Tra i linguisti, qualcuno lo chiama e-taliano, qualcuno italiano digitato, qualcuno italiano trasmesso.
È l’italiano praticato sui social e negli sms, che personalmente ho in passato definito scriparlato. Il dato interessante, in effetti, è che più che una variante intermedia tra scritto e parlato si tratta di un parlare mediante lo scritto, accompagnato com’è da tutta una serie di prerogative tipiche dell’oralità. A partire, direi, dalla sua urgenza.
Per definizione, ricorriamo alla comunicazione mediante un dispositivo quando ci preme raggiungere rapidamente un destinatario (come un tempo avremmo fatto telefonandogli invece che mandandogli una lettera). Che poi, sovente, l’urgenza non sia un’impellenza obiettiva (se non lo avverto subito accade che) ma una necessità interiore, magari dettata dalla pura circostanza di avere tra le mani uno smartphone, non cambia nulla. Lo scriparlante travasa nel suo messaggio l’informalità, la brevità e l’economia di mezzi espressivi che l’urgenza impone.
L’inclinazione parlata è stata progressivamente rinforzata dalla quasi-simultaneità dell’interazione e dal sempre più netto uso della scrittura digitale in chiave dialogica.