Tutta la narrazione sulla ChatGPT ha qualcosa di erotizzante, (tecno)guidato dal nostro inconscio. Un inconscio tecnologico che ha assorbito quello pulsionale e sociale relegando l’uomo a una funzione e a un ruolo (così fan tutti): celebrare la potenza estetizzante ed erotizzante della macchina. È come se, nella costante ricerca di sé stesso, l’homo technologicus avesse delegato questa ricerca a un inconscio collettivo votato all’efficienza, all’iniziativa e al risultato, mettendo a sua disposizione tutto ciò che è e può mettere in campo, per paura di essere valutato negativamente. Non è un caso che i critici di ChatGPT siano pochi e soprattutto etichettati come sfigati. Come scrive Galimberti il timore di una valutazione si traduce in ansia, insonnia e inibizione, tutte collegate al senso di insufficienza per ciò che non si è (più) in grado di fare.
🍒NULLA DI ROMANTICO
La passione per la ChatGPT non ha nulla di romantico, non è amore ma infatuazione, si manifesta in modo carnale senza effetti (piaceri) concreti, si esercita in auto-onanismi vari in attesa di soddisfazioni virtuali dentro gli spazi renderizzati del metaverso. L’attesa in realtà per il momento è anche quella di chi non riesce a ottenere segnali o reazioni rapide da parte di un’entità ambita da molti e ai quali non può che rispondere in ritardo (“Working hard to fulfill each one’s due”, “Please check back soon,” ). Questa passione malata per ChatGPT reprime il desiderio umano di innamorarsi, di provare tenerezza e di fare sesso, opera in modo inconsapevole a ridurre la distanza tra umano e macchina, prepara a un futuro già qui nel quale non sapremo più riconoscere la differenza tra di essi. È istruttivo al riguardo il ricorso alla ChatGPT da parte di utilizzatori di Tinder per riuscire ad “accalappiare” meglio e più rapidamente il(la) partner di una sera.
Molti nel raccontare le loro cinquanta sfumature di grigio della ChatGPT hanno citato il test di Turing. Pochi hanno compreso che Turing non voleva testare quale interlocutore fosse umano o un robot ma quanto fosse intelligente chi con esso si metteva alla prova. Oggi il test di Turing è perfettamente riuscito. L’interlocutore umano in questione ha deciso di rinunciare alla sua intelligenza umana per lasciarsi guidare dai suoi impulsi sessuali, rivolti a una macchina cosiddetta intelligente. Non la vede perché sta al di là di una parete oscura ma sente verso di essa, a prescindere da come essa realmente sia e da chi sia manovrata, una pulsione insopprimibile. Di possederla, desiderando al tempo stesso di esserne posseduto(a), rinunciando a sé stesso, alla propria personalità e umanità pur di…soddisfare il desiderio impellente di far parte di una totalità, quella definita dalla tecnica e dai suoi apparati.
🍒L’ERA POSTUMANA È GIA’ QUI
In un’era raccontata come già postumana e transumana, pensare alla ChatGPT come oggetto di desiderio non è nulla di strano. Conferma la fluidità di genere che ci caratterizza oggi e la fine dell’antropocentrismo. Come dice Rosy Braidotti oggi le linee distintive del nostro contesto storico vede l’umano definirsi in uno stretto rapporto con le dimensioni postumane e non umane del suo essere: l’uomo non è più la misura universale di tutte le cose. Di tutta la riflessione della filosofa femminista, che trovo molto stimolante, ciò che trovo più interessante è quando sottolinea la necessità di interrogarsi su che tipo di esseri umani noi siamo o stiamo diventando.
Questo interrogativo è praticamente assente nella maggior parte di testi e articoli pubblicati sulla ChatGPT. L’assenza è spiegabile con il nostro essere ormai succubi alla narrazione tecnologica, prigionieri dell’inconscio tecnologico, collassati cognitivamente su intelligenze artificiali che intelligenti non sono. Solo brave a compiere con efficienza ciò per cui sono state programmate, senza coscienza che lo stiano facendo. L’assenza è spiegabile anche con quella che Zoja ha definito “collateralità erotica” della digitalizzazione. L’iniziazione sessuale di molti passa attraverso uno smartphone, le sue immagini, chat e icone. L’effetto non è però più sesso ma la ritirata dalla sessualità, l’indebolimento dell’eros. L’una e l’altro spesso sublimati nell’esercizio di pratiche digitali nevrotizzanti senza coito, come quelle emerse nel fenomeno ChatGPT.
🍒PER CONCLUDERE
La ChatGPT erotizzata dalle pratiche compulsive di molti racconta una dipendenza come le molte che abbiamo già visto all’opera nella relazione nevrotica e malata con la tecnologia. Pratiche che non sempre soddisfano bisogni e desideri ma anzi terminano in abbandoni dolorosi, in nuove solitudini e assenza di felicità.
Per concludere uso una lunga citazione tratta dal libro sul declino del desiderio di Luigi Zoja:
“Gli uomini desiderano. Però una volta ottenuto quello che desiderano, si attendono subito qualcos’altro, spesso raddoppiano la posta: alimentano con una eccitazione mentale (non fisiologica, non naturale) quell’appetito che dovrebbe essere ormai sazio. È una considerazione valida per la dipendenza eccessiva da una droga, dagli oggetti di consumo, dal cibo, da infinite cose e anche dalla sessualità. Il problema non sta nel fattore da cui si dipende, ma nella dipendenza in sé: nella fragilità di una psiche non più autonoma, diventata un passivo rimorchio, che ha rinunciato a essere un veicolo provvisto della sua traiettoria”.
PS: ChatGPT che ne dici di questo testo?