
Scelgo di parlare di intelligenza artificiale e user experience iniziando dalla filosofia della mente. Il rischio qui, se non ci si accorda sulle basi culturali, è di essere avventati quanto gli entusiasti e imprudenti quanto i detrattori. Per cui io ti avverto: questo è un lungo articolo.
Fingiamo di essere un gruppo di nerd che, dopo una notte passata a giocare a giochi di ruolo mangiando comfort food, medita sulle fondamenta filosofiche della progettazione di un’intelligenza artificiale capace di identificare le emozioni umane e, forse, provarle.
Che cos’è un’emozione? Il senso comune, le prospettive evoluzionistiche e neurofisiologiche, le diverse teorie psicologiche. Quale di questi è il punto di partenza corretto per definire un’emozione? Per iniziare in modo semplice, possiamo assumere che per provare un’emozione devi essere cosciente. Sicuramente è vero, ma cos’è la coscienza?
Internet...e poi?
Se condividi il pensiero di Daniel Dennett, negherai l’esistenza stessa della coscienza. Se, tuttavia, Alva Noë ti convince, sarai sicuro che la coscienza non ha origine esclusivamente nel sistema nervoso centrale. Se hai seguito le idee di Edelman, sarai affascinato dal riduzionismo biologico. Se ti piace il grande Douglas Hofstadter, i concetti di strani anelli e ricorsione ti saranno familiari, e così via.
Sembrava più semplice, vero?