nel tempo, capace di ascoltare, comprendere, spiegare, proteggere e guidare. 

Inutile vietare o imporre regole improntate ai timori e alle paure. 

L’educazione dei figli è come un tiro alla fune continua che non può portare sempre alla vittoria di una sola parte. La fune è da tirare quando serve ma non sempre e qualche volta bisogna lasciare che i ragazzi, soprattutto se Tecnorapidi, possano vincere a modo loro, ad esempio imponendo modalità di gioco e tipologie di gioco vissute come coerenti con la loro ricerca di maturazione e di affermazione del sé. In questi casi il genitore Tecnovigile deve abbandonare l’approccio rigido, gerarchico e censorio ma anche quello troppo protettivo o amichevole. L’approccio del genitore Tecnovigile deve essere mobile come lo è la tecnologia, deve fare i conti con i cambiamenti continui e la dinamicità dei contesti tecnologici partecipati e sperimentati dai ragazzi. 

Più che impedire l’accesso o le vie da percorrere, conviene informarsi per tempo delle vie percorribili e tracciare percorsi sui quali accompagnare i propri figli, fare loro da apripista e da filtro. In una parola è necessario diventare Tecnovigili e maturare una maggiore consapevolezza del ruolo che la tecnologia, anche nella forma ludica del videogioco e del gioco online, ha ormai acquisito nella vita dei ragazzi e in ogni fase della loro crescita. 

Frodi e consumismo digitale

Negli ultimi decenni la cultura consumistica ha avuto impatti importanti ma anche effetti negativi nello sviluppo delle nuove generazioni. Multinazionali e grandi marche hanno investito grandi quantità di denaro per persuadere al consumo audience più facili da conquistare per la loro età anagrafica e per la loro predisposizione alla ricerca della felicità attraverso prodotti e beni di consumo. Una ricerca che coinvolge anche i loro genitori, spesso responsabili e vittime al tempo stesso del consumismo dei loro figli.

Si parla spesso di abusi e effetti negativi derivanti dalla interazione delle nuove generazioni con le tecnologie senza tenere conto che oltre  al sexting, al bullismo digitale e alla dipendenza tecnologica, esiste anche una forma più subdola di dipendenza che si manifesta nel controllo e nella manipolazione dei ragazzi a scopi puramente marketing e commerciali.

Le ricerche e gli studi sul tema sono numerose. La maggior parte di esse ha evidenziato l’impatto negativo, spesso come conseguenza di una impostazione errata della ricerca o di pregiudizi verso il consumerismo capitalistico attuale. L’argomento è problematico e lo sono anche le ricerche effettuate e i loro risultati. La problematicità nasce da due visioni differenti, la prima che vede un rapporto negativo di causa-effetto tra i nuovi media digitali e la propensione al consumismo, la seconda che evidenzia il ruolo creativo e produttivo (partecipativo) del giovane consumatore alla sua esperienza consumistica. Nessuna delle due visioni è senza elementi equivoci e di contraddittorietà. Qui mi limito semplicemente a sottolineare il ruolo che i genitori possono giocare nell’aiutare i loro figli a diventare consumAttori piuttosto che consumatori passivi e, come tali, più facili prede future di messaggi e iniziative marketing e pubblicitarie invasive e manipolatorie.

Il consumismo come effetto dell’uso della tecnologia deve essere compreso nelle sue dinamiche attuali, non necessariamente negative. Adulti (baby boomers) e giovani generazioni (nativi digitali) condividono comportamenti e valori così come il protagonismo da consumAttori nella relazione con i prodotti e i loro marchi. La necessità di prestare attenzione al fenomeno nasce dalla costatazione del ruolo manipolatorio dei media tecnologici e dell’uso che le grandi marche ne fanno a scopi puramente pubblicitari e commerciali.

I ragazzi nativi digitali, sono protagonisti e attori della nuova rivoluzione dei consumi ma sono diventati anche un target importante per il loro potere di acquisto e per la loro capacità a condizionare i processi decisionali di acquisto degli adulti. Molti genitori sono oggi disponibili a soddisfare i bisogni tecnologici e consumistici dei loro ragazzi per una loro maggiore disponibilità economica (ridotta in questi ultimi anni dalla crisi economica in corso), perché hanno figli unici, perché compensano il senso di colpa genitoriale con sostituti e prodotti materiali e perché sembrano condividere il messaggio dei media che il consumo è all’origine della vera felicità.

I ragazzi sono consapevoli delle motivazioni che sottendono molti atteggiamenti dei genitori e sono molto abili nello sfruttarne i loro sensi di colpa e le loro debolezze. Per ottenere quello che vogliono parlano chiaro, chiedono, pretendono e impongono ai loro genitori l’acquisto di nuovi prodotti, soprattutto di quelli tecnologici e in particolare di smartphone e lettori musicali. Le loro fonti di conoscenza e spesso di acquisto sono strumenti tecnologici, media digitali e Internet, strumenti che praticano e frequentano da soli e di cui i genitori conoscono poco o meno di loro.  I produttori e le grandi marche al contrario conoscono bene il mezzo tecnologico e lo usano per favorire conoscenza e fedeltà alla marca, la costruzione di relazioni e interazioni utili a nuove esperienze consumeristiche utente, al passaparola virale e alla personalizzazione della comunicazione.

La tendenza al consumismo dei ragazzi è condizionata dalle nuove tecnologie digitali che hanno trasformato la comunicazione marketing e pubblicitaria in un processo scientifico potente e sottile che non si limita a suggerire cosa comprare ma quasi lo impone, dopo aver contribuito alla creazione degli stessi bisogni da soddisfare. Questa comunicazione è rivolta in modo crescente alle nuove generazioni (bambini di pochi anni di vita) allo scopo di alimentare culti del marchio e della marca, stili di vita e comportamenti di acquisto e di farlo con abili campagne che mirano alla manipolazione e al controllo. E’ una comunicazione che trova terreno facile nella cultura consumistica nella quale vivono gli stessi genitori e gli adulti, anche loro alla ricerca di nuove felicità attraverso il possesso di nuovi gadget tecnologici e di nuovi prodotti di consumo.

La vulnerabilità delle nuove generazioni di fronte all’azione delle grandi marche e alla loro capacità di trasformarle in potenziali audience di mercato, suggerisce ai genitori Tecnovigili di intervenire in modo attento e intelligente fornendo alle nuove generazioni le conoscenze che servono a sviluppare una adeguata comprensione dei rischi a cui sono soggette e una altrettanto adeguata conoscenza dei meccanismi marketing e commerciali implementati sfruttando le nuove tecnologie, le loro funzionalità e l’uso individuale e sociale che ne viene fatto. 

Proteggere figli, nipoti e ragazzi dal consumismo è missione quasi impossibile, soprattutto se ad essere vittime inconsapevoli di eccessivo consumismo sono gli stessi adulti e genitori. E’ missione impossibile anche se viene perseguita in solitudine, come singolo genitore o nucleo familiare. Lo è perché il consumismo giovanile è favorito e incentivato da attori del mercato che spendono annualmente decine di miliardi di euro per iniziative marketing capaci di manipolare, condizionare e determinare comportamenti e modelli decisionali di acquisto da parte dei più giovani. La missione diventerebbe meno impossibile se genitori, insegnanti e cittadini si impegnassero nella società per chiedere agli specialisti marketing, alle grandi marche e alle istituzioni  una attenzione maggiore verso i minori e il loro diritto ad una felicità non semplicemente determinata dal possesso di beni di consumo e di prodotti. 

Come indicato più volte in questo e-book, il primo passo per aiutare i propri ragazzi a difendersi dalla manipolazione marketing e dalla cultura del consumo (consumerismo) è la consapevolezza del fenomeno, delle motivazioni che lo alimentano e dei comportamenti che lo caratterizzano. Compreso il fenomeno e contestualizzatolo nelle esperienze di acquisto dei ragazzi il genitore Tecnovigile può affiancare i ragazzi nello loro esperienze tecnologiche di tipo consumeristico con l’obiettivo di aiutarli a comprendere le attività marketing e promozionali nelle quali sono costantemente coinvolti e a maturare atteggiamenti e abitudini consapevoli e critiche rispetto ai messaggi ricevuti. Può suggerire loro attività alternative lontane dai media tecnologici e dai dispositivi mobili e a valorizzare attività, eventi, fatti non legati ad un marchio o a una marca. 

Ogni genitore è anche un cittadino che agisce in contesti sociali nei quali, insieme ad altri, può operare per difendere diritti o promuovere iniziative pubbliche. La difesa dei ragazzi dall’eccessiva pubblicità e dal consumismo può essere più facilmente praticata in gruppo, parlando e condividendo le proprie preoccupazioni o idee con altri genitori e con gli insegnanti, organizzando incontri e seminari negli oratori o nelle scuole e incoraggiando iniziative diverse capaci di distogliere i ragazzi dalla tecnologia e dai messaggi consumeristici di cui è portatrice. 

Come genitori Tecnovigili è importante ricordare sempre che: 

  • I ragazzi sono, oggi più di ieri, alla ricerca disperata di consigli, linee guida e informazioni. L’aiuto serve loro per dipanare il surplus informativo e cognitivo che li avvolge e che impedisce al loro cervello di individuare utili vie di uscita e armi di difesa
  • Molte cattive pratiche nascono dalla non assunzione di responsabilità da parte dei genitori, dalla incapacità a imporre regole di comportamento e limiti, a informare e formare nel modo adeguato ai tempi tecnologici vissuti dai ragazzi
  • Le strategie e le tattiche marketing e commerciali sono evolute e possono trarre vantaggio dalla pervasività e ubiquità dei mezzi tecnologici. I ragazzi devono essere informati e istruiti sull’uso che viene fatto dei loro dispositivi a scopi commerciali e su come fare a difendersi elaborando una loro capacità critica e sviluppando nuove abilità di controllo della propria emotività, spesso sollecitata artatamente per condizionare processi decisionali e comportamenti di acquisto
  • Promuovere il distacco momentaneo dalla tecnologia e buone pratiche alternative indipendenti da Internet e dal mezzo tecnologico può facilitare nuove esperienze di consumo nelle quali è possibile esercitare maggiore controllo e consapevolezza
  • Le forme di apprendimento più significative nascono spesso dalla osservazione e dalla emulazione. L’attenzione dei ragazzi è rivolta a genitori e adulti che possono esercitare grande influenza semplicemente con le loro buone pratiche ed esempi di vita (stili di vita).
  • La tecnologia, in particolare quella mobile e dei media sociali, gioca un ruolo fondamentale nel catturare l’attenzione, le risorse e il tempo delle nuove generazioni. Esserne consapevoli è un primo passo per contribuire al loro benessere presente e futuro.
  • La migliore difesa passa attraverso l’educazione. Nessuna azione o decisione sarà in grado di bloccare il flusso di informazioni trasmesso ai ragazzi attraverso i loro dispositivi tecnologici. Molto può invece essere fatto per dare loro gli strumenti critici utili a gestire una relazione consapevole e positiva con una marca o un prodotto.
  • La pubblicità tende a proporre mondi immaginari e illusori che non esistono. Spiegare e svelare ai ragazzi le tecniche del marketing fornendo loro informazioni e conoscenze utili ad acculturarsi, significa fornire loro strumenti intellettuali e cognitivi per capire le strategie e le comunicazioni con elevati contenuti manipolatori. 

Molti ragazzi nativi digitali non possono fare affidamento sul loro pensiero critico semplicemente perché non ne hanno ancora la capacità. Vanno pertanto aiutati a discernere tra i numerosi messaggi che ricevono, a muoversi negli spazi digitali fortemente influenzati dalle marche e dai loro marchi e protetti dai potenziali abusi di operatori che agiscono con l’unica finalità di sfruttare la loro propensione all’acquisto come segmento di mercato. 

Non tutti i genitori condividono una visione preoccupata per l’eccessiva propensione al consumismo dei loro figli, molti anzi vi vedono semplicemente un mezzo per soddisfare bisogni e desideri e per farlo con leggerezza, divertendosi e raggiugendo livelli diversi di felicità. Tutti i genitori consapevoli e Tecnovigili dovrebbero però porsi alcune domande. Le risposte che ad esse si daranno serviranno a guidare le loro azioni e i loro interventi da educatori nei confronti dei loro figli. 

Le domande da porsi sono di tipo etico, economico, sociale, psicologico: 

  • La trasformazione dei ragazzi, fin dalla tenera età, in un mercato significa che vanno considerati come consumatori adulti?
  • Che strumenti e quali modelli possiamo utilizzare per analizzare i loro comportamenti di acquisto?
  • Quali sono le reali capacità dei ragazzi di comprendere fino in fondo i messaggi marketing a loro rivolti e quali strumenti di difesa sono in loro possesso?
  • Quanto sono consapevoli i genitori di avere contribuito nella realtà, sostenendo gli acquisti frequenti dei loro figli, a dare forma a un mercato ricco e fiorente e diventato sempre più interessante per grandi catene di distribuzioni e grandi marche?
  • Quali sono le motivazioni reali che spingono i genitori a giustificare e a sostenere gli acquisti dei loro ragazzi? Quale motivazione forte può sussistere per pagare l’aggiornamento di un iPhone 5 con un iPhone 6?
  • Quanto sono consapevoli i genitori della loro responsabilità primaria in molte delle attività e iniziative marketing, comprese quelle finalizzate all’ipercosnumismo?
  • Quanta responsabilità sull’educazione dei ragazzi nelle loro vesti di consumatori è demandata alla scuola e agli insegnanti 

Queste e altre domande devono essere contestualizzate in una realtà caratterizzata dal ruolo che i ragazzi (giovani) hanno assunto come segmento di mercato e come consumatori, dal livello tecnologico raggiunto nell’uso dei nuovi media digitali, dalla capacità di Marche, agenzie e responsabili marketing di usare le nuove tecnologie e nuove tecniche comunicazionali per attività sempre più personalizzate, dai cambiamenti avvenuti nella vita familiare e dal suo livello di spesa, dalla capacità di spesa dei ragazzi, anche quando non dispongono di un reddito proprio, e dalla loro influenza sulle spese generali della famiglia. 

La valutazione degli impatti deve tenere conto delle opportunità e delle sfide implicite in comportamenti troppo consumeristici, degli aspetti etici della comunicazione marketing e commerciale e della privacy individuale e personale, del benessere materiale e mentale, del trattamento sessuale e dell’immagine del corpo del fanciullo o adolescente, dell’identità di genere, dei contenuti inappropriati, della eccessiva commercializzazione con riferimento alla disuguaglianza sociale e al digital divide. 

L’analisi del contesto familiare, scolastico e sociale nel quale sono inseriti i ragazzi potrebbe portare all’evidenza che essi sono in realtà vaccinati e protetti da potenziali abusi marketing e da manipolazioni pubblicitarie perché sufficientemente preparati, competenti e consapevoli. Ragazzi pro-attivi, capaci di informarsi e di navigare tra le informazioni per costruirsi le conoscenze che servono loro per istruire processi decisionali di acquisto protetti e autonomi e tali da portare a scelte di acquisto misurate e finalizzate alla soddisfazione di bisogni o desideri reali. In questa visione il ragazzo Tecnorapido è tutt’altro che innocente e vulnerabile ma al contrario molto sofisticato, difficile da soddisfare e da manipolare, scettico nei confronti dei messaggi marketing e capace di individuare il valore reale sottostante ad ogni proposizione commerciale. 

