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Bernard Stiegler: suggerimenti per un pensiero critico sulla tecnologia

Bernard Stiegler: suggerimenti per un pensiero critico sulla tecnologia

22 Giugno 2021 Redazione SoloTablet
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Il filosofo, nato nel 1952 a Seine et Oise, è scomparso il 6 agosto 2020 a soli 68 anni. Esperto sui rapporti tra tecnologia, umanità e lavoro, Stiegler è stato direttore dell’IRI, centro per la ricerca e l’innovazione al Centre Pompidou di Parigi, fondato nel 2006 per impulso del filosofo con l’obiettivo di immaginare i legami, le connessioni, le mutazioni sempre più presenti nelle pratiche culturali e artistiche, indotti dalle tecnologie digitali.

Un articolo di Daniele Poccia è pubblicato su Doppiozero


 

Il novero dei nuovi dispositivi che negli ultimi quarant’anni (dal 1980 ad oggi) hanno fatto ingresso nelle nostre vite, sconvolgendole radicalmente, non ha termini di paragone con quanto avvenuto dallo stesso punto di vista in tutta la storia precedente dell’umanità. Personal computersmartphonechip rfid e droni (per non menzionare che alcune delle tecnologie più appariscenti e pervasive che hanno investito la nostra quotidianità), sono soltanto la punta di un iceberg del quale non vediamo affatto, per lo più, l’intera conformazione. Anzi, tanto più il tasso di avvicendamento delle tecnologie cresce, quanto più sembra diminuire la consapevolezza diffusa delle loro imponenti implicazioni cognitive, sociali ed economiche, quasi ci fosse, tra le loro prerogative, quella di farsi invisibili. Siamo insomma in una situazione di cui non ci rendiamo conto di aver perso il controllo, prima ancora di sapere se l’abbiamo mai avuto. Rischiamo così di perdere anche la capacità di “guardare-attraverso” (Ludwig Wittgenstein) – capacità filosofica se mai ce ne è stata una – l’elemento tecnologico che ci attornia da tutti lati e in cui, come pesci nell’acqua, viviamo immersi senza poterlo vedere. La filosofia diventa forse un errore da emendare, in questa prospettiva? 

Ora, l’opera di un filosofo ha qualcosa di fuori dall’ordinario, quando è veramente tale. Guardando attraverso di essa si coglie, come in filigrana, l’immagine di un’intera epoca, riassunta e come miniaturizzata in una sorta di complicato ma scintillante arabesco concettuale. È quanto accade con l’opera del compianto Bernard Stiegler, filosofo della tecnica scomparso tragicamente a 68 anni, il 6 agosto di quest’anno. Stiegler è stato infatti senza dubbio il pensatore più rappresentativo del passaggio tra il XX e il XXI secolo, ovvero della transizione che, per molti, prende il nome di “quarta rivoluzione industriale”, dovuta allo sviluppo e alla diffusione delle tecnologie digitali, e che rappresenta, per certi versi, una catastrofe del “valore spirito” (Paul Valéry). Forgiando il suo pensiero attraverso un impressionante confronto con la tradizione filosofica occidentale, accusata di aver sistematicamente rimosso la centralità antropologica e organologica della tecnica, Stiegler è riuscito infatti nell’intento di traghettare un’attitudine critica prettamente novecentesca in un secolo che vorrebbe farla finita con ogni critica. Lo ha fatto aggiornando costantemente la propria prospettiva, mettendola alla prova delle mutazioni più incalzanti della nostra contemporaneità, scorgendo così, sul loro fondamento, il non-visto della filosofia stessa – la sua provenienza tecno-logica (tecnica e logica) – che esse portano oggi allo scoperto per la prima volta. 

Se si dovesse infatti riassumere in poche parole il senso ultimo della sua proposta, a un tempo teorica e pratica, lo si troverebbe forse in un monito sartriano, che, a nostra conoscenza, Stiegler non era solito citare: “si può sempre fare qualcosa di quello che è stato fatto di noi”. La vera differenza tra l’autore di L’essere e il nulla (1943) e Stiegler consiste nell’aver esteso questo invito al modo, sempre tecnologicamente attrezzato e addestrato, che qualifica la forma di vita umana (ma già il Sartre della Critica della ragion dialettica si era incamminato su questa strada). Viviamo infatti in un tempo la cui posta in gioco non è mai stata così decisiva e nel quale la possibilità di rimettere tutto in questione, nel senso positivo e negativo dell’espressione, si fa quanto mai pressante. Lo strapotere delle nuove forme digitali della nostra memoria esteriorizzata, che permettono l’integrazione tendenziale di tutti gli automatismi in circolazione, presenta infatti in modo esasperato quello che è sempre stato il tratto definitorio della tecnica, ovvero, il suo essere un pharmakon – al contempo veleno e rimedio, cura e pericolo, fattore di ordine e di disordine (di entropia e di neghentropia). Meditando sullo statuto ambivalente del fenomeno tecnologico, Stiegler ha allora ripercorso l’intera vicenda umana, mostrando che: 

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