La storia del GPS e la sua invenzione sono collegabili al bisogno umano di conoscere sempre dove ci si trovi, di capire come arrivare a una destinazione o di trovare sempre la strada giusta per tornare a casa. Sul tema sono stati scritti numerosi libri che hanno illustrato questo desiderio umano espresso nella evoluzione del genere umano in forme diverse come quelle degli aborigeni australiani e delle loro vie dei canti ma anche della loro esplorazione del Pacifico attraverso semplici e rudimentali canoe fatte di foglie e che hanno portato alla colonizzazione umana di molte isole dell’oceano. Per orientarsi e navigare per migliaia di miglia hanno fatto uso delle mappe mentali della volta celeste e delle stelle collegandole alle varie isole incontrate e conosciute durante i viaggi precedenti, ai voli degli uccelli e alle formazioni delle nuvole. Il tutto ha richiesto ai nostri antenati australiani infinite ore di osservazione, le stesse ore che sono servite ai naviganti cartaginesi per solcare l’atlantico e scoprire, molto probabilmente e prima di Cristoforo Colombo, le coste dell’America.
Tutte queste esperienze accumulate in passato sono scomparse e le capacità mentali che le avevano rese possibili rischiano ora di sparire a loro volta con l’arrivo e la diffusione del GPS. In passato molte conoscenze, come quelle cartaginesi, sono andate distrutte per i conflitti e le guerre che hanno portato alcune civiltà a cancellarne delle altre. Oggi la distruzione arriva in modo meno cruento e più sottile, è tecnologica e si afferma grazie ai benefici e ai vantaggi che è in grado di offrire. Nel frattempo tutte le ricerche scientifiche sembrano confermare che affidandosi costantemente al GPS per orientarsi si rischia di perdere alcune componenti essenziali e alcune capacità o modalità di pensare che ci caratterizzano.
Le scoperte marinare dei Cartaginesi e le conoscenze greche sulle terre emerse al di là delle colonne d’Ercole sono state celate per centinaia di anni. Così a lungo dal far ritenere a tutti che l’America sia stata scoperta da Colombo, nel suo viaggio verso le Indie.
Dopo la scoperta dell’America le innovazioni e invenzioni tecnologiche hanno cambiato il mondo, il modo di viaggiare e di fare le guerre fino alla esplorazione dello spazio e alla sua colonizzazione satellitare. Il cronografo inventato da John Harrison ha permesso alla marina britannica di dominare gli oceani a lungo e oggi migliaia di satelliti permettono di testare un numero infinito di nuove idee per la navigazione terrestre e non solo. Da una di queste idee è nato il GPS creato agli inizi degli anni 80 da Brad Parkinson e usato (quasi 90.000 tonnellate di bombe sganciate) per la prima volta nella prima guerra del golfo contro l’Iraq per motivi militari. Più che a navigare quel GPS serviva a puntare un obiettivo e a guidare il proiettile o missile che lo avrebbe distrutto. Dopo la guerra il GPS è stato usato per sminare il territorio scenario della guerra ed oggi è un sistema che caratterizza con le sue funzionalità i dispositivi mobili di tutto il mondo.
La diffusione del GPS per un uso individuale e sociale ha cambiato la realtà della tecnologia, la sua destinazione d’uso ma anche la vita degli umani che lo usano. I sistemi GPS e le loro APP disponibili sono ancora lontani dall’essere perfetti. Innumerevoli sono le storie di automobilisti guidati dal loro GPS verso avventure che non vorrebbero mai ripetere. Avventure come quelle dei camionisti che si ritrovano con un Tir sulle curve del Passo del Gavia o come quelle dei turisti tedeschi che, con le loro lunghe barche agganciate a potenti automobili, si ritrovano in un paesino di montagna della Valle Camonica chiamato Garda invece di raggiungere il Lago di Garda. Questo secondo evento è tanto frequente dall’aver convinto la municipalità di Garda a deliberare l’installazione di due cartelli stradali, uno indicante Garda (verso nord e vero l’alto) e un secondo con l’indicazione Lago di Garda, orientato verso sud-est e verso il basso…
Se ci si può ancora perdere con il GPS attivo, cosa succederà quando, anche per l’assiduo uso dello strumento, si scoprirà di avere perso la capacità innata e intuitiva di orientarsi? Ieri un tassista conosceva ogni più recondita via di una città e aveva una mappa mentale che usava per arrivare a destinazione, senza alcun ausilio tecnologico. Oggi tassisti abituati a sistemi tecnologici e GPS, nel caso di un blackout, potrebbero avere difficoltà sia a orientarsi con le mappe mentali sia a trovare risorse alternative per recuperare le informazioni che servono per portare a destinazione il passeggero. Il ricorso al GPS è una specie di esternalizzazione di un servizio costruito negli anni, attraverso risorse cerebrali come l’ippocampo, sulla capacità di mappare il mondo e di accumulare in modo istintivo i dati utili per navigarlo, orientandosi e risolvendo in modo autonomo i problemi legati alla sperimentazione di luoghi sconosciuti.
Il GPS oltre a permettere di trovare, spesso con una precisione millimetrica, una destinazione è anche un potente strumento per farsi trovare. Un evento questo che, quando ce ne fosse bisogno, può risultare molto conveniente per i suoi benefici e vantaggi. Un evento che suggerisce di abbandonare la romantica idea del perdersi per affidarsi alle potenti risorse tecnologiche per farsi trovare.
