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Tablet a scuola: come cambia la didattica

Tablet a scuola: come cambia la didattica

13 Dicembre 2014 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Capitolo 2

Le nuove generazioni digitali

(Il libro Tablet a scuola: come cambia la didattica è stato pubblicato nel febbraio del 2014 nella collana Technovisions di Delos Digital)


 

I ragazzi che frequentano la scuola sono immersi da sempre nelle tecnologie digitali che sono diventate componente essenziale ed ubiqua di tutte le loro attività giornaliere. Sono ragazzi, non a caso denominati nativi digitali (terminologia usata da Prensky per descrivere nuove forme di intelligenza digitale che determinano cambiamenti drastici nell’apprendimento delle nuove generazioni), che vivono i tempi accelerati dell’innovazione e del cambiamento tecnologico e che possono permettersi strumenti hardware e software sempre più sofisticati perchè sono diventati anche più economici e facili da utilizzare.

I cosiddetti nativi digitali non possono essere trattati come i loro predecessori. Per usare l’analisi prodotta dallo studioso Marc Prensky (www.marcprensky.com), i nativi digitali vogliono essere rispettati nelle loro opinioni e valori e poter seguire le loro passioni ed interessi in modo creativo ed utilizzando gli strumenti tecnologici in cui sono immersi. Vogliono poterli usare per raccontare se stessi e esprimere le loro opinioni condividendole con amici e conoscenti in gruppi e comunità sociali o di progetto, vogliono partecipare a decisioni e scelte, rimanere sempre connessi, sia in classe che fuori, sono disponibili a collaborare e partecipare e pretendono una scuola rinnovata e ai passi con i tempi. Per soddisfare i nuovi bisogni la scuola deve adattarsi al cambiamento, ascoltare i ragazzi e i loro bisogni, comprendere i nuovi stili e le nuova pratiche di apprendimento (informale, online, condiviso, ecc.) modificare approcci pedagogici e didattici, usare la tecnologia e puntare ad una digitalizzazione della scuola.

Le nuove generazioni di nativi digitali (noti anche come generazione Y e Z) stanno crescendo immerse in una cultura digitale che permette loro di produrre film, comporre musica, editare fotografie e immagini, condividere rapidamente conoscenze, elaborare informazioni e conoscenza. Lo possono fare perché in possesso di competenze e skill tecnici elevati e consoni a praticare forme di apprendimento allineate con le loro abitudini digitali.

Le tecnologie digitali permeano la loro vita sotto forma di computer, console per i giochi, smartphone, tablet, videogiochi, video-camere e applicazioni. Sono consumatori affamati di novità tecnologiche che sanno sfruttare al meglio i nuovi media e la rete sia per motivi di puro divertimento e intrattenimento personale e di gruppo, sia per l’apprendimento e lo studio.

Questa descrizione delle nuove generazioni e del loro rapporto con la tecnologia non è condivisa da tutti. Per alcuni studiosi la terminologia è troppo accademica e non rispettosa di una realtà più complessa che comprende anche ragazzi refrattari alla tecnologia o meno coinvolti ed interessati. Per altri ancora i ‘nativi digitali’ non esistono ma sono una categoria giornalistica e mediatica nata dalla semplificazione e superficialità. Secondo questa posizione i bambini e i ragazzi ‘nativi digitali’ non nascono tecnologicamente imparati (non esiste una capacità tecnologica innata) e tantomeno hanno con la tecnologia un rapporto maturo e consapevole.

Ne deriva la necessità che la scuola e il suo corpo docente si facciano carico dello sviluppo dell’intelligenza critica e di ragionamenti complessi, della valutazione di contenuti e delle fonti e introducendo nuove forme di insegnamento consone ai nuovi strumenti disponibili. Benchè queste opinioni siano condivisibili, è altrettanto evidente che la pervasità della tecnologia è tale, da interessare tutte le nuove generazioni di nativi digitali (solitamente classificati come nativi digitali puri -0/12 anni-, millennials -14/18 anni- e nativi digitali spuri -18/25 anni), generazione Millennium e generazione X e di obbligare gli insegnanti e la scuola a tenerne conto.

La tecnologia è diventata una componente fissa della vita degli studenti al di fuori della scuola, ed è diventata una necessità anche per quella scolastica. Per soddisfare i bisogni tecnologici delle nuove generazioni, la scuola è oggi chiamata ad una sfida doppiamente importante. Deve continuare a investire nella preparazione degli studenti alla vita ma deve anche fornire loro gli strumenti adeguati chiudendo il gap tecnologico e il ‘digital divide’ che la separa dalla vita digitale delle nuove generazioni.

Il gap da colmare è ampio perché i ragazzi di oggi vivono una vita digitale ricca fin da piccoli, grazie a genitori e adulti ben disposti, anche economicamente, a soddisfare ogni loro esigenza tecnologica, ma poi si ritrovano a fare i conti con una realtà scolastica italiana completamente antitetica. Una realtà arretrata tecnologicamente sia in termini di infrastrutture, di risorse e di strumenti disponibili, sia di conoscenze, di cultura digitale e di metodologie didattiche adeguate. Una realtà che rischia di generare nuove difficoltà a ragazzi ai quali è richiesto di acquisire nuove competenze e nuove conoscenze ma di farlo rinunciando agli strumenti tecnologici da loro usati per raggiungere obiettivi simili nella loro vita non scolastica.

