La tesi di fondo del libro è provocatoria ma facile da condividere da tutti nella sua semplicità. Ciò che riteniamo nuovo non è altro che una semplice ripetizione, in altre forme e con altri strumenti, di cose già viste in passato. La sua rilevanza o capacità rivoluzionaria è condizionata dalla nostra percezione della realtà.
Internet è rivoluzionario per noi così come lo sono stati il telegrafo nel secolo diciottesimo o le strade, i ponti, gli anfiteatri e gli acquedotti che hanno trasformato Roma nell’Impero più longevo dell’antichità. Se questa associazione può essere condivisa, allora la distanza tra vecchi e nuovi media diminuisce, mentre prende forma l’idea di una evoluzione circolare nella quale i nuovi media non sono quello che pensiamo ma non lo sono neppure quelli che li hanno preceduti. La differenza nell’uso degli uni o degli altri l’ha sempre fatta l’utilizzatore. L’utilizzo del media, in ogni epoca e tempo, finisce per cambiare attitudini e comportamenti delle persone nel consumo e condivisione di informazioni così come la loro vita personale e sociale.
“Tutto ciò può risultare sorprendente a un utente contemporaneo di Internet che può presumere l’assoluta novità di strumenti come i media sociali. La realtà è che molti dei modi che caratterizzano la nostra condivisione odierna di informazione, il consumo che ne facciamo e la sua manipolazione, anche nell’era di Internet, nasce da abitudini e convenzioni che possono essere datate a centinaia di anni fa.“
La riflessione sviluppata nel libro non è nuova ma presenta una differenza rispetto ad altre simili elaborate precedentemente. Il lavoro di ricerca e di analisi fatto da Standage per sostenere la tesi che non esiste una dicotomia tra vecchi e nuovi media, ha prodotto una miriade di nuove informazioni, riferimenti storici e fatti che hanno rafforzato la suggestione dell’assimilazione rendendola più convincente e quasi da tutti accettabile.
Per svolgere la sua analisi Standage suddivide i media in antichi (dal 50 AC al 1833), vecchi (dall’apparizione delle rotative di stampa a vapore e l’apparizione del primo quotidiano) e nuovi (dall’apparizione del primo browser nel 1993. Secondo il racconto di Standage, Zuckerberg con il suo Muro delle facce (Facebook) non avrebbe inventato nulla di nuovo collocandosi semplicemente nell’alveo evolutivo che ha visto protagonisti popoli e culture del passato. Nello specifico, prima dei writers alla Bansky e prima di Facebook la scrittura sui muri era già praticata nell’antica Roma. I muri e spazi pubblici della città erano usati per commentare, raccontare e comunicare avvenimenti personali, anche di tipo sentimentale e affettivo.
Così come oggi guardiamo ai nuovi media pensando ai loro produttori e fornitori, all’epoca romana i media erano papiri e tavolette (il tablet o tabula romana, una tavoletta ricoperta di cera su cui si poteva riscrivere e "fare tabula rasa" – un antenato dell’iPad di oggi) e i fornitori erano filosofi, poeti e studiosi come Cicerone, Sallustio e Plinio il Vecchio. Più tardi i mezzi usati sarebbero stati libri e lettere scritte a mano, usate da altri poeti e letterati per raggiungere e soddisfare le loro audience di lettori. Tavolette, papiri, libri, lettere, ecc. erano a loro modo strumenti di comunicazione tecnologica (le tabulae romane erano dotate di uno stilus o bastoncino appuntito per la scrittura) e di socializzazione, tanto quanto lo sono oggi i nuovi media e i social network.
In assenza di reti tecnologiche come quelle odierne e di social network alla Facebook la socializzazione era coltivata attraverso l’impiego di schiere di schiavi (gli amanuenses che ricopiavano le lettere, e i tabellari, buoni e svelti camminatori, ai quali era affidato il recapito) addetti a fare da porta-messaggi tra i membri delle elite romane che si inviavano messaggi, notizie, atti che venivano commentati e rimessi in circolazione in un flusso circolare continuativo e socializzante.