Abbandonata l’idea romantica del perdersi meglio non sottovalutare gli effetti sul senso di direzione e sulla capacità di orientamento spaziale del cervello umano. Due capacità del cervello umano da sempre usate e molto utili per trovare la strada in posti non familiari seguendo indicazioni fornite da oggetti presenti nell’ambiente ma, ad esempio, anche ad evitare di sbattere la testa contro un frigorifero, durante una visita notturna alla cucina di casa. Senza la capacità di orientamento spaziale gli umani girerebbero in tondo senza arrivare ad alcune destinazione. Gli sforzi associati all’esercizio dell’orientamento spaziale, legato alle attività dell’ippocampo, servono alla maturazione del cervello e alla formazione di percorsi o sinapsi neuronali che danno forma alle mappe prodotte. Lo dicono numerosi studi scientifici condotti su realtà e pratiche umane concrete legate agli sposamenti nell’ambiente. L’ambito di sperimentazione più usato è quello che vede protagonisti i tassisti cittadini che sembrano avere un ippocampo particolarmente sviluppato, soprattutto dopo numerosi anni di guida senza ausilio di strumenti tecnologici.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Oggi la diffusione del GPS sta trasformando l’arte di orientamento dei tassisti in un’arte perduta ma anche creando nuovi problemi, ad esempio a persone che, abituate da sempre all’uso di un GPS, non sanno più cosa fare in sua assenza o in caso di malfunzionamento dei dispositivi tecnologici in loro possesso.
Una situazione ricorrente che si traduce, soprattutto in estate, in una aumento di interventi di pubblici servizi per il recupero o il salvataggio di turisti, alpinisti o viaggiatori che hanno perso la via del ritorno.
Tra le capacità a rischio non c’è solo l’orientamento spaziale ma anche quella di rispondere in modo automatico a stimoli esterni. In situazioni di difficoltà il cervello umano è in grado di attivare una specie di meccanismo di auto-pilotaggio, frutto di ripetizioni e apprendimenti avvenuti nel tempo e che inducono forme abitudinarie, quasi inconsce di spostamento. Ad esempio sui percorsi che portano da casa al lavoro o alle vie dello shopping abituali.
I cambiamenti in atto sono stati evidenziati con indagine condotte sul cervello umano usando tecniche di MRI (Magnetic Resonance Imaging) capaci di mostrare la diversità nello sviluppo dell’ippocampo. Una realtà atrofizzata per le persone abituate a ricorrere al GPS per il loro orientamento spaziale, normale per persone che continuano a ricorrere alle loro capacità intuitive di mappatura e navigazione spaziale. L’atrofia dell’ippocampo viene vista dai ricercatori come potenziale portatrice di malattie come il Morbo dell’Alzheimer e di limitare lo sviluppo cognitivo della mente delle persone e della loro memoria.
E’ presto per valutare in modo definitivo le conseguenze dell’uso ripetuto del GPS ma, se le ricerche fin qui condotte avessero ragione, le nuove generazioni di nativi digitali potrebbero essere un campione perfetto per confermare quanto fin qui scoperto o per smentirlo. Magari dimostrando la perdita di una capacità e lo sviluppo di nuove capacità e abilità sostitutive e forse anche più utili per gli esseri umani, modificati tecnologicamente, del futuro.
Il passaggio dalle cartine stradali e dalle mappe cartacee a quelle digitali e tracciate dal GPS ha comportato anche la perdita di informazioni, la scomparsa della cultura geografica e storica di un territorio e la conoscenza della relativa letteratura. La mancanza di informazioni e l’assenza di una cultura della navigazione spaziale intuitiva tende più lenta e problematici gli spostamenti con il GPS di quanto non siano quelli con l’orientamento spaziale. Provare e misurare per credere suggeriscono gli scienziati! La speigazione viene trovata nel maggiore tempo passato a guardare uno schermo rispetto a quello dedicato all’ambiente circostante o nel quale si è immersi (E guardo il mondo da un display). Il display poi impedisce spesso di visualizzare contemporaneamente punto di partenza e punto di arrivo e di costruirsi una mappa mentale dell’itinerario o del percorso stradale da compiere.
Nessuno nega i vantaggi e i benefici del GPS, ad esempio quando applicato a sistemi di navigazione in dotazione delle automobili e dotati di interfacce vocali. Ma quando le persone arrivano a usare delle APP per sapere a che piano si trovano di un edificio o rinunciano alla esplorazione del quartiere nel quale si sono appena trasferiti chiedendo al GPS di portarli direttamente al supermercato più vicino, significa che gli effetti dell’uso della tecnologia potrebbero andare molto più in profondità di quanto non sia stato fin qui rilevato dagli studi scientifici fatti.
I sistemi GPS sono strumenti sicuramente utili come utile è da sempre la tecnologia. Nessuno vieta di usare la tecnologia ma ciò che conta è la consapevolezza che il nostro cervello è al momento lo strumento più sofisticato in nostro possesso. Tanto sofisticato da consigliarne un uso intelligente sfruttando tutte le sue capacità, comprese quelle di orientamento spaziale e navigazionale.