Questa visione positiva delle nuove generazioni di consumatori potrebbe essere stata creata ad arte dagli uffici marketing e dalla agenzie di comunicazione e pubblicità. In entrambi i casi i genitori non possono fare affidamento sulle esperienze delle generazioni precedenti e neppure delle indagini di mercato, contradditorie e inesatte per definizione. Possono solo fare i conti con la loro volontà e capacità effettiva ed efficace di monitorare, gestire e controllare l’esposizione dei loro figli al messaggio marketing e pubblicitario, veicolato dalle nuove tecnologie, e agire in modo responsabile, istruito e consapevole, ma soprattutto senza contraddizioni e dopo aver costruito una relazione dialogica con i loro figli. 

L’osservazione non può prescindere dalle tecnologie usate dai ragazzi Tecnorapidi, dalle tecniche e strategie di marketing integrato applicate in campagne promozionali e pubblicitarie, dalle quale possono derivare comportamenti normali e virtuosi così come abusi e  comportamenti bulimici e compulsivi di acquisto: 

  • Posizionamento dei prodotti e loro comunicazione attraverso i media tecnologici
  • Inserimenti inadeguati di messaggi promozionali in contesti tecnologici e sociali come social network, videogiochi, giochi online ecc.
  • Campagne e attività di marketing virale nella forma di SMS. Messaggi WhatsApp, video YouTube, immagini Instagram, cinguettii, ecc.
  • Pubblicità e promozioni in-APP
  • Social networking soprattutto attraverso l’uso di applicazioni ad hoc per veicolare messaggi marketing  e pubblicitari ripetitivi, invasivi e manipolatori (ad esempio legati al benessere, alla fitness, alla salute, ecc.)
  • Attività di sponsorizzazione con presenze su siti web, blog e spazi sociali online
  • Attività di data mining praticate da motori di ricerca e applicazioni web con l’obiettivo di raccogliere informazioni da usare per campagna marketing e pubblicitarie
  • Attività di marketing personalizzate
  • Iniziative marketing impostate attraverso l’uso di indagini e ricerche di mercato con l’obiettivo di individuare nuove tendenze e stili di vita, in realtà per suggerire i secondi e far emergere le prime
  • Iniziative finalizzate a creare comunità di consumatori e a coltivare la fedeltà e la fidelizzazione
  • La generazione di contenuti e l’uso dello storytelling e della narrazione per dare forma a nuove mitologie e miti da replicare 

Furto di identità

La prima difesa nasce dalla consapevolezza dei rischi potenziali e dalla conoscenza del fenomeno riferito ai bambini e ai ragazzi che frequentano la Rete.

La prevenzione non è sempre possibile ma deve essere perseguita come obiettivo primario di ogni azione Tecnovigile. I ragazzi, anche quelli più smaliziati e attenti nell’uso delle risorse della Rete, sono più vulnerabili degli adulti e oggetto di attacchi più subdoli e più difficilmente identificabili.  La vulnerabilità (i profili dei ragazzi sono rubati 50 volte di più di quelli degli adulti, i furti annuali sono tra 500/750.000) nasce dalla facilità con cui è possibile entrare in possesso di informazioni sui loro profili online e dalla scarsa attenzione posta dai ragazzi ai loro profili e alla loro sicurezza (visibilità). L’insistenza educativa finalizzata a suggerire buone pratiche deve mirare a comportamenti protetti e sospettosi verso le molteplici relazioni online, verso potenziali predatori, a definire confini ceri tra ciò che è lecito o conveniente fare e non fare, a spiegare le potenziali conseguenze negative e il loro impatto nella vita personale, familiare e sociale.

Molti genitori, compresi quelli Tecnovigili, non sono consapevoli dei rischi che i loro figli corrono online. Lo dicono le statistiche ma soprattutto i comportamenti visibili anche socialmente. Il furto di identità è diventato un fenomeno diffuso che colpisce anche le persone adulte ma interessa di più le nuove generazioni con decine di migliaia di casi ogni anno.

La prima cosa da fare è assicurarsi che i dispositivi dei ragazzi siano protetti e messi in sicurezza da potenziali attacchi finalizzati al furto di identità. Lo si può fare adottando alcune buone pratiche quali:

  • Mantenere aggiornato il sistema operativo e installare un software antivirus mantenendolo sempre aggiornato per contrastare malware e loro evoluzioni
  • Se si dispone di una rete domestica utilizzare su ogni computer dei client firewall per proteggerli dal mondo esterno
  • Insegnare o parlare ai ragazzi della sicurezza online (come proteggere computer, dispositivi mobili, reti e password), di sicurezza personale online (come proteggere informazioni personali e sensibili e configurare le opzioni della privacy) e dell’etica online (come trattare i profili digitali e le informazioni private dei propri contatti online).

Ai ragazzi le buone pratiche da suggerire nell’uso dei loro dispositivi tecnologici sono poche, semplici e sufficienti a evitare rischi elevati:

  • Non rispondere alle mail di spam (un modo per confermare la validità della email usata fraudolentemente) e non cliccare mai i link in esse contenuti
  • Non usare la modalità anteprima per la visualizzazione della posta elettronica (l’apertura automatica di una email comunica al criminale la validità della email)
  • Utilizzare indirizzi email secondari e fornirli solo a persone fidate
  • Evitare di diffondere in rete l’email principale
  • Diffidare sempre di email che richiedono l’inserimento delle credenziali di accesso
  • Non cliccare sulle finestre di pop-up che si aprono inaspettatamente sulla pagina web
  • Non salvare le password sul computer o sui dispositivi online

Nella pratica online bisogna ricordare costantemente ai ragazzi di acquisire maggiore consapevolezza dei rischi associati al furto delle loro identità digitali e suggerire loro di:

  • Fare attenzione alla condivisione di informazioni personali come data di nascita o tratti della personalità
  • Apprendere a individuare attacchi di phishing, a non rispondere  e a sapere come comportarsi nel caso in cui ne siano stati vittime
  • Prestare particolare attenzione agli acquisti condotti usando i loro dispositivi mobili
  • Fare attenzione alla sicurezza delle transazioni online, solitamente indicate da URL con HTTPS al posto di http e non operare mai transazioni bancarie da computer pubblici o in rete Wi-Fi non protette
  • Sottoscrivere servizi di monitoraggio degli account e delle identità online
  • Fare attenzione a non perdere i loro dispositivi, di proteggerli con password e di attivare la modalità di cancellazione automatica dei dati in caso di furto
  • Non avere paura a rivolgersi ai genitori nel caso in cui fossero stati vittima di qualche attacco online o per avere maggiori informazioni su risorse della Rete
  • Creare parole chiave univoche per ogni spazio frequentato online e sicure per la loro composizione
  • Installare antivirus e software di protezione aggiornandoli frequentemente
  • Evitare di cliccare su banner, menu a tendina o link visualizzati sulle pagine web che stanno visitando
  • Non accettare richieste da sconosciuti, anche quando si presentano come amici di amici

Molte azioni genitoriali mirate a dotare i figli di risorse proprie, di opportunità di viaggi e capacità di spesa dovrebbero oggi essere valutate sulla base dei rischi potenziali del  furto di identità reso possibile dalla stretta frequentazione delle nuove tecnologie. L’apertura di un conto corrente e l’attivazione di una carta di credito, anche nella versione prepagata, sono due azioni intelligenti per dare maggiore autonomia e indipendenza ai ragazzi e responsabilizzarli nelle loro scelte e decisioni di acquisto. Conto corrente e numero di carta di credito sono due informazioni che arricchiscono anche il loro profilo online e come tali prevedono comunicazioni, email e SMS e possono essere rubate. Un modo per proteggere i ragazzi è la co-intestazione dei conti correnti e delle carte di credito in modo che ogni transazione passi attraverso qualche forma di autorizzazione. Al momento dell’apertura del conto è importante vietare l’invio di qualsiasi tipo di materiale marketing, potenziale veicolo di messaggi promozionali e strumento di spam. L’essere cointestatario non serve a nulla se nel tempo non si esercita una pratica pro-attiva di monitoraggio e controllo sulle attività inerenti conto corrente e carte di credito.

Ogni ragazzo è oggi in possesso di una o più caselle di posta elettronica unitamente a numerosi account sociali in spazi come Facebook o Twitter. Possedere una propria casella postale è simbolo di autonomia, indipendenza e libertà e di poter essere raggiunti facilmente da genitori nonni e adulti. Per essere certi che la casella postale non diventi strumento di potenziali abusi o furti di identità, se si è genitori Tecnovigili e si gode della piena fiducia dei ragazzi, una scelta possibile è di condividere password e credenziali di accesso o di utilizzare account di posta elettronica con fornitori che erogano servizi specializzati per un utilizzo da parte di ragazzi e adolescenti. Particolare attenzione deve essere rivolta a sistemi di posta elettronica come Gmail che permettono ad esempio il recupero di password dimenticare fornendo indirizzi di posta elettronica alternativi. Si può intervenire anche creando delle liste protette di indirizzi e mail abilitati a comunicare con quello dei ragazzi. In particolare si deve intervenire con opportune attività didattiche e educative per fornire ai ragazzi informazioni utili alla protezione della sicurezza online, della privacy e dei profili digitali posseduti online. La protezione dell’identità passa anche attraverso le precauzioni già indicate per altre forme di rischio online come evitare il download di contenuti da fonti sconosciute, l’uso di computer pubblici per accedere ai propri account online, il ricorso a hubspot Wi-Fi non protetti e la navigazione imprudente in rete.

Un altro ambito importante in cui intervenire è quello dei media sociali e dei molti luoghi sociali della rete. La prima precauzione è la conoscenza precisa di quanti e quali social network sono frequentano i ragazzi. Ogni ambiente sociale in rete è diverso, in particolare nella gestione dei profili individuali e nella configurazione dei parametri associati alla visibilità online e della privacy. Se non è possibile disporre delle credenziali di accesso al social network frequentato dai ragazzi è possibile creare account virtuali con i quali monitorare le pagine online dei ragazzi, i gruppi e le comunità che frequentano e le attività dei loro contatti in rete. Se non si vuole violare la loro libertà concedendo loro fiducia è meglio fornire loro informazioni utili a prevenire eventuali furti del profilo come la costruzione di password sicure e difficilmente identificabili e il loro cambiamento frequente, l’eliminazione dal profilo di informazioni private che possono mettere a rischio il conto corrente ma anche la vita o il benessere personali, la non pubblicazione di fotografie e informazioni troppo personali.

I genitori indecisi su quale approccio tenere nei confronti dei loro ragazzi dovrebbero riflettere su quanto emerge dalle indagini di mercato sul tema e valutare in primo luogo quanti e quali comportamenti dei genitori stessi mettano a rischio l’identità digitale dei loro figli. Una indagine del 2015 indica nel 69% il numero di genitori che pubblicano online le fotografie dei loro figli, anche quando sono neonati o adolescenti e senza distinzione di genere. Il 35% lo fa periodicamente, anche una volta al mese. Il 52% si dichiara preoccupato di come i loro figli gestiscono la loro privacy online e l’82% dichiara di ritenere la protezione dei loro figli una loro priorità e responsabilità. Il 24% lo fa impedendo ai loro figli di accedere a Internet, il rimanente 76% concede l’accesso ma è preoccupata della privacy. Il 57% ritiene che il pericolo maggiore venga da contenuti inappropriati, il 44% dalla condivisione di informazioni personali, il 42% dai contatti online. Secondo il 47% del campione intervistato in questa indagine i ragazzi sono impreparati a gestire la privacy del loro profilo e inconsapevoli dei rischi derivanti da una mancata gestione appropriata. Il 19% è intervenuto, nonostante e preoccupazioni e i timori, a aprire un account sociale online ai propri figli, di età inferiore a 13 anni e quindi non abilitati a farlo da alcuni social network. 

Predatori sessuali e pedo-pornografia

La cronaca è ricca di notizie che riportano abusi sessuali subiti da bambini e adolescenti da parte di persone di cui si fidavano, di parenti, educatori, vicini di casa, allenatori e familiari. Una percentuale crescente di queste notizie riguarda casi di abusi nati e praticati in Rete e in alcuni casi anche offline. La domanda che si devono porre i genitori Tecnovigili è cosa fare per proteggere i loro figli e aiutarli a evitare o a prevenire potenziali rischi o attacchi. La ricerca di soluzioni deve interessare la vita online ma senza dimenticare quella offline, tenendo sempre presente che molti ragazzi, vittime di abusi sessuali, hanno vite complicate, problemi psicologici e relazionali e sono alla costante ricerca di attenzione e affetto.

Prima di focalizzare l’attenzione sulla vita tecnologica dei ragazzi i genitori devono porsi come obiettivo prioritario la sicurezza, la conoscenza di ciò che i loro ragazzi stanno facendo e di chi stanno frequentando (tutti sono potenzialmente dei predatori), la capacità di ascolto e di dialogo per favorire la decisione dei ragazzi a confidare segreti e problemi e  la educazione a buone pratiche di difesa e prevenzione utili a bloccare sul nascere ogni forma di abuso.

Le stesse priorità valgono anche per i rischi online. Il modello di intervento deve poggiare sulla conoscenza, la prevenzione, la sensibilizzazione,  l’educazione e il coinvolgimento collaborativo delle numerose entità educative frequentate dai ragazzi. Per poter intervenire rapidamente e con successo è essenziale essere in grado di comprendere le dinamiche che caratterizzano le azioni moleste e gli abusi sui minori online e di investigare sulle problematiche che espongono un ragazzo più di altri a situazioni a rischio e di elevata vulnerabilità. Il punto di partenza di questa ricerca è la consapevolezza delle dimensioni del fenomeno e della sua pericolosità:

  • Un ragazzo ogni cinque che frequentano una chatroom ha avuto esperienza con un predatore sessuale o un pedofilo
  • Un ragazzo ogni sette che usano Internet è stato oggetto di qualche messaggio a sfondo sessuale
  • I predatori sessuali presenti in ogni istante in rete sono stati classificati in 50.000
  • Sono stati 1000 in due mesi i predatori sessuali individuati con l’Avatar Sweetie di Terre des Hommes

Internet e la Rete offrono ai ragazzi infinite opportunità per espandere i loro orizzonti e fare nuove esperienze ma li espongono anche a nuovi pericoli e incontri con persone che mirano a conquistare la loro attenzione, l’affetto e l’interesse con l’obiettivo di soddisfare i loro impulsi e desideri di natura sessuale. I pericoli si manifestano in varie forme, dalla semplice conversazione in chat, all’invio di immagini e fotografie pornografiche fino all’incontro faccia a faccia. I genitori devono essere consapevoli che queste pratiche sono tutte potenzialmente a rischio e ognuna richiede grande capacità di osservazione per cogliere i segnali che indicano la potenzialità o l’esistenza di un rischio reale.