Pinterest, Facebook, Foursquare e Twitter sono entrati oggi nel modo di vivere e di interrelazionarsi socialmente delle persone ma lo erano anche i media del passato nelle varie forme da essi assunte durante la storia che ha condotto fino agli strumenti tecnologici odierni. È un’evoluzione nella quale, hanno giocato un ruolo essenziale entità diverse come la chiesa e il monachesimo (riproduzione amanuense dei libri, loro salvataggio e prima diffusione pubblica), la macchina da stampa (diffusione e disponibilità ad un pubblico più ampio di libri e altri strumenti di comunicazione e conoscenza), la rivoluzione protestante e le 95 tesi stampate di Martin Lutero (una rivoluzione sociale che può essere paragonata a quelle arabe per l’uso fatto dei media disponibili), i pamphlet politici e satirici che nel 1640 hanno animato in Inghilterra il dibattito politico e il conflitto tra Parlamento e sovrano, il pamphlet politico dei Common Sense di Thomas Paine che ha dato il via alla rivoluzione americana invitando tutti i cittadini delle colonie della necessità di ottenere una indipendenza immediata dalla Gran Bretagna, la rivoluzione industriale con la macchina a vapore ma soprattutto la rotativa per la stampa di riviste e quotidiani.
Testo estratto dall'ultimo e-book di Carlo Mazzucchelli, pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital
Il primo giornale stampato negli Stati Uniti si fondò su modelli simili a quelli che sostengono oggi le iniziative editoriali online: pubblico pagante, viralità nella diffusione, aziende disposte a inserzioni pubblicitarie e una redazione di giornalisti, redazioni collaborative. Esempi simili possono essere ricavati dalla storia della radio e della televisione e Standage offre narrazioni, racconti e aneddoti interessanti sui primi tempi dei nuovi media del tempo e della loro influenza sulle nuove generazioni di teen-ager ma anche come siano stati usati a scopi politici da regimi fascisti e totalitari come quello italiano di Mussolini e germanico di Hitler.
La lingua italiana al tempo dei social media
Sui muri scrivevano in tempi più recenti (1500) anche i romani della Roma papalina che volevano farsi beffe del clero o criticarlo apertamente senza conseguenze personali e lo facevano tramite le cosiddette statue parlanti come il babbuino, Marforio, il Pasquino (da cui il detto pasquinata), l’abate, ecc. Secondo Tom Standage anche le reti sociali e i gruppi che animano i social network sono la continuazione di realtà come le coffee house del seicento inglese. Spazi sociali nei quali gli uomini del tempo si incontravano per discutere e spettegolare in contesti che annullavano le differenze sociali, seppure sempre in un contesto di discriminazione di genere, visto che le donne ne erano escluse. Anche social network come Pinterest e Tumblr hanno avuto progenitori importanti nelle miscellanee, raccolte di scritti, poesie e disegni ricopiate e catalogate, del sedicesimo e diciassettesimo secolo.
Alla ricerca di altre similitudini l’autore analizza anche i comportamenti delle persone nell’evoluzione dei media di ogni epoca. Lo fa principalmente con il capitolo nove nel quale parla della nascita dei mass media come momento di centralizzazione dei mezzi e delle risorse e della nascita di un pubblico (ceto medio) di lettori e scrittori strettamente dipendenti dagli editori. Dopo una fase iniziale che coinvolge essenzialmente le persone più giovani, impegnate a usare i media anche per far conoscere sé stessi, tutti i media hanno finito da allora per centralizzare, prima o poi, la gestione e condizionare le scelte e i comportamenti degli utenti (giornalisti, redattori, scrittori, lettori, ecc.).
