Proprio un paio di settimane fa aprendo la pagina degli aggiornamenti di FB mi sono imbattuto nel post di un amico che annunciava, a pochi minuti dall’accaduto, la morte del padre. Seguivano commoventi ricordi su com’era da vivo. Dopo alcuni giorni il profilo ancora attivo dello scomparso mi notificava il suo compleanno. Altri fantasmi: un poeta malato d’Alzheimer che accetta amicizie, chi gestisce i contatti è la compagna; pagine di ragazzi coinvolti in incidenti tenute “in vita” dai genitori o dagli amici. Facebook, ovvero il cimitero del futuro.
“Quello che sopravvive è il corpo tipografico - scrive Ferraris, il corpus degli scritti e delle tracce che abbiamo lasciato, che ha tuttavia la proprietà di prolungare lo spirito.” A patto che anima e iPad siano la stessa cosa. Se Tony Curtis si fa seppellire con il suo telefonino e se in Ghana si produce una bara a forma di cellulare, non è con la speranza di una telefonatina dall’aldilà, sostiene Ferraris, ma perché il telefonino come l’ iPad, per le informazioni, le registrazioni, gli scritti che contengono, sono una parte di noi, della nostra anima. Alcune trovate commerciali per prolungare la vita dopo la morte riscuotono successo: società che ibernano i cadaveri, il servizio Legacy Locker che assicura l’accesso a siti e account del defunto, Time Capsule in cui infilare oggetti e scritti a futura memoria. L’unica cosa che può sopravvivere è il corpo surgelato o tipografico.
Difficile che quel corpo sia anche anima o parte di essa, quel corpo è animato, secondo il modesto parere di chi scrive, solo da un’altra anima, e non per far sopravvivere il de cuius bensì per far vivere chi a quel morto s’interessa. La memoria di chi non c’è più, i suoi scritti, i suoi video, sono cosa ben diversa dalla coscienza di sé, da quelle iscrizioni interne che fanno della nostra anima, della nostra mente, la nostra e non quella di un altro.
Come la libertà anche l’anima non è qualcosa che si possa dimostrare ma una di quelle idee necessarie per non vivere come automi. Anche se il libro, in particolare quando si sofferma sulla ripetizione e gli automatismi dei nostri comportamenti qualche vertigine la provoca.
Ci sono poi altre questioni: proprio Ferraris che è uno strenuo sostenitore della realtà al di fuori di noi, e che è in disaccordo con Derrida quando afferma che nulla esiste al di fuori del testo, dice che di noi sopravvive solo la lettera. Quindi dei milioni di individui non connessi ad Internet e di quelli del passato i cui archivi sono andati perduti non sopravviverebbe nulla? Non è che i loro gesti, le loro azioni esistono per sempre in un tempo, in un essere a noi inaccessibili? E infine un’ultima domanda, perché l’iPad, nominato 61 volte, e non il tablet, 2 citazioni?
Maurizio Ferraris interverrà sabato prossimo alle 18 a Comodamente
Mario Anton Orefice @AntonOrefice
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