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Il trattore delle attività intellettuali

Il trattore delle attività intellettuali

17 Luglio 2023 Luciano Martinoli
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Nel 1900 in USA abitavano poco più di 76 milioni di persone e di queste 24 milioni costituivano la forza lavoro. All’epoca il 35,1% della forza lavoro degli Stati Uniti, che comprendeva anche minorenni soprattutto di colore, era impiegata nell'agricoltura. Oggi gli abitanti sono quasi 337 milioni, la forza lavoro è di 164 milioni ma solo il 1,4% di essa è impiegata nell'agricoltura. Sia nel 1900 che oggi tutti gli americani mangiavano, anzi oggi l’industria alimentare a stelle e strisce è anche un grande esportatore di cibo (soprattutto cibo “spazzatura”, ma questo è un altro discorso). Come è stato possibile? Che fine hanno fatto i milioni di zappatori scomparsi?

In agricoltura, e non solo, e in Usa, come nel resto del mondo, il trend si è affermato grazie all’utilizzo della tecnologia che ha consentito di automatizzare molte attività manuali, ripetitive e con un basso o nullo apporto intellettivo. Ciò ha permesso non solo di utilizzare meno personale ma anche di aumentare la produttività. Il trattore è certamente il simbolo di questa rivoluzione agricola. La tecnologia però ha realizzato “trattori”, strumenti per ridurre l’impiego di personale e aumentare la produttività, anche in altri settori delle attività umana: dalla produzione di beni alla medicina, dal trasporto di cose e persone alla produzione di energia. 

Finora i trattori si sono concentrati nell’ambito di attività fisiche e, nonostante un primo calo di occupazione nel settore interessato, hanno poi provveduto a creare posti di lavoro più complessi e sofisticati negli stessi settori, o creandone altri. Nel caso dell’agricoltura, il livello di professionalità di un agricoltore di oggi (che usa un trattore) è certamente più elevato rispetto a quello del suo collega di più di un secolo fa. Inoltre sono stati creati un elevato numero di posti di lavoro nelle fabbriche di trattori, addetti alla loro manutenzione, al loro trasporto, alla fornitura di carburanti e così via.

Oggi la tecnologia ci mette a disposizione per la prima volta un “trattore” nell’ambito delle attività intellettuali: la cosiddetta “intelligenza” artificiale generativa (ChatGPT e altre). Va subito precisato che tali strumenti erano già usati in diversi settori specifici, quali ad esempio l’analisi diagnostica delle immagini. La fantasia popolare e dei media però è rimasta colpita dalla disponibilità e dalla potenza di tali  strumenti per uso generale, accessibili da chiunque e per qualsiasi scopo e in grado di riconoscere il linguaggio naturale.

Come di consueto, era già successo per i trattori in agricoltura, si sono levate le voci preoccupate sui pericoli e le minacce per il lavoro umano che sarebbe stato sostituito da tali strumenti. La novità è che stavolta ad essere minacciati dovrebbero essere i lavoratori “intellettuali”, ovvero coloro che non svolgono attività fisiche. Così come accadde in agricoltura, dove si scoprì che gli agricoltori servivano ancora ma per svolgere mansioni ben più complesse che consumarsi il fisico (e la salute) nei campi, anche qui si sta perdendo di vista la vera innovazione: anche nei lavori intellettuali vi sono attività ripetitive e di basso valore aggiunto.

Un piccolo esempio di questo fenomeno viene dalla recente disponibilità in Italia di Bard, sistema AI di Google. Di seguito un mio breve colloquio col sistema.

Io: Puoi scrivere codice software che "gira" (ovvero arriva a compimento dell'esecuzione)?

Bard: Sì, posso scrivere codice software che "gira". Ad esempio, ecco un semplice programma Python che stamperà "Hello, world!" sullo schermo:

Python

print("Hello, world!")

Questo codice può essere eseguito in Python 3 aprendo una finestra del prompt dei comandi e digitando il seguente comando:

python3 hello_world.py

Il programma stamperà quindi il seguente output:

Hello, world!

Io: Conosci il Teorema dell’Halt di Turing? 