Oggi sembrano essere indirizzati in questa direzione anche Facebook, Twitter e Google ma con una differenza rispetto al passato. È diventato molto più complicato mettere a tacere utenti sempre connessi e abituati all’uso della tecnologia per conversare, interagire e collaborare. Il rischio per Internet è oggi più legato alle scelte di governi e istituzioni e di legislazioni e normative legate al copyright e ai diritti di autore. Due tematiche trattate solo in parte nel libro.
Nell’analisi che Standage fa dei nuovi media sociali manca completamente un confronto con le numerose opinioni emergenti di studiosi e intellettuali che sottolineano gli effetti negativi della tecnologia. Autori come Sherry Turkle, Jaron Lanier e Eugeny Morozov (trattati ampiamente in questo e-book) ma anche riviste importanti come The Atlantic che ha prodotto un pamphlet su Facebook come generatore di solitudine (vedi anche il mio e-book La solitudine del social networker).
La storia che racconta Standage è interessante e avvincente così come lo è lo sforzo investigativo e analitico di trovare riscontri e similitudini nelle varie epoche storiche. La debolezza della storia è rintracciabile nella mancanza di un'analisi profonda del fenomeno dei media sociali e dei suoi effetti sull persone. Ma forse questa analisi non era nelle intenzioni dell'autore.
Non c'è nel libro alcun tentativo di confrontarsi con le riflessioni approfondite fornite da psicologi, sociologi e studiosi sul tema. Avendo poi focalizzata tutta la sua attenzione su media tipicamente usati dalle classi agiate e dalle elite ha finito per dimenticare di citarne altri, come ad esempio il treno e la ferrovia, che hanno giocato un ruolo importante per le persone ai margini della società. È come se uno studioso del futuro dimenticasse di parlare dei barconi che migliaia di migranti usano per trovare maggiore benessere o libertà lontano dai loro territori di origine.
Ciò che interessa all’autore in fondo è solo dimostrare la validità dell’idea che sta alla base del suo libro e condividere la sua visione entusiasta dei nuovi media e delle nuove tecnologie che li hanno resi possibili. A Standage preme innanzitutto sottolineare che i media sociali, digitali o pre-industriali, post-moderni o antichi, soddisfano il bisogno umano universale di socializzare, di entrare in contatto e fare gruppo, tribù o comunità, di esprimersi e costruirsi un’identità socialmente, di condividere informazioni e conoscenze e di ricercare la stima e il rispetto degli altri. È un bisogno vecchio come lo è il linguaggio umano e che trova soddisfazione oggi nell’era delle reti digitali così come al tempo degli anfiteatri o delle coffee house inglesi.
Chi leggerà il libro difficilmente riuscirà a dare torto all’autore!
Scheda libro
Titolo intero: Scrivere sui muri - Social Media i primi 2000 anni
Titolo originale: Writing on the Wall: Social Media - The First 2,000 Years
Genere:
Listino: 24,29
Editore: Bloomsbury USA
Collana:
Pagine: 288
Data uscita: 15 ottobre 2013
Autore
Tom Standage è un giornalista e scrittore inglese che ha lavorato come redattore di scienza, tecnologia e business per importanti testate come The Guardian, The Economist, Wired, The Daily Telegraph e The New York Times. Ha pubblicato sei libri e numerosi articoli adottando un approccio basato sul ricorso a analogie storiche per sottolineare l’importanza delle precedenti rivoluzioni tecnologiche e la loro somiglianza a quelle attuali, per lo meno come impatto sulla società del tempo e come conseguenze future. Frequentemente coinvolto in seminari ed eventi, è noto per la sua capacità narrativa e la facilità con cui trova analogie storiche nello sviluppo delle tecnologie.
Bibliografia
- Standage, T (2005) A History of the World in 6 Glasses, From beer to Coca-Cola, the six drinks that have helped shape human history Walker & Company Standage, T (1998)
- The Victorian Internet The Berkley Publishing Group, New York.