Tutti amano la tecnologia, pochi trovano tempo per una riflessione critica su di essa e sulla regressione culturale di cui è incolpevolmente responsabile. La regressione si misura nel conformismo diffuso, nella mancanza di alternative percepite, nel ristagno delle idee e nei comportamenti dominanti.
La Rete è piena di leader digitali, influencer e social networker che, raccontando le cose come le sentono loro, hanno migliaia di follower anche se le loro narrazioni sono costruite su notizie false, ovvietà, chiacchiere superficiali e paranoie varie.
Loro fanno bene il loro mestiere e gli altri, i cosiddetti follower? Possibile che siano disinteressati: a narrazioni altre, alla verità e alla conoscenza, all’uso dell’immaginazione per dare forma a scenari diversi da quelli distopici in formazione, all’approfondimento e alla sperimentazione di pratiche comportamentali diverse?
Il disinteresse è reale, frutto di cinismo, nichilismo, distrazione e anche tanta tristezza. Una fotografia realistica della normalità che si è affermata e dentro la quale molti si sono rintanati, diventando inseparabili dagli strumenti tecnologici che utilizzano.
Se non lo si vuole subire, non rimane che interrogarsi sul che fare per aggiustare il futuro.