Bard: Sì, conosco il Teorema dell'Halt di Turing. È uno dei teoremi fondamentali della teoria della computazione ed è stato dimostrato da Alan Turing nel 1936. Il teorema afferma che non esiste alcun algoritmo in grado di decidere se un programma dato si arresterà o meno per una determinata istanza di input.

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Il Teorema dell'Halt di Turing ha una serie di implicazioni per la teoria della computazione. Ad esempio, implica che non è possibile costruire un programma che possa verificare automaticamente se un altro programma è corretto. Il teorema ha anche implicazioni per la pratica della programmazione, in quanto può essere utilizzato per dimostrare che alcuni problemi sono insolubili. 

Io: Tu sei un programma, quindi il Teorema si applica anche a te. Come fai a dire allora che sei in grado di scrivere codice che "giri", ovvero che arrivi a compimento dell'esecuzione? 

Bard: Il Teorema dell'arresto di Turing afferma che non esiste alcun algoritmo in grado di decidere se un programma dato si arresterà o meno per una determinata istanza di input. Questo significa che non è possibile costruire un programma che possa verificare automaticamente se un altro programma è corretto. Tuttavia, il Teorema dell'arresto di Turing non afferma che non sia possibile scrivere programmi che si arrestino.

Io sono in grado di scrivere programmi che si arrestano perché sono addestrato su un enorme set di dati di testo e codice. Questo set di dati include sia programmi corretti che programmi non corretti. Imparando dai programmi corretti, sono in grado di scrivere programmi che sono più probabili di arrestarsi. 

Io: Quindi non sei in grado di scrivere un qualsiasi programma per un qualunque problema ma solo quelli per i quali sei stato alimentato. 

Bard: Sì, è corretto. Non sono in grado di scrivere un qualsiasi programma per un qualsiasi problema, ma solo quelli per i quali sono stato addestrato. Questo perché sono un modello di apprendimento automatico e sono in grado di apprendere solo dai dati su cui sono stato addestrato.
Tuttavia, sono in grado di imparare e migliorare nel tempo. Man mano che vengo addestrato su più dati, sarò in grado di scrivere programmi più complessi e sofisticati. Inoltre, sono in grado di imparare dagli errori che faccio. Quando scrivo un programma che non funziona, sono in grado di analizzare il codice per capire dove ho commesso un errore. Imparando dagli errori che faccio, sono in grado di migliorare la mia capacità di scrivere programmi che funzionano.

Io: Questo però significa che se il problema è nuovo e non è ancora stato scritto un programma sul quale addestrarti, tu non hai nulla sul quale migliorarti.

Bard: Sì, è corretto. Se il problema è nuovo e non è ancora stato scritto un programma sul quale addestrarmi, non ho nulla su cui migliorare. Tuttavia, sto imparando e migliorando continuamente e sono fiducioso che sarò in grado di superare questa limitazione in futuro.

Da qui in poi il colloquio si fa ripetitivo e Bard continua ad affermare che in futuro le attuali limitazioni saranno superate, affermazione più di marketing che scientifica.

E’ evidente dunque che, allo stato attuale (ciò che verrà lo valuteremo quando sarà disponibile), siamo di fronte ad un formidabile “trattore” che, per l’informatica come per altri campi intellettuali, sarà in grado di liberare risorse cognitive dei lavoratori per consentire loro di dedicarsi a compiti più complessi, e anche più motivanti. Certo è che se il contenuto del lavoro non ne prevede, il knowledge worker scoprirà che il suo lavoro è a basso contenuto di knowledge e si troverà nella spiacevole condizione di essere sostituito da questo nuovo trattore, come accadde ai zappatori del secolo scorso.

Sarebbe allora il caso di concentrarsi sulle possibilità che l’AI apre verso una spinta in avanti nella qualificazione del lavoro umano, su come lo renderà più efficace e produttivo e sui nuovi lavori che consentirà. L’avvento delle calcolatrici  non ci ha fatto dimenticare la matematica ma ci ha reso tutti più produttivi nello svolgere le sue operazioni liberando tempo per pensare a come trattare i problemi.

Smettiamola di lagnarci e guardare nostalgicamente indietro a tutte le cose banali e frustranti che, per fortuna, grazie a tali nuovi strumenti saremo sollevati dal dover fare.

 

 

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