La scuola non può non tenere conto del ruolo che la tecnologia ha assunto nella vita dei ragazzi e nel determinare nuove forme di apprendimento che spesso sono condizionate dalla loro esposizione al gioco e ai numerosi giocattoli digitali con cui stanno crescendo. Gadget tecnologici, video-giochi, media digitali e dispositivi mobili, sono diventati strumenti fondamentali di apprendimento. Lo certificano i numerosi studi di psicologi e ricercatori che hanno evidenziato la predisposizione delle nuove generazioni all’apprendimento attraverso tecnologie digitali.

La tecnologia sta modificando il cervello stesso delle nuove generazioni. Aumenta la sua plasticità e capacità di riorganizzarsi in base ai nuovi input ricevuti. La testa dei ragazzi è già oggi capace di elaborare una quantità maggiore di informazioni e di farlo più rapidamente delle generazioni precedenti, si è adattata al multi-tasking e alla elaborazione di pensiero parallela e non lineare e predilige la componente visuale e grafica dell’informazione. L’effetto principale dell’uso diffuso della tecnologia è però a livello cognitivo, della percezione del sé e del proprio ruolo come ‘persona che impara’. Tutti questi cambiamenti hanno alterato il modo con cui i ragazzi vivono l’esperienza scolastica e hanno ramificazioni importanti nelle loro preferenze, aspettative e modalità di apprendimento.

Se questa descrizione delle nuove generazioni è veritiera e corrispondente alla realtà, la scuola ha di fronte a sé un compito incommensurabile. Deve colmare il gap tecnologico tra mondo al di fuori della scuola e vita scolastica, incorporando le nuove tecnologie nelle attività di classe e creando le infrastrutture scolastiche adeguate a renderle utilizzabili in modo efficiente ed efficace. Deve accelerare nel farlo, perché ad oggi, la tecnologia è ancora un elemento alieno in molte realtà scolastiche. Deve soprattutto riuscire a coinvolgere gli insegnanti in una rivoluzione culturale e cognitiva capace di comprendere la profondità e radicalità del cambiamento in corso. Ciò che si sta confrontando, nella scuola come nel mercato, non sono semplici prodotti o produttori come Apple, Samsung, Google, Amazon, Microsoft e altri. Le nuove tecnologie stanno definendo veri e propri ecosistemi complessi fatti di hardware, software, contenuti e servizi che stanno delineando gli ambiti futuri nei quali avverrà la nostra formazione, informazione e conoscenza.

Per permettere agli insegnanti di orientarsi in questi ecosistemi e di fare una scelta è necessario che la scuola fornisca loro strumenti di formazione e preparazione adeguati a comprendere che le tecnologie attuali non sono più neutre o inerti come quelle del passato. Sono tecnologie che, come ha scritto Kevin kelly in ‘Cosa vuole la tecnologia’, che evolvono e sono dotate di una loro propria intelligenza e capacità di apprendere. Si tratta di una forza intrinseca che non può essere lasciata agire liberamente ma deve essere conosciuta e sfruttata per dare direzione al cambiamento attraverso l’introduzione di nuove metodologie didattiche e innovative forme di trasmissione del sapere.

L’arretratezza tecnologica delle istituzioni scolastiche è diffusa un po’ ovunque ma è allarmante e quasi colpevole nella scuola italiana. Gli scolari e gli studenti della scuola italiana devono confrontarsi giornalmente con una realtà scolastica incapace di offrire loro strumenti e tecnologie digitali che permettano loto di apprendere in modo nuovo, come nella realtà già fanno al di fuori della scuola. La carenza di infrastrutture informatiche e risorse tecnologiche va spesso di pari passo con l’inadeguatezza e l’assenza di preparazione digitale adeguata da parte degli insegnanti. Entrambe le carenze servono come scusa per rinviare nel tempo scelte coraggiose e per rinforzare lo scetticismo che accompagna, didatticamente parlando, molte scelte e decisioni scolastiche.

Tutte le problematiche esistenti finiscono per oscurare un elemento fondamentale. L’apprendimento non avviene più solamente a scuola, così come non è più da tempo sotto il controllo familiare. I giovani delle nuove generazioni dispongono oggi di mille modi per accedere alla informazione e alla conoscenza. Gli strumenti che utilizzano finiscono per determinare i loro modelli di apprendimento e di condizionare il loro modo di pensare. Nuovi mindset e strutture cognitive così come nuovi modelli finiscono per scontrarsi con le barriere scolastiche in termini di tecnologie, di riforme pedagogiche, di competenze professionali, di curriculum professionali e programmi scolastici, ed infine di budget.

Il problema non è tanto la scelta di introdurre o meno un tablet in classe ma come usarlo come strumento educativo di trasformazione e rinnovamento. Può cambiare la metodologia e la didattica ma non la finalità della scuola che è quella di trasmettere saperi, informazioni e conoscenze e di farlo subordinando strumenti e metodi ad un progetto culturale. A rendere più efficace una metodologia didattica non è necessariamente l’ultimo prodotto dell’innovazione tecnologica ma la capacità di presidiare e governare la tecnologia, di innovare e di fare cose nuove e di farlo tenendo conto della mutazione avvenuta nelle menti e nei comportamenti delle nuove generazioni di nativi digitali e ‘touch’.

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