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Qui e ora, come i social creano gli equivoci

Qui e ora, come i social creano gli equivoci

18 Febbraio 2024 Luciano Martinoli
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I partecipanti ad una conversazione in presenza costituiscono un sistema sociale basato sulle comunicazioni. La presenza è il necessario e sufficiente unico contesto grazie al quale il sistema prende vita, anche se solo per il tempo della conversazione, e consente alle comunicazioni intercorrenti di avere un significato per i partecipanti.

Qui e ora, hic et nunc come direbbero gli antichi romani, è il presupposto per la costituzione di un tale sistema senza ulteriori necessità per far sì che le comunicazioni abbiano qualche efficacia per i partecipanti. Non solo, il fatto di percepire di essere percepiti fa sì che anche il nostro comportamento si adegui perché c’è la convinzione, inconscia o meno, che anch’esso sarà interpretato come comunicazione. Da qui i limiti delle interazioni “a distanza” consentiti dalle attuali tecnologie che consentono sì una interazione ma “a banda stretta”, perdendo pezzi del comportamento (ad esempio l’abbigliamento, il luogo dove ci si trova, gli odori, eccetera; ma questo è un altro discorso).

L’importanza del hic et nunc, e di come condizioni questa tipologia di comunicazioni, è dimostrata, ad esempio, dalla necessità di una più o meno pronta replica alla domanda di un partecipante. La richiesta su un social “cosa ne pensate?” non può essere ignorata, pena essere considerati scortesi, offensivi o incapaci di sostenere la conversazione (l’interlocutore non conosce la lingua, oppure non ha le capacità intellettive per rispondere, eccetera). Il contesto è dato per scontato e la comunicazione è caratterizzata da un basso grado di astrazione.

Con l’avvento della scrittura abbiamo scoperto che vi era la possibilità di comunicare, e anche di costituire sistemi sociali interagenti, con più persone, senza la necessità di essere presenti nello stesso momento. Scrivere una lettera ad un amico o a più persone, redigere un documento pubblico o un’ordinanza da affiggere sui muri, consente una comunicazione asincrona e delocalizzata ma richiede, per poter essere efficace, la creazione di un contesto, come per la comunicazione in presenza. che non c’è e che è necessario per la sua comprensione. È questo il motivo per il quale in una lettera ci si sofferma sulla descrizione del luogo, dello stato d’animo, del momento durante il quale la si scrive. Ed è lo stesso motivo per cui negli atti ufficiali la comunicazione del provvedimento è preceduta dai numerosi “Visto” (Visto l’articolo 4 del codice civile, eccetera) che fa riferimento ad articoli di legge o circostanze che aiuteranno a comprendere meglio il provvedimento adottato dallo scrivente.

Internet ha avuto una grande capacità di mettere a disposizione nuove modalità di interagire in tutti i campi. Tra questi vi è la messagistica istantanea disponibile o in esclusiva (stand alone) su piattaforme dedicate (Whatsapp, X ex Twitter, Telegram, Signal, Instagram, eccetera) o come servizio accessorio su sistemi con maggiori capacità e servizi (Facebook, Linkedin, sistemi verticali, eccetera). Nel messaggio istantaneo vi è la necessità di scrivere un testo, come nelle consuete modalità di comunicazione scritta, ma allo stesso tempo vi è la presunzione, errata, che gli interlocutori siano presenti, almeno temporalmente. Tale presunzione fa sì che, inconsciamente, si ritenga superflua la creazione del contesto, lasciando l’interpretazione del messaggio in balia del contesto nel quale è immerso il ricevente, che ovviamente è ignoto a chi lo trasmette. Un equivoco apparentemente sottile ma devastante per l’efficacia delle comunicazioni.

Da qui è allora facile comprendere le frequenti e inevitabili incomprensioni, il loro rafforzamento, generato da reiterate comunicazioni basate sull’equivoco iniziale, che portano a contrasti, irritazioni fino a rotture di rapporti consolidati. È una dinamica usuale soprattutto nei gruppi in quanto la contestualizzazione arbitraria del messaggio è soggetta ad un effetto caleidoscopico causato dalla partecipazione di più persone.

La rottura delle relazioni, o la presa di distanza tra le persone, difficilmente viene poi sanata da chiarimenti “di persona” in quanto la causa del contrasto, così percepita dal ricevente, è stata “scritta”, dunque vera e consapevolmente comunicata, anche se, per quanto detto, non ha le caratteristiche di una scrittura vera e propria (essendo stata emessa acontestuata dal trasmittente). Di conseguenza, forte di questo convincimento, la persona che si sente contrariata o offesa non cerca nemmeno un confronto diretto.

Un equivoco di fondo devastante per le relazioni che però ha le sue radici non nella tecnologia in sé, che è sempre uno strumento (con un coltello si può tagliare il pane o uccidere una persona), ma nella inconscia incomprensione delle sue caratteristiche e nel suo conseguente errato uso. 

L’uso delle “faccine” (emoji) è un debole sussidio per scongiurare questo equivoco, soprattutto in presenza di discussioni articolate e con un alto livello di astrazione. La messaggistica istantanea, e i social in generale, sono utili per mere comunicazioni di servizio, tra membri di una comunità che ne comprendono e (costantemente) ne condividono il corretto significato astenendosi dal costruirci sopra commenti o conclusioni che dovrebbero essere affrontate con altre modalità. Nel caso specifico della messagistica, questa può essere usata per una condivisione di contenuti sui quali vi è accordo iniziale sul significato delle comunicazioni (“cazzeggio”, opinioni su argomenti specifici, eccetera) dai quali non si dovrebbe mai derogare (ma è possibile farlo in una comunicazione che si presume erroneamente sempre in presenza?).

L’alternativa rimane sempre quella di vedersi insieme a prendere un caffè, bere un bicchiere di vino o consumare un buon pasto insieme. Lì eventuali divergenze e incomprensioni saranno chiarite all’istante o, nel caso persistano, avranno fondamenti più solidi per poter suggerire comportamenti conseguenti.     

 

 

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