È la nostra stessa storia sommersa che ci portiamo dentro fin dalle origini, dagli stili che si sovrappongono, ma che alla base mantiene le stesse radici, gli stessi archetipi. Per questo i simboli dell’ideoscriptura ci rivelano modi di pensare vedere e comunicare primordiali. E in questi riscopriamo parti di noi stessi, caratteristiche del nostro linguaggio visuale.
Opera di Claudio Benzoni
Se guardiamo alla configurazione delle nostre lettere alfabetiche scopriamo che non è affatto arbitraria o convenzionale; esse sono state generate dall’arte preistorica. Ogni lettera è un disegno “decaduto” o stilizzato la cui origine va rintracciata proprio nelle figure e nei segni del paleolitico e del neolitico. Ma rispetto al passato c’è qualcosa che abbiamo perduto. Sicuramente l’unità di scrittura, figura e azione. Le parole si sono separate dalla loro figura, si sono “s-figurate”, diventando astratte e autonome. La figura si è svuotata della presenza originaria che l’abitava: il mondo, la vita. Perché la scrittura, come semplice pratica alfabetica, lasciando traccia di sé per dilatare i nostri orizzonti conoscitivi, costruisce progressivamente una distanza tra l’agire in forma diretta e l’apprendere in forma replicabile. È dunque necessario recuperare i simboli che sono in grado di unire e rimette insieme quello che è stato separato.
Da ciò lo stimolo a ipotizzare espressioni artistiche e altri strumenti di comunicazione, quali il linguaggio, in un’unica forma espressiva, scritta e simbolica, come l’ideoscriptura, che deve essere vista, letta, compresa insieme allo stesso modo di un’opera pitturorica: la parola come scrittura della voce, i segni e i gesti come scrittura del corpo,. Un’espressione che nel tempo si trasforma, dando vita a nuove sinergie che mutano senso, contesto e usanze.
8 Giugno 2016