Il libro di Carlo Mazzucchelli La civiltà del vento al tempo del coronavirus è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital.
L’intelligente, il furbo e il fesso
In Rete si incontrano tante persone intelligenti, i furbi sono di più, la maggioranza sembra essere composta, senza offesa, da fessi.
Le prime mantengono il distacco dalle piattaforme che abitano usandole per sé ma anche contribuendo attraverso la tecnoconsapevolezza a rendere il mondo digitale migliore, più umano, partecipato, ricco di conoscenze e relazioni.
I secondi, come nella vita reale, hanno obiettivi e strategie precisi occupando spazi e visibilità non meritati per le loro capacità ma per le abilità nel fingere di averle.
Gli altri si vivono liberi, consumAttori[1], protagonisti. In realtà sono complici del loro essere trasformati in merce, target ideali per la vendita di prodotti, idee, emozioni e molto altro. Abitanti futuri di scenari distopici, controllati e sorvegliati grazie a Big Data, videocamere, reti di oggetti e strumenti analitici.
Online tutti si incontrano, difficilmente parlano veramente tra di loro.
Gli intelligenti finiscono per parlarsi addosso in club per colti, i furbi sono impegnati a inventarsi cosa fare per trarre vantaggio dai fessi, questi ultimi sono troppo presi dai MiPiace e a confermare le azioni degli odiatori online, per comprendere di essere trattati da stupidi.
Frutto di una percezione questa riflessione può essere sbagliata. Il suo pessimismo punta a un risultato salvifico, è un espediente per farsi sorprendere dalle cose positive che in futuro potrebbero arrivare!
[1] Termine coniato da Giampaolo Fabris per descrivere un consumatore che, nel mercato strutturato e complesso della modernità, nelle sue attività di consumo non è motivato solo dall’utilità del prodotto ma dalla ricerca di esperienze di acquisto capaci di coinvolgerlo (attenzione, esperienze sensoriali, stimoli e sentimenti, intelletto e problem solving), emozionarlo e renderlo protagonista, delle scelte e delle decisioni finali che farà. Il bisogno non è più di tipo funzionale ma legato all’appagamento e alla soddisfazione di avere fatto la celta giusta