Segnali e tracce da scoprire e investigare

I segnali a cui prestare attenzione sono numerosi e vengono da comportamenti, ambienti, pratiche tecnologiche e online diverse:

  • Troppo tempo speso online, soprattutto nelle ore serali e notturne: le vittime di predatori sessuali passano molto tempo impegnati in conversazioni online e specialmente in chatroom. Le probabilità di incontrare predatori online è più elevata nelle ore notturne che nel resto della giornata.
  • Manifestazioni di sofferenza e ansia in assenza di connessione Internet o a causa di un divieto all’uso delle tecnologie
  • Scoperta di contenuti pornografici sui dispositivi in uso dei ragazzi: immagini pornografiche sono spesso usate per vittimizzare e ricattare i ragazzi.
  • Telefonate e messaggi da persone sconosciute o chiamate dei ragazzi a numeri con il prefisso 800 creati appositamente per facilitare l’interazione e la conversazione, all’insaputa dei genitori
  • Email, regali o applicazioni da persone sconosciute: nel tentativo di sedurre e catturare l’attenzione dei ragazzi è prassi usuale per un predatore inviare via email lettere, fotografie, e regali (biglietti aerei)
  • Comportamenti strani nell’uso dei dispositivi tecnologici in casa: lo spegnimento rapido di uno smartphone, il passaggio ad una schermata web diversa all’avvicinarsi allo schermo del genitore, sono tutti segnali che indicano l’esistenza di segreti online da cui i genitori devono essere tenuti all’oscuro.
  • Relazioni familiari difficoltose: molti predatori online fanno in modo di deteriorare le relazioni familiari delle loro vittime per sostituirsi ai genitori e guadagnare la piena fiducia delle loro vittime
  • Uso di account internet di amici o compagni di scuola: in alcuni casi il predatore sessuale fornisce alla vittima credenziali di accesso e account predisposti ad hoc per la comunicazione e la interazione diretta.

Buone pratiche da suggerire ai Tecnorapidi

Non tutte le tracce lasciate dai ragazzi online sono leggibili. Molte scompaiono rapidamente nell’eterno presente che è la Rete diventando invisibili anche ai genitori Tecnovigili più preparati e acculturati tecnologicamente. Per prevenire i potenziali rischi i ragazzi possono essere educati fornendo loro linee guida e suggerimenti, suggerendo comportamenti e azioni utili a individuare potenziali predatori che possono incontrare su un social network, cinguettando con Twitter o messaggiando con WhatsApp, in chat o in comunità online:

  • Non accettare mai alcuna richiesta di incontro faccia a faccia
  • Non reagire mai a comunicazioni esplicitamente a sfondo sessuale e bloccare la fonte o il mittente del messaggio
  • Non interagire mai con messaggi o newsletter che appaiono oscene, aggressive sessualmente, provocatorie
  • Non condividere in rete foto personali con persone sconosciute
  • Non condividere informazioni personali come nome, cognome, indirizzo, data di nascita, scuola frequentata, numero di telefono, ecc.
  • Non scaricare mai immagini o fotografie da siti o fonti sconosciute
  • Non comunicare mai a persone online dove ci si trova, dove si è diretti o quali luoghi si è pianificato di visitare
  • Qualsiasi cosa viene detta online può essere sia vera che falsa

Profilo e caratteristiche dei predatori online

Il profilo tipico del predatore sessuale online è di una persona di genere maschile con un’età superiore ai 25 anni (cresce il numero di persone giovani come effetto dell’uso di social network), con poche amicizie, e non sposata.  La difficoltà a socializzare è sostituita dalla propensione a ingaggiare conversazioni con bambini e adolescenti, cosa percepita come normale e giusta. Il suo comportamento può essere conseguenza di abusi subiti o di storie familiare fatte di violenze e difficoltà. Online è capace di sfruttare al meglio tutte le  risorse della rete e di piegarle al suo obiettivo finale, diverso per ogni tipologia di predatore: approcciare bambini o adolescenti per organizzare un incontro fisico (stalker), molestare sessualmente adolescenti online (crocieristi), guardare siti e immagini pedo-pornografici (masturbatori),  commercializzare foto, video pornografici (networker) o una combinazione di tutti queste obiettivi.

I media hanno contribuito a creare una immagine del predatore sessuale online confusa, non corrispondente alla realtà e tale da suggerire, da parte dei genitori Tecnovigili, continui approfondimenti, utili per contestualizzare il pericolo e i relativi rischi associati. Il predatore sessuale, anche quando le sue pratiche sono ripetitive e altamente motivate, non è necessariamente un pedofilo (in senso clinico) e non può essere classificato sotto un’unica etichetta o profilo. Tutti i comportamenti sono comunque sempre associati a compulsioni o attrazioni sessuali verso adolescenti, siano essi ragazzi o ragazze. Essendo gli adolescenti considerati persone mature, molti atti di abuso sessuale online sono classificati come semplice violazione delle norme sociali e legali. La violenza non è quasi mai la conclusione di attività criminali iniziate online anche se i casi di cronaca relativi a violenza sessuali nate da incontri casuali in rete sono in costante aumento.

Il genitore Tecnovigile che ha accesso alla vita online dei suoi figli può identificare un potenziale predatore sessuale da alcune caratteristiche del suo profilo online, dai suoi comportamenti e dalle tracce lasciate in Rete come la:

  • Pratica dell’offesa rivolta a ragazzi che sono stati capaci di difendersi
  • Grande capacità manipolatoria e di seduzione
  • Elevata auto-indulgenza e arroganza
  • Utilizzo di risorse pornografiche
  • Visione della donna come semplice oggetto sessuale
  • Capacità a sostituirsi ad altri nel fornire aiuto o soddisfare un bisogno della potenziale vittima
    • Eccessiva gentilezza nella interazione con un minore
    • Conoscenza dei problemi e delle difficoltà tipiche dell’età adolescenziale
    • Ricerca di potere e controllo
    • Assenza di empatia
    • Incapacità a dare forma a relazioni intime con persone adulte
    • Storia di abusi subiti o difficoltà giovanili

Profilo dei ragazzi più a rischio

Tra le generazioni di nativi digitali le persone più a rischio sono i bambini e gli adolescenti. Lo sono perché spesso impegnati nella scoperta e esplorazione della propria sessualità, in rapporti conflittuali con genitori e adulti e nella ricerca di nuove relazioni extra familiari. In rete, anche in forma anonima, sono più disposti di altri a esplorare mondi e ambiti sconosciuti, a incontrare persone e a prendersi dei rischi, spesso senza neppure comprendendone le possibili implicazioni e conseguenze.

I giovani maggiormente a rischio evidenziano alcune delle seguenti caratteristiche:

  • Sono nuovi della Rete e ancora poco istruiti sulle sue regole e pratiche sociali online
  • Sono utilizzatori abituali di dispositivi tecnologici con tendenza alla compulsività nella frequentazione di spazi sociali e del web, anche più profondo
    • Amano cimentarsi in nuove sfide, anche estreme
    • Sono alla ricerca di attenzione, affetto, empatia e di qualcuno in grado di prestare ascolto
    • Sono ribelli per natura, per reazione al contesto familiare, per moda o per emulazione
      • Sono isolati o soffrono di solitudine
      • Sono curiosi
      • Sono confusi sulla loro identità sessuale
      • Si fidano di persone estranee, sono facilmente manipolabili da persone adulte
      • Sono attratti dalle sottoculture presenti in rete, soprattutto di quelle alternative rispetto alla cultura familiare o genitoriale

Cosa fare se si sospetta che il minore sia in comunicazione con un predatore sessuale

La prima cosa da fare è togliersi il sospetto di torno e parlare apertamente con il proprio figlio/figlia. La conversazione deve essere finalizzata a scoprire se la percezione del rischio è giustificata ma può servire per educare i ragazzi ai pericoli della rete provenienti da molestatori o predatori sessuali online.

Se la conversazione ha lasciato più dubbi che certezze si può procedere ad una analisi del computer o del dispositivo mobile del ragazzo. La presenza in essi di materiali e contenuti pornografici può essere un indizio forte di qualcosa che è in atto e suggerire un intervento più o meno urgente. L’eventuale difficoltà a penetrare le difese di un dispositivo possono essere superate con l’aiuto di qualcuno dotato delle conoscenze necessarie. Bisogna però fare molta attenzione a non violare la privacy dei ragazzi facendosi scoprire o lasciando tracce evidenti di un passaggio.

Se il rischio corre sul filo si può interpellare il fornitore di servizi telefonici per investigare se ci siano persone sconosciute che telefonano ai tuoi figli e intervenire per bloccare l’utente o il numero incriminato dall’apparire in chiaro sul display di un dispositivo o per chiedere che la chiamata venga rifiutata. Un intervento che mira a impedire chiamate anonime sui telefoni di casa o sui cellulari.

E’ possibile dotarsi di dispositivi capaci di registrare e visualizzare chiamate esterne a dispositivi mobili ma è meglio monitorare periodicamente tutte le comunicazioni tecnologiche dei ragazzi, compresa la posta elettronica.

Verificata la validità del sospetto e scoperta la presenza di materiale pedo-pornografico o sessualmente esplicito nelle email o nei computer dei ragazzi o avuto conferma di comunicazioni, immagini e messaggi scambiati in rete pur sapendo che il destinatario degli stessi è un minorenne, meglio agire immediatamente anche con una eventuale denuncia alle autorità di polizia.

Cosa fare per minimizzare i rischi

I genitori Tecnovigili possono proteggere i loro figli conoscendo i rischi associati alla comunicazione online e partecipando alle loro attività online. Negli ultimi anni il fenomeno dei predatori sessuali online è stato oggetto di numerosi studi e di interventi da parte di autorità e enti associativi e di volontariato. I metodi da essi introdotti e suggeriti in funzione preventiva sono spesso basati sul controllo, dal divieto ad usare Internet e le sue applicazioni o sulla limitazione degli accessi. Questo approccio non sembra funzionare con generazioni di giovani nativi digitali che sono di fatto sempre connessi. Navigano e abitano la rete attraverso un dispositivo mobile di cui i genitori sono i primi a non poterne più fare a meno. Lo hanno ricevuto in regalo da genitori che  vogliono poterli raggiungere in ogni luogo e momento della giornata e che non riescono nemmeno a immaginare di non poterlo fare. Impossibilitati a impedire l’uso di Internet e l’accesso alla Rete, ai genitori Tecnovigili non rimane che puntare tutto su rapporti intergenerazionali virtuosi fatti di apertura, condivisione, conoscenza e consapevolezza.

Tra le azioni da intraprendere con perseveranza il genitore Tecnovigile può:

  • Comunicare, dialogare, parlare ai ragazzi con l’obiettivo di mantenere aperta l’interazione e avere la possibilità di illustrare rischi potenziali e pericoli reali
  • Dedicare del tempo ai ragazzi affiancandoli nelle loro esperienze online. Benché più tecnologicamente preparati di molti adulti, hanno molto da imparare in termini di conoscenze, comportamenti e buone pratiche
  • Fare in modo di avere sempre sotto controllo il computer usato in casa dal ragazzo e prestare attenzione a come viene usato il dispositivo mobile
  • Ricorrere a strumenti tecnologici di controllo parentale appoggiandosi al fornitore di rete cellulare o usando software ad hoc e monitorare in particolare le chatroom
  • Garantirsi l’accesso agli account online dei figli e controllare casualmente le loro email, facendo attenzione di non urtare la loro suscettibilità ma ricercando il loro permesso
  • Insegnare ai ragazzi la responsabilità nell’uso degli strumenti di comunicazione online
  • Investigare quali tipo di protezioni e misure preventive sono state adottate dalle scuole frequentate dai ragazzi e quali siano le possibilità di accesso alla rete che hanno in luoghi pubblici o in case di amici
  • Istruire i ragazzi alle buone pratiche sopra elencate
  • Evitare di incolpare i ragazzi nel caso in cui fossero già caduti vittime di molestie sessuali online. La responsabilità è sempre del predatore, mai della vittima

Per un genitore Tecnovigile è anche buona norma non cadere vittima della socialità e visibilità di Facebook pubblicando foto dei suoi figli. La scelta fatta per condividere con amici e parenti momenti di felicità familiare o di crescita dei loro pargoli, rischia di trasformarsi nel rischio di regalare ad un predatore sessuale l’immagine dei propri figli. Utile anche non perdere mai di vista il computer del ragazzo in casa. Deve essere protetto con adeguati firewall ma anche visibile dai genitori. Se necessario è possibile proteggere il computer con adeguati software di controllo e protezione dei bambini dall’accesso a siti inadeguati o  a sfondo sessuale e che registrano tutte le attività online fornendo report dettagliati ai genitori. 

Dipendenze dalla tecnologia

La letteratura scientifica sul tema della dipendenza da tecnologia (gioco online, internet shopping, blogging, social networking, chatroom, pornografia in rete, uso di email e messaggi, video, ecc.) è così vasta da suggerire di limitare la trattazione su cosa fare per gestirla e prevenirla a poche indicazioni. Vivere esperienze familiari in presenza di ragazzi dipendenti dalle tecnologie significa affrontare problematiche di tipo emotivo, finanziario, economico e pratico. Le  conseguenze principali sono riassumibili nella difficoltà a vivere una normalità quotidiana, nell’isolamento sociale, nel peso emotivo che deriva dalla cura e dal sostegno continuo, nelle difficoltà economiche e pratiche di tutti i giorni, nelle difficoltà relazionali e tensioni continue che le caratterizzano.

Ai ragazzi che soffrono da dipendenza nell’uso di Internet o di altri strumenti tecnologici, i genitori Tecnovigili possono suggerire alcune buone pratiche utili a cambiare le loro abitudini (lo smartphone a tavola e sempre a disposizione di dito) e i loro comportamenti (messaggi in tempo reale e con reazioni pavloviane). Prima di fornire suggerimenti devono però innanzitutto osservare e analizzare l’uso che loro stessi fanno di Internet e i loro comportamenti abituali. Un uso perseverante nell’arco della giornata del dispositivo mobile e una connessione costante alla Rete comunicano ai ragazzi la normalità di una pratica suggerendo una emulazione che può dare forma a nuove dipendenze.

L’emergere del rischio si evidenzia con l’interferenza delle tecnologie nelle attività e pratiche quotidiane come il prepararsi per la scuola, i pasti, le attività sportive, il sonno e il riposo. La dipendenza tecnologica si manifesta in forme critiche con il calo dell’attenzione e la difficoltà a concentrarsi a lungo, le reazioni colleriche e anormali ogni qualvolta l’accesso a Internet è impedito o vietato, e con la sparizione di ogni curiosità o interesse per cose diverse da quelle rese possibili dagli strumenti tecnologici.

L’intervento dei genitori deve sempre essere contestualizzato al tipo di dipendenza che può derivare dall’uso eccessivo della Rete, dal gioco online, dalla frequentazione di siti pornografici o dei social network. Più che la manifestazione della dipendenza in sé è importante comprenderne le cause, facilmente riscontrabili nella facilità di accesso e anonimità e dalla sua economicità che mette a disposizione strumenti potenti anche a ragazzi senza budget disponibili o dipendenti dalla paghetta dei genitori. Una seconda causa deriva dal senso di potenza e dalla percezione di essere in assoluto controllo delle loro attività online e di dominare le varie manifestazioni e realtà tecnologiche. Molte dipendenze nascono dal divertimento e dal senso di eccitamento che il prodotto tecnologico è in grado di procurare. Più che il dolore dell’astinenza da sostanze, nella dipendenza tecnologica la sofferenza è legata alla impossibilità di godere e di raggiungere nuovi livelli di soddisfazione e felicità.

