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Un “giuramento di Ippocrate” per i manager

Un “giuramento di Ippocrate” per i manager

18 Settembre 2023 Luciano Martinoli
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Lo sviluppo della nostra società dipende dalle organizzazioni di tutti i tipi. Nell’ambito economico e finanziario abbiamo aziende con varie forme, nell’ambito politico vi sono i partiti, in quello scolastico e di produzione della conoscenza scuole, università, centri di ricerca, in quello sanitario ospedali e studi medici e così via.

In ognuna di esse è emersa col tempo l’esigenza di svolgere alcune attività necessarie allo sviluppo e a mantenere lo stato di salute organizzativo. Tali attività sono diverse da quelle che sono i processi dell’organizzazione, come curare i malati negli ospedali o costruire e vendere prodotti per le aziende. Per semplicità farò riferimento ad esse come attività di gestione per il buon andamento del metabolismo organizzativo. La figura alla quale sono demandate tali attività è il manager, un profilo che non esegue le specifiche operazioni che caratterizzano l’organizzazione, ovvero la cura dei malati, la produzione e vendita dei prodotti e così via, ma ne consente la loro esecuzione in maniera ordinata e in coerenza con gli stimoli e i vincoli dell’ambiente nella sua accezione più ampia (mercato, finanza, diritto, persone, natura, eccetera).

La professione manageriale ha origini relativamente recenti. Nella sua attuale accezione la si può far risalire alla nascita della fabbrica moderna di stampo fordiano-tayloristico di un secolo fa, con notevoli impulsi alla sua miglior definizione a partire dagli anni successivi alla seconda guerra mondiale (Drucker e altri).

Se agli albori la figura del manager aveva connotazioni prettamente funzionali al buon andamento delle attività organizzative, ovvero il manager che serve l’organizzazione, col tempo sono emerse connotazioni personalistiche che nulla o poco hanno a che fare con la sua originale ma ancora necessaria funzione di servizio. Si sente parlare, in modo prevalente, di potere dei manager in posizione di vertice- dimenticando la natura autonoma dell’organizzazione - di loro prestigio, conferito esclusivamente alla posizione organizzativa indipendentemente dal servizio reso ad essa, e così via.

Se, come già detto, le organizzazioni sono importanti e i manager pure, per il contributo al loro sviluppo, vi è bisogno di una adeguata preparazione allo specifico mestiere manageriale (spesso raffazzonata, tardiva o disattesa, ma questo è tutt’altro discorso) e un impegno deontologico che non viene richiesto, e dunque praticato, anche perché scarsamente definito.

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Esiste una professione ugualmente, se non maggiormente, importante alla quale viene richiesto un tale impegno, addirittura sotto forma di giuramento? Sì, è quella del medico al quale, per esercitare la sua professione, viene chiesto di prestare, ed impegnarsi a rispettarlo, il giuramento di Ippocrate.

Ho provato a rivedere tale giuramento in chiave manageriale. Ecco il risultato

GIURO

di esercitare le conoscenze di cui dispongo in libertà e indipendenza di giudizio e di omportamento;
di perseguire come scopi esclusivi la difesa delle organizzazioni nelle quali opererò, la tutela della salute dell’ambiente in cui esse si sviluppano (di business, sociali, della natura e soprattutto delle persone), cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una organizzazione;
di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona non utilizzerò mai le mie conoscenze;
di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme che regolano l’esercizio della professione manageriale e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione;
di affidare la mia reputazione esclusivamente alle mie capacità professionali ed alle mie doti morali;
di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione;
di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
di dedicarmi allo sviluppo di tutte le organizzazioni nelle quali sarò chiamato ad operare con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che esse mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica dei suoi membri;
di prestare assistenza d’urgenza, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’Autorità competente;
di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto delle organizzazioni e dei suoi rappresentati legali alla libera scelta dei suoi manager tenuto conto che il rapporto tra manager e organizzazione è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto;
di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato.

Come si può leggere vi è un forte richiamo alle funzioni di servizio (il manager che serve l’azienda, non il contrario), nessun riferimento a poteri o prestigio, che nel caso sarebbero solo una derivazione del proprio operato, proprio come è, o dovrebbe essere, nel caso del medico per la vita e la salute dell’essere umano. Cambia solo il sistema oggetto della responsabilità: non la sfera fisica e psichica delle persone ma le organizzazioni.

Molte considerazioni aggiuntive potrebbero essere fatte rivedendo l’attività manageriale dalla prospettiva di questo giuramento, senz’altro migliorabile. Solo a titolo di esempio: l’assegnazione di stock option per allineare gli interessi dei manager a quelli degli azionisti facendoli prevalere rispetto a quelli degli altri stakeholder, non è in aperto contrasto con la tutela della salute dell’ambiente in cui le organizzazioni si sviluppano (di business, sociali, della natura e soprattutto delle persone)? E ancora: quali sono le conoscenze di cui un manager dovrebbe disporre per esercitarle in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento?

Un tale giuramento avrebbe il merito di esplicitare e condividere (finalmente!) la deontologia di questo mestiere, troppo spesso opaca ma soprattutto poco nota, riportando l’attenzione alla sua natura di servizio e fornendo una guida a tanti manager che, in buona o cattiva fede, smarriscono o dimenticano il motivo principale per il quale sono lì.    

 

 

 

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