Queste tre cause non sembrano evidenziare l’esistenza di un problema e non suggeriscono necessariamente interventi censori o preoccupati da parte dei genitori. La causa a cui bisogna fare molta attenzione è quella psicologica. Una causa che genera un uso di Internet e del mezzo tecnologico come strumento e via di fuga dal reale e dalle difficoltà personali, sociali e relazionali quotidiane. Una fuga dalla depressione, dall’istinto suicida e distruttivo, dall’ansia e dalle solitudini che caratterizzano molte delle vite dei ragazzi che vivono conflittualmente e con difficoltà l’epoca liquida della postmodernità, della crisi economica e lavorativa. La causa psicologica non è mai la sola responsabile della dipendenza tecnologica ma obbliga a maggiore attenzione da parte dei genitori per la sua capacità nel produrre effetti negativi con conseguenze pesanti sulla vita dei ragazzi.

Molti genitori pensano di esprimere la loro autorità genitoriale nell’intervento censorio e nella punizione, altri perseguono lo stesso approccio sospinti dalla paura e dal timore che il legame con l’oggetto tecnologico a loro sconosciuto procura loro. In entrambi ii casi i ragazzi saranno portati a pensare alla tecnologia come un potenziale nemico e ad accumulare nuove ansie e maggiore irritabilità a causa dell’astinenza imposta e vissuta come impraticabile. 

All’intervento censorio e punitivo conviene sempre sostituire l’approccio collaborativo e dialogico. Può servire a suggerire limitazioni e regole di utilizzo ma in particolare a instaurare un rapporto di fiducia e di scambio poggiato sul dialogo, sull’aiuto e sulla conoscenza. Questo approccio permette ai ragazzi di comprendere benefici, vantaggi e opportunità della tecnologia, di valutarne i rischi e gli effetti collaterali, di elaborare una capacità critica con la quale valutare comportamenti e abusi,  di programmarne un uso sereno, moderato e finalizzato al benessere psicologico e personale oltre che a quello dei genitori e degli altri componenti della famiglia.

Con questo approccio dialogante i suggerimenti, che i genitori Tecnovigili possono condividere con ragazzi a rischio o vittime da dipendenza tecnologica, prevedono sia azioni da compiere in autonomia sia azioni che passano attraverso un supporto genitoriale diretto fatto di affiancamento, vicinanza e molta attenzione:

  • La prima cosa da fare è di riconoscere di avere un problema. La consapevolezza può nascere dall’associare sentimenti depressivi, ansiosi e di stress alla lontananza dal mezzo tecnologico e dalla Rete.
  • Riconosciuto il problema si possono ricercare le cause andandole a trovare nella vita reale e nelle motivazioni che hanno portato ad un uso eccessivo di Internet. Queste cause possono derivare da problemi nella vita reale, da scarsa autostima o eccessiva timidezza, da difficoltà relazionali, da identità o personalità ancora immatura, da rapporti insoddisfacenti con persone desiderate. Trovare risposte concrete e rafforzare le proprie abilità in questi ambiti può portare a diminuire la dipendenza da Internet o a usarlo in modo più equilibrato.
  • Riconquistata una parte di fiducia e di autostima e sperimentata la possibilità di stare lontani dalla Rete, la cosa da fare è usare sia le relazioni della vita reale che quelle costruite online per dare forma a reti di conoscenze, relazionali e amicali capaci di creare maggiore interazione e inclusione sociale e di portare ad un uso naturale e normale delle tecnologie della rete.

Il ragazzo Tecnorapido che soffre da dipendenza tecnologica può percorrere le tre fasi sopra indicate in solitudine e con successo. Il supporto del genitore è comunque necessario per suggerire approcci da adottare, strumenti cognitivi da usare, modelli a cui fare riferimento e comportamenti da adottare. Un aiuto può venire anche dalla capacità di porre al ragazzo semplici domande quali:

  • Cosa credi di perdere passando troppo tempo connesso alla rete?
  • Sei in grado di darti degli obiettivi nell’uso del mezzo tecnologico e riesci a creare frequenti interruzioni?
  • Sei capace di alterare e cambiare le tue abitudini nell’uso della Rete?
  • Hai mai parlato della tua passione/dipendenza da Internet con compagni di scuola o amici che fanno scarso uso di mezzi tecnologici?
  • Cosa ti impedisce di stare connesso alla realtà del mondo reale?
  • Riesci a usare Internet come semplice strumento invece di viverlo come una casa digitale da abitare?
  • Cosa cerchi in rete e da cosa fuggi?
  • Quali sono le tue buone pratiche in rete?

Le risposte possono fornire al genitore utili informazioni per programmare nuove azioni finalizzate a incoraggiare il ragazzo ad attività sociali e interessi diversi da quelli tecnologici (spegnere il computer e suggerire un’attività sportiva, una visita ad un museo, ecc.), monitorare l’uso che viene fatto del dispositivo tecnologico e il tempo ad esso dedicato (restringere l’uso del mezzo agli spazi pubblici della casa e limitare il tempo online), usare APP apposite per limitare l’uso del dispositivo mobile da parte di un teenager o adolescente, parlare frequentemente con il ragazzo per capire quanto l’uso compulsivo della tecnologia dipenda da problemi più profondi della stessa dipendenza tecnologica o di ricorrere ad aiuti esterni nel caso in cui sia impossibile interagire e comunicare con i propri figli.

Se la dipendenza è associata ad una frequentazione della rete eccessiva si può intervenire con lo scopo di aiutare i ragazzi a cambiare le loro abitudini ridefinendo i tempi e gli spazi che caratterizzano le loro esperienze online. Lo si può fare tenendo traccia delle attività più importanti e meno importanti fatte in rete suggerendo come fare delle scelte sulla base di priorità e conoscenze apprese dalle loro stesse esperienze. Un apprendimento nel fare che potrebbe anche far aumentare le ore passate in rete ma diminuire il rischio da dipendenza per la qualità e diversità delle attività online.

Un grande supporto può venire dall’aiutare i ragazzi a definire degli obiettivi, di tempo, d’azione, di destinazione d’uso, di programmazione e a collegarli con meccanismi premianti e di gratificazione online e offline. Infine è necessario ricordare sempre ai ragazzi che la realtà virtuale nella quale amano stare non è il pozzo pieno di meraviglie e di opportunità di Alice nel paese delle meraviglie ma una palude nella quale potrebbe essere complicato trovare vie di uscita perché si è persa la capacità di decidere verso quale direzione andare (“Mi potrebbe dire per favore che strada devo prendere per uscire da qui? – Dipende in buona parte da dove lei vuole andare – rispose il gatto.” Lewis Carrol).

Il fenomeno della eccessiva dipendenza da Internet e dalle tecnologie è in costante crescita e tale da preoccupare ogni genitore Tecnovigile. Non bisogna però dimenticare le molteplici opportunità offerte dalla tecnologia, in termini di interazione, relazione, informazione e conoscenza, e che possono avere benefici psicologici e generare benessere personale.

La rete non è solo un luogo in cui fuggire e da frequentare nell’anonimato ma anche lo spazio sociale da abitare e nel quale superare la solitudine da isolamento per cimentarsi in nuove forme di socializzazione, per incontrare e frequentare persone con cui si condividono interessi, stili di vita, passioni, scopi e destini, e per impegnarsi in esperienze capaci di generare maggiore benessere e ben lontane dall’essere catalogabili come patologiche.

La tecnologia è un semplice mezzo, un medium che non può essere scientificamente accusata di causare dipendenza. Questa nasce da problemi o dipendenze (sesso, gioco, ecc.) che caratterizzano la personalità e la vita di alcune persone o ragazzi nella realtà da loro vissuta. In questi casi la vigilanza, l’attenzione e la cura dei genitori Tecnovigili può essere determinante, a prevenire nuove dipendenze ma anche a favorire un uso sano, maturo e più consapevole delle tecnologie. 

Suicidi da Social Networking 

Se pensate di poter impedire ai vostri figli di usare il loro smartphone e di frequentare un social network, significa che non avete figli. Se siete genitori scordatevi di poterlo fare, anche se siete convinti che il social network possa avere un ruolo nel causare suicidi e altri effetti negativi sui vostri ragazzi. Meglio cambiare approccio con l’obiettivo di informarsi, comprendere, dialogare e forse riuscire a prevenire.

Alcune ricerche sui media sociali e il fenomeno del suicidio giovanile e adolescenziale hanno evidenziato che le relazioni online sostengono la salute mentale e lo sviluppo di interazioni e relazioni positive.  Eppure la cronaca, anche degli ultimi tempi e anche in Italia, è ricca di notizie relative a casi di suicidio causati dalla zona oscura della pratica del social networking e dell’uso dei nuovi media sociali tecnologici.

E’ una zona oscura fatta di molte ombre e momenti di paura che si allarga sulle reti sociali online sfruttando le logiche stesse della rete fatte di passaparola, di viralità, di fiammate improvvise, di comportamenti emergenti e pratiche di gruppo condivise. E’ una zona d’ombra che si estende su tutti e che può coinvolgere anche chi in realtà non lo vorrebbe.

Nonostante molta stampa e l’opinione pubblica siano propense a credere all’esistenza di un collegamento tra comportamenti di cyberbullismo e suicidi di adolescenti, a oggi non esistono evidenze concrete che esso ci sia sia.  Crederlo significa comunicare l’inesistenza di alternative possibili a tutti i ragazzi che sono vittima di qualche forma di aggressione o violenza online.  Ragazzi abituati ormai dal media tecnologico a collegarsi emotivamente ad altre presone e a definire le loro relazioni con esse in modo digitale e attraverso piattaforme applicative web.

La percezione dell’essere accettati o meno socialmente è diventata digitale e il media è il messaggio che ascoltano. Per i ragazzi oggi questo stretto collegamento alle loro identità digitali non è più una semplice abitudine o passatempo quotidiano ma il vero, e in alcuni casi l’unico, modo con cui costruiscono la loro immagine, gestiscono le loro relazioni amicali e vivono le loro vite sociali.

Prima di demonizzare la vita tecnologica e online dei ragazzi e di creare facili ma erronee associazioni è meglio approfondire e comprendere gli aspetti positivi e negativi dei media sociali e contestualizzare i vari fatti di cronaca fin qui noti individuando al tempo stesso, nella rete stessa, gli elementi che potrebbero servire ad agire in modo preventivo, sia online che nella vita reale. Nel farlo si potrebbero scoprire le connessioni esistenti tra vita relazionale nel mondo reale e malessere giovanile e utilità dei media sociali sul benessere dei ragazzi.  La rete, la vita di gruppo, la comunità, benché in forma digitale, sembrano avere influenza positiva sulle relazioni e sul senso di appartenenza da cui ne deriva anche una maggiore capacità di adattamento e accettazione della vita sociale e dei suoi eventi stressanti.

Una maggiore conoscenza dei media tecnologici e una visione diversa degli stessi possono contribuire a individuare le loro zone d’ombra. Due approcci che indicano una delle prime regole da adottare per prevenire comportamenti anomali e casi di cyberbullismo capaci di produrre suicidi giovanili.  Conoscere cosa sia Ask.fm, SnapChat , Voxer o Kik Messenger può aiutare a comprendere come questi strumenti possano permettere di distruggere l’autostima di un ragazzo, soprattutto se debole e immaturo, in pochi minuti. Conoscere come queste applicazioni e media vengono usati può aiutare a capire che il ricorso alla tecnologia è spesso solo una conseguenza piuttosto che una causa del problema. Molti ragazzi sono preda della solitudine e sono alla ricerca di persone con cui relazionarsi o di persone di cui fidarsi. E’ una ricerca che spesso è finalizzata a riempire un vuoto sperimentato nella vita reale e oggi acuito anche dalle difficoltà del gruppo familiare causate dalla crisi e dall’assenza di lavoro.

Acquisite le informazioni necessarie, fatte le sperimentazioni che servono e dotati delle conoscenze adeguate è più facile attivarsi in ottica preventiva e di ricerca dei segnali che possono indicare situazioni di pericolo o di allarme.

Nel farlo può essere utile l’osservanza di alcune regole:

1.          Fare attenzione a quanto viene usato il computer di casa per frequentare la rete e navigare il web

 

2.          Dare il buon esempio, ad esempio evitare di farsi ossessionare dai dispositivi tecnologici come capita ai ragazzi. Non è obbligatorio rispondere a un SMS in tempo reale e una notifica non è necessariamente più urgente della conclusione di una conversazione con il proprio figlio.

 

3.          Non demonizzare alcun mezzo tecnologico o media sociale. Farlo non servirebbe a nulla! Non farlo aiuta a capire i comportamenti e a dialogare con i ragazzi. Può servire al contrario lasciare completa trasparenza nell’uso del mezzo tecnologico con l’obiettivo di far percepire ruolo e rilevanza di alcune buone pratiche e l’importanza che esse hanno nello sviluppare conoscenza, consapevolezza e indipendenza nella libertà. 

4.          Dedicare maggiore attenzione ai più piccoli e prepararli a difendersi da aggressioni più o meno subdole online. Ad esempio metterli in guarda dal raccontare se stessi e la loro vita personale in modo troppo trasparente con tutti o in luoghi visibili a tutti e non protetti. 

5.          Percepito il pericolo parlare con il ragazzo affrontando apertamente l’argomento cyberbullismo online in modo da contestualizzarlo nella sua virtualità. 

6.          Segnalare eventuali abusi percepiti o raccontati, agli insegnanti e/o alle autorità, ma anche ai responsabili dei media sociali frequentati dai ragazzi e se necessario rivolgersi a degli psicologi. 

7.          Partecipare attivamente ai social network con contributi e racconti finalizzati ad aiutare i ragazzi a comprendere la parte positiva della rete e ad evitare le trappole della sua parte oscura. Genitori e insegnanti possono intervenire evidenziando con racconti, presentazioni, video, articoli in che modo usare le piattaforme di social network per evitare potenziali rischi e per raccontare storie positive e a lieto fine che potrebbero fornire utili indicazioni a ragazzi in difficoltà. 

8.          Prepararsi a spiegare ai ragazzi fatti di cronaca che vedono coinvolti loro coetanei in casi di cyberbullismo e/o di suicidio e ricercare adeguate alleanze con insegnanti e psicologi nel caso in cui non si ritenga di essere capaci di farlo. 

9.          Nel caso in cui si scoprisse una manifestazione online del malessere vissuto dei propri ragazzi,  rimanere calmi, trovare il modo di affrontare l’argomento suicidio con loro, evitare di giudicare, ascoltare, garantire il proprio supporto, focalizzare la loro attenzione su aspetti positivi, non lasciarli soli e praticare una costante supervisione. 

10.         Infine, se si percepisce di non essere in grado di gestire la situazione,  non vergognarsi di chiedere aiuto. Di aiuto sono alla ricerca anche i ragazzi e anche a loro bisogna suggerire di cercarlo, in modo da poter parlare delle situazioni e stati d’animo che stanno sperimentando. La stessa disponibilità a raccontare la propria situazione di difficoltà deve essere praticata anche dai genitori. 

I media sociali e la tecnologia della rete non gioca solo un ruolo negativo ma offre anche numerose opportunità per prevenire il disagio che può portare un ragazzo al suicidio. Così come l’abuso del social networking a scopi di bullismo digitale può portare a conseguenze drammatiche per la salute fisica e mentale dei nativi digitali, Facebook e altre applicazioni simili sono piene di esempi positivi di come le loro funzionalità possano essere utilizzate a scopi preventivi e di supporto. 

l primo passo per riconoscere la validità della tecnologia è di evitare l’associazione automatica tra comportamenti di bullismo digitale e suicidio. Insistere nell’associazione significa comunicare il messaggio dell’assenza di alternative e di scelte. Il bullismo digitale deve essere contestualizzato nelle esperienze dei giovani, sempre più connessi con i loro dispositivi alla rete ma anche emotivamente coinvolti e impegnati a costruire la loro identità e a definire relazioni amicali e sociali attraverso il mezzo tecnologico. Il media digitale è per loro strumento potente di interrelazione e causa di disconnessioni, separazioni e problemi che in alcuni casi possono dare luogo a fenomeni di prevaricazione online capaci di portare anche al suicidio. 

Il mezzo tecnologico non va demonizzato ma compreso nei suoi attributi positivi di socializzazione, benessere mentale e relazionale. I media sociali possono contribuire allo sviluppo di una sana autostima come conseguenza di una vita comunitaria che promuove senso di appartenenza, capacità di adattamento e resilienza. 

Guardare ai media sociali e alle tecnologie della Rete con occhio positivo aiuta a scoprire le situazioni critiche e di sofferenza di ragazzi che online si sentono al contrario marginalizzati, esclusi o sono vittima di una qualche forma di prevaricazione e abuso.  

I genitori Tecnovigili così come insegnanti e adulti possono diventare punti di riferimento fiduciari per i ragazzi e garantire loro sperimentazioni digitali prive di rischi perché garantite dal loro sostegno, dalla loro vicinanza e dalla loro visione positiva delle tecnologie usate. 

Sexting

Alcuni studi hanno evidenziato come il fenomeno del sexting, in molti casi, non definisce comportamenti a rischio ma è una semplice manifestazione sessuale che si basa su una decisione calcolata e si traduce nella pratica di gesti ritenuti normali e non pericolosi. 

La pratica del sexting è più diffusa (due terzi dei giovani ammettono di averlo praticato) di quanto i genitori Tecnovigili non pensino e meno esposta a rischi di quanto non lo siano altri comportamenti dipendenti da altre forme di abusi come alcool, droghe e altre forme di dipendenza. La stragrande maggioranza dei ragazzi pratica il sexting con l’invio di foto di nudi senza considerare che l’azione possa causare effetti collaterali come azioni di pedo-pornografia o produrre comportamenti sessuali a rischio. Non ci sono inoltre evidenze concrete che il sexting possa tradursi in pratiche sessuali pericolose o inadeguate o nell’abuso di sostanze ad esse collegate.

Dalla letteratura scientifica e dai lavori di indagine e studio del fenomeno emerge l’esistenza di cinque rischi possibili identificati come legali (leggi contro la pedo-pornografia, ecc.), sociali (umiliazione, bullismo, molestie, ecc.), educativi e scolastici (esclusione dal gruppo, da attività scolastiche e sociali, ecc.), professionali (perdita del posto di lavoro o di opportunità lavorative, ecc.) e di abuso (sessuale, ecc.). La maggior parte degli studi effettuati (66%) guarda al sexting come un comportamento sessuale deviante e problematico che si manifesta specialmente nelle nuove generazione e che può generare rischi reali. Il rischio maggiore per i minori viene trovato nella disseminazione di contenuti sessualmente espliciti che possono dare origine a atti di bullismo digitale e altre forme di molestie o conseguenze personali come l’esclusione, l’umiliazione e l’isolamento sociale. Un altro rischio deriva dall’uso del sexting come un mezzo  per sperimentare, sulla spinta impulsiva tipica dell’età adolescenziale, forme rischiose o inappropriate di esperienze sessuali, promiscue o non protette. Infine il terzo rischio è quello che porta alla reificazione sessuale e alla violenza. Ognuno di questi rischi dipende principalmente dalla inconsapevolezza e innocenza del gesto (scatto) e del comportamento di sexting (invio), dalla pressione di amici e contatti in rete e da tratti della personalità a rischio.

Ciò che le indagini rilevano nei comportamenti degli adolescenti nell’uso dei loro dispositivi mobili per azioni di sexting, indica in quali ambiti i genitori possono intervenire. I ragazzi sembrano non avere alcuna idea delle conseguenze delle loro azioni e hanno bisogno che qualcuno, genitore Tecnovigile o insegnante, spieghi loro il sexting come parte della loro educazione sessuale. Affrontare apertamente queste tematiche è un modo per prevenire comportamenti inadeguati e per favorire il dialogo sugli stessi temi tra i ragazzi. Il problema è che molti ragazzi non sembrano in grado di ascoltare i messaggi che arrivano loro perché incapaci di percepirli come reali nelle loro pratiche quotidiane.

Per essere credibili bisogna dimostrare di conoscere ciò di cui si parla ma soprattutto in che modo il sexting si manifesti e si collochi nella vita dei Tecnorapidi, quali danni e effetti collaterali possa provocare, quali reazioni individuali, pressioni e conseguenze possa generare. L’intervento dei genitori è fondamentale soprattutto nei casi in cui l’attività di sexting è frutto di pressioni ricevute dall’esterno. I ragazzi devono essere consapevoli dei rischi che corrono nell’uso dei loro dispositivi mobili e nelle loro vite digitali online. Devono poter contare su canali comunicazionali sempre aperti e capaci di ascoltare perché dotati della necessaria conoscenza e comprensione. Devono conoscere i rischi legali così come l’importanza di proteggere la loro privacy e reputazione online e di rispettare quella degli altri, in particolare il diritto di difendere il proprio corpo come entità privata e inviolabile.

Prima di demonizzare la pratica del sexting un genitore Tecnovigile deve fare i conti con la sua visione della sessualità, spesso condizionata da punti di vista ideologici e atteggiamenti puritani che impediscono di trattare l’argomento sesso in modo franco e aperto. Liberata la mente dalle contraddizioni che si manifestano nel piacere ottenuto da una pubblicità che trasforma bambini e bambine in oggetti sessuali o da protagoniste cinematografiche sessualmente provocanti e nella tendenza a condannare il sexting dei figli, si può contestualizzare meglio il fenomeno senza demonizzarlo. Il sexting apparirà allora come una normale pratica sociale e uno strumento che i ragazzi e gli adolescenti usano per esprimere la loro sessualità, senza portare a maggiori pratiche sessuali o esperienze pericolose.

La pratica del sexting non cambia le abitudini comportamentali sessuali dei teen-ager ma li aiuta a scoprire la loro identità sessuale e le rende semplicemente maggiormente visibili agli adulti.

Il sexting però non è senza problemi, soprattutto nelle sue manifestazioni collegate ad attività di bullismo e stalking digitale e di pedo-pornografia. Il pericolo maggiore consiste nella potenzialità virale di Internet e delle reti sociali di dare visibilità ad un messaggio o a una foto a audience ampie, anonime e non desiderate. In alcuni casi, fortunatamente per il momento molto rari, la visibilità ricevuta da immagini, foto o testi utilizzati in una partica di sexting, hanno trasformato una semplice comunicazione, uno scherzo o uno scatto rubato in una tragedia. La cronaca ha riportato alcuni di questi casi, quasi sempre legati a foto di ragazzi che i loro compagni di classe o amici hanno pubblicato online permettendo alle reti sociali di trasformarle in contenuti virali. Questi casi sottolineano l’importanza dell’educazione sulle conseguenze negative potenziali dell’uso inconsapevole e superficiale delle nuove tecnologie e delle azioni finalizzate a combattere e stroncare sul nascere attività di bullismo digitale. Una pratica di sexting che non si trasforma in bullismo digitale è una forma accettabile, anche da parte dei genitori, di esplorazione tra adolescenti dell’identità sessuale. Accettarla come tale è il primo passo per stabilire un buon rapporto confidenziale con i ragazzi e  riuscire a fornire loro utili informazioni che permettano loro di elaborare nuova conoscenza e maggiore consapevolezza.

I genitori Tecnovigili preoccupati delle attività e pratiche di sexting dei loro ragazzi possono fare affidamento su numerose iniziative e campagne che in rete suggeriscono, attraverso canali e media diversi, alcune buone pratiche e comportamenti da adottare. Il messaggio alla base di queste campagne non è mai finalizzato alla completa astinenza da sexting ma suggerisce alcune buone regole, etichette da osservare, principi di sicurezza e etici da rispettare. Tra le pratiche più importanti vanno segnalate quelle che suggeriscono la reciprocità e la fiducia come unici elementi che possono giustificare un sexting normale e privo di rischi reali, l’anonimità delle immagini e delle fotografia condivise con la cancellazione della faccia o di altri tratti o segni (tatuaggi) che possano permettere una identificazione e la denuncia immediata per la disseminazione e pubblicazione di immagini private in violazione della privacy e senza il consenso del diretto interessato.

Sulla base delle evidenze riscontrate in molte indagini sulla pratica del sexting la raccomandazione di psicologi, sessuologi, pediatri e esperti è di abbandonare la repressione e la richiesta di astinenza per focalizzarsi sulla educazione finalizzata a facilitare lo sviluppo delle capacità del ragazzo a difendere sé stesso e a resistere alle pressioni degli altri, siano essi sconosciuti o amici e fidanzati e a prendere decisioni consapevoli e coscienti. Il secondo intervento deve mirare a costruire ambienti più sicuri a casa come a scuola per prevenire atti di bullismo e per adottare sistemi educativi e approcci condivisi e comuni, ad esempio nel rifiuto dell’intervento puramente punitivo o censorio.

Un altro ambito nel quale il genitore Tecnovigile può intervenire è di tipo tecnico e applicativo e comporta la conoscenza degli strumenti con i quali gli adolescenti praticano il sexting e i parametri di configurazione con i quali è possibile abilitare o inibire determinate funzionalità e modalità di interazione e comunicazione. Ad esempio con applicazioni come SnapChat che sulla carta permettono la cancellazione delle foto ma che in realtà permette di ritrovarle e usarle.

Infine il genitore Tecnovigile deve fare attenzione al sexting di genere per non cadere vittima di stereotipi o minimizzare il rischio più elevato che interessa le ragazze e le adolescenti così come comportamenti di stampo omofobico. 

Cyberbullismo e Bullismo digitale

Gli atti violenti e di bullismo sono temi complessi da gestire che possono creare serie preoccupazioni ma anche trovare soluzioni positive, se opportunamente affrontati. Nell’era tecnologica che stiamo vivendo tutti i genitori Tecnovigili sono chiamati a fare i conti con nuovi comportamenti sociali emergenti che possono danneggiare la vita dei loro figli, soprattutto a scuola. E’ una battaglia che non può essere condotta in solitudine. Meglio avere al proprio fianco esperti e persone su cui poter contare per affrontare i problemi insorgenti o, meglio ancora, per prevenire. Lo si può fare con successo anche nel caso di comportamenti di bullismo digitale.

I genitori devono essere consapevoli che dotarsi di nuovi strumenti di conoscenza e di risorse utili a comprendere la rivoluzione tecnologica in atto e i suoi effetti sui loro ragazzi è diventato di cruciale importanza per la crescita e per lo sviluppo dei loro ragazzi, ma anche per sviluppare con loro un dialogo pragmatico e costruttivo. La stessa consapevolezza è necessaria agli insegnanti e a chi opera nella scuola.

Genitori e insegnanti devono essere consapevoli che alcuni di questi effetti, come il cyberbullismo o bullismo digitale, sono fenomeni diffusi che interessano ragazzi e bambini di ogni età e genere, con alcune specificità emergenti come quelle legate al cyberbullismo al femminile (le api regine). Per affrontare e gestire il fenomeno bisogna innanzitutto saper ascoltare e vedere (attitudini dei ragazzi verso amici e familiari, mutamenti nei comportamenti sociali e calo dell’autostima, aumento dell’aggressività).

Bisogna essere proattivi e sviluppare strategie di comunicazione, di contenimento e di prevenzione adeguate, si può partecipare a corsi e seminari predisposti ad hoc e mantenersi costantemente aggiornati e informati. Nel farlo è importante costruire un dialogo perseverante e trasparente con i propri figli e ragazzi e mantenere contatti stretti con le scuole che frequentano e i loro insegnanti.

Il ruolo dei genitori Tecnovigili

In teoria ogni genitore dovrebbe essere la prima persona di fiducia che un ragazzo contatta, per condividere un problema e chiedere un aiuto. Nella realtà il genitore è spesso la persona da evitare e lasciare all’oscuro di ogni cosa. Una reazione comprensibile visto che molti genitori tendono a reagire in modo esagerato e inappropriato, impedendo nei fatti ogni forma positiva di dialogo e di confidenza.

L’approccio del bastone e della carota non serve, meglio quello basato sull’apertura, l’ascolto, il dialogo, l’empatia e la conversazione. Il bullismo digitale si esprime spesso tramite le parole pubblicate online, parole capaci di umiliare un ragazzo, di turbarlo emotivamente e di seguirlo fin dentro casa mettendo a rischio anche la relazione con il genitore.  In casa deve poter trovare ascolto e guida, un appoggio sicuro, non consolatorio ma attivo e finalizzato alla soluzione positiva del problema

Il genitore deve essere consapevole che il ragazzo può essere sia l’attore e il protagonista dell’atto di bullismo sia la vittima designata e che spesso passa dall’uno all’altro ruolo senza problemi. In entrambi i casi il genitore deve preoccuparsi principalmente dei rischi che i ragazzi stanno correndo e di come stanno gestendo emozionalmente gli eventuali attacchi subiti. Se ci sono indicazioni concrete di un’azione di bullismo digitale in essere, è compito del genitore correre ai ripari con urgenza ed efficacia, anche con l’aiuto di altre persone o rivolgendosi alle autorità istituzionali, nel caso ci fossero gli estremi per farlo.

Il fenomeno del bullismo digitale è così diffuso dall’avere attirato l’attenzione di psicologi, associazioni genitoriali, autorità scolastiche e istituzioni. L’analisi del fenomeno ha portato all’elaborazione di strategie di contenimento e utili suggerimenti indirizzati a genitori consapevoli del loro ruolo attivo nel gestire il problema, nell’interesse dei ragazzi e del loro benessere. Molti di questi suggerimenti sono di semplice buon senso, altri nascono da studi e analisi approfondite fatte da esperti e psicologi. L’approccio che personalmente suggerisco si basa su buone pratiche di tipo pragmatico esercitate rispettando alcune regole.

Affiancare i propri figli e ragazzi fin dalla più tenera età educandoli all’uso della tecnologia.

Per essere pronti a intervenire in casi di bullismo digitale o per attivare buone pratiche preventive è necessario innanzitutto acquisire adeguate conoscenze e competenze informatiche, superando gli svantaggi degli immigrati digitali per farsi una nuova cultura tecnologica. Più si apprende e più si sarà in grado di comunicare e capire ciò che fanno, come agiscono e cosa pensano i ragazzi.

Con le adeguate conoscenze si può prestare attenzione a come i ragazzi utilizzano la tecnologia e gli strumenti di comunicazione digitale e si possono affiancare quando lo fanno. Lo si può fare spiegando loro benefici e vantaggi ma anche effetti negativi e pericoli come il fenomeno del cyberbullismo.

L’attenzione deve essere rivolta alle loro attività e relazioni online e ai loro atteggiamenti nell’uso del loro dispositivo mobile, ai loro cambiamenti di umore e livelli di aggressività, al tempo dedicato a Internet, ai cambiamenti di comportamento nell’utilizzarlo. Per aiutare i ragazzi è necessario conoscere il funzionamento delle logiche (profili, reti sociali, legami, contatti, interazioni, applicazioni ecc.) che sottendono ai social network e ai principali ambienti della rete che i giovani frequentano. Se non si è in grado di farsi queste conoscenze da soli meglio partecipare a brevi corsi o seminari costruiti ad hoc per genitori Tecnovigili.

Prendere coscienza del fenomeno del cyberbullismo e degli effetti che può avere sulle persone che ne sono colpite.

Il fenomeno potrebbe non interessare i propri figli ma questo non esclude che lo si studi e lo si comprenda a fondo anche per capire quanto e se la scuola lo stia affrontando e gestendo nel modo più appropriato. Molto importante ad esempio è la consapevolezza che la vittima di cyberbullismo può essere colpita due volte, dall’attacco digitale ma anche dalle reazioni degli altri quando ne vengono a conoscenza. I genitori hanno la responsabilità di parlare con i loro figli in modo che sappiano adottare i comportamenti adeguati con le vittime del cyberbullismo che potrebbero essere loro compagni di classe.

Assicurarsi che le relazioni tra coetanei in reti amicali o gruppi siano sempre costruttive e positive.

Molte delle relazioni digitali sono volatili, in continuo divenire e di breve periodo. E’ fondamentale capire se queste relazioni hanno un decorso regolare o sono portatrici di sofferenza dovuta a qualche forma di coercizione e violenza. I genitori e gli adulti possono intervenire, con attenzione e delicatezza, se e quando colgono conflitti potenziali o iniziali e lo devono fare con strategie e azioni di medio-lungo termine, ma anche con un approccio di sostegno e teso a minimizzare i comportamenti che hanno generato problemi di tipo psicologico e/o emotivo. Un ruolo importante può essere giocato in questo contesto dagli insegnanti che a scuola sono maggiormente al corrente dei gruppi o circoli di amici che si sono creati in base ad affinità, interessi, pura casualità.

Partecipare periodicamente a corsi/seminari o workshop formativi

E’ la scelta giusta per potersi tenere aggiornati costantemente sulle novità tecnologiche e l’uso che i ragazzi ne fanno ma anche per potersi confrontare con altri genitori e con gli insegnanti delle scuole frequentate dai figli. La condivisione di esperienze o problematiche vissute, unitamente alla presenza di persone esperte e di studiosi è il modo ottimale per prepararsi sia a prevenire che a gestire l problema nel caso in cui non si sia potuto evitare.

Prendere consapevolezza che non tutto è catalogabile come bullismo digitale.

Grazie a workshop con specialisti, psicologi, filosofi e tecnologi è possibile acquisire informazioni utili a formarsi conoscenze approfondite che possono servire a comprendere i vari fenomeni della rete e a individuare quelli pericolosi e negativi e a separarli da quelli che non lo sono.

Non tutto ciò che i ragazzi sperimentano online è negativo. La rete e il social network sono anche una valida palestra di crescita individuale, di maturazione e di scoperta/costruzione della propria identità. Tutto ciò non avviene mai in forma isolata ma attraverso interazioni più o meno amichevoli o conflittuali con altri. La conflittualità e lo scontro/confronto non sono necessariamente espressione di cyberbullismo, ma lo possono diventare. Da qui l’utilità di corsi di formazione ad hoc da frequentare periodicamente!

Comunicare e mettere in guardia i ragazzi sull’uso delle loro risorse online.

I genitori possono fare molto nell’aiutare i loro figli nella protezione delle loro entità digitali, profili, password, credenziali di accesso, ecc. Ma per poterlo fare devono conoscere ruolo, funzionalità, importanza di queste entità e oggetti digitali. Se non sono in grado di farsi una cultura adeguata da soli e di acquisire le conoscenze che servono, per evitare di non comunicare con i loro figli è meglio che ricorrano a fonti informative e di conoscenza adeguate. Spesso un breve corso sul tema può tradursi rapidamente in numerosi vantaggi e benefici tangibili.

Per mettere in guardia i ragazzi i genitori devono prima di tutto conoscere e sapere, oltre che esprimere la loro genitorialità responsabile attivando opportuni azioni di monitoraggio, controllo e intervento attivo. Devono conoscere gli spazi virtuali abitati dai loro ragazzi, le persone che frequentano, le loro destinazioni e navigazioni e le loro attività online. Devono avere contezza dei contenuti pubblicati online, dei luoghi dove vengono pubblicati e degli strumenti usati per farlo. Possono incoraggiare i ragazzi a condividere con loro queste informazioni e avvenimenti strani nei quali si trovano coinvolti o chiedere a amici adulti di seguire online le attività dei loro figli.

Prevedere strategie finalizzate a prevenire azioni di cyberbullismo sui propri figli.

Per farlo è importante dialogare con i ragazzi, informarsi sulla loro vita online, fare attenzione a cambi di umore o reazioni violente o strane. Un approccio  proattivo prevede di implementare momenti comuni di condivisione di esperienze a scuola con il coinvolgimento di insegnanti, ragazzi e genitori. Oppure si può fare la stessa cosa con esperti o professionisti che offrono simili opportunità di incontro, ma moderato da persone con maggiori conoscenze tecnologiche e dei suoi effetti sui ragazzi.

I ragazzi che si trovano preparati a gestire situazioni negative online saranno più capaci a gestire anche casi di bullismo digitale e di influenzare positivamente coetanei o compagni che di quei casi potrebbero essere i protagonisti. Nel caso in cui i ragazzi siano già stati vittima di atti di bullismo bisogna agire con tenacia per sostituire pensieri negativi con altri positivi.

E’ inutile cercare di imporre una riflessione prima che essi si sentano pronti per farla ma è necessario affiancarli e coinvolgerli costantemente nelle attività familiari e sociali fino a quando siano riusciti a elaborare una qualche via di uscita dalla sofferenza che li attanaglia e riescano loro stessi a pensare nuovamente in positivo. A questo punto la conversazione può avere luogo e dare risultati positivi.

L’attenzione dei genitori non è sufficiente, serve anche quella degli insegnanti e della scuola.

E’ compito della scuola attivarsi per prevenire e/o agire tempestivamente di fronte al manifestarsi di qualsiasi fenomeno di cyberbullismo. E’ responsabilità della scuola chiamare in causa entità e figure diverse come polizia o avvocati/legali che spieghino ai ragazzi le implicazioni legali e/o penali di gesti inadeguati e violenti in rete.

I genitori devono/possono spiegare ai ragazzi di non nascondersi dietro uno schermo.

E’ compito dei genitori, soprattutto in ottica di prevenzione, spiegare ai propri figli che non possono farsi belli o nascondersi dietro lo schermo di uno smartphone, tablet o personal computer. Le loro responsabilità di persone devono essere loro spiegate e raccontate così come deve essere spiegata loro la stretta relazione che ormai esiste tra mondo reale e mondo virtuale.

Il bullismo di strada è pernicioso e dannoso quanto lo è quello online. Il cyberbullismo ha effetti ancor più devastanti perché avviene in spazi molto abitati e frequentati, in ambienti tecnologici che ne ampliano esponenzialmente la visibilità e la conoscenza da parte degli altri. Un modo per sviluppare consapevolezza nei ragazzi è di favorire la crescita di empatia tra loro e gli altri ragazzi che frequentano o incontrano online.

Meglio conoscere le leggi esistenti sul cyberbullismo in Italia.

Nel caso in cui venga pubblicata una immagine indecente rubata (sexting) o frutto di uno scatto preso di nascosto, la scuola può intervenire con la confisca del dispositivo ma quando l’immagine è online è difficile che si possa evitare il danno in tempi brevi. Ne possono quindi conseguire problemi anche legali di cui ogni genitori e insegnante dovrebbe essere al corrente.  Un minimo di timore può convincere anche i più restii ad informarsi di più, a formarsi e ad acquisire nuove e aggiornate conoscenze.

Fare gruppo con altri genitori

Affrontare da soli il bullismo digitale subito dai propri ragazzi potrebbe non dare i risultati sperati. Meglio condividere le proprie esperienze con altri genitori, parlarne con gli insegnanti e, nel caso in cui fosse noto l’autore del gesto di bullismo, cercare di entrare in contatto con i suoi genitori o insegnanti. Meglio consultarsi con altri prima di agire impulsivamente. Molti ragazzi che praticano gesti di bullismo digitale sono problematici e loro stessi incasinati in altri ambiti delle loro vite o vittime a loro volta di atti di bullismo.

La ricerca di dialogo e confronto con altri genitori e con gli insegnanti non deve essere tenuta segreta ai ragazzi ma comunicata e condivisa con l’obiettivo di responsabilizzarli e renderli consapevoli e di avere la loro opinione al riguardo. Permettere loro di imparare a gestire le avversità e a navigare attraverso situazioni problematiche significa aiutarli nel loro processo di crescita e di maturazione individuale. Nel caso in cui l’azione individuale o la collaborazione di altri genitori e insegnanti non fossero sufficienti, è consigliabile ricorrere ad aiuti esterni come quelli delle istituzioni poliziesche e legali.

Cosa fare nel caso in cui si sospetti un’azione di bullismo digitale

Molti casi di bullismo digitale, sia quelli agiti che quelli subiti, sfuggono alla percezione dei genitori perché avvengono in spazi e ambiti nei quali il controllo dei genitori non è esercitabile. La crescita di un adolescente non è mai priva di dolori e frustrazioni e spesso tradisce il rispetto di comportamenti standard suggeriti dai loro genitori. Il bullismo digitale è uno di questi comportamenti, al di fuori della norma e sintomatico di problemi esistenziali che i ragazzi stanno affrontando con fatica. L’attenzione dovrebbe essere posta a bloccare immediatamente gli atti di bullismo eliminandone le cause e gli effetti ma per farlo è necessario essere a conoscenza o quantomeno sospettare che qualcosa di anomalo stia avvenendo.

Nel caso in cui questo sospetto esista e si voglia intervenire con urgenza conviene intervenire sui fronti seguenti:

  • Affrontare subito il problema, con calma e senza pregiudizi, con grande disponibilità all’ascolto e al dialogo e senza esprimere giudizi avventati, in modo perseverante e preparandosi alle bugie e alle resistenze che caratterizzando le reazioni dei ragazzi così come i loro tentativi di difendersi e di giustificarsi e le loro arrabbiature
  • Delineare con chiarezza i confini comportamentali in modo da comunicare aspettative e conseguenze in caso di violazione delle norme, indicare azioni da intraprendere nel caso in cui si sia stati attori di un atto di bullismo e illustrare il collegamento che esiste tra comportamenti online e vita reale delle persone nella realtà fattuale di ogni giorno
  • Verificare se i ragazzi dispongano di adeguati modelli relazionali basati sull’empatia, il rispetto e la compassione verso gli altri e se siano consapevoli dei danni che potrebbero causare con azioni di bullismo digitale e del fatto che le loro azioni potrebbero a loro volta essere determinate da azioni di bullismo subite
  • Nel caso in cui i ragazzi siano già stati attori di bullismo è fondamentale intervenire con decisione per insegnare loro i comportamenti da tenere con gli altri e per cercare di capire cosa abbia causato il loro agire con l’obiettivo urgente e finale di bloccare ogni nuovo comportamento di bullismo e riparare a quello già compiuto
  • Mostrare grande affetto e supporto per tutto il tempo che servirà ai ragazzi a cambiare atteggiamenti e comportamenti aiutandoli, anche con feedback positivi e costruttivi e approcci premianti per i risultati ottenuti, ad applicare una auto-riflessione critica
  • Costruire rapporti di conoscenza e collaborazione con altre persone adulte in modo da condividere problematiche e azioni da pianificare per contrastare e prevenire il fenomeno del bullismo digitale praticato da casa, a scuola e in mobilità e ricorrere all’aiuto di esperti nel caso in cui fosse ritenuto necessario per la gravità o ingestibilità della situazione.

Cosa suggerire al ragazzo per prevenire l’atto di bullismo digitale

Proteggersi da azioni di bullismo digitale è possibile ma non tutti i ragazzi sanno come farlo. I genitori Tecnovigili possono trovare il modo adeguato per suggerire loro alcune concrete buone pratiche come:

  • Configurare adeguatamente gli spazi digitali frequentati definendo in modo conservativo profili e utenze digitali online. Lo si può fare definendo con attenzione i criteri della privatezza dei contenuti (privacy) e della sicurezza delle informazioni personali. Ad esempio su social network come Facebook  è possibile restringere il perimetro delle proprie reti sociali solo alle persone conosciute. I parametri di configurazione vanno controllati frequentemente perché soggetti a costanti cambiamenti da parte di realtà che come Google o Facebook sono più interessate al marketing e alla vendita di prodotti di consumo che alla privacy dei loro utenti o ai rischi che possono correre online. 
  • Non lasciarsi prendere dall’urgenza della scrittura e della pubblicazione. Ogni scritto o immagine andrebbero attentamente soppesati, riletti, modificati e solo dopo attenta valutazione critica pubblicati. La riflessione è necessaria perché molto di ciò che si condivide in rete finisce per restarci molto a lungo, se non per sempre. Così come non si svelerebbero segreti personali in una stanza piena di persone sconosciute, lo stesso comportamento andrebbe adottato, a maggior ragione, online. 
  • Mantenere sempre le informazioni personali come personali e private. Il diavolo sta nel dettaglio, meglio quindi evitare di condividere elementi identitari e informazioni che potrebbero essere usate per creare danni o problemi, anche da parte di persone di fiducia. 
  • Fare frequenti ricerche online con i motori di ricerca per verificare quali e quante nuove informazioni personali siano state messe in circolazione e condivise online e che potrebbero essere usate per atti di bullismo digitale. Nel caso in cui il rischio fosse presente intraprendere immediate azioni finalizzate alla rimozione e alla prevenzione. 
  • Abituarsi a scollegarsi sempre da ogni sessione online, soprattutto quando l’accesso viene effettuato in ambiti pubblici come la scuola o una biblioteca comunale o uno spazio Internet commerciale. Vincere la pigrizia gestendo l’accesso ad ogni nuova sessione online con l’inserimento delle proprie credenziali e senza delegarlo al browser o ai siti web. 
  • Educare se stessi attraverso la lettura, l’informazione e l’apprendimento (conoscenza) dei fenomeni della rete, compreso il cyberbullismo. 
  • Contribuire all’educazione e condivisione di conoscenze con amici e compagni di classe parlando apertamente del bullismo digitale e elaborando nuovi pensieri e predisponendo nuove strutture cognitive utili a sostenere nuovi comportamenti e motivazioni all’azione 
  • Intervenire apertamente per criticare e bloccare azioni di bullismo digitale praticati da compagni e/o amici o per fornire sostegno e aiuto a coloro che l’atto di bullismo lo hanno subito. Nel caso in cui fosse necessario non avere timore a coinvolgere una persona adulta. 

Prevenire meglio che curare

Tutti conoscono l’importanza della prevenzione ma pochi la praticano. E’ alla base del principio precauzionale che suggerisce condotte cautelative finalizzate a limitare i rischi oggettivi e conosciuti (prevenzione) e quelli ipotetici e basati su indizi (precauzione). Nel caso del bullismo digitale entrambi dovrebbero essere praticati e applicati.

Agire in modo preventivo significa prendere consapevolezza di quanto segue:

  • Il bullismo nasce dalla volontà o scelta di sperimentare forme di controllo e potere nelle relazione umane. Le tecnologie digitali hanno reso questa pratica più semplice per tutti i ragazzi e non solo per coloro che agiscono da bulli anche nella vita reale
  • Il bullo digitale punta a colpevolizzare la vittima e lo può fare grazie alle infinite risorse della rete
  • I ragazzi sono consapevoli del potere della tecnologia e dei suoi potenziali effetti negativi così come conoscono quanto la viralità della rete possa distruggere autostima e reputazione online
  • Le nuove generazioni usano linguaggi e modi di comunicare sconosciuti agli adulti e che sfuggono alla loro supervisione e controllo. Senza un monitoraggio attento fatto di cura, attenzione, conoscenza e consapevolezza del pericolo il bullismo digitale può facilmente dilagare
  • Ogni ragazzo può essere educato sul bullismo digitale come atto codardo e violento perché agito spesso nell’anonimato della rete e potenziato dalla viralità e globalità della rete
  • Il bullismo digitale ha effetti negativi più pesanti del bullismo nella vita reale, è più difficilmente individuabile e viene agito nella convinzione di una maggiore certezza di impunibilità. Il genitore di un ragazzo che agisce da bullo digitale è chiamato a esercitare maggiore attenzione allo scopo di identificare le sue azioni come espressioni di bullismo e ad agire di conseguenza
  • Le vittime di bullismo digitale hanno timore a confidarsi perché temono azioni ancora più violente e negative e anche le reazioni cautelative e censorie del genitori sul loro uso e accesso alla tecnologia
  • La casa non è più un rifugio sicuro. Il bullismo digitale non è virtuale nelle conseguenze che produce ma lo è per il luogo in cui viene esercitato. Un luogo che non è più fisico e ha perso anche la dimensione del tempo, soprattutto dopo la rivoluzione degli smartphone e l’affermarsi dei nuovi stili di vita tecnologici e Mobile.

Con queste conoscenze è più facile definire alcune strategie genitoriali di prevenzione quali:

  • Insegnare ai ragazzi i meccanismi per bloccare alcune funzioni online e le buone pratiche di comportamento che possano impedire l’uso di informazioni personali (autoscatti spediti a partner del momento o informazioni private condivise pubblicamente sui social network o privatamente via email) per finalità di bullismo
  • Se necessario limitare l’accesso temporaneo alla tecnologia, soprattutto se si ha la percezione che il ragazzo sia sotto attacco
  • Introdurre nella vita tecnologica dei ragazzi strumenti di controllo parentale
  • Studiare con attenzione il mondo online frequentato dai ragazzi e educarli all’importanza della privacy
  • Tenere il computer di casa in luoghi pubblici e monitorare con discrezione l’uso che viene fatto di dispositivi mobili e console di gioco nei luoghi privati
  • Fare attenzione al tono della comunicazione dei ragazzi
  • Modificare agende e abitudini familiari in modo da rendere più complicato ai predatori sessuali di trovare online i ragazzi

Verificare se la scuola è preparata a gestire il bullismo digitale

Molte azioni di bullismo digitale si manifestano in contesti sociali diversi dalle mura domestiche, come la scuola. Prevenire questi comportamenti è compito della scuola ma i genitori Tecnovigili hanno il diritto di informarsi su come e quanto la scuola, frequentata dai loro figli, sia opportunamente attrezzata per affrontare il rischio del cyberbullismo.

Per capire se la scuola è attrezzata per prevenire il fenomeno del bullismo digitale è sufficiente verificare quali siano le azioni e le iniziative concrete messe in campo quali:

  • Implementazione di indagini scolastiche anonime per raccogliere informazioni sul fenomeno
  • Creazione di team dedicati incaricati di monitorare il fenomeno, imporre adeguate policy e buone pratiche, comunicare e informare, formare e sducare il corpo insegnante, i genitori e i ragazzi e costruire adeguate relazioni e collaborazioni con altre realtà sociali e comunali
    • Proposizione periodica di corsi di formazione sul tema per familiari e adulti
    • Definizione di policy scolastiche e di istituto per prevenire il bullismo e per indicare quale uso fare delle tecnologie a scuola
    • Monitoraggio dei luoghi pubblici della scuola e dei comportamenti, anche online, degli studenti in quegli spazi
    • Promozione di accessi alla Rete sicuri e protetti
    • Implementazione di meccanismi e strumenti di reporting e incoraggiamento ad usarli
    • Promozione di iniziative di vigilanza
    • Fornitura di un supporto adeguato per i casi di bullismo digitale accertati, sia alle vittime e alle loro famiglie, sia agli autori del gesto di bullismo e ai loro genitori
    • Predisposizione di canali di supporto esterno per casi di bullismo estremo (violenze sessuali o fisiche, pornografia, stalking, ecc.) che suggeriscono il ricorso alla legge o alla polizia
    • Azione proattiva con iniziative pubbliche nel comune o nella comunità per fornire informazione e fare cultura sul tema al di fuori della scuola e in funzione preventiva 

Stalking digitale

Per prevenire lo stalking il primo compito di un genitore Tecnovigile è di acquisire le informazioni necessarie a conoscere il fenomeno e prepararsi ad una azione rapida e efficace nel caso in cui il proprio figlio o figlia sia caduto vittima di azioni di stalking digitale. Il secondo compito è di parlare con i propri figli del fenomeno per descriverlo nelle sue manifestazioni principali, suggerire come fare a riconoscerlo (come si presenta, le motivazioni che lo causano, tipologie diverse di stalker e loro psicologia) e condividere indicazioni sulle risorse disponibili online e sulle strategie comportamentali da adottare (chiedere aiuto, denunciare l’attacco, ecc.).

La difficoltà del genitore Tecnovigile nel fornire un sostegno ai propri figli sta nella quasi impossibilità di prevenire una violenza di stalking digitale. Il genitore si trova ad affrontare il problema quando viene scoperto o comunicato. La semplice analisi dei comportamenti non permette, come nel caso delle altre forme di dipendenza tecnologica, di percepire adeguatamente quello che sta succedendo.

Servono armi più potenti e, più dell’analisi, serve sviluppare la percezione, la vicinanza, la conoscenza e la sensibilità al potenziale problema. Dotarsi di queste nuove abilità è tanto più importante quanto più la vittima dello stalking tende a non considerarsi tale, a non parlarne e a evitare qualsiasi tipo di denuncia. Il genitore può aiutare il ragazzo e la ragazza a riconoscere il problema di essere stato usato o vittimizzato da atteggiamenti di stalking, a informarsi, a comprendere i rischi e a adottare precauzioni e misure utili a difendersi, e forse anche a prevenire.

I rischi concreti dello stalking digitale

I rischi associati allo stalking digitale si manifestano concretamente in forme diverse, alcune delle quali facilmente individuabili, altre più anonime e pericolose:

  • Furto di identità e utilizzo delle credenziali di accesso alla rete. Il rischio più grande è che lo stalker usi le informazioni personali per raggiungere la vittima nella vita reale. Il secondo rischio è associato all’uso che può essere fatto di un account di social networking per diffamare, umiliare o molestare la vittima con la pubblicazioni di testi o immagini provocatorie e minacciose. Il terzo rischio è la distruzione di relazioni amicali o affettive in essere, attraverso l’uso di email o messaggi abusivi o finalizzati a provocare reazioni che la vittima vivrà come ulteriori azioni di stalking.
  • Furto e presa di controllo degli account online
    • Creazione di falsi profili online usando le credenziali di accesso e i dati personali della vittima
    • Localizzazione della vittima attraverso sensori e sistemi GPS, dispositivi mobili o specializzati o di software spyware
    • Creazione di blog, siti o pagine web e account sui social network con l’obiettivo di diffamare o creare false narrazioni sulla vittima
    • Utilizzo di profili di altri per crearsi in rete una narrazione da vittima indirizzando le reazioni dei contatti della rete sulla vera vittima destinata trasformandola in stalker
    • Azioni finalizzate a discreditare la vittima attraverso i social network, i gruppi sociali e le comunità online
    • Azioni finalizzate a discreditare la vittima sui luoghi di lavoro
    • Molestie perpetrate attraverso comunicazioni email o messaggi sui dispositivi mobili
    • Sfruttamento dell’immagine e di fotografie della vittima potenziale
    • Invito rivolto ad altri a molestare una vittima
    • Installazione di software spyware sui dispositivi della vittima per seguire ogni traccia digitale lasciata in rete dalla vittima designata nelle sue frequentazioni e attività online
    • Invasione della privacy sfruttando i dispositivi mobili, le loro applicazioni e i servizi in Cloud Computing per avere accesso a informazioni, fotografie, immagini e video della vittima

Correndo il rischio di infastidire i ragazzi, il genitore Tecnovigile deve continuare a ricordare loro alcune buone pratiche e l’importanza di perseguirle soprattutto quando si sentono al sicuro. Deve soprattutto convincerli di quanto sia urgente e importante raccontare e confidarsi se sono stati oggetto di cyberstalking. Nel caso in cui un ragazzo sia stato vittima di stalking digitale le azioni da intraprendere possono essere diverse.

Non tutte sono ovvie, tutte devono essere comunicate dal genitore al ragazzo Tecnorapido:

  • Denunciare l’accaduto alla polizia locale o ai carabinieri
  • Evitare qualsiasi contatto fisico con lo stalker
  • Evitare di rispondere alle molestie, comunicazioni e azioni online per impedire allo stalker di soddisfare il suo bisogno di godimento in base alle sofferenze altrui. Per difendersi è possibile attivarsi in mille modi ma non bisogna mai rispondere, neppure se si è convinti di poter gestire circostanze, dialoghi e situazioni. Molti stalker sono sociopatici, meglio evitare qualsiasi forma di conversazione o negoziazione.
  • Se la molestia è perseguita tramite i profili sociali di Facebook non cancellarli ma crearne di nuovi, più protetti e con contatti limitati e conosciuti, in modo da non scatenare la reazione dello stalker e una sua maggiore insistenza nell’azione di molestia. Un profilo inattivo ma lasciato aperto può servire da sfogatoio e semplice contenitore delle molestie future che arriveranno
  • Sviluppare qualche tattica diversiva, meglio con l’aiuto di altri, affidandosi o confidandosi con familiari, amici, o psicologi in modo da ottenere assistenza e gestire in modo indolore lo stress post-traumatico solitamente prodotto  da attacchi di stalking. Adottare forme di reazione finalizzate a gestire lo stress nel tempo.
  • Se si è deciso di procedere ad una denuncia, raccogliere tutte le informazioni utili a documentare le molestie: prendere note, ritagliare e salvare schermate video, registrare e fare una copia archivio di qualsiasi cosa sia possibile registrare (foto, video, ecc.) o copiare (email, messaggi di testo, cinguettii, messaggi WhatsApp, telefonate, messaggi vocali, ecc.), tenere un diario.
  • Proteggere con cura e opportuni strumenti computer e dispositivi mobili
  • Informare per tempo familiari e amici chiedendo assistenza, sostegno, vicinanza, monitoraggio online delle attività dello stalker.
  • Avere sempre presente la possibilità che la molestia da virtuale e digitale può diventare reale e fisica e adottare strategie e comportamenti adeguati a proteggersi negli spostamenti, percorsi, frequentazioni sociali o a difendere gli spazi domestici e scolastici.
  • Dotare il ragazzo o ragazza vittima di strumenti di allarme appositi
  • Non disperare nel caso in cui la polizia non sia in grado di offrire supporto rapido e sicuro perché non crede alle molestie denunciate
  • Rivolgersi ad associazioni di volontariato
  • Informarsi sulle leggi anti-stalking nazionali per capire quali azioni legali siano possibili e quali risultati ottenibili

L’evoluzione della tecnologia è la causa del Cyberstalking ma offre anche la possibilità di fare cose impensabili e impossibili fino a pochi anni fa, attraverso l’uso di software ad hoc e nuove buone pratiche. Il primo e le seconde devono essere usate in attività preventive e anti-stalking digitale con l’obiettivo di: 

  • Controllare l’accesso fisico ai dispositivi tecnologici, fissi e mobili, e connessi al Web per individuare connessioni e accessi indesiderati, spesso usati per tenere sotto controllo le vittime a loro insaputa
  • Proteggere sempre i dispositivi personali con password sicure e attivare la protezione anche quando si lascia incustodito un dispositivo per breve tempo
  • Impostare parole chiave sicure e complesse, meglio se costruite con intere frasi e non condividerle mai, neppure con amici e conoscenti
  • Verificare online le informazioni disponibili, controllare i risultati della ricerca e agire immediatamente nel caso in cui si scoprissero dati o informazioni che richiedono la loro cancellazione perché offensive e inappropriate
  • Cancellare le tracce lasciate in Rete, in primo luogo quelle sui social network e che possono comunicare abitudini, hobby, interessi, programmi e intenzioni
  • Prestare molta attenzione alle impostazioni della privacy associate ai vari profili sociali online e verificare costantemente che non siano modificate
  • Se si sospetta di essere già vittima online di stalker digitali cercare aiuto ma evitare di farlo usando computer o dispositivi mobili personali che potrebbero essere tracciati con software spyware
  • Usare sempre molta accortezza nello scaricare nuove Applicazioni dagli store online
  • Dotarsi di software per la sicurezza, mantenendolo costantemente aggiornato con l’obiettivo di difendersi in particolare dagli attacchi di tipo phishing

 

Ogni manifestazione concreta di stalking digitale genera rischi tra loro simili ma che devono essere contestualizzati e valutati nella loro gravità specifica. Ai ragazzi vanno evidenziati i rischi e suggeriti alcuni strumenti e buone pratica di difesa. 

La raccolta di informazioni online seguendo le tracce digitali lasciate dalle potenziali vittime si traduce in possibili pericoli fisici nel caso in cui lo stalking si trasferisca nella vita reale, in furti di identità e account online e in azioni mirate a trovare e raccogliere nuovi dati e informazioni online da sfruttare per nuovi attacchi. La difesa passa attraverso la conoscenza di quante e quali informazioni personali sono disponibili online e sono trovabili attraverso i motori di ricerca, il cambio di password e delle credenziali usate per accedere alle risorse online, la configurazione attenta dei profili online e del livello di privacy di ogni applicazione ad essi associato ed evitando la frequentazione di piazze virtuali o luoghi di conversazione online. 

La raccolta di informazioni da parte dello stalker viene fatta con il coinvolgimento e la manipolazione degli amici o conoscenti della vittima dai quali ottenere nuove informazioni o da coinvolgere nell’azione di stalking. I rischi sono la violenza fisica, l’accesso a informazioni tenute segrete o nascoste dalla vittima sotto attacco, il furto di identità e l’appropriazione indebita di account e profili online. Per difendersi il suggerimento è di impedire che lo stalker si impossessi di informazioni sulle reti di amici e conoscenti memorizzate nei dispositivi personali. Lo si può fare installando spyware o antivirus adeguati ma anche cambiando frequentemente password e PIN di accesso, condividendo meno cose e limitando la visibilità online. 

Un’attenzione particolare deve essere rivolta ai dispositivi mobili, smartphone e tablet. Questi strumenti sono diventati essenziali per la comunicazione e l’accesso online ma si sono anche trasformati in contenitori di informazioni personali e private la cui perdita potrebbe risultare particolarmente costosa e pericolosa, soprattutto se si è vittime di stalking digitale. Il dispositivo mobile può essere rubato o semplicemente raggiunto in modalità utili a prelevare le informazioni in esso contenute. Proteggere il dispositivo con password adeguate e aggiornate frequentemente non è sufficiente. Il dispositivo è ricco di APP che possono funzionare da cavallo di troia che un estraneo può usare per accedere al dispositivo e alle sue informazioni. Le APP andrebbero tutte verificate, quelle dubbie o pericolose cancellate e le loro funzionalità attentamente studiate. Vanno verificate e eliminate innanzitutto le applicazioni spyware, spesso installate all’insaputa del proprietario del dispositivo. 

Grazie ai sensori dei dispositivi mobili che trasformano un dispositivo mobile in un sistema cosciente del luogo in cui viene utilizzato e alle nuove tecnologie di geolocalizzazione, gli stalker digitali dispongono di strumenti potenti per pedinare, insidiare e attaccare le loro vittime 

Risorse per proteggersi dallo stalking digitale

Per proteggersi dallo stalking digitale non sono sufficienti buone pratiche e una conoscenza approfondita di come si manifesta, Servono anche strumenti e risorse adeguate a proteggere la propria presenza e attività online così come i dispositivi usati.

Le risorse disponibili e utilizzabili sono numerose:

  • Google Alert: con Google è possibile creare degli automatismi che generano dei messaggi di allerta ogni qualvolta qualcuno in rete digiti il vostro nome, cognome, email, ecc. Lo stesso automatismo può essere usato per tenersi informati su ciò che fa lo stalker, se è nota la sua identità o la sua identità digitale con cui si muove online
  • Software anti-spyware: tutte le vittime di stalking digitale dovrebbero installare sui loro dispositivi software anti-virus adeguati a proteggersi da software spyware. Le soluzioni disponibili sul mercato sono numerose: Safer Networking (gratuito), Malwarebytes, Pctools spyware doctor, Webroot spysweeper, Windows defender.
  • Anti-virus: il software anti-spyware non sostituisce quello anti-virus. Meglio avare entrambi
  • Gestori delle password: strumenti capaci di garantire maggiore sicurezza nella gestione delle password di accesso: RoboForm, Las Pass Password Manager, Password Depot, Password Prime
  • Dispositivi USB: utili per creare archivi offline con il backup di dati e informazioni che possono essere oggetto di attacco online ma anche di informazioni e documentazione sugli attacchi ricevuti
  • Applicazioni Mobile: le applicazioni utili sono migliaia, per trovare quelle utili è necessario dedicare del tempo alla ricerca, allo studio e alla scelta di quelle raccomandate da persone che hanno già subito violenza da stalker digitali
  • Registratore portatile: utile per registrare conversazioni moleste
  • Applicazioni mobili utili alla sicurezza: soluzioni come quelle di Kaspersky che aiuta a proteggere il dispositivo mobile, a rendere privati i contatto e a gestire eventuali perdite o furti del dispositivo; applicazioni che forniscono alla vittima dello stalker la possibilità di fare un backup delle minacce ricevute, gestire in sicurezza le password, creare allarmi che possano essere spediti in automatico a genitori o amici, nascondere informazioni come il numero di telefono del chiamante, bloccare le chiamate, configurare permessi e privacy.

Molte provincie e città hanno dato vita a servizi anti-stalking o finanziato associazioni per garantire interventi psicologici finalizzati a aiutare le vittime di stalking a recuperare l’autostima e a superare la violenza subita. Molte di queste associazioni sono collegate ai Centri Antiviolenza, alle Case Rifugio, alle forze di polizia e ai servizi sociali territoriali.

L’obiettivo primario è fornire una prima accoglienza e capacità di ascolto della vittima di Stalking , la presa in carico del problema e il sostegno psicologico (Empowerment) oltre che l’eventuale consulenza legale.

Legislazione italiana

Internet non è solo tecnologia ma comunità virtuale e dimensione spaziale. Il fenomeno dello stalking digitale si nasconde nelle pieghe della vita relazionale che lo caratterizza e sfrutta i numerosi strumenti e le risorse della Rete per comportamenti persecutori, fastidiosi e minacciosi che possono essere ripetuti ossessivamente allo scopo di intimidire una vittima. Il fenomeno è diffuso, studiato ma ancora poco compreso e soprattutto poco perseguito e perseguibile, anche per la mancanza di una legislazione ad hoc e la incapacità della giurisdizione attuale a catalogare adeguatamente le varie espressioni e la pluralità di reati di stalking digitale. La carenza legislativa e la scarsa conoscenza del fenomeno si traduce spesso in pene lievi e nel ritorno in libertà dello stalker che può tornare a intimidire le stesse vittime per cui era stato perseguito e condannato.

La prima difficoltà nasce anche dalla pluralità di significati che ha la parola stalker. Adottato dall’inglese, il termine si riferisce ad azioni compiute di soppiatto e frutto di appostamenti, inseguimenti e molestie. La seconda difficoltà è legata alla percezione, confusa e condizionata dalla scarsa conoscenza delle nuove tecnologie, che del fenomeno hanno le persone, l’opinione pubblica e la società civile. Oggi questi atteggiamenti hanno trovato una loro espressione online e sono praticati in primo luogo attraverso strumenti di comunicazione, con l’obiettivo di minacciare la libertà dell’individuo e il suo benessere psichico.

In Italia non esiste al momento una legislazione adeguata perché non esistono definizioni precise dei reati associati allo stalking digitale a partire da quelli comunemente associati alla molestia, completamente da riformulare in versione digitale e inadeguato a fronteggiare comportamenti diversi che non necessariamente sono quelli che caratterizzano il cyberstalking.

In materia ha portato rimedio “la Legge n.38/2009 che ha introdotto in Italia il reato di “STALKING” definendo in maniera chiara quali comportamenti persecutori siano da considerarsi reato e possano essere quindi oggetto di denuncia. La progressiva diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione ha contribuito negli ultimi anni a modificare i luoghi e le modalità attraverso le quali un persecutore riesce ad ingenerare uno stato permanente di preoccupazione, ansia e terrore nella vittima delle sue attenzioni malate.  

I social network, le caselle di posta elettronica i luoghi virtuali dove più spesso si cerca visibilità per danneggiare qualcuno, il telefono cellulare il mezzo di comunicazione attraverso il quale più frequentemente si trasforma una delusione in assillo, in persecuzione. Trasversale a tutte le età e a tutte le condizioni socioculturali, il cyber-stalking, la coniugazione più moderna dell’incapacità di gestire una relazione sentimentale d’amore o d’amicizia, entra nella vita delle potenziali vittime da un monitor per rimanervi a lungo, a volte conducendo ad epiloghi tragici.

La sicurezza sul web dipende soprattutto da chi lo utilizza: le persecuzioni telematiche si possono prevenire attraverso l’uso di semplici accorgimenti tecnici e di comportamento che devono ispirare sempre la navigazione nel mondo di internet.” (testo tratto dal sito della Polizia di Stato). La legge punisce i reati di stalking con una reclusione che può andare da sei mesi a un anno. 

La solitudine dei ragazzi Tecnorapidi 

“Il problema dei giovani è la solitudine, non la tecnologia”

 

La solitudine non è legata all’uso di Facebook ma alle motivazioni soggettive e alle valutazioni personali che lo determinano. Il semplice networking è più utile, nel medio e lungo periodo,  di quanto non sia la ricerca di nuove abilità relazionali. Genitori, educatori e terapeuti devono prestare attenzione a queste motivazioni per identificare per tempo ragazzi a rischio solitudine o dipendenza dal media con conseguente maggiore isolamento nella vita reale. La soluzione non è necessariamente l’abbandono del social network ma un suo utilizzo migliore, più proattivo, nel creare nuovi contatti, nel farsi nuovi amici ma soprattutto per consolidare i legami esistenti nella vita reale.

Il bisogno di socialità degli esseri umani è noto da tempo e confermato da numerosi studi così come lo sono i benefici e i vantaggi che ne derivano. In superficie i social network alla Facebook sembrano fornire gli strumenti ideali per soddisfare questo bisogno permettendo alle persone di creare connessioni istantanee e durature. Benefici e vantaggi sono invece condizionati dall’uso che ne viene fatto e dalle motivazioni alla base dei comportamenti e delle attività sociali online. La presenza di numerosi contatti su facebook non si traduce necessariamente in maggior benefici e vantaggi come spesso succede nella vita reale. Anzi alcune pratiche online finiscono per determinare maggiore senso di solitudine e di isolamento. 

Abbiamo imparato che i media sociali possono agire come sostanza stupefacente e creare dipendenza. Le persone hanno bisogno di avere consapevolezza dei comportamenti distruttivi che ne derivano e prima di rovinare le relazioni in essere con persone nella vita reale. L’unica soluzione possibile è di spegnere il dispositivo tecnologico, uscire dalla virtualità di mondi come Facebook o Second Life per buttarsi nell’attualità della vita reale e vivere. 

L’importanza assegnata alle nuove tecnologie è esagerata. L’uso deve essere consapevole. L’abuso può avere conseguenze negative sia sullo stato d’animo e la condizione di solitudine della persona che sulle relazioni interpersonali. E’ fondamentale mantenere la capacità di saper scegliere e aiutare le nuove generazioni a farlo. Un modo per proteggere la propria autostima, reputazione e salute mentale. 

Bisogna fare attenzione a non lasciarsi ingannare dal falso senso di interconnessione che i media sociali comunicano. Le numerose relazioni casuali del social network possono distogliere energie psichiche a relazioni significative e rendere più deboli le connessioni più importanti della vita reale. Come ha scritto Steven Strogatz:  “Collegarsi con amici su Facebook può essere divertente ma aumenta la confusione tra legami deboli (persone che possono tornare utili per una referenza o per trovare un buon dentista) e legami forti ( persone con cui si è molto legati). La distinzione tra le due tipologie di legami è sempre più evanescente. Le persone perdono tempo a coltivare relazioni con persone a cui tengono di meno” 

Le tecnologie e i social media non vanno demonizzati e neppure ostracizzati per l’abuso che alcune persone ne fanno. I social network e i media sociali  sono parte integrante delle nostre vite future come persone, cittadini, consumatori, netizen e esseri umani. 

Chi è dipendente dal mezzo tecnologico non ne è necessariamente cosciente. Collegati 24 ore al giorno non si riesce neppure ad immaginare una vita senza connessione alla rete. Per capire se si è raggiunto il livello di guardia è sufficiente porsi alcune semplici domande sull’uso che si fa dello strumento tecnologico con cui ci si collega al social network o alla rete, verosimilmente uno smartphone e/o tablet.

  • Quanto tempo passo con un dispositivo mobile in mano?
  • Lo controllo costantemente e in modo compulsivo?
  • Lo faccio appena svegliato?
  • Interagisco con Facebook, Twitter, Pinterest mentre sono a pranzo o a cena con amici, in palestra o mentre guido?
  • Quanto sono ansioso se non mi connetto?
  • Vado nel panico se non trovo il mio dispositivo per la connessione?
  • Tengo il dispositivo mobile acceso durante la notte?

Se la risposta alla maggior parte di questi interrogativi è ‘SI’, è probabile che ci si trovi in una condizione di dipendenza e sudditanza nei confronti del mezzo tecnologico con effetti negativi sulla vita personale e fisica, emozionale, sociale e professionale.

Sbagliato guardare ai nativi digitali come dipendenti dalla tecnologia, meglio osservarne le azioni e i comportamenti finalizzati a costruirsi reti di contatti e amicali e a sfuggire alla solitudine a cui l’età e le condizioni di vita spesso li costringono. Sociale non è la tecnologia ma quello che si fa per interagire con gli altri. La tecnologia dei social network è sociale nelle sue componenti software e funzionali e nelle sue logiche applicative finalizzate a rendere possibile la partica sociale di chi le usa. Questo è probabilmente il motivo vero per cui queste tecnologie sono così ossessivamente utilizzate dai giovani nativi digitali.

Nonostante siano assenti evidenze scientifiche certe, solo la capacità di creare nuovi contatti e di compensare le abilità relazionali sembrano essere motivi forti capaci di incidere sullo stato di solitudine vissuta nel tempo. La compensazione non è comunque capace di generare nuovo benessere e per di più porta l’individuo a contatto con le solitudini di altre persone e a passare troppo tempo online a discapito della vita sociale offline.

Il senso di isolamento tende ad aumentare ogni qualvolta si percepisce la superficialità della relazione e la sua insignificanza nel tradursi in nuovi legami nella vita reale. Trovare nuovi contatti serve invece nel tempo a sentirsi meno soli e sentirsi appartenenti di una rete e/o gruppo o comunità e a migliorare il proprio capitale sociale.

Il sentimento di isolamento e di solitudine che caratterizza molte delle vite digitali dei ragazzi nativi digitali è all’origine di numerose esperienze online e il prodotto di atti di prevaricazione e violenza come il bullismo digitale, il sexting e lo stalking digitale da cui derivano una minore autostima e un crescente isolamento sociale.

Il genitore Tecnovigile che percepisce lo stato di sofferenza del ragazzo Tecnorapido a causa di solitudine o eccessivo isolamento  più che intervenire sulle situazioni nelle quali il ragazzo si trova coinvolto, deve agire sulle cause cercando di identificare e comprendere le ragioni della sofferenza e gli strumenti che possono servire a ridurla o eliminarla.

Non esiste una soluzione perfetta ma l’esistenza di una interazione fatta di dialogo e conversazioni tra genitori e ragazzi rende più facile trovarne una. Aiutare un ragazzo a uscire dalla sua solitudine potrebbe contribuire a farlo allontanare, almeno temporaneamente, dalla Rete e a fargli ritrovare il gusto del contatto fisico e sociale nella realtà. La lontananza dal mondo interconnesso della tecnologia lo escluderebbe anche dai potenziali rischi associati alla vita digitale e online descritti in questo e-book.

